sabato 4 novembre 2023

Che fine ha fatto l'ONU?

“Che fine ha fatto l’ONU?”
Si sente dire spesso, in questi giorni, riguardo alla situazione in Israele e Palestina.
Si è sentito qualcosa del genere – curiosamente un po’ meno* – anche riguardo alla situazione ucraina.

Qual è l’atteggiamento che possiamo avere nei confronti di questa crisi?
I due estremi – lasciamoli fare** e interveniamo con la forza da fuori – sono entrambi inaccettabili, il primo per motivi umanitari, il secondo per impossibilità pratica e “legale”, quindi ci si barcamena con la diplomazia, gli appelli, le mediazioni, i “ma anche”, le manifestazioni. E’ l’inevitabile via di mezzo.

In realtà la seconda possibilità, quella dell’intervento esterno, è quello che si richiederebbe a volte alle Nazioni Unite. Laddove servirebbe un “arbitro” terzo qualcuno si appella all’ONU.
Ma l’ONU non è mai stato questo.

Il mondo in cui c’erano arbitri terzi che decidevano per contrasti internazionali non è mai stato quello dell’ONU, ma c’è stato un mondo così, era quello coloniale. E gli arbitri erano sempre le nazioni potenti, e gli arbitrati erano sempre i Paesi piccoli, dipendenti o di recente indipendenza.

Dalla decolonizzazione in poi troviamo queste differenze inaccettabili.
Lasciare che facciano da soli è anche un lascito del fatto che riconosciamo agli Stati una “adultità” piena, un dritto a decidere pienamente per sé senza che altri intervengano. Un trattare tutti gli Stati – legalmente – come se fossero tutte potenze “pari”. Infatti quando una potenza interviene per “aggiustare” le cose dove non vanno bene lo fa al di fuori del diritto internazionale (tipo Iraq).

L’ONU non può agire come arbitro anche perché non ha possibilità di enforcement, ma anche (non credo soprattutto) per via dei veti incrociati.

Ma come sarebbe un’ ONU senza veti?

Il diritto di veto, durante la guerra fredda, ha impedito che l’ONU si trasformasse nello strumento di una parte contro l’altra.
Questa cosa è ancora valida anche oggi. Anche oggi, volenti o nolenti, ci sono dei “blocchi”, basta vedere le votazioni sull’Ucraina, che sono molto, molto meno unanimi di come le pensiamo noi occidentali.
Togliere il diritto di veto vorrebbe dire andare verso un funzionamento a maggioranza.

Ipotizziamo pure di avere maggioranze qualificate (per numero di voti? Per popolazione? Entrambe?). Ci sarebbe comunque il problema di creare minoranze “ghettizzate”. Come la prenderebbero i governi di questi Paesi? E le popolazioni?

L’ONU fa notizia per i suoi numerosi fallimenti, o meglio per la sua rumorosa impotenza.
Ma l’ONU non è solo il Consiglio di sicurezza e le risoluzioni ignorate (come quelle che condannano gli insediamenti illegali). E’ anche le agenzie umanitarie, la FAO, l’UNESCO, i campi rifugiati e mille altre cose che nemmeno conosco. Istituzioni a cui tutti contribuiscono e che fanno un lavoro importante.
Che ne sarebbe di questa parte del multilateralismo, durante le crisi e con un funzionamento a maggioranza?
Che ne sarebbe dell’ONU, se Cina, Russia e alleati vari formassero una maggioranza, per esempio, sulla questione Taiwan (che, ricordiamo, ha relazioni con pochi e sparuti Paesi)?
Che ne sarebbe dell’ONU se fosse sempre allineato, al contrario, alle posizioni americane?

Io ci penserei due volte, prima di buttare il bambino con l’acqua sporca.
Sulle questioni più divisive l’ONU è impotente, e a volte questo dà scandalo.
Su mille questioni non rumorose lavora in silenzio.

* probabilmente per via del coinvolgimento di un Paese con diritto di veto, ma anche perché lì presumiamo di vere ben chiaro chi ha ragione e ci arrangiamo a prenderne le parti.

** cosa che facciamo in altre aree del mondo, tra l’altro.

giovedì 2 novembre 2023

Antisemitismo antico e moderno

Sempre sulle tragiche giornate in Palestina propongo questa interessante intervista.
Utile per mettere in prospettiva alcune cose, uscendo dalla emotività (giustificata, si badi) del momento, che porta a pensare di vivere qualcosa di mai visto, e contemporaneamente dalla tentazione di trovare a tutti i costi paralleli con fatti storici.

Molto interessante la spiegazione del fatto che la Shoah sia oggi il centro della “religione civile” di Israele, ma che non sia sempre stato così.
Altrettanto interessante la questione del fondamentalismo islamico e religioso come fenomeno postmoderno invece che “medioevale”. Illuminante la memoria delle approvazioni occidentali alla rivoluzione iraniana di Khomeini, quando (cito)

si marciava nel 1979 per inneggiare alla rivoluzione islamica degli Ayatollah che avevano finalmente deposto lo Scià. Era l’affacciarsi del fondamentalismo islamico, ma in quei primi giorni, accecati dal terzomondismo, non lo si capiva.

Non mi convince al 100% il discorso sull’antisemitismo come linguaggio politico moderno.
Ok, nelle categorie che descrive lo è, ed è innegabile – così come per il razzismo – il profondo legame con il positivismo, ma non si può tacere l’antisemitismo storico cristiano e islamico.

Intervista molto, molto interessante.