mercoledì 27 febbraio 2019

Chi farà dialogare società e potere?

Nei giorni scorsi ho letto l'omelia di mons. Tremolada sul valore della politica, in occasione della festa dei santi patroni Faustino e Giovita. Un tema non nuovo, in sé.
Nella parte finale dell'intervento vengono nominati i partiti, e sembra di leggere un accenno alla loro crisi: "I partiti passano, nascono e invecchiano e in qualche caso muoiono. Il compito di amministrare la vita pubblica resta.". Il Vescovo sottolinea che comunque alla base di tutto non ci sono i partiti, ma la società nelle sue forme, il pre-politico.
Il giorno dopo, sul Giornale di Brescia, ho letto un fondo del prof. Fulvio Cammarano, che partendo dalla situazione del PD (di cui ho accennato già l'ultima volta) parla anch'egli della crisi dei partiti, chiedendosi chi farà dialogare la società e il potere con la scomparsa dei corpi intermedi.
Mi pare che questo sia un grande tema per il futuro.
In una società sempre più parcellizzata, individualista, liquida, non si fa più comunità.
Le famiglie sono sempre più piccole, e anche variabili, inoltre non si abita più tutti insieme come una volta. I vicini di casa non sappiamo nemmeno come si chiamano. La piazza non è più vissuta, se non da stranieri (che si stupiscono di come noi italiani non usciamo di casa). In tutto ciò, le forme di aggregazione sono in crisi, e tra esse anche i corpi intermedi.
Per anni ci siamo detti che bisogna rilanciarli.
E se il futuro fosse invece qualcosa di diverso? Qualcosa che non c'era prima?
In fondo l'800 ha avuto i partiti d'élite, il '900 i partiti di massa, può essere che per il 2000 si debba trovare una nuova forma che faccia dialogare società e Stato?
Magari cose come la "piattaforma Rousseau" sono tentativi. A tastoni, forse regolati e controllati per qualche interesse, ma tentativi di dare una risposta diversa a questa richiesta.
C'è da dire che nemmeno il voto on line crea comunità: ciascuno vota dal suo studio, senza interagire, discutere, formarsi un'opinione con gli altri.
Due anni fa, quando votai no al referendum istituzionale per la riforma della Costituzione, uno dei motivi era che il modello proposto disegnava una società più disintermediata. Mi pare che la realtà vada in ogni caso potentemente in quella direzione.

Aggiunta del 28/2: riporto questa interessante intervista, in cui si ragiona di crisi della democrazia e dei corpi intermedi. Secondo me l'ultima risposta guarda ancora un po' troppo al passato.

venerdì 22 febbraio 2019

Prospettive politiche

Ieri ho divagato un po' leggendo alcuni commenti sulle primarie PD, che in effetti stanno generando un interesse molto ridotto rispetto alle altre tornate.
Un po' è normale: un partito al 30% interessa di più di uno al 15%. Un po' la cosa è figlia dell'atteggiamento defilato di Renzi, che priva l'argomento di un frontman ad alta notiziabilità (che brutta espressione!). I cattivi dicono che Renzi lo fa apposta, dando istruzione anche ai renziani di disinteressarsi della discussione, per dimostrare che senza di lui non c'è partito.
Al di là di questo, però, mi ha fatto riflettere un commento che faceva notare che, in ogni caso, il PD è sulle posizioni più impopolari per tutti i temi alla ribalta. Quota 100 e reddito di cittadinanza sono bandiere popolari*, e il PD si oppone. Sull'immigrazione, ogni posizione a meno a "destra" della Lega oggi è impopolare (infatti il M5S ha fatto presto ad appiattirsi su Salvini). Al PD non resta che sfottere l'incompetenza, ma anche questa non è una posizione molto popolare.**
Qualche tempo fa pensavo - e la parte ottimista di me lo pensa ancora - che queste battaglie popolari sbatteranno contro la realtà. Però mi viene un dubbio. Sbattere contro la realtà vuol dire che l'economia presenterà il conto: il reddito e quota 100 sono misure insostenibili su larga scala, quindi o la montagna partorirà un topolino (pochi beneficiari), o la situazione diverrà insostenibile in poco tempo, specie in condizioni di recessione economica (deficit, spread eccetera).
Però mi sono ritrovato a pensare a cosa potrebbe succedere dopo.

lunedì 18 febbraio 2019

Maria regina degli Scozzesi

Sono stato a vedere Mary queen of Scots, impropriamente tradotto in italiano come Maria regina di Scozia.
Un film senza infamia né lode, molto classico nella parte visiva e nella costruzione della storia.
Mia moglie, l'esperta di storia della famiglia, mi informa che il film è storicamente accurato: gli avvenimenti narrati sono sostanzialmente corretti, con alcune inevitabili concessioni alla fiction, come l'incontro finale tra le due regine (che se non sbaglio è immaginato anche in altri film).
Così mi sono trovato davanti un esempio di come un film storicamente accurato possa essere stravolto dai dialoghi e da ciò che il regista o lo sceneggiatore lasciano intendere.
Il film suggerisce una specie di "solidarietà femminile" tra le due regine, e gioca molto sulla colpevolizzazione dei maschi che stanno loro intorno in quanto maschi prevaricatori della donna che deve stare sottomessa. In questo modo si esaspera un tratto effettivamente esistente dell'epoca, senza peraltro rendere giustizia a Elisabetta, dipinta in alcuni passaggi come una specie di alienata distrutta dal desiderio inappagato di maternità. Così, per dare la "colpa" delle lotte con Maria agli uomini cattivi del suo consiglio, si finisce per dipingere la regina d'Inghilterra come un'inetta.
Maria invece è dipinta come tollerante e ricerca l'alleanza con l'altra donna. Invece sappiamo che anche lei giocò parecchio nelle contrapposizioni religiose tra cattolici e protestanti, e si contrappose a Elisabetta per tutta la vita. Per non parlare del tocco gay-friendly: all'omosessuale Davide Rizzio, Maria dice "non è colpa tua, tu non hai tradito la tua vera natura".
Che il film fosse venato da uno stucchevole politicamente corretto si intuiva fin dalle prime scene, quando si vede che l'ambasciatore di Elisabetta è un nero (!!!) e che una sua dama di compagnia è orientale (!!!).

Su quest' ultimo particolare, ragionando in termini generali, mi chiedo come sia giusto pensarla. Per film di pura fantasia ovviamente non ha alcuna importanza se l'attore è bianco o nero. Ma per film storici? Non sarebbe meglio cercare dei profili somiglianti ai personaggi da rappresentare? Oppure dovrei pensare che anche in questo caso ogni ruolo potrebbe essere affidato a tutti? In effetti per rappresentare Gesù non si cercano certo attori arabo-palestinesi.
Certo tutto questo mio discorso nel caso specifico decade quando leggo che il regista ha dichiarato che non avrebbe diretto un film "all-white". Quindi è stata una scelta politicamente corretta. Ne prendo atto.

mercoledì 13 febbraio 2019

Attualità del giorno del ricordo

Qualche giorno fa è stato il Giorno del ricordo.
A tal proposito, ho trovato molto azzeccato questo commento.
La tragedia delle genti perseguitate tra il 1943 e il 1947 nelle terre sul confine orientale affonda le sue radici in una concezione disumana dei rapporti di forza tra popoli. Una concezione che nega la dignità della persona, della sua identità, della sua cultura, anzi che considera una cultura superiore a un'altra, che generalizza, non si approccia con il singolo ma fa di tutta l'erba un fascio ("tutti gli italiani sono fascisti!"). Una cultura degeneratamente nazionalista, che vuole imporre alle persone una lingua, un pensiero politico, un modo di vivere.
Queste culture sono essenzialmente fasciste. Fu fascista - ovviamente - l'operato del governo italiano in quelle terre prima del 1943, con l'italianizzazione forzata e le rappresaglie nelle zone occupate. Fu fascista il comportamento degli slavi che se la presero con gli italiani di Istria e Dalmazia, a volte solo perché italiani, e quindi per forza fascisti. Fu fascista il comportamento dei comunisti jugoslavi (e di qualche collaborazionista italiano), che consideravano il successo e la conquista come traguardi meritevoli di qualsiasi angheria e violenza, anche generalizzata e ingiustificata.
Ha ragione Salvini quando dice che le vittime delle foibe sono uguali alle vittime della Shoah. Pur restando le ovvie differenze storiografiche tra i due fenomeni (in termini per esempio di cause e di numeri), non possiamo fare vittime di serie A e di serie B. Sia gli ebrei che gli italiani infoibati furono vittime di ideologie nazionaliste e totalitarie, prive di rispetto per la persona e la dignità umana.
Suscita in me perplessità il fatto che a volte, oggi, il ricordo delle foibe sia cavalcato da frange che sembrano inclini a un certo nazionalismo piuttosto marcato (per non parlare di quelle minoranze apertamente indulgenti con il fascismo). Allora la storia non insegna nulla?
Come scrive il commento che ho citato in apertura, le foibe ammoniscono a dire basta con i nazionalismi e le culture divisive, del "noi contro di loro", della superiorità di una ideologia, di una razza, di una cultura su un'altra. E' necessario coltivare la fraternità e il rispetto della dignità della persona, che sia ebrea, istriana, africana o di qualunque parte del mondo.

lunedì 11 febbraio 2019

Chiesa, Messa

Ieri, in occasione della giornata del malato che cade oggi - festa della Madonna di Lourdes - siamo stati in cattedrale per una S. Messa con i malati.
Questa è chiesa. Il popolo di Dio che si ritrova attorno all'Eucaristia, con al centro i più piccoli.
Quindi al centro c'è Gesù, in due modi: nel Santissimo e negli ammalati (cfr. Matteo 25).
Con loro, tante persone che nel nascondimento costruiscono la civiltà dell'amore. Se si guardasse di più dentro queste esperienze e queste realtà ci sarebbe ben altro che le polemiche sul Papa, i preti, i migranti.

lunedì 4 febbraio 2019

Un Gesù antropocentrico e poco animalista

Il Vangelo di oggi (Mc 5,1-20) mostra Gesù fare una precisa scelta di campo.
Per salvare l'anima di un uomo, non esita a sacrificare un'intera mandria di maiali. Duemila animali contro un uomo. Una vera strage...
Tra l'altro, senza voler essere animalisti - ché ai tempi non sapevano nemmeno cosa volesse dire... - gli abitanti della regione si fanno due conti in tasca e pensano ai padroni di quei porci. Una rovina! E chiedono a Gesù di allontanarsi.
La vita di un singolo uomo conta molto di più di ogni altra creatura, e di ogni altro valore economico.
Sempre bene tenerlo a mente, quando si fanno le "scale di valore".