giovedì 31 dicembre 2020

Non può durare ancora per molto

Grazie a una segnalazione in rete ho letto Sotto il culo della rana, di Tibor Fischer.

Si tratta di un libro causticamente ironico che narra dell'Ungheria comunista.

"Non può durare ancora per molto", si illudono i personaggi, mentre si immergono in una realtà alienata, totalitaria, in cui l'unica forma di difesa è l'ironia. O la fuga.

Il libro è godibile, anche se lascia il sospetto che la situazione descritta sia troppo esasperata per essere verosimile. L'autore è apertamente anticomunista, e si vede. ALcune scene, penso in particolare a quelle campagnole, ricordano moltissimo Guareschi.

Il libro intrattiene, in alcune parti commuove. La parte migliore secondo me è la descrizione dell'innamoramento del protagonista, che riesce a essere realistica e romantica allo stesso tempo, non rinunciando a una vena ironica.
Oltre a ciò, ho potuto approfondire alcuni passaggi della storia ungherese che non conoscevo, come la transizione verso un modello a partito unico, che è durata qualche anno.
Altri elementi meriteranno un approfondimento futuro, come gli accenni al campo di lavoro di Racsk, su cui si trova poco anche in rete.
Anche la vicenda della rivolta del 1956 è descritta senza eroismi, in modo grottesco seppure tragico.

Riflettendo più ampiamente, mi pare che alcune delle esperienze grottesche vissute dai protagonisti ungheresi ricordino alcune situazioni paradossali di un certo fascismo alla Starace.
Mi chiedo se anche in Ungheria ci sia una corrente che sostiene che "si stava meglio quando si stava peggio".
Mi pare che però i risultati elettorali in tutto l'Est europa dei partiti comunisti siano ben inferiori rispetto ai nostalgici italiani del MSI nell'immediato dopoguerra.

Forse perché il fascismo è nato su un humus fertile, mentre il comunismo è stato imposto da fuori, con Jalta, in società che non lo hanno metabolizzato per nulla.

domenica 27 dicembre 2020

Regole azzeccate

Zone rosse, arancio, gialle, giorni rossi, feste dai parenti...

Cerchiamo di sistematizzare.

Ci sono quattro tipi di libertà di movimento:

1) libertà di muoversi per i fatti propri (giro col cane, passeggiata, escursione, a zonzo in auto senza meta...)
2) libertà di recarsi in una casa privata
3) libertà di recarsi in un luogo pubblico (negozio, chiesa, teatro, ufficio...)
4) libertà di recarsi sul luogo di lavoro

Il punto 4 è stato normato ad hoc, secondo lo stato di necessità e i bisogni dell'economia.

Il punto 3 è stato normato secondo i casi singoli, con protocolli specifici, chiusure eccetera che riguardano il luogo di destinazione. Ottimo, non discuto i singoli protocolli, sottolineo che si è agito sulla destinazione.

Restano i punti 1 e 2. Il punto 1 è a rischio pandemico basso o nullo, il 2 decisamente più elevato.

Con due punti, ci sono quattro possibili approcci:

A) vietare sia 1 che 2. Zona rossa dura, non si esce di casa senza necessità. Contro: è una misura draconiana, sicuramente eccessiva. Pro: è sicuramente efficace, è più facile da controllare (sei fuori di casa? ti controllo), è chiara.

B) libertà di movimento sia per 1 che per 2, limitandosi a raccomandazioni sulla 2. Pro: la più liberale, non impone regole impossibili da controllare (che incentivano i furbi e a lungo termine minano il rapporto tra cittadini e autorità). Contro: le raccomandazioni forse servono ma non bastano, è un rischio sanitario.

C) libertà di movimento per i fatti propri, divieto di spostamento verso le case altrui (al più con deroghe fino a due persone, come effettivamente scelto). Pro: mantiene chiara la priorità sanitaria, rende legali le cose non pericolose e illegali o quasi quelle pericolose, quindi ha senso. Contro: è pesantuccia (ma qui dipende dalle eccezioni), è difficilmente controllabile, lascia possibilità ai furbetti (specie con le eccezioni per le visite in casa).

D) divieto di movimento per i fatti propri, libertà di spostamento verso le case altrui (al più con qualche limite, tipo due persone). Pro: c'è poca gente in giro? non credo molta meno che con la scelta C, la maggioranza degli spostamenti - specie in questa stagione - sono verso le case, quindi sono scettico. Altro? Contro: regola sanitariamente assurda, è difficilmente controllabile, lascia possibilità ai furbetti (specie con le eccezioni per le visite in casa). I contro della C, con in più il fatto di non avere senso.

Cosa hanno scelto i nostri ineffabili legislatori?

Per fortuna la maggioranza della popolazione è prudente.

Anche gli allarmi su shopping e struscio di 15-20 giorni fa si sono rivelati eccessivi, confido che anche Natale andrà benino.

Addendum: c'è anche la regola che permette a chi abita in Comuni sotto i 5000 abitanti di spostarsi fino a 30km di distanza. Riflettendo su questa cosa, mi pare che ci sia una contraddizione. L'eccezione è stata introdotta per non penalizzare troppo gli abitanti nelle visite, parrebbe, visto il riferimento alla popolazione e non alla dimensione del Comune. Chi abita in Comuni piccoli - leggi: poco popolosi - ha meno servizi e può visitare meno persone. Quindi li lasciamo uscire, introducendo però un permesso di distanza - come se il problema fosse di "spazio vitale", e non più di persone. Tant'è vero che gli vietiamo di spostarsi nei posti più popolati e con più servizi, ovvero i capoluoghi. Mah.

lunedì 21 dicembre 2020

Enzo Bearzot, 26 settembre 1927 - 21 dicembre 2010
Dieci anni che allena in Paradiso.

giovedì 17 dicembre 2020

Dieci anni da FLI

Leggo questo interessante pezzo su Futuro e Libertà.

Pezzo onesto, con cui concordo: fu una operazione idealmente meritoria, portata avanti con pochi mezzi e molti errori tattici. Ai tempi la seguii con simpatia, dedicai a FLI alcuni dei primi post su questo blog, allora ospitato su un'altra piattaforma.
Mi fa piacere che Granata abbia la stessa opinione che espressi io a suo tempo: Fini avrebbe dovuto dimettersi subito.

Un giorno bisognerà riflettere con piglio storico sulla mutazione del centrodestra italiano, sulle colpe berlusconiane al riguardo, sulla durata di questa desertificazione. Ora siamo appesi a Carfagna e Giorgetti, che auspicano cose buone e giuste, ma il sospetto è che non ci sia più nessuno ad ascoltarli.

Vox clamantis in deserto, per stare al periodo.


martedì 15 dicembre 2020

Verdi, l'eccezione italiana

Segnalo una bella riflessione sulla parabola dell'ambientalismo politico italiano.

In effetti l’Italia, senza alcun partito verde, è un’eccezione nel panorama europeo. La cosa stupisce anche perché tutti i movimenti di un certo successo che sono nati negli ultimi anni fuori dal Parlamento (prima il M5S, poi le sardine e i Fridays for Future) hanno una certa attenzione per la componente ecologista.

Come mai questa non si traduca in una presenza politica è una bella domanda. Il classico “Piazze piene, urne vuote”.
Mancanza di leader connotati principalmente come verdi?
Concorrenza di partiti nella stessa area (PD, M5S) che non hanno l'ambientalismo come punto fondante ma che raccolgono le stesse persone che vanno in piazza?
Irrilevanza delle istanze verdi all'atto della scelta di voto (vado in piazza, ma quando voto penso ad altro che all'ecologia)?
Fenomeni di “moda”, fatti di poche persone convinte e di molti “turisti delle piazze”?

Riporto alcune citazioni dall'articolo che trovo interessanti.

«I Verdi hanno confuso gli applausi in assemblea con i voti. In Veneto i cittadini li hanno usati per specifiche lotte, senza mettere in discussione i loro modelli di vita, come gli operai che votano Lega ma sono iscritti alla Cgil». E perché, Bettin? «Perché si sono sempre sentiti grilli parlanti, depositari della verità e in quanto tali esentati dal faticoso lavoro di convincere le persone. Bravi a costruire un messaggio, incapaci di creare le relazioni per radicarlo».

C’è stata un’obiettiva difficoltà a rappresentare l’ambientalismo come un discorso di sviluppo, di progresso, di benessere. In Italia si sono lasciati imprigionare da un modello economico di rinunce. È un problema di tutti gli ambientalisti, ma i nostri non lo hanno mai superato [...] l’ambientalismo sarà una vera forza di cambiamento quando il modello che propone sarà socialmente desiderabile.

Il fatto che in Italia i verdi siano visti come i "no tutto" e "come le angurie, verdi fuori e rossi dentro" è storicamente vero (anche se c'è da dire che quasi ovunque i verdi sono catalogati a sinistra, non solo in Italia).

Non avevo invece mai pensato al fatto che possano soffrire della sindrome del “maestrino”, del depositario della verità, di quello con il dito puntato. Questa è un’altra problematica che condividono con la sinistra, con quella parte che si ritiene depositaria di un “bene comune”, di “giustizia”.
In un tempo di individualismo spinto, è sempre meno accettato il fatto che qualcuno possa dare indicazioni “etiche” per il bene di tutti. Lo vediamo anche nell’insofferenza ai DPCM per la pandemia.
E’ un problema che anche la Chiesa ha avuto con il ’68 e giù di lì: si rifugge la presenza di un’auctoritas che indichi il bene, e man mano questo tracima nel rifiutare che qualcun altro ci dica cosa dobbiamo fare, il valore più importante diventa la libertà, intesa come libertà di fare quel che si vuole.
Forse è un elemento dello slittamento a destra della società.

Con la chiesa sappiamo come è andata a finire: ha perso man mano influenza e importanza.

La sinistra ha incanalato questa “anarchia” nella sfera sessuale, ma è in difficoltà sugli altri livelli.

Vedremo come andrà con i verdi.

venerdì 11 dicembre 2020

Notte prima degli esami 1982

Un altro necrologio, stavolta inaspettato.

Ero troppo piccolo, nel 1982. Bambinetto di quattro anni.

Ma ho dei flash chiarissimi della sera della finale. La televisione accesa in cucina, io che ogni volta che Martellini diceva "gol!" sgambetto dai miei genitori a dire loro "abbiamo fatto gol!!!"

I miei genitori non sono mai stati appassionati di calcio. Erano nella mia cameretta, sulla scrivania, a studiare.
Mio padre aveva cominciato a lavorare da ragazzino, in cantiere, e poi da grande aveva ripreso le scuole serali, medie e poi geometra. Di giorno in cantiere, la sera a scuola, tanto di cappello.
Nel 1978, bocciato in quinta, decide di lasciar perdere. Mia madre se lo lavorò ai fianchi, e dopo quattro anni lo convinse a riprovare.

L'orale della maturità era fissato per il 12 luglio 1982, un lunedì. Quella domenica sera stavano sui libri a ripassare.

Ripasso inutile... il giorno dopo erano tutti in aula con lo spumante.

Mio padre diceva sempre: "Io ho preso il diploma grazie a Paolo Rossi". Proprio lui, che di calcio si interessava poco o nulla.

Paolo, tu non l'hai mai saputo, ma tra i tuoi meriti c'è anche un geometra in più!

P.S. mi sono accorto che questa cosa l'avevo già scritta 10 anni fa, qui, alla morte di Bearzot. Corsi e ricorsi.

domenica 6 dicembre 2020

Un embrione è un bambino?

Nell'ultimo post parlavo di divorzio.

Questo mi ha fatto prendere in mano una serie di appunti che mettevo giù da un po' sull'altra grande questione portata negli anni '70, l'aborto.

Un embrione è un bambino?

Tanti dibattiti di bioetica ruotano attorno a questo concetto, a questo dilemma. Tante posizioni su aborto, sperimentazione, discendono dalla risposta a questa domanda.

Probabilmente le posizioni sono tante, e purtroppo non credo che una risposta sola sia accettabile senza che chi non è d'accordo la senta come imposta. Non credo che esista una risposta "scientifica" condivisa. Infatti tutte le legislazioni del mondo si barcamenano con compromessi politici al riguardo.

Metto giù alcune note, più che altro come appunti per fissare il pensiero.

Anzitutto credo che dobbiamo dirci che la domanda non è neutra. Dietro ci sono interessi di parte, si pensa alle conseguenze. La prima cosa a cui dobbiamo stare attenti è l'ordine dei fattori: cerco la risposta a questa domanda, e poi dalla risposta che mi sono dato faccio discendere le mie posizioni su aborto e bioetica, oppure ho le mie posizioni su aborto e bioetica, e cerco la risposta alla domanda che le giustifica meglio?

Questa è una tentazione forte, perché sappiamo che una certa risposta giustifica cose che possono venire "comode" a noi adulti già nati e cresciuti, che potremmo essere sensibili all'interesse di poter fare queste cose senza preoccuparci di chi è più debole. La tentazione di barare c'è. Naturalmente non vuol dire che chiunque ha un certo tipo di risposta bari in ogni caso, eh.

Cercherò quindi di sgombrare il campo dal discorso di pancia "uccidiamo i bambini in pancia alla mamma".
Quello che ho sempre pensato io è che non riesco a trovare una motivazione valida perché un embrione sia diverso da un bambino più di quanto un bambino sia diverso da un adulto o da un vecchio.
Non trovo la soluzione di continuità. Di un embrione concepito naturalmente ho la ragionevole certezza che crescerà e nascerà e invecchierà finché non succederà qualcosa di sanitario (mancato impianto, aborto spontaneo, malattia) o artificiale (IVG, incidente in auto). Una cosa senza soluzione di continuità fino alla morte della persona.

mercoledì 2 dicembre 2020

Cinquant'anni di divorzi

Cadono in questi giorni i conquant'anni dall'introduzione in Italia del divorzio.

Questa legge, anche per via dei referendum che ne seguirono, è solitamente accoppiata a quella sull'aborto. A me pare che parliamo di due situazioni profondamente diverse: l'aborto lede i diritti di una persona terza. Un matrimonio è un accordo tra persone adulte, quindi ho sempre trovato giusto che ne sia possibile la risoluzione a determinate condizioni, un po' come si fa con i contratti, che pure sono tecnicamente un'altra cosa. Ok, possono esserci di mezzo i figli, ne parlerò; però non sono i figli quelli sposati.

Detto questo, oggi la situazione è molto cambiata rispetto al 1970: non c'è più solo il matrimonio, la convivenza è ampiamente sdoganata. Oggi abbiamo almeno cinque tipi di relazione che hanno qualche effetto giuridico, a livello crescente di vincolo:

  • relazione stabile anche senza convivenza fissa (è di qualche settimana fa la notizia di una sentenza secondo cui basta questa per far togliere gli alimenti)
  • convivenza (riconosciuta per effetti legali in molte sentenze su eredità, visite ai parenti in ospedale, riconsociuta "affetto stabile" a fini lockdown)
  • unione civile
  • matrimonio in separazione dei beni
  • matrimonio in comunione dei beni

Di fronte a questa situazione, in cui c'è un'ampia possibilità di scelta, viene a mancare proprio il matrimonio indissolubile (civile, ovviamente). Metto giù alcune riflessioni, che sono più che altro domande.

La stabilità della relazione è una prerogativa meritevole di "tutela", di "premio"? Sappiamo per esempio che alcuni divorzi portano difficoltà per i figli. Ha senso che chi sceglie una forma di vincolo più stabile abbia qualche "vantaggio" (che ne so, sgravi)? Magari soprattutto quando i figli sono piccoli, e poi a scendere quando diventano grandi?

Se rispondiamo di sì alla prima domanda, avrebbe senso richiedere l'introduzione di una forma di matrimonio indissolubile, in aggiunta alle altre?

Oppure avrebbe senso un "vincolo a tempo" (tipo: ci impegnamo a non divorziare per 10 anni), con questi eventuali "premi", e solubile da un giudice a fronte di determinati casi (per esempio la violenza domestica)? Tipo un impegno a non divorziare per motivi "caratteriali" finché i figli sono piccoli?

Ma anche se invece ritenessimo che la stabilità non è un valore meritevole di tutela, per esempio perché rischia di scoraggiare con una motivazione economica il superamento di situazioni familiari incresciose, può essere che il riconoscimento pubblico di un legame indissolubile sia comunque valido.

Siamo infatti in un periodo in cui si moltiplicano le richieste di riconoscimento pubblico per la propria relazione, anche di tipo molto diverso (dal poliamore alla relazione con l'animale da compagnia).
Per "riconoscimento pubblico" non voglio dire che c'è il matrimonio con il proprio gatto; intendo dei provvedimenti legali o giuridici che riconoscono l'importanza di certi legami e ne traggono conseguenze in termini di diritti o obbligazioni, come successe storicamente con le relazioni omosessuali.
Lo Utah ha depenalizzato la poligamia, per esempio.
Per quanto riguarda gli animali, una recente legge permette di seppellirli con il padrone: è una legge che riconosce l'importanza di un legame e ha un effetto su un atto pubblico come la sepoltura. Ci sono inoltre sentenze che stabiliscono il diritto a vedere il proprio animale, e leggi che tutelano il "sentimento per gli animali".

Sono quindi molti i tipi di relazione per cui ci si attiva a favore di un riconoscimento pubblico. Anche il matrimonio indissolubile potrebbe quindi rientrare in questo discorso, anche solo per il fatto che qualcuno possa desiderare un riconoscimento pubblico di un impegno privato all'indissolubilità (in fondo tutte le forme di unione sono il riconoscimento pubblico di un impegno privato)?