giovedì 28 dicembre 2023

La sirenetta, o del matrimonio

"Se gli uomini non affogano" chiese la sirenetta "possono vivere per sempre? Non muoiono come facciamo noi, nel mare?"
"Certo" rispose la vecchia. "Anche loro devono morire e la lunghezza della loro vita è più breve della nostra. Noi possiamo arrivare fino a trecento anni, quando però non viviamo più diventiamo schiuma dell'acqua, non abbiamo una tomba tra i nostri cari; non abbiamo un'anima immortale e non vivremo mai più: siamo come le verdi canne che, una volta tagliate, non rinverdiscono! Gli uomini invece hanno un'anima che continua a vivere, vive anche dopo che il corpo è diventato terra; sale attraverso l'aria fino alle stelle lucenti! Come noi saliamo per il mare e vediamo la terra degli uomini, così loro salgono fino a luoghi bellissimi e sconosciuti, che noi non potremo mai vedere!"
"Perché non abbiamo un'anima immortale?" chiese la sirenetta tutta triste "io darei cento degli anni che devo ancora vivere per essere un solo giorno come gli uomini e poi abitare nel mondo celeste!"
"Non devi neanche pensare queste cose!" esclamò la vecchia. "Noi siamo molto più felici e stiamo certo meglio degli uomini."
"Allora io devo morire e diventare schiuma del mare e non sentire più la musica delle onde, o vedere i bei fiori e il sole rosso! Non posso fare proprio nulla per ottenere un'anima immortale?"

"No" rispose la vecchia. "Solo se un uomo ti amasse più di suo padre e di sua madre, e tu fossi l'unico suo pensiero e il solo oggetto del suo amore, e se un prete mettesse la sua mano nella tua con un giuramento di fedeltà eterna; solo allora la sua anima entrerebbe nel tuo corpo e tu riceveresti parte della felicità degli uomini."

Ho riportato questo brano della fiaba della Sirenetta, nella versione originale di Andersen, in cui la piccola sirena chiede alla nonna spiegazioni sul mondo "di fuori".

Ci ho trovato la più bella definizione di matrimonio cristiano. Una cosa che andrebbe letta ai corsi prematrimoniali.

Il matrimonio è un momento di presa di responsabilità reciproca e pubblica, va bene.
Il matrimonio cristiano estende questa assunzione di responsabilità, in quanto indissolubile.
Ma tutto ciò riguarda il qui e ora. Il matrimonio cristiano invece riguarda anche l'aldilà, il trascendente.

La sirenetta può ottenere un'anima immortale se un prete la sposerà a un uomo. Il matrimonio non riguarda solo questo mondo, è una promessa di eternità per l'anima. In questo senso si ritrova quel che dice san Paolo nella lettera ai Corinizi: il coniuge credente renderà santo il non credente.

In questo senso si dà importanza anche al matrimonio come sacramento: certamente Andersen era cristiano, non so se fosse cattolico, ma in quel passaggio si rende onore al rito, al sacramento e alla sua vera efficacia.
Come cristiani quello che facciamo è una scommessa sull'aldilà. Va bene la dottrina sociale, la carità, i buoni sentimenti, la morale terrena; ma quel che veramente ci distingue dagli "uomini di buona volontà" di tutto il mondo, anche non credenti, è la fede che esista un altro mondo, un mondo futuro, un qualcosa dopo la morte.
In questa scommessa c'entra anche il matrimonio, perché amplia la scommessa, la rende non più riguardante una persona, ma due anime. Dà maggiori possibilità di salvezza, con un coniuge che santifica l'altro. E' una strada privilegiata per la salvezza.

sabato 4 novembre 2023

Che fine ha fatto l'ONU?

“Che fine ha fatto l’ONU?”
Si sente dire spesso, in questi giorni, riguardo alla situazione in Israele e Palestina.
Si è sentito qualcosa del genere – curiosamente un po’ meno* – anche riguardo alla situazione ucraina.

Qual è l’atteggiamento che possiamo avere nei confronti di questa crisi?
I due estremi – lasciamoli fare** e interveniamo con la forza da fuori – sono entrambi inaccettabili, il primo per motivi umanitari, il secondo per impossibilità pratica e “legale”, quindi ci si barcamena con la diplomazia, gli appelli, le mediazioni, i “ma anche”, le manifestazioni. E’ l’inevitabile via di mezzo.

In realtà la seconda possibilità, quella dell’intervento esterno, è quello che si richiederebbe a volte alle Nazioni Unite. Laddove servirebbe un “arbitro” terzo qualcuno si appella all’ONU.
Ma l’ONU non è mai stato questo.

Il mondo in cui c’erano arbitri terzi che decidevano per contrasti internazionali non è mai stato quello dell’ONU, ma c’è stato un mondo così, era quello coloniale. E gli arbitri erano sempre le nazioni potenti, e gli arbitrati erano sempre i Paesi piccoli, dipendenti o di recente indipendenza.

Dalla decolonizzazione in poi troviamo queste differenze inaccettabili.
Lasciare che facciano da soli è anche un lascito del fatto che riconosciamo agli Stati una “adultità” piena, un dritto a decidere pienamente per sé senza che altri intervengano. Un trattare tutti gli Stati – legalmente – come se fossero tutte potenze “pari”. Infatti quando una potenza interviene per “aggiustare” le cose dove non vanno bene lo fa al di fuori del diritto internazionale (tipo Iraq).

L’ONU non può agire come arbitro anche perché non ha possibilità di enforcement, ma anche (non credo soprattutto) per via dei veti incrociati.

Ma come sarebbe un’ ONU senza veti?

Il diritto di veto, durante la guerra fredda, ha impedito che l’ONU si trasformasse nello strumento di una parte contro l’altra.
Questa cosa è ancora valida anche oggi. Anche oggi, volenti o nolenti, ci sono dei “blocchi”, basta vedere le votazioni sull’Ucraina, che sono molto, molto meno unanimi di come le pensiamo noi occidentali.
Togliere il diritto di veto vorrebbe dire andare verso un funzionamento a maggioranza.

Ipotizziamo pure di avere maggioranze qualificate (per numero di voti? Per popolazione? Entrambe?). Ci sarebbe comunque il problema di creare minoranze “ghettizzate”. Come la prenderebbero i governi di questi Paesi? E le popolazioni?

L’ONU fa notizia per i suoi numerosi fallimenti, o meglio per la sua rumorosa impotenza.
Ma l’ONU non è solo il Consiglio di sicurezza e le risoluzioni ignorate (come quelle che condannano gli insediamenti illegali). E’ anche le agenzie umanitarie, la FAO, l’UNESCO, i campi rifugiati e mille altre cose che nemmeno conosco. Istituzioni a cui tutti contribuiscono e che fanno un lavoro importante.
Che ne sarebbe di questa parte del multilateralismo, durante le crisi e con un funzionamento a maggioranza?
Che ne sarebbe dell’ONU, se Cina, Russia e alleati vari formassero una maggioranza, per esempio, sulla questione Taiwan (che, ricordiamo, ha relazioni con pochi e sparuti Paesi)?
Che ne sarebbe dell’ONU se fosse sempre allineato, al contrario, alle posizioni americane?

Io ci penserei due volte, prima di buttare il bambino con l’acqua sporca.
Sulle questioni più divisive l’ONU è impotente, e a volte questo dà scandalo.
Su mille questioni non rumorose lavora in silenzio.

* probabilmente per via del coinvolgimento di un Paese con diritto di veto, ma anche perché lì presumiamo di vere ben chiaro chi ha ragione e ci arrangiamo a prenderne le parti.

** cosa che facciamo in altre aree del mondo, tra l’altro.

giovedì 2 novembre 2023

Antisemitismo antico e moderno

Sempre sulle tragiche giornate in Palestina propongo questa interessante intervista.
Utile per mettere in prospettiva alcune cose, uscendo dalla emotività (giustificata, si badi) del momento, che porta a pensare di vivere qualcosa di mai visto, e contemporaneamente dalla tentazione di trovare a tutti i costi paralleli con fatti storici.

Molto interessante la spiegazione del fatto che la Shoah sia oggi il centro della “religione civile” di Israele, ma che non sia sempre stato così.
Altrettanto interessante la questione del fondamentalismo islamico e religioso come fenomeno postmoderno invece che “medioevale”. Illuminante la memoria delle approvazioni occidentali alla rivoluzione iraniana di Khomeini, quando (cito)

si marciava nel 1979 per inneggiare alla rivoluzione islamica degli Ayatollah che avevano finalmente deposto lo Scià. Era l’affacciarsi del fondamentalismo islamico, ma in quei primi giorni, accecati dal terzomondismo, non lo si capiva.

Non mi convince al 100% il discorso sull’antisemitismo come linguaggio politico moderno.
Ok, nelle categorie che descrive lo è, ed è innegabile – così come per il razzismo – il profondo legame con il positivismo, ma non si può tacere l’antisemitismo storico cristiano e islamico.

Intervista molto, molto interessante.

martedì 24 ottobre 2023

Settler colonialism e apartheid

Scoramento e disillusione.

E' un brutto periodo, in cui ho la sensazione di vedere cose già viste, già sentite, già lette, già rimasticate, che si ripetono sempre uguali, senza vie d'uscita.

La Russia e l'Ucraina, una lunga guerra di trincea condita da una guerra fredda.
Israele e palestinesi, come sempre, peggio di sempre.

Su quest'ultima questione ho letto questo interessante articolo di Anna Momigliano.

E' interessante la definizione di settler colonialism, che non conoscevo.
Mi pare che la Cisgiordania come progetto di settler colonialism non potesse che fallire, per motivi demografici.
Quali Paesi hanno vissuto settler colonialism andato a buon fine?
L’articolo cita Canada, Australia, USA, mettiamoci anche l’Argentina. Tutti esempi in cui a un certo punto i coloni si sono ritrovati a essere grande maggioranza rispetto ai nativi.

Israele non ha prospettive demografiche del genere rispetto ai palestinesi, bene che vada più o meno ci saranno popolazioni di ordini di grandezza simili.
In queste condizioni può “funzionare” solo l’apartheid citato dall'articolo, mi sa, dal punto di vista del colono.

Certo, per le forme di apartheid di solito la soluzione non è quella a “due stati” di cui parlano tutti. Una soluzione a due stati “funziona” meglio a patto di avere una certa omogeneità all’interno di ciascuno stato, quindi comporterebbe – nella situazione cisgiordana, in cui le colonie punteggiano il territorio come un groviera – confini assurdi pieni di exclave e enclave, oppure una certa quota di spostamento di popolazioni.

Pensandoci, in effetti mi stupisce un po’ che la rivolta non sia partita appunto dalla Cisgiordania.
Tra Gaza e Cisgiordania, è la Cisgiordania quella dove Israele occupa e fa apartheid, invece da Gaza Israele se ne è andata e i palestinesi (pur con mille limitazioni dovute al controllo dei confini) stanno per i fatti loro, con un certo grado di autodeterminazione.
E invece Gaza è comandata dei palestinesi “cattivi” (bambinesca semplificazione), Hamas, mentre in Cisgiordania ci sono i palestinesi “buoni”, Fatah.

Il controllo del territorio violento e prevaricatorio che l'esercito israeliano esercita in Cisgiordania, evidentemente, è efficace nell’impedire l’organizzazione strutturata dell’opposizione, cosa che a Gaza Israele ha rinunciato a fare, lasciando campo libero ad Hamas.

Gaza avrebbe potuto avere un altro destino, da quando Israele se ne andò?
Chissà. Non dico Singapore o Abu Dhabi, ma magari avrebbe potuto pensare di diventare una Beirut anni '70. O magari il ferreo controllo israeliano non l'avrebbe permesso, chi lo sa.
Sembra che non ci abbiano neppure provato.

 

mercoledì 6 settembre 2023

I mondiali di basket

Che ripassata... con gli Stati Uniti ha detto male l'accoppiamento, ma tirando così non c'era speranza di passare neppure contro altri avversari.
Ma avendo davanti gli USA non possono esserci rimpianti.

I quarti di finale sono la nostra dimensione. E' fastidioso fermarsi sempre lì, ma difficilmente si può chiedere di più a questa squadra. Questo gruppo è qualche anno che sta regolarmente a livello delle migliori 8.
I quarti dell’Europeo scorso, con la crisi di Brasile e soprattutto Argentina, hanno valore simile ai quarti di questo mondiale (6 qualificate europee su 8), e prima ci furono i quarti delle Olimpiadi.
L’eccezione furono gli anni delle delusioni di Pianigiani, che ottenne pochissimo con – sulla carta – più talento.

Una riflessione sui nostri capitani, pensando anche all'era Pianigiani: a me pare che, in mancanza di talenti da All Star Game NBA, ai giocatori italiani faccia bene stare in Europa.
I giocatori NBA sono un valore aggiunto se negli USA comunque giocano da protagonisti. Gli italiani del “trio NBA” (Bargnani-Belinelli-Gallinari) non sono arrivati a quel livello e, tra infortuni (Gallinari) e scelte di carriera (Belinelli) hanno finito per fare i comprimari.
Melli, Datome, si spera Fontecchio hanno fatto la loro comparsata da settimo-ottavo-nono uomo di là dell’oceano e poi sono rientrati a fare i protagonisti in Eurolega.

Secondo me, nonostante l’insipienza immobile della Federazione (Petrucci fa il capo - tra FIP e CONI - ininterrottamente dal 1992 con risultati discutibili), il movimento sforna un certo talento in modo abbastanza costante (certo sbilanciato per ruoli, mancano i lunghi veri, e ci torno), ma per qualche anno tra scelte poco funzionali alla nazionale (NBA) e un allenatore assai sopravvalutato (Pianigiani) non l’abbiamo massimizzato.

L'allenatore, appunto. A Petrucci dò atto che ha scelto una direzione tecnica (si vive e si muore col tiro da 3) coerente con il basket moderno e con le caratteristiche che abbiamo, scegliendo di cavalcare i nostri “buchi” di formazione (i lunghi, come si diceva: oggi non abbiamo Meneghin, ma neanche Marconato e nemmeno un Cusin) invece che riempirli.
Sacchetti prima, Pozzecco poi sono state scelte azzeccate, e non ci avrei scommesso, da persona cresciuta nel basket dell’asse play-pivot.

Su Fontecchio, infine, croce e delizia di questa squadra, che va dove la porta lui, non posso che ripetere quanto dissi dopo gli Europei: è un po' la classe operaia in Paradiso.
Lui è quello degli errori finali con la Francia (vera occasione persa, quella, altro che ieri): fa sanguinare, ma apprezzo che già per portarci lì è andato oltre i suoi limiti. Speriamo torni presto in Europa, come dicevo.

mercoledì 30 agosto 2023

Il ponte sulla Drina

Ho letto Il ponte sulla Drina, di Ivo Andric.

Era parecchio tempo che non leggevo qualcosa che mi piacesse così tanto.

Non è nemmeno un “romanzo” in senso stretto. Non c’è un protagonista, non c’è una famiglia, una dinastia. Il protagonista, come si evince facilmente dal titolo, è il ponte stesso. Quattrocento anni di storia del ponte, dal suo “concepimento” alla sua distruzione (comunque parziale, è stato ricostruito).             
Si tratta più che altro di una serie di novelle che si svolgono nei dintorni del ponte, con alcuni (pochi) personaggi che ritornano per alcuni capitoli.

L’atmosfera è bellissima. Assomiglia un po’ a quella dei romanzi di Joseph Roth, visto che molti capitoli si svolgono sotto il dominio austro-ungarico, ma con un che di sognante in più. La prosa è complessa, dettagliata, ma si fa comunque leggere in modo sufficientemente scorrevole.              
Andric descrive un mondo che è quello dei racconti della sua infanzia, un mondo che non c’è più, quasi mitico. Un mondo di un’Europa crocevia di culture che trovano un difficoltoso punto di caduta in queste terre in cui il crocevia è anche fisico. E poi un mondo che sparisce nei nazionalismi di fine 1800 e inizio 1900.

Il Nobel fa anche cose buone: leggo che gli è stato attribuito nel 1961, la prima traduzione inglese è del 1959, quella italiana del 1960: credo di non sbagliare se ipotizzo che Nobel e diffusione internazionale si siano sovrapposti non per caso.

Leggo dalla Wikipedia inglese che il libro avrebbe un sottotesto anti-musulmano. Io non ce lo ho trovato assolutamente. I musulmani sono descritti come i padroni venuti da “fuori”, in modo forse leggermente stereotipato, ma non mi pare proprio in modo completamente e pregiudizialmente negativo, anzi. Le regole in loro favore mi paiono la normalità in ogni dove, in quel periodo, a favore della religione dominante, quale che fosse. Anzi, spesso si sottolinea che tutto sommato la convivenza funzionava bene; probabilmente molto meglio che in un sacco di altri posti d’Europa, per chi conosce la storia.           
Ho trovato anzi affascinante la visione della “ricerca della quiete” ottomana che si contrappone alla frenetica attività portata dagli austriaci.

Lettura consigliatissima in ogni senso. Trasuda poesia da ogni riga, e anche le storie tristi, che ci sono, sono raccontate con una delicatezza e un rispetto che commuove.

domenica 6 agosto 2023

Sul reddito di cittadinanza

Due parole sul "reddito di cittadinanza".

Strumento imperfetto, e con tanti difetti, forse lo ho già scritto. Si è mischiata la parte di assistenza a una velleitaria idea di politiche del lavoro.

Lavoro che c'è, spesso si sente dire. Alcune aziende non trovano lavoratori, alcuni cittadini non trovano lavoro: facciamo incontrare le due cose.
Ma ci sono differenze di profili, e questo non è facile da risolvere: ci vuole formazione, ma non per tutti è possibile.
Ci sono inoltre differenze territoriali: il lavoro è al nord, i disoccupati sono al sud. Per questo aspetto la soluzione sembra più semplice: ci sono tanti meridionali che si trasferiscono al nord.

E però. Spesso chi dice così legge la situazione con le lenti di gente che ha gli strumenti anche culturali per farcela, e che in genere ce l’ha fatta, anche emigrando.
Ma non tutti hanno la possibilità di emigrare, o gli strumenti culturali.

E anche se li avessero, la soluzione “emigrazione” funziona per percentuali limitate della popolazione, sia delle zone di emigrazione che di immigrazione*.

Bisogna fare pace con il fatto che c’è una certa quota di persone, seppure non impedite (=disabili) in senso stretto, che il lavoro non lo trovano, o solo saltuariamente.
Gli strumenti per costoro servono.

D’altra parte è necessario che questi strumenti siano sostenibili, e – anche in questo caso – lo sono solo se rappresentano l’eccezione e non la regola. Equilibrio molto difficile da trovare.

E’ un bel busillis.

* In cauda venenum: spesso chi è contrario al reddito di cittadinanza, e dice che molti disoccupati dovrebbero trasferirsi - diventando quindi dei migranti economici - sono gli stessi che si oppongono alle migrazioni economiche di altro tipo...

lunedì 24 luglio 2023

Il seminatore, o del terreno predestinato

Oggi riprendiamo la parabola del seminatore, di cui avevo già parlato qui.

Ho sentito la predica di don Adriano al riguardo.
Nella spiegazione, i vari tipi di terreno sarebbe l'uditorio che riceve la Parola.

Bisogna stare ben attenti, però - come scrivevo già la volta scorsa - a evitare la trappola della predestinazione: il fatto che la Parola attecchisca o meno dipende dal terreno, ma non volontariamente. Il terreno sassoso non può fare a meno di essere sassoso: è così per sua natura, e il terreno, da solo, non può fare altro. Non può rendersi meno sassoso.

Letta così, la parabola elimina il contributo alla ricezione del seme: dove questo cade e cosa succederà è già scritto.

Manca l'intervento di un contadino, di un'anima pia che vada a dissodare il terreno sassoso per renderlo fertile. Magari si sarebbe potuta inserire questa figura: il contadino pigro non si cura del terreno e del seme, e questo muore; siate come contadini operosi, che lavorano per accogliere il seme nel loro terreno più o meno fortunato.

E così anche per oggi  ho corretto Gesù :-)

venerdì 21 luglio 2023

Pacifismo e meritocrazia

Ho in mano l'ultimo numero della rivista delle Acli bresciane, Battaglie Sociali.
La copertina è questa:

Mi è tornata alla mente una cosa che avevo scritto il mese scorso sul pacifismo.
Anche per la meritocrazia vale un po' lo stesso discorso: è giusto che questi ideali si confrontino con la realtà, che ci ricorda - come fa la copertina - che ciò che funziona in teoria a volte sbatte contro la pratica, il mondo imperfetto, i cattivi, gli approfittatori.

Ma è sempre utile che ci sia comunque chi tiene a mente, e rammenta, qual è la meta. La meta è la pace, la meta è l'uguaglianza delle opportunità e sì, in un mondo ideale anche il premio ai meritevoli.


venerdì 14 luglio 2023

Le bombe a grappolo

La questione delle bombe a grappolo, che verranno fornite dagli USA all'Ucraina nonostante dichiarazioni critiche di molti alleati (significative quelle provenienti da Regno Unito e Italia, Paesi molto pro-NATO), presenta molti aspetti a loro modo paradigmatici di questa brutta vicenda.

Dimostra quello che già si sa: il dominus dell'alleanza sono gli Stati Uniti, che mantengono l'ultima parola sulle decisioni.
Permette all'Europa di ritrovare un minimo di voce autonoma, dopo 16 mesi di appiattimento sulle posizioni americane.
Questa voce autonoma è sostanzialmente gratis, non avendo alcun effetto. Si marca una differenza, ma senza conseguenze pratiche. Si può interpretare quindi sia in modo positivo (il recupero di autonomia) che negativo (dichiarazioni ipocrite).
L'ipocrisia d'altra parte è uno dei tratti tipici di questa guerra, come di ogni guerra.
La questione dimostra inoltre che il supporto militare è sostanzialmente appaltato per la quasi totalità agli Stati Uniti. Una realtà che, col senno di poi, avrebbe forse permesso un atteggiamento diverso da parte dell'Europa.

giovedì 29 giugno 2023

La politica migratoria del governo Meloni

Avevo già citato, mi pare, questo dato: il governo Meloni è quello che vede il minor numero di morti in mare rispetto alle partenze. L’articolo di Pagella politica risale a qualche mese fa, oggi il rapporto è leggermente peggiorato (dovremmo essere attorno all’1,3%), ma resta sempre il valore più basso dall'inizio della crisi migratoria con la guerra in Siria.
Questo a fronte di un numero di sbarchi (ufficiali, senza contare quelli “ufficiosi”) che resta il più alto da prima degli accordi di Minniti del 2017.

Un fallimento, quindi, rispetto a quanto detto in campagna elettorale. Il "blocco navale"...

Però Giorgia Meloni si sta muovendo in Europa, e nel discorso di ieri alla Camera in vista del Consiglio europeo ha detto che sta lavorando per una soluzione “strutturale”.

mercoledì 28 giugno 2023

Il pacifismo italiano

La sempre feconda comunità di Hookii suggerisce questo interessante articolo sulla storia del pacifismo italiano. Ne consiglio la lettura.

Spoiler, come si dice adesso: non parla di Ucraina.

Cita le varie forme di pacifismo, da quello "integrale" alla Gandhi di Capitini a quelli dei "piccoli passi" che qualche successo l'hanno avuto (per esempio con l’abolizione delle mine antiuomo).

Bobbio riconosce, tra gli altri, un primo filone pacifista “strumentale, ovvero la pace attraverso il disarmo”, un secondo “istituzionale, ovvero la pace attraverso il diritto, il terzo etico e finalistico, ovvero la pace attraverso l’educazione morale”.

L'articolo offre un interessante excursus a volo d'uccello. Non concordo con alcuni passaggi (per esempio dubito che oggi il pacifismo sia davvero "emancipato" dal comunismo e dal cattolicesimo, tanto da camminare da solo), ma soprattutto esso secondo me corrobora un concetto: è utile, forse anche necessario, che ci sia sempre chi indica la meta alta, financo utopica.
E’ il mestiere del Papa e del cardinal Zuppi, in questa circostanza.

venerdì 2 giugno 2023

Impressioni

Dopo avere assistito (parzialmente) al primo Consiglio Comunale del mandato Trecani, sono andato a rileggermi quel che scrissi nel 2012, al primo Consiglio di quella amministrazione Sarnico.

Probabilmente sarà io che sono pessimista (forse) e invecchiato (di sicuro), ma mi sembra l'eterno ritorno del sempre uguale. Se non nei programmi, negli atteggiamenti.

Battibecchi inutiili.
Maggioranza che non fa quel che diceva che sarebbe stato opportuno fare quando era all'opposizione.
La scelta di tenersi tutto, ma proprio tutto, non depone a favore della maggioranza. Cavolo, che importanza può avere il vicepresidente del Consiglio Comunale? Quando mai succederà che manchi Mandelli in maniera sistematica, tanto che addirittura non si possa convocare il Consiglio?
E' tornato pure un riferimento identico a quello che avevo sentito nel 2012 e avevo notato nel vecchio post, quello ai femminicidi.

Minoranza che, alla primissima occasione, ricorda all'ex minoranza che quando erano all'opposizione chiedevano di abbassare i gettoni di presenza. Un classico, questo, di ogni primo consiglio comunale con ogni colore politico.

Il momento forte della serata è stato senz'altro il discorso dell'ex sindaco ed ormai ex consigliere Sarnico. Mezz'ora su un tempo previsto di 15 minuti.
Sarnico comincia tutto sommato bene, quando parla da minoranza e non da opposizione. Poi comincia a togliersi sassolini di ogni tipo, e il clima peggiora.
"Il vostro programma non va bene perché non cita questa nostra cosa". Per le omissioni, non per quello che c'è.
"Se farete quello che diciamo noi, allora voteremo". Manca il senso di cosa vuol dire essere minoranza, ci torno alla fine.
I riferimenti alla sua lunga esperienza e a episodi del passato mostrano il grande contributo che avrebbe potuto portare Sarnico. L'eloquio è probabilmente il migliore in quell'aula.
Con l'allungarsi dell'intervento cominciano i battibecchi. L'inosservanza del tempo nonostante i blandi richiami di Mandelli (il primo dopo 20 minuti), il riferirsi al pubblico ("vedo dei risolini tra il pubblico", ma lascia perdere!), le scene quando ritornano gli inviti a concludere (su "Io sono un democratico! Se il presidente mi dice di concludere" ho avuto un déjà-vu personale spiacevole): già nel vecchio post di 11 anni orsono avevo annotato l'atteggiamento dell'allora sindaco, irritante in alcuni passaggi.

Diciamo che mercoledì ho capito un po' meglio perché hanno perso.
Da dove veniva tutta questa voglia di cambiare facce
.

La mia opinione sulle dimissioni resta la stessa di sempre: fecero male Prandelli e Giudici a dimettersi a suo tempo, fa male Sarnico ora.
Io capisco tutto, ma la gente ti vota, vota te personalmente e non un altro, scrive la preferenza. Il tuo impegno non è solo con la lista, ma principalmente con i cittadini a cui hai chiesto il voto e che te l'hanno dato. Va bene lasciare spazio ai giovani, ma fra due anni, a metà mandato, non al primo consiglio. E la differenza tra non accettare la nomina e accettarla e dimettersi subito è così sottile che io non la percepisco.

Chiudo citandomi, nel ritorno del sempre uguale, sui ruoli di maggioranza e minoranza:

Alla maggioranza (avevo già scritto anche questo) spetta l'onere di dimostrarsi diversa, anche nei toni, dal (sindaco precedente) che ha sempre criticato: per questo, una volta scaricata la tensione e la rabbia accumulata in questo primo Consiglio, mi aspetto meno aggressività nei confronti dell'opposizione. Niente più prese in giro gratuite, [...]

All'opposizione spetta il compito di cercare di essere costruttiva: le scuse per dire dei no si possono sempre trovare, speriamo di vedere anche dei sì detti con onestà intellettuale, sapendo che non si può pretendere nulla e che la decisione spetta sempre alla controparte. Un atteggiamento costruttivo nelle Commissioni è il primo passo.

Diciamo che mercoledì hanno cominciato male entrambe le parti.

lunedì 29 maggio 2023

Giro d'Italia 2023

E così è finito il Giro.
Dai, non mi è dispiaciuto così tanto. Si leggono tante critiche, per me è un 6 e mezzo. Anche 7, dai, perché siamo buoni.

E' stato un Giro molto godibile in tutto ciò che è "contorno". Tante belle storie, Gee, Pinot, Healy, Zana, Cort, Denz sono stati bei protagonisti. E non di una sola tappa, si sono dati battaglia per vari giorni, non sono stati exploit isolati.

La lotta per la maglia verde blu appassionante come non si vedeva da anni.
Per la ciclamino c'è stata lotta finché non si è ritirato Pedersen, comunque maglia meritatissima, e chi se l'aspettava un Milan così?

Ogni volata ha avuto un vincitore diverso. Alla fine hanno "timbrato" tutti tranne il povero Gaviria, che ha sempre fatto il Gaviria partendo da casa sua e tirando sempre la volata a qualcuno.
Tra l'altro le volate sono state a loro modo interessanti, a volte sono state da conquistare, la lotta con la fuga è stata quasi sempre aperta, e dove non è stato così (Caorle) il finale era comunque tecnico per la planimetria. Bene il disegno, quindi.

Un bel finale a Roma, stavolta, reso bellissimo dal gesto di Geraint Thomas

Tutto molto godibile, tranne il piatto principale (la classifica generale) che ha subito un po' il disegno, un po' le caratteristiche dei tre. Ma alla fine ne è uscito un bel podio.
Felicissimo per il primo podio di Almeida, un grande, ma si capisce che per caratteristiche su un arrivo in salita lui qualche manciata di secondi la paga.
Gli altri due sono dei regolaristi che hanno sempre vinto, quando lo hanno fatto, sfruttando al massimo questa caratteristica (e le squadre).

La scalata finale, come hanno detto tutti, ha bloccato molto le giornate precedenti (un delitto sprecare una tappa con Giau e Tre Cime, dai, su una tappa così non può arrivare terzo Cort Nielsen...).
E' stata una scommessa, forse vinta nel senso che logisticamente è andato tutto bene, c'è stato pathos fino alla fine e pure il ribaltone.
Ma a me è parsa una salita eccessiva.

C'è anche da dire che è vero che la cronoscalata era messa male, ma prima c'erano 55km a cronometro che in teoria servono a sparigliare e scavare distacchi. Non è colpa di Vegni se nonostante ciò si sono ritrovati tutti e tre in 20''. Si fossero trovati a due minuti da Evenepoel magari sarebbe andata diversamente.

L'unica cosa che mi ha veramente disturbato della condotta di gara (lasciamo perdere la cosa della tappa accorciata) è stato il disinteresse per la maglia rosa.

La Soudal-Quickstep di Evenepoel ha detto subito che l'avrebbe lasciata volentieri.
La Ineos a Lago Laceno ha tentato di farglela tenere... e poi la ha regalata a Amirail.
La maglia meriterebbe più rispetto.

domenica 21 maggio 2023

Qualche numero sulle elezioni (2)

(continua da qui)

E qui mi inserisco per alcune riflessioni più generali.
Prima delle elezioni, pensavo che un elemento di debolezza per la lista Trecani fosse quello di avere una base solida (Ospilab) ma un contorno di persone che si sono viste poco per cinque anni. Ma questa base solida, con l'aggiunta di alcune persone molto conosciute (i risultati di Bersini e Antonelli parlano da soli) è stata super premiata.
La lista Radici ha avuto più preferenze totali, che sono arrivate anche dai meno preferenziati, ma meno nelle prime 5 candidature. Una lista più completa, ma meno candidati forti?

La presenza di giovani nella lista Radici non ha portato i frutti sperati. Buoni risultati di Burato, Facchi e Cugola, ma forse ne sarebbero bastati due, come fu cinque anni fa con Burato e Ghiglia, entrambi eletti.
La lista Radici aveva forse anche meno varietà: non c'erano commercianti, non c'erano personaggi legati allo sport (mentre Trecani ha candidato Maranza e Torri), in generale quasi tutta la lista - specialmente nelle persone che poi hanno portato il grosso delle preferenze - pescava da un ambito validissimo ma limitato, quello che gira attorno alla parrocchia.
Inoltre sono venuti meno dei grossi pacchetti di preferenze in Reboldi e Boragini.
Parlando di Boragini e di donne, e ricordando quanto detto sopra, probabilmente un elemento di debolezza è stato il fatto che le donne che erano in lista la scorsa volta non si siano ripresentate, con l'eccezione di Chiara Raza che ha fatto il pieno di preferenze.

Chiara Raza, appunto. Con lei si è un po' ripetuto quello che era successo cinque anni fa a parti invertite: già cinque anni fa si vociferò della candidatura Trecani, si scelse Prandelli, Trecani fu la più votata nella sconfitta. Cinque anni fa arrivò un segnale forte su chi doveva essere il candidato sindaco. Magari sarà così anche questa volta. Tra l'altro Raza rispetto al pur ottimo Radici ha avuto un ruolo pubblico più visibile: l'assessore alla cultura è presente a conferenze, inaugurazioni, a scuola, mentre giocoforza un urbanista incontra meno persone.

Ma al di là di tutte queste osservazioni, ragionamenti, di tutti questi se e ma, resta un risultato molto netto e inaspettato in queste dimensioni.
Io resto dell'idea che Ospitaletto non sia un paese male amministrato, e mi pare - per quel che ho sentito in campagna elettorale - che neppure Trecani la pensi così: la posizione è che si può fare meglio, non che si sono fatti disastri.
Semplicemente, la voglia di cambiare facce di cui avevo accennato nello scorso intervento era forte, più forte delle altre considerazioni. Probabilmente queste elezioni sarebbero andate così anche con qualche faccia diversa nelle liste. Non fare neppure discorsi di campagna elettorale giusta o sbagliata. Più d'uno, sia prima che dopo, mi ha detto che era stufo di avere Taini a comandare, nonostante i suoi sondaggi. Evidentemente un cambio era nelle cose, magari si poteva arrivare a una differenza di due-trecento voti invece di cinquecento, ma non sarebbe cambiato il risultato.

L'alternanza in sé apre a delle opportunità positive e può essere un valore, evidentemente era un valore voluto e desiderato nella cittadinanza.
Buon lavoro all'amministrazione.

venerdì 19 maggio 2023

Qualche numero dalle elezioni (1)

Ok, avevo indovinato l'affluenza. E solo quella...

Sorpresona, già che vincesse Laura Trecani non era atteso, che vincesse di quasi 500 voti con Totò a 550 poi era completamente fuori da ogni previsione.

Le liste faranno le loro valutazioni. Metto in fila alcuni numeri.

Molte preferenze, a questo giro. 2488 per i candidati della lista Radici, 2293 per quelli della lista Trecani. Cinque anni fa furono 2254 per Sarnico e 1735 per Prandelli. Particolarmente notevole il fatto che le preferenze di Radici siano più di quelle della lista Sarnico nonostante 700 voti (e schede) in meno.

Questo si traduce in una grossa differenza nelle preferenze per voto.
Dato 2023: 0,98 per la lista Radici, 0,76 per la lista Trecani (0,44 per la lista Totò)
Dato 2018: 0,69 per la lista Sarnico, 0,89 per la lista Trecani.
Si vede che:

  • la lsita perdente ha una concentrazione di preferenze maggiore: questo è normale, perché la lista vincente riesce ad attirare i voti "d'opinione" oltre a quelli personali, più convinti e informati;
  • a prescindere da questo, sia la lista vincente che quella perdente incrementano le schede preferenziate. Questo può essere dovuto a una campagna migliore da parte dei candidati o al fatto che, mentre parenti e amici ai seggi ci vanno, i voti "d'opinione" sono sempre meno e finiscono nell'astensione.

Sempre parlando delle preferenze, altri dati:

  • le sei donne della lista Trecani portano ciascuna 180 preferenze in media, i dieci uomini 121;
  • le otto donne della lista Radici portano 145 preferenze ciascuna, gli uomini 166.

Cinque anni fa i dati furono: uomini lista Sarnico 150, donne 131; uomini lista Prandelli 92, donne 130.
Si conferma quindi che il centrosinistra porta candidati più forti tra i maschi, mentre il centrodestra va forte con le candidature femminili (che però, essendo di meno, portano un totale di preferenze leggermente inferiore).

Per curiosità, ho guardato anche la distrubuzione "geografica" delle preferenze.
Nella lista Radici si ha una concentrazione maggiore di preferenze in singoli seggi. Calcolando solo chi ha preso più di 100 preferenze, Domenighini ha il 26% delle sue preferenze al seggio 3, Gotti il 24% all'1, Raza il 20% al 3. La dispersione minore si ha con Lombardo e Sarnico al 15%.
Nella lista Trecani le preferenze sono meno concentrate, l'unica sopra il 20% è Masperi con il 23%. Germana Antonelli ed Ernesto Mena hanno voti sorprendentemente costanti: il loro seggio migliore porta rispettivamente il 13% e il12% del totale, il che con 10 seggi vuol dire una distribuzione praticamente uniforme.
Anche in questo caso si può vedere una doppia lettura: chi ha una forte concentrazione ha mobilitato con efficacia amici e parenti, ma si può anche dire che sia mancato nel voto trasversale.

Riguardo alla distribuzione territoriale, sono andato a vedere anche i risultati delle regionali di tre mesi fa, spartiti per seggio. Di seguito le percentuali prese da Fontana e Trecani nelle due elezioni.

La percentuale complessiva è stata del 60% per Fontana e del 49% per Trecani.
Si nota la particolarità del seggio 3, dove il centrodestra prende significativamente di meno che negli altri seggi (-10% rispetto alla media alle regionali, -3% - quindi meglio - alle comunali). E' il seggio in cui Domenighini e Raza hanno fatto il pieno di preferenze, il seggio del "villaggio Polonini".

Tra gli altri seggi, curiosamente c'è una lieve correlazione negativa: per esempio il seggio in cui Laura Trecani è andata meglio (seggio 7) è il secondo in cui Fontana era andato peggio, mentre quello in cui è andata peggio (seggio 5) è stato tra i migliori per Fontana.
Questo non vuol dire che c'è gente che votava Fontana e non Trecani o viceversa. o magari qualcuno sì, ma è ben più probabile che la spiegazione sia nella astensione e nella diversa affluenza, nella capacità di portare alle urne il proprio elettorato.
 

I candidati che si sono ripresentati nelle stesse liste sono solo 7. Pensavo di più, ma tre si sono candidati  a sindaco, alcuni hanno cambiato lista, alla fine sono rimasti Raza, Burato, Faini e Bianchi per Radici, Guarneri, Mandelli e Gallo per Trecani. Queste le variazioni: Raza da 259 a 379, Burato da 170 a 228, Faini da 180 a 111, Bianchi da 60 a 46. Gli assessori crescono, gli altri scendono (contiamo anche che la lista ha perso il 30% dei voti).
Dall'altra parte, uno spettacolare +259 per Guarneri (da 114 a 353), +153 per Mandelli (da 157 a 310), -44 per Gallo (da 64 a 20). In questo caso è stata premiato il lavoro di Ospilab: per cinque anni sono stati sempre presenti e attivi.

venerdì 12 maggio 2023

L'affluenza a Ospitaletto

Mi sono dilettato a recuperare lo storico dei dati di affluenza a Ospitaletto negli ultimi 30 anni.

La serie è la seguente:

27/3/1994 (politiche): 7310 votanti su 7657 elettori, 95,5%
12/6/1994 (europee): 6403 votanti su 7677 elettori, 83,4%
23/4/1995 (regionali): 7067 votanti su 7767 elettori, 91%
21/4/1996 (politiche): 7349 votanti su 7868 elettori, 93,4%
17/11/1996 (comunali): 6876 votanti su 7909 elettori, 86,9%
13/6/1999 (europee): 6434 votanti su 8342 elettori, 77,1%
16/4/2000 (regionali): 6929 votanti su 8504 elettori, 81,5%
13/5/2001 (comunali): 7966 votanti su 8724 elettori, 91,3%
13/5/2001 (politiche): 7966 votanti su 8720 elettori, 91,4%
12/6/2004 (europee): 7152 votanti su 9252 elettori, 77,3%
3/4/2005 (regionali): 7167 votanti su 9294 elettori, 77,1%
9/4/2006 (politiche): 8399 votanti su 9291 elettori, 90,4%
28/5/2006 (comunali): 7036 votanti su 9373 elettori, 75,1%
13/4/2008 (politiche): 8161 votanti su 9382 elettori, 87%
7/6/2009 (europee): 6947 votanti su 9507 elettori, 73,1%
28/3/2010 (regionali): 6576 votanti su 9523 elettori, 69,1%
15/5/2011 (comunali): 7327 votanti su 9620 elettori, 76,2%
28/10/2012 (comunali): 6507 votanti su 9745 elettori, 66,8%
24/2/2013 (politiche): 8112 votanti su 9688 elettori, 83,7%
24/2/2013 (regionali): 8113 votanti su 9811 elettori, 82,7%
25/5/2014 (europee): 6336 votanti su 9827 elettori, 64,5%
4/3/2018 (politiche): 7992 votanti su 10021 elettori, 79,8%
4/3/2018 (regionali): 7993 votanti su 10257 elettori, 77,9%
10/6/2018 (comunali): 6528 votanti su 10329 elettori, 63,2%
26/5/2019 (europee): 6218 votanti su 10245 elettori, 60,7%
25/9/2022 (politiche): 7471 votanti su 10188 elettori, 73,3%
12/2/2023 (regionali): 4575 votanti su 10643 elettori, 43% 

Alcune osservazioni.

  • Ovviamente, si vede bene il calo di affluenza. Io già facevo servizio ai seggi quando facevamo più del 90%, anche in giornata singola; era una cosa allucinante ma molto bella.
  • L'affluenza dipende molto anche dal tipo di elezione; raggiunge il picco alle politiche. Per le regionali il dato è un po' falsato dalle due tornate comuni alle politiche; le comunali attirano di meno delle politiche, nonostante la vulgata vuole che siano molto sentite.
    Diciamo che probabilmente sono sentite da una fetta di paese che partecipa e conosce i candidati, che è "addentro", mentre c'è una parte di paese che è meno addentro e vota più alle politiche, per le quali non puoi fare a meno di imbatterti in notizie e campagna elettorale.
  • L'andamento del numero di aventi diritto è invece indicativo dell'andamento della popolazione del paese.
    Non stupisca il fatto che alle politiche il numero è sempre leggermente inferiore (si veda il confronto tra le politiche di settembre e le regionali di febbraio: ci sono 455 elettori in meno), credo che sia dovuto al fatto che per le politiche ci sono elettori che votano all'estero.
  • Lasciando perdere le comunali autunnali del 2012, ripetizione dell'elezione dell'anno precedente, che considero come un dato "anomalo" (seppure più alto delle comunali del 2018) le elezioni comunali fanno circa 10-15 punti percentuali in meno di affluenza rispetto alle politiche più vicine.
    Curiosamente, l'affluenza alle comunali è simile a quella delle europee.
    Le ultime europee hanno portato al voto il 60,7% degli elettori, però quattro anni fa; le ultime politiche il 73,3%. Un dato verosimile di affluenza potrebbe quindi collocarsi tra il 55% e il 60%, spero più vicino al 60%. Circa 6200-6300 elettori.

Andando a vedere anche i risultati, la Giudici ha preso 3186 voti (43,5%) nel 2011, 2555 (39,2%) nel 2012; Prandelli 1960 (30%) nel 2018.
Dando per scontato che Laura Trecani non ripeterà la débâcle di Prandelli, credo che possa arrivare attorno ai 2800 voti, un 45%, che sarebbe meglio di quanto raccolto dalla Giudici, in proporzione all'affluenza.
Totò potrà prendere qualche centinaio di voti, 3-400; perciò mi aspetto che Radici possa vincere più o meno della stessa quantità.
Sarnico nelle ultime due tornate ha vinto con più di 1000 voti di scarto, quindi Radici ha ampio margine di partenza. Certo, c'è una certa insofferenza e voglia di cambiamento, e quando è il momento di cambiare il sindaco scente per sopraggiunta incandidabilità c'è l'occasione di un ribaltone; ma non vedo l'amministrazione uscente come così divisiva o catastrofica da stimolare questo tipo di voto.

venerdì 5 maggio 2023

5 maggio


 La Leggenda Aurea narra che

Gresco e Poborsco furon due sancti homini che vennero de la Boemia et de la Moravia presso le italiche terre.
Nascosti in hincognito sotto mentite spoglie, passarono inosservati facendo credere di essere innocui pedatori.
Ma quando lo Biscone stava per trionfare, uscirono allo scoperto e alla pugna finale nella Città Santa lo sconfissero, l'uno portando le celesti insegne papali, l'altro da lo interno de lo Biscione istesso.
Dopo quello die, li due si partirono dalla Italia tornando a viaggiare in hincognito come semplici pedatori per altri reami.
Ma le notizie delle loro audaci imprese erano narrate e saranno ricordate per generazioni et generazioni.

martedì 25 aprile 2023

La strada delle abbazie

O quel che ne resta...

La Strada delle abbazie è (era? sarebbe?) un progetto che collega sette luoghi di culto abbaziali o di tale origine tra Milano e il Parco agricolo Sud.

Io e mia moglie ne avevamo sentito parlare qualche anno fa, visitando l'abbazia di Morimondo. Avevamo cercato di informarci, ma a quanto pare dell'iniziativa è rimasto qualche vecchio link e non è mai stata predisposta una segnaletica.

Ma i potenti mezzi dell'Internet moderno permettono di organizzarsi autonomamente, così nel trascorso ponte del XXV aprile, abbiamo deciso di fare una specie di "pellegrinaggio" a piedi in queste abbazie. Siamo stati ospitati dalle gentilissime monache benedettine di Viboldone, la cui foresteria è ricavata nella casa del priore, e da lì ci siamo mossi a raggiera verso Chiaravalle, Santa Maria in Calvenzano, San Lorenzo in Monlué e Mirasole, che si trovano a distanze praticabili, tutte entro i 10km.

E' stato splendido.

I luoghi sono tutti belli, nel loro stile molto lombardo del mattone rosso. Artisticamente, le località più di pregio sono certamente Chiaravalle e Viboldone, con quest'ultima che si aggiudica la palma della migliore con la facciata a vento, la suggestione delle bifore aperte sul cielo e gli affreschi di Giusto de' Menabuoi.

Il parco agricolo è stato una sorpresa. Seppur solcato da ferrovie, tangenziali e autostrade, conserva un invidiabile paesaggio agricolo e la corrispondente fauna: aironi di ogni foggia e colore, germani, fagiani, conigli selvatici, gazze e quant'altro si possono incontrare con grande facilità.

Le giornate scandite secondo l'orario delle suore sono senz'altro "diverse" ma tonificanti, permettono di staccare completamente la testa dai pensieri quotidiani, di buttare fuori le tossine (complici anche i chilometri a piedi). Per quattro giorni abbiamo lasciato stare il telefono, se non per le indispensabili mappe.

Ci torneremo, in qualche modo.

Pubblicità progresso: in una delle giornate di cammino abbiamo approfittato dell'iniziativa del Cammino dei monaci gestito dalla cooperativa Koiné.

mercoledì 19 aprile 2023

Due parole sulle liste elettorali

Guardando solo i nomi.

Mi stupisce il ricambio per la lista Insieme per Ospitaletto. Solo sei nomi (tra cui il candidato sindaco) confermati dalla tornata precedente, 11 nomi alla prima esperienza, molti giovani. La cosa può essere letta in modo positivo come negativo, e naturalmente c'è del vero in entrambe le visioni. C'è da dire che l'esperienza è garantita dalla figura di Sarnico (lettura positiva), che anzi può essere persino ingombrante (lettura negativa). Dei più preferenziati della scorsa tornata non ci sono Boragini e Reboldi, gli altri - sostanzialmente gli assessori uscenti - si confermano in lista. Come alla scorsa tornata, confermano la componente femminile più presente: 8 donne su 17 nomi.

Ospilab ha evitato secondo me due trabocchetti che avrebbero fatto perdere voti, di cui non farò i nomi. La lista è costruita bene, meglio di quel che mi aspettassi, ma manca di gioventù*. I candidati con esperienza di amministrazione in maggioranza sono tre (Mandelli, Mena, Masperi), a cui si aggiunge Laura Trecani con l'esperienza di opposizione. Tra gli altri, alcuni sono stati già candidati (a memoria Bertoli, Gallo, Guarneri, Uberti). Rispetto alla scorsa tornata stupisce l'assenza di Angiola Giudici, seconda più preferenziata dopo la Trecani al giro scorso, anche se è noto il suo impegno nel partito, per cui non mancherà di portare il suo contributo.Tra i più preferenziati al giro scorso, detto di Giudici, si confermano in lista i tre di Ospilab, mentre Totò e Martinelli sono andati per la loro strada. Curioso di vedere quale sarà il contributo leghista, ai minimi termini alla scorsa tornata. Quote rosa: 7 su 17 nomi, tra cui la candidata sindaco (con la "o" come da slogan elettorale).

La lista Alternativa per Ospitaletto, detto di Totò e Martinelli, incrementa la presenza di ospitalettesi dopo l'esperienza della lista di Forza Nuova  alle elezioni del 2011, che aprirono l'era Sarnico. Allora c'erano solo tre nomi locali. Torna sul "luogo del delitto" Salvinelli, allora candidato sindaco per la lista poi dichiarata illegittima. Quote rosa: 5 su 13 nomi.

Delle due liste ulteriori della scorsa tornata (per Antonini e Mena), l'unica candidata che si ripresenta, nonostante le poche preferenze raccolte nel 2018, è Alessandra Uberti. Nessuna candidatura invece dalla lista di Antonini.

P.S. * manca parecchio di giovani... ora che ho notato, nella lista di Radici ci sono nove under 40, in quella di Trecani nessuno.

lunedì 17 aprile 2023

Troubles - Una storia irlandese

Ultimamente ho poco tempo per leggere, da quando ho lasciato i mezzi pubblici per andare al lavoro e sono passato all'auto.

Però, in auto, ho più tempo per ascoltare: tra i vari podcast, mim sono imbattuto in Troubles - Una storia irlandese, che merita decisamente l'ascolto.

Non sono ancora arrivato alla fine, ma la storia è ben narrata, con un ritmo riflessivo ma non lento. Traspare la simpatia per la parte repubblicana, con alcune espressioni un po' giustificatorie.

La storia testimonia una volta di più come si genera, si perpetua, si accresce una spirale di violenza da cui è sempre più complicato uscire.

Un piccolo difetto che trovo è che la qualità audio non sempre è ottimale, ma è proprio il pelo nell'uovo.

venerdì 7 aprile 2023

O Dio, abbi pietà di me peccatore

In questo venerdì santo, faccio mie le bellissime parole di papa Francesco pronunciate il 17 marzo durante una celebrazione penitenziale:

In questo tempo quaresimale, con la contrizione del cuore, sussurriamo anche noi come il pubblicano della parabola: «O Dio, abbi pietà di me, peccatore». Facciamolo insieme: O Dio, abbi pietà di me, peccatore.

Dio, quando mi dimentico di Te o ti trascuro, quando alla tua Parola antepongo le mie parole e quelle del mondo, quando presumo di essere giusto e disprezzo gli altri, quando chiacchiero degli altri, o Dio, abbi pietà di me, peccatore.
Quando non mi prendo cura di chi mi sta accanto, quando sono indifferente a chi è povero e sofferente, debole o emarginato, o Dio, abbi pietà di me, peccatore.
Per i peccati contro la vita, per la cattiva testimonianza che sporca il bel volto della Madre Chiesa, per i peccati contro il creato, o Dio, abbi pietà di me, peccatore.
Per le mie falsità, le mie disonestà, la mia mancanza di trasparenza e legalità, o Dio, abbi pietà di me, peccatore.
Per i miei peccati nascosti, quelli che nessuno conosce, per il male che anche senza accorgermi ho procurato ad altri, per il bene che avrei potuto fare e non ho fatto, o Dio, abbi pietà di me, peccatore.

In silenzio, ripetiamo per qualche istante, col cuore pentito e fiducioso: o Dio, abbi pietà di me, peccatore. In silenzio. Ognuno lo ripeta nel suo cuore. O Dio, abbi pietà di me, peccatore. In questo atto di pentimento e di fiducia ci apriremo alla gioia del dono più grande: la misericordia di Dio.

sabato 1 aprile 2023

Il governo Meloni e l'immigrazione

Guardando i dati, c'è qualcosa di curioso nell'approccio del governo Meloni all'imigrazione.

Intanto osservo che i toni sono un po' cambiati rispetto a quando erano all'opposizione. Da parte di FdI non si parla più di "blocco navale". E' vero che in realtà anche prima, andando a leggere "dentro" la proposta, non era nulla di quel che il nome faceva immaginare, ma usavano non a caso quel nome "evocativo".
Oggi è sparito pure quello, anzi abbiamo sentito Giorgia Meloni nella conferenza stampa dopo la tragedia di Cutro parlare dell'importanza di creare canali di ingresso legali.

Per ora a questa dichiarazione non è seguito alcun fatto concreto, in termini di nuove possibilità di ingresso.
Per quanto riguarda l'unica possibilità di ingresso legale, il governo Meloni ha approvato un decreto flussi da 82mila ingressi. Lo scorso anno, con il governo Draghi, erano 69700.
Ma sopattutto sono 50mila in più degli anni tra il 2015 e il 2020, quando il decreto flussi riguardava solo 30500 ingressi.
Per trovare un valore più alto bisogna tornare all'ultimo decreto flussi del governo Berlusconi IV: circa 180mila ingressi. Curioso che fosse un altro governo di centrodestra, un caso di Nixon goes to China, forse.

Ma l'immigrazione non è fatta solo di decreto flussi, anzi questo e le emergenze migratorie sono argomenti che si intersecano poco o nulla.

Il decreto flussi - che in teoria riguarda persone con un contratto di lavoro già pronto, per la cervellotica legge Bossi-Fini - serve in gran parte da sanatoria mascherata per persone che sono già qui a lavorare in nero.
Chi arriva da Paesi con crisi migratorie difficilmente (eufemismo) è formata per lavorare, quindi il decreto flussi non è lo strumento adatto. Nel loro caso, si dovrebbe passare principalmente da canali umanitari.

Riguardo all'immigrazione di emergenza, quella con i barconi, Giorgia Meloni si è vantata che il suo governo è quello che salva più persone, in proporzione agli sbarchi.
Ed è vero: la quota di decessi accertati rispetto al numero di chi tenta la traversata è al minimo storico.

Naturalmente la situazione è un po' più complicata di così, i morti sono comunque molti perché c'è un numero di partenze record (quest'inverno ci sono state più traversate che nelle estati tra il 2015 e il 2019).
Sotto il governo Conte I, i morti erano relativamente pochi perché non partiva più nessuno. Guardando ai dati assoluti, altri hanno fatto meglio, perché partiva meno gente.
Con il Conte II (in piena pandemia) ci sono state 65 morti accertate al mese, con Letta 68, con Meloni siamo a 80, con il Conte I 100, con Draghi 140, con Gentiloni 182, con Renzi 309.

In due parole, quindi, la situazione sotto questo governo consta di:

  • il decreto flussi più ingente da più di 10 anni
  • la minor quantità di decessi in proporzione alle traversate (attraversare il canale di Sicilia non è mai stato così sicuro)
  • il maggior numero di immigrati accolti da parecchi anni a questa parte.

Tutto molto diverso dalla vulgata e dalla faccia cattiva con le ONG*.
Che è delegata al ministro Piantedosi, alter ego di Salvini e come lui propenso a uscite infelici.

* ONG che, tra l'altro, contribuiscono in proporzione pochissimo al numero di traversate, la stragrande maggioranza degli arrivi è autonoma o su navi dello Stato.

mercoledì 29 marzo 2023

Ospitaletto nei dati (4): il parco auto

Durante l'incontro in teatro sulla qualità della vita, da cui è partita questa serie di articoli, è emersa la curiosità riguardo il numero di automobili immatricolate in paese in totale, non solo nel 2021.

Dal sito ACI si può ricostruire anche quello. Mantengo l'analisi dei due gruppi di Comuni (limitrofi, simili) usati per gli altri dati.





Ospitaletto ha un numero di automobili significativamente inferiore, l'8,4% in meno rispetto alla media provinciale, molto simile alle medie dei gruppi di comuni.
Però quelle che "mancano" sono soprattutto le auto vecchie: la percentuale di auto euro 0 o 1 è bassa.

Lo stesso vale per i veicoli industriali, che sono ben il 20,6% in meno della media provinciale.

I motocicli infine sono ben il 28,3% in meno rispetto alla media provinciale. In quel caso è alta la percentuale di mezzi più inquinanti.
Questo comunque non sposta i dati totali dei veicoli immatricolati a Ospitaletto: i mezzi molto inquinanti sono meno della media, mentre più del 50% sono Euro 5 o 6.

Ultima curiosità: tra i trattori c'è una notevole percentuale di mezzi moderni, in tutta la provincia.

giovedì 23 marzo 2023

Ospitaletto nei dati (3): dormitorio?

Ripartiamo dall'ultima osservazione dello scorso post: un paese che ha una forte densità di popolazione, ma che "esporta" lavoratori, può essere un paese dormitorio?
Per valutare questa cosa, ovviamente, non c'è un dato definitivo. Ci vengono però in aiuto alcuni indicatori.

Il dato più commendevole è certamente quello relativo agli utenti attivi delle biblioteche.

 

Il valore ospitalettese è il terzo tra i Comuni considerati, poco dietro Paderno e Concesio; i 138 utenti ogni 1000 abitanti sono il 17% in più rispetto ai paesi limitrofi e il 32% in più tra i Comuni di simile dimensione. La media provinciale scende addirittura a quota 90.

La nostra biblioteca, storicamente, ha sempre lavorato bene ed è indubbiamente un buon polo di attività culturale.

Passando ad altri dati, la situazione cambia.
Il numero di bar in paese è il più basso dei 13 Comuni considerati, a quota 1,4 per mille abitanti.
Il 36% in meno dei paesi vicini (2,3), il 43% in meno della media provinciale (2,5) e il 47% in meno della media dei paesi di simile dimensione.
 

Ospitaletto non è mai stato un paese policentrico, con frazioni e simili, e i bar si concentrano tutti sull'asse centrale. Le zone di nuova urbanizzazione, specialmente a nord, sono tutte prive di centri di ritrovo.

Per quanto riguarda lo sport, abbiamo 28 associazioni. A me sembrano tante, e l'offerta sportiva mi pare completa, ma un confronto con i paesi di dimensione simile ci dice che è il numero minimo assieme a Leno. La media per mille abitanti (1,1) risulta quindi bassa: il 27% inferiore ai paesi vicini, il 34% meno di quelli simili e della media provinciale (2,9).


L'indice di attività sportiva (impianti + discipline praticabili) è il più basso di tutti con l'eccezione di Rezzato; su quel fronte scontiamo probabilmente la mancanza di impianti adeguati (l'articolo a corredo del rapporto dice che siamo sotto la metà della media provinciale), ma c'è da dire che i dati sono vecchi e non includono, per esempio, la piscina; anche per il palazzetto dello sport ci si sta muovendo.

Infine, un dato che ho recuperato da Openbilanci, sito che raccoglie i bilanci dei Comuni e ne permette una facile consultazione.
Ho messo a confronto le spese culturali dei nostri 13 comuni campione.


Si vede che la spesa pro capite a Ospitaletto per la cultura (bilancio consuntivo 2021) è di 18,9€. Questo valore è il 6,2% in meno dei comuni limitrofi, e soprattutto il 43,5% in meno dei 33,5€ dei comuni simili. Anche epurando il valore di Rezzato, che è oggettivamente "strano", rimaniamo sotto di un 23%.
Forse su questa voce si può fare di più.
Va detto però che queste cifre dipendono da come sono contabilizzate a bilancio le varie voci, potrebbero essere non esatte all'euro. Però un'indicazione di massima forse la si può trarre.

Per tornare alla domanda iniziale, quindi, forse qualche sintomo di paese poco vivo c'è: il basso numero di centri di aggregazione, per esempio (quando ho fatto un incontro con il gruppo giovani dell'Oratorio questa cosa è stata rimarcata), e una serie di attività che potrebbero essere più vivaci.

sabato 18 marzo 2023

Ospitaletto nei dati (2): il lavoro

Riprendiamo il discorso su Ospitaletto presentando ora alcuni dati che si collegano, in un certo senso, alla nota finale dello scorso post sulla popolazione.

Partiamo dai dati riguardanti il lavoro: la prima tabella indica il numero di addetti delle aziende locali (quante persone abitano a Ospitaletto), la seconda il numero di imprese registrate.



Per quanto rigarda i lavoratori, Ospitaletto presenta un valore di 292 addetti ogni 1000 abitanti. Questo è in linea con la media dei paesi simili (295), ma di molto inferiore al valore provinciale (344) e ancor di più a quello dei paesi del nostro circondario (355). Siamo al 18% in meno.
Per quanto riguarda le imprese, il numero rapportato alla popolazione è di 68,5 per 1000 abitanti. Questo è nettamente il valore minimo dei 13 comuni considerati, e il 26,5% in meno della media dei comuni vicini (93,2).

Questo vuol dire che a Ospitaletto si lavora di meno?
A vedere altri dati, si direbbe di no.


I redditi medi sono perfettamente in linea con quelli dei paesi limitrofi (21.333€) e solo di poco inferiori a quelli dei paesi simili (22.152€) e della provincia (22.007€).
Ma i redditi possono essere un indicatore nello stile del pollo di Trilussa, sono dunque andato a recuperare i dati sui redditi di cittadinanza, che nella ricerca del Giornale di Brescia non c'erano. I dati divisi per comune si riferiscono a novembre 2019, ma questo è un valore precedente alla crisi del Covid, quindi può essere indicativo dello stato di salute "normale" dell'economia.


Si vede che a Ospitaletto ci sono 7,6 percettori ogni 1000 abitanti. Il valore è in linea con la media dei paesi limitrofi (7,6), della provincia (8,0) e dei paesi simili (8,1). Le proporzioni non cambiano di molto considerando solo i maggiorenni.
In realtà andando a vedere i valori singoli risulta che la situazione è buona ma non ottima, il valore è il terzo tra tutti i 13 comuni considerati e le medie vengono alzate dai valori anomali di Rovato e Darfo. Ma in ogni caso non c'è nulla di preoccupante, nessuna differenza del 20% come tra addetti e imprese.

La spiegazione quindi è che a Ospitaletto i lavoratori ci sono, ma vanno a lavorare fuori paese.
Fanno i pendolari, chi vicino, nelle molte zone produttive a ridosso dei confini comunali (la DTR appena oltre il sottopassaggio dell'autostrada risulta sotto Passirano, ma molti lavoratori sono ospitalettesi), chi a Brescia, chi più lontano.

Questo fatto porta con sé il rischio di essere un paese dormitorio. Su questo ci focalizzeremo nel prossimo intervento.

(piccola nota: i valori dei senzatetto in tabella sono presi da qui, ma - come dice l'articolo - sono una mera curiosità statistica, dati i criteri non omogenei di conteggio tra comuni.)

lunedì 13 marzo 2023

Ospitaletto nei dati (1)

La scorsa settimana abbiamo tenuto, nell'ambito del percorso Voci nell'Agorà, un incontro in cui abbiamo mostrato le statistiche sul nostro paese contenute nel nono rapporto sulla qualità della vita del Giornale di Brescia.

Ho raccolto i dati per gruppi di paesi: quelli contermini a Ospitaletto e quelli di dimensione simile (tra 13000 e 16000 abitanti). I dati sono raccolti in queste diapositive.

Di seguito alcune note di commento ai dati più notevoli.
Cominciamo dalle belle notizie: il trend demografico del paese è ancora solido.




Facendo qualche calcolo, se la natalità (7,7) è poco sopra la media dei paesi limitrofi (7,5, trainata da Rovato) e discretamente sopra la media dei paesi simili (7,1), la mortalità è nettamente migliore: 7,7 contro 9,3 e addirittura 10,6 dei due gruppi. Ospitaletto ha l'unico valore sotto 8 tra i 13 paesi considerati.

Questo perché Ospitaletto è un paese mediamente giovane. Da dati Istat, la percentuale di minorenni a Ospitaletto è del 19,5% sulla popolazione, seconda solo a Rovato per pochi decimali (19,7%). I valori dei comuni limitrofi mediano al 17,9%, quelli dei comuni simili al 16,6%, stesso valore della intera provincia.
Significa che i 19,5 minorenni su 100 persone sono il 17% in più del valore provinciale: non è poco.

Lo stesso andamento si nota nei bambini tra zero e due anni: a Ospitaletto sono 24,8 ogni 1000 abitanti, contro una media dei paesi limitrofi di 23 e dei paesi simili di 22,6 (la provincia è a 22). Anche qui ci batte solo Rovato a 27,7.

A questo numero di bambini in età da asilo nido corrisponde un bel numero di posti all'asilo: sono 141, terzo valore della provincia. I 31,6 posti su 100 bambini sono il 64% in più della media dei paesi limitrofi, il 76% in più rispetto ai paesi simili e il 25% in più rispetto alla media provinciale. Un'ottima notizia.

 
Un altro ambito su cui Ospitaletto spicca è quello dei nitrati nell'acqua del rubinetto: è sorprendente il valore nettamente più basso di tutti i paesi limitrofi, nonostante il territorio sia in comune.
Questo è certamente merito del nuovo pozzo scavato qualche anno fa dall'amministrazione comunale.

Più controverso è il discorso riguardante il territorio.
Sappiamo cho da tempo Ospitaletto è molto popolato. La densità è la seconda della provincia, dopo il capoluogo; il consumo di suolo è altissimo.


Come si diceva durante l'incontro, questa è una scelta, che è stata fatta molti anni fa: si è scelto di essere un paese, nonostante il piccolo territorio, attrattivo per molta popolazione. Questo ha dei pro e dei contro, ci ritorneremo su prossimamente.

mercoledì 1 marzo 2023

Segreti di Stato

L'Italia pone il segreto sulla lista delle armi che manda in Ucraina.
Di più: è segreto anche l'impegno economico militare al riguardo.

Forse per la lista delle armi ci potrebbe essere qualche vago motivo strategico, ma non si capisce che motivo strategico possa esserci nel secretare anche il costo. Costo che comunque in qualche modo dovrà risultare a bilancio, direi.

Ma anche riguardo alla lista delle armi, ci sono esempi virtuosi ben evidenti: la Germania pubblica con cadenza settimanale la lista degli approvvigionamenti, gli Stati uniti forniscono una lista aggiornata al 24 febbraio. Quindi non si vede che tipo di motivo strategico dovrebbe esserci. Certo non si parla di scrivere "il giorno X partirà una spedizione Y con il treno Z dalla stazione A alla stazione B", ma una lista la forniscono tutti tranne noi: persino Wikipedia fa cenno al segreto di Stato solo per quel che riguarda l'Italia.

Se sull'opportunità dell'invio si possono avere opinioni diverse (la mia: non è una scelta nella nsotra disponibilità, data la nostra collocazione internazionale e le nostre alleanze), la trasparenza sarebbe una battaglia minima di correttezza che mi aspetterei da tutti.

Ho un vago ricordo che all'inizio si disse che una scelta "pesante" come l'invio di armi sarebbe stata fatta sotto il controllo parlamentare, invece siamo qui a votare deleghe in bianco al governo ogni tot mesi, senza sapere alcun dettaglio.

Almeno una relazione trimestrale con i dettagli mi sembrerebbe il minimo sindacale.
Il segreto di Stato trova motivazione, a mio parere, solo in un peloso "non disturbate il conducente", che sia Draghi o Meloni.

lunedì 20 febbraio 2023

Cosa avete fatto!

Non avevo neppure guardato la partita con Milano, preso da sconforto preventivo.

La partita con Pesaro è stata orrenda, con i marchigiani che non la mettevano in una vasca da bagno. Poteva essere un caso.

Ma, come si dice, uno è un caso, due sono una coincidenza, tre sono una prova.

La finale di ieri è stata giocata benissimo. Brescia si è ripresa in una volta sola tutte le partite perse in volata di quest'anno. Si è incastrato tutto alla perfezione, ma con grandissimo merito.

Felicissimo per Moss e Burns, che se lo meritavano avendo accompagnato tutta la crescita della squadra in questi anni (ok, Burns non c'era nella splendida finale del 2018, quando la squadra se la sarebbe meritata forse ancor di più, ma è come se ci fosse stato).

Della Valle MVP meritato, ha giocato da vero go-to guy: quando la palla pesa, palla a lui in cassaforte. Abilissimo a prendere falli e tiri liberi, con un po' di condiscendenza arbitrale. Ieri sempre la decisione giusta. Quando è così sarebbe utile anche alla nazionale.
Poi non è sempre così... è un Mario Boni, al più un Enzo Esposito, un realizzatore che difende male ma in una squadra che se lo piò permettere (quindi non delle prime 2-3) è utilissimo.

Belinelli ha provato a tirare la carretta da solo, decisivo nello strappo che ha portato Bologna a -1 da -10 nell'ultimo quarto, ma lì è stata bravissima la Leonessa a non perdere la testa e fare tutte le cose giuste. Mai in crisi nera, sempre in grado di muovere il punteggio, di tenere la testa davanti.
Poi è entrato Teodosic... già nella prima metà si è visto che con lui la squadra faticava molto di più. Tre partite in quattro giorni per una squadra con Belinelli (1986), Teodosic (1987), Hackett (1987) sono troppi, gli ultimi due erano spompatissimi. I tiri del serbo sono andati tutti corti, ha pure sbagliato un libero così. Mancavano le gambe. Risultato: -20 di +/- per lui.

Scariolo ha provato a girarla con la zona, ma a parte due piccoli svarioni all'inizio Brescia la ha attaccata benissimo. Non con il primo modo con cui si attacca di solito la zona, il tiro da 3 (tranne nelle prime due azioni), ma con penetrazioni e rimbalzi offensivi. Bravissimi loro e bravissimo Magro.
Non ho capito, a un minuto dalla sirena, perché abbia rinunciato al fallo sistematico. Ok provare a recuperare palla con la pressione, ma se non ci riesci entro due secondi devi fare fallo.

Adesso mi cercherò qualche giornale celebrativo, questa Final Eight si tiene via nei ricordi da spolverare ogni tanto.

venerdì 17 febbraio 2023

Le relazioni transatlantiche

Segnalo questo interessante articolo che fa il punto sulle relazioni transatlantiche dopo un anno di guerra in Ucraina.

Sunto: la guerra ha rinsaldato queste relazioni nella forma "classica" da guerra fredda, con una forte preminenza americana.
Sono emerse alcune contraddizioni: il mondo occidentale si è dipinto come paladino della libertà e della democrazia, ma nal farlo ha dato una nuova centralità e legittimità - per motivi contingenti di opposizione alla Russia - a situazioni problematiche come i Paesi dell'Est o completamente antidemocratiche come l'Arabia Saudita.
Inoltre c'è contrasto tra la richiesta di un nuovo protagonismo militare europeo e l'affossamento dei progetti, soprattutto francesi, di autonomia strategica dell'UE.

mercoledì 15 febbraio 2023

Cronache dal seggio: il voto

Alcune osservazioni sulla modalità di voto.

Le cosiddette "civiche" dei candidati sono uno specchietto per allodole.
Lasciamo fuori dall'analisi il risultato civico e altre riflessioni simili: secondo me la gente mette la X su quel simbolo perché c'è il nome del candidato in un bel bollino colorato, e barra lì al posto di barrare il nome in stampatello.

A riprova, ci sono un sacco di voti (per es.) a Lega e lista Fontana (invece che Lega e candidato Fontana) o a Azione-IV e lista Moratti invece che Azione-IV e candidato Moratti.
Vorrò vedere quando ci saranno i dati completi quante preferenze avranno raccolto queste "civiche". Secondo me, in proporzione ai voti, saranno molte meno che quelle dei partiti.
Il che tra l'altro implicherebbe che gli eletti occuperanno i loro posti, attribuiti alla lista Fontana, con molte meno preferenze dei colleghi delle altre liste.

La doppia croce mi porta a parlare del voto disgiunto.
Io capisco e apprezzo che è una possibilità in più, l'ho pure usata in passato.
Ma dobbiamo capire se non sia uno strumento che crea più problemi di quelli che risolve.

Al mio seggio ho avuto due voti disgiunti, a fronte di una decina di schede annullate (in tutto o solo per il voto di lista) per voto disgiunto mal compreso. Secondo me è passato il concetto che si potevano votare due partiti diversi.
Ho avuto più d'uno che ha votato due partiti di coalizioni diverse, esprimendo anche preferenze corrette per quelle due liste (tipicamente quella per il suo partito e per il sindaco di Brescia, Del Bono, che evidentemente gode di approvazione trasversale). O due X su due partiti diversi.

Se la possibilità porta a più errori che voti disgiunti, secondo me potremmo anche rinunciare.

Per un'analisi più completa, qui una lettura interessante.

P.S. Un'altra cosa che ci siamo chiesti ai seggi è: perché si vota alle scuole elementari e non alle scuole medie? Si fermerebbero tre anni invece di cinque.

martedì 14 febbraio 2023

Cronache dal seggio: l'astensione

Di ritorno dalla tre giorni elettorale.

Naturalmente anche ai seggi l'affluenza è stata oggetto di oziose discussioni durante le 24 ore 24 (!) di apertura.Qualche pensiero sparso al riguardo.

  • Sarebbe opportuno tenere sempre election day. Magari lasciamo fuori i referendum, per la questione quorum, ma a Brescia si vota fra due mesi anche il sindaco, che senso ha non accorpare? Con più elezioni magari c'è più campagna elettorale, e l'elezione più sentita traina l'altra.
  • Votare il lunedì è opportuno, l'ho sempre pensato. C'è gente che è passata prima di andare al lavoro, e comunque molti anziani anche a metà mattinata, sapendo di non trovare ressa. Ma allora non ha senso l'orario domenicale così esteso. Quando si votava di lunedì, in altre occasioni, la domenica l'orario era 8-22, e assicuro che quelle due ore fanno tutta la diferenza del mondo.
  • Si diceva al seggio: vi ricordate quando si votava con il cedolino e non con la tessera elettorale? A ogni elezione si recapitava a casa dell'elettore un cedolino con cui presentarsi al seggio. Certo sarebbe problematico per costi e organizzazione (la spedizione, il mancato recapito...), ma forse aiuterebbe a valorizzare la singola elezione e a evitare che una parte dell'elettorato non lo sappia nemmeno, che si vota.
  • In subordine, almeno un SMS di promemoria con gli orari del voto tramite sistemi del tipo di quelli che allerta della protezione civile.

Tutti palliativi, ovviamente.

In ogni caso, a me pare che l'affluenza colpisca trasversalmente.
I risultati di ieri in Lombardia sono sostanzialmente compatibili, presi per coalizione (quindi epurando i risultati delle "civiche" dei presidenti), con quelli delle politiche di settembre, con affluenze completamente diverse.
 

martedì 31 gennaio 2023

Garantismo, antimafia, caso Cospito

In questi giorni infuria il dibattito sulla vicenda Cospito, l'anarchico condannato al 41-bis.

Di quello parlerò più sotto.

Mi piace iniziare invece segnalando questo podcast di Oscar Giannino con Alessandro Barbano, sulle storture dell'antimafia.

Lo introduco con una vignetta di Zerocalcare (la versione intera del fumetto si trova qui). E' sulla vicenda Cospito, ma mi interessa di più il discorso sull'antimafia.



"Mafiosi".

"Mafia".

Una parola-passepartout, che tronca ogni discussione. Come si fa a non essere contro la mafia?

Con questo criterio si giustificano cose discutibili, quando non ingiustificabili.

Rocco Riccardo Greco, vittima del pizzo, denuncia le estorsioni. Un mafioso, per ritorsione, fa il suo nome. La sua ditta viene interdetta per mafia. Nonostante tutte le assoluzioni, l'interdizione rovina la ditta. L'imprenditore vorrebbe ritirarsi e lasciare la ditta ai figli, ma l'interdizione passerebbe a loro.
Quindi il problema è lui.
Rocco Riccardo Greco si suicida.
Una vittima della mafia, e dell'antimafia.

Per combattere la mafia si accettano presunzioni di colpevolezza, reati vaghi come il concorso esterno, intercettazioni a strascico, istituti come il 41-bis.
Attenzione: non sto dicendo che non servano.
Il mondo reale purtroppo non è l'uperuranio dei princìpi.

Però bisogna avere ben chiaro che si tratta di eccezioni, che vanno usate il meno possibile e in modo ben circostanziato.

Parlando del 41-bis: ha senso che esista un istituto del genere?
Per me sì: è dimostrato che alcuni boss hanno fatto danni e dato ordini anche dal carcere.
Un regime restrittivo è quindi utile, forse necessario.
Però bisogna andare a vedere i contenuti: io capisco le limitazioni sulla comunicazione, e pure l'isolamento; ma che senso ha impedire di leggere un libro o studiare? Quella è alienazione, tortura psicologica con l'obiettivo di far cedere il condannato e convincerlo a parlare.

Sul caso Cospito: ha senso il 41-bis applicato a lui?
Secondo me no. Gli anarchici non hanno una struttura organizzata e verticistica come la mafia: per me già questo deve far sorgere più di un dubbio.
Inoltre non mi pare che ci siano prove del fatto che sia il capo di alcunché o che abbia organizzato atti da dentro il carcere. So che ha pubblicato scritti deliranti inneggianti all'azione violenta, ma incitare genericamente alla lotta, anche armata, non è la stessa cosa di dare istruzioni operative, come purtroppo riescono (riuscivano?) a fare alcuni boss mafiosi dal carcere.
Per far sparire l'incitamento bastava qualche misura specifica per limitare la pubblicazione di quegli articoli.

E, in ogni caso, dovrebbe valere il principio per cui in dubio pro reo. Preferisco essere garantista, preferisco un colpevole impunito che un innocente condannato.

Già che ci siamo, qualche appunto anche sull'ergastolo ostativo.
A me non è chiaro perché l'ergastolo ostativo sarebbe un problema per la rieducazione del detenuto.
Se il carcere tende costituzionalmente alla rieducazione, la rieducazione si fa in carcere per definizione. Non può essere che il fatto di stare in carcere invece che fuori la impedisca, varrebbe per tutti.
Un carcerato a cui sia data la possibilità di studiare, seguire corsi, vedere film, avere una biblioteca, magari scrivere - perché no? - un libro, partecipare a concorsi di poesia... (tutte cose che in alcune carceri si fanno, non abbastanza spesso ma si fanno) ha molte occasioni di rieducarsi pur stando in carcere.
L'ergastolo ostativo impedisce il reinserimento in società, questo è vero, ma di per sè la Costituzione parla di rieducazione, non di reinserimento.
L'obiezione può essere che allora spendiamo soldi in corsi eccetera in modo inutile, perché il rieducato non rientra in società. Può essere, ma questo è un altro ordine di discorsi (il raporto costi/benefici) rispetto ai diritti costituzionali.

Questo non è in contrasto con quanto dicevo sopra sul garantismo: il garantismo e la certezza della pena sono due facce della stessa medaglia, sono indissolubilmente associate.
La pena non deve essere inutilmente afflittiva.