venerdì 29 ottobre 2010

Di Silvio e dei dintorni

Si fa un gran parlare delle magagne vere o presunte del nostro Presidente del Consiglio, che invero ne ha proprio tante.

Cominciamo dal lodo Alfano. Io non sono contrario. E' vero che esso è legato alla contingenza di Silvio Berlusconi e ai suoi processi, ma questa contingenza ha effettivamente posto il problema del rapporto tra la magistratura e i massimi poteri dello Stato (attenzione, non tra la magistratura e la politica tout court).
Credo che uno "scudo" giudiziario per le più alte cariche dello Stato sia ammissibile. Non dico necessario, ma ammissibile sì, chiarendo bene che si tratta di una sospensione dei processi, non di una cancellazione degli stessi, e che si sospendono anche i termini di prescrizione.
Negarlo con motivi di politica giudiziaria sull'uguaglianza dei cittadini davanti alla legge è legittimo, mentre negarlo facendo riferimento ai processi di Berlusconi è secondo me anch'essa un'interpretazione ad personam. Poi è chiaro che va scritto meglio, specie nella parte che riguarda il capo dello Stato - come Napolitano stesso ha fato notare.
Mi sembra ancor più bizzarra tutta la questione della reiterabilità: se il principio del lodo è applicato alla carica e non alla persona, vale indipendentemente da chi la detiene, e quindi anche da quanti mandati ha fatto. Un'interpretazione diversa sarebbe esclusivamente ad personam contro Berlusconi.
La non reiterabilità assomiglierebbe a un "invito" al titolare di carica indagato a non ricandidarsi per altri mandati per motivi giudiziari, alla faccia della sovranità del Parlamento, che elegge il Presidente e vota la fiducia al capo del Governo.

Sull'altra vicenda che coinvolge Silvio Berlusconi, quella della ragazza marocchina, avrei gradito non sentirne nemmeno parlare. Parecchia spazzatura, illazioni, racconti tutti da verificare, fatti privati. A differenza di altri, trovo veniale anche il fatto della telefonata in Questura per sbloccare la situazione di una minorenne che comunque andava affidata in custodia a qualcuno (una comunità, se non era la Minetti).
La cosa significativa di tutta questa storia secondo me è proprio il coinvolgimento della Minetti - consigliere regionale imposta e non eletta - quale "amica" o "conoscente" o "affidataria" di una cubista minorenne, che mostra in quale sottospecie di ambiente torbido, di avanspettacolo, di basso livello si muova la classe dirigente politica al giorno d'oggi.
Non parlo di Silvio, che fa caso a sè e che pur venendo dal mondo dello spettacolo (o meglio da un ambiente a contatto con lo spettacolo) è innegabilmente una persona intelligente, abile e anche preparata. Parlo della classe politica intermedia, i "quadri" del potere, che si intrallazzano (o addirittura si pescano) tra Lele Mora e ciarpame velinico vario. Non proprio ambienti di alto livello.
La Stampa scrive che "Berlusconi ha detto ieri che tutto ciò è "spazzatura", e non c'è dubbio che lo sia. Ma resta da vedere se è spazzatura mediatica , o spazzatura prodotta da una classe dirigente che non ha altri spunti di discussione da offrire ai giornali. Siamo noi giornalisti che perdiamo tempo appresso a stupidaggini, o è una certa classe dirigente a essere responsabile di un degrado da basso impero?" Probabilmente, e tristemente, entrambe le cose, dico io.


martedì 26 ottobre 2010

Non è tutto oro quello che luccica

Sul Corriere di oggi leggo questo articolo sul Bhutan e il Fil.
Attenzione, il Fil - come il Pil - è solo uno strumento, dipende da come lo si usa. Con la differenza che, non essendo fatto di cifre "oggettive", è più facilmente manipolabile.
L'articolo mi ha ricordato una cosa che avevo letto anni fa, per cui in Bhutan hanno deciso che i bhutanesi sono più felici tra di loro e senza immigrati, per cui per far crescere il Fil hanno proceduto a espulsioni coatte. Qualcuno parla anche di campi di concentramento per gli immigrati nepalesi (immagino saranno come i nostri Cie, o come si chiamano ora). Si veda a proposito qui: non ho verificato l'attendibilità - non ne ho gli strumenti - ma è una cosa che ho sentito molte volte.
Un'altra osservazione chemi viene è che un Governo che decide cosa rende felici i cittadini ha un po' il retrogusto dello Stato etico, infatti la laicità del Bhutan è ancora molto questionata... Superare il Pil è necessario, magari attraverso un Pil "qualitativo", soppesato per settori (istruzione, ricerca, investimenti ecc.) ma il Fil mi sembra decisamente un azzardo.

domenica 24 ottobre 2010

(Giovani) cattolici in politica

Si sente tanto parlare di cattolici in politica, in questi anni. Il cardinal Bagnasco invoca una nuova generazione di politici cattolici, Famiglia Cristiana pure. Provo a dire la mia al riguardo.
Intanto secondo me traspare chiaramente da questi richiami la constatazione che gli attuali "cattolici in politica" siano insoddisfacenti, ma non è su questo che mi voglio soffermare.

La mia posizione sull'impegno dei laici cattolici nell'ambito politico è mutata nel corso degli anni. Quando ero più giovane subivo il fascino della "balena bianca", e auspicavo la presenza di un partito unico dei cattolici.
Negli ultimi anni, invece, ho un po' cambiato idea, provocato anche dalla frequenza ad alcuni appuntamenti di formazione a tema socio-politico.
Già nel 2008, infatti, ad un incontro della Scuola di formazione diocesana all'impegno sociale e politico, un relatore faceva notare come secondo lui il ruolo dei cattolici dovesse essere quello di "lievito" della politica, superando quindi l'idea di un solo partito o di un solo schieramento. Del resto lo stesso Vangelo ci invita a essere "sale della terra", o "granello di senapa": piccoli semi per insaporire il tutto e dare grandi frutti.
Anche il Compendio di dottrina sociale della Chiesa spiega che l'incarnazione del Vangelo nel mondo non è appannaggio di una visione sola, di un'ideologia fissa, ma può trovare molte strade, anche a seconda di quali priorità uno senta più vicine alla propria sensibilità personale.
Quest'anno, a un incontro del Corso interassociativo tenuto a febbraio qui ad Ospitaletto, padre Bartolomeo Sorge sosteneva anch'egli che ci possono essere cattolici in tutti gli schieramenti, in ogni partito, impegnati a portare avanti ideali cristiani e cercare di porli all'attenzione dei programmi del partito stesso. Lui sorridendo diceva che vedeva un po' più difficile "orientare" evangelicamente anche la Lega Nord, e che un cattolico che se la fosse sentita poteva anche provarci, anche se -diceva padre Sorge - "non so che fine farà".
Anche lo schema politico degli ultimi decenni, che ha visto la cosiddetta "diaspora" dei cattolici, non può essere visto come un segno dei tempi? Sarà questo che il Signore ci chiede: essere testimoni in ogni partito della dottrina in cui crediamo?

Allora credo che oggi il compito dei cattolici impegnati in politica - difficile e affascinante, d'altronde non è mai stato facile, come ci ricordava Paolo VI - sia quello di cercare di portare il germe del Vangelo in ogni partito, in ogni ambiente, senza imporlo (oggi non ne avremmo nemmeno la forza numerica), ma facendolo percepire in tutta la sua ragionevolezza e in tutta la sua bontà. Io veramente non vedo nel panorama politico partiti che non propugnino almeno qualche idea che è perfettamente accettabile e difendibile per un cattolico: sta a noi coltivarle e magari far camminare il partito laddove invece non si è tanto convinti. Oggi è la Giornata Missionaria: questo è un bel campo di missione!
Tante volte ci si sofferma sulle "differenze" tra i programmi dei partiti e la dottrina sociale della Chiesa, in modo da lavorare "ad excludendum" sostenendo che un cattolico non può assolutamente stare in questo o quel partito. Invece bisogna secondo me sottolineare le comunanze, i punti buoni che ogni parte propone, e cercare di renderli prioritari nell'azione legislativa o programmatica.

E' chiaro che per fare una cosa del genere è necessario essere preparati, preparatissimi, per portare avanti la propria posizione con cognizione di causa e sempre pronti a renderne ragione, parafrasando 1Pt 3,15. L'urgenza di oggi quindi è la formazione, soprattutto dei giovani ma anche delle altre generazioni. I cattolici devono quindi impegnarsi su due fronti (l'uno non esclude l'altro): l'impegno diretto in politica, ma anche la diffusione della conoscenza, della consapevolezza sui temi Politici (e la P non è un refuso).

P.S. Ciò che ho detto non esclude poi che ci possa essere un partito "cattolicamente ispirato", perché è giusto comunque avere una garanzia di tribuna per chi proprio non si senta rappresentato, o per far presenti certe istanze se nessun altro lo fa. Ciò che intendo è che questo partito non deve sentirsi egemone del voto dei cristiani, né l'unico destinatario del loro impegno! 

giovedì 21 ottobre 2010

Ciao Mauro

Quando a Messa si recita l'atto penitenziale, si ammette di avere "molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni".
Tante volte focalizziamo l'attenzione sui primi tre generi di peccato, perché ci appaiono più gravi che non le omissioni. Sarà più grave avere fatto qualcosa che non il non averlo fatto...

E invece forse non è così. Se noi in una vita non facessimo mai nulla di male, ma nemmeno nulla di buono, finiremmo come gli ignavi danteschi. Saremmo come il servo che sotterra il suo talento senza farlo fruttare (Mt 25, 14-30).
Sarebbe meglio piuttosto commettere qualche peccato, ma cercare di fare del bene quanto più possibile, piuttosto che l'inazione. I santi non sono certo ignavi, a volte sono anche peccatori (pensiamo a S. Agostino), ma sappiamo anche dal Vangelo che un gesto d'amore vale più di tanti peccati, agli occhi di Dio: pensiamo al buon ladrone o al Samaritano. Saremo giudicati per quanto abbiamo amato, non per quanto abbiamo peccato, perchè alla fine solo l'Amore resterà (1Cor 13, 1-13)!

Forse tendiamo a rimuovere i peccati di omissione perché l'idea è che "c'è sempre tempo" per fare il bene, e che se una cosa non si fa oggi la si farà domani.
Poi però non è sempre così, a volte il tempo scade, e le occasioni perse ci restano sul groppone, a pesare come un fardello di cui ci si accorge quando è troppo tardi.
E allora non sprechiamo il tempo e le occasioni che abbiamo!

Ciao Mauro, guardaci da lassù, scusa di tutto il bene mancato e grazie per questo insegnamento.

giovedì 14 ottobre 2010

La coperta corta

Dopo qualche giorno di dietrologie, per cui Fini avrebbe appositamente calendarizzato la discussione della riforma universitaria alla Camera troppo vicino alla sessione di bilancio per rimandarla ancora sine die, ora si scopre che è Tremonti a non volerla, per questioni di soldi.
La discussione infatti verte sugli ultimi emendamenti introdotti, che prevedono l'immissione in ruolo di 9000 ricercatori in sei anni, per i quali non ci sarebbe la necessaria copertura.

Non sono informato nei dettagli sulla riforma universitaria, ma questo modo di fare le regole mi lascia perplesso. La riforma gira da due anni per le commissioni, possibile che in due anni e tutti i passaggi nessuno abbia ritenuto utili le assunzioni, che invece compaiono di punto in bianco in extremis, evidentemente sulla scia delle proteste?
Assumere 9000 persone non è una spesa una tantum, carica lo Stato di 9000 stipendi - nemmeno bassi - per i prossimi decenni. Si può fare così, a cuor leggero, di fretta e con una copertura finanziaria dubbia?

Non sto dicendo che i professori non servono, magari servono pure (anche se per la mia esperienza personale ho dei dubbi), ma bisogna comunque assumere a ragion veduta e - se si decide che questi nuovi professori servono - trovare i soldi necessari.
Fatta così la cosa somiglia a una sanatoria per accontentare i ricercatori di adesso - che hanno comunque le loro buone ragioni - a spese dei giovani di domani, che troveranno le carriere ostruite.
Se si vuole assumere secondo me bisogna farlo contestualmente a meccanismi che rendano questi ambiti posti un po' meno fissi (baronie) e un po' più legati a indicatori oggettivi di rendimento (pubblicazioni su riviste internazionali?), in modo da garantire comunque un certo ricambio e una maggiore accessibilità ai ruoli, anche in futuro.

martedì 12 ottobre 2010

Ma cos'è la destra? Cos'è la sinistra?

Ieri Il Predellino, quotidiano online del famigerato deputato ultraberlusconiano Giorgio Clelio Stracquadanio, ha commentato così due articoli su La Stampa, a firma Luca Ricolfi e Marcello Sorgi. Al di là delle prese di posizione, ovviamente molto di parte, mi interessa soprattutto un passaggio, quello in cui Ricolfi sostiene che le cose buone fatte dal governo “sono cose di sinistra”, mentre Il Predellino fa notare che “non risulta che il rigore dei conti pubblici, la riduzione del peso dello Stato, l’efficienza della pubblica amministrazione, la meritocrazia siano prerogative delle politiche di sinistra […] è vero il contrario”.

Perché non si riesce a pensare che alcune cose, le cose buone e giuste, non sono di destra o di sinistra, ma sono semplicemente cose buone e giuste? E’ il concetto di bene comune: essendo comune, dovrebbe essere (abbastanza) facilmente riconosciuto da tutti, o quasi.

Non lo si può intestare per forza ad una parte, dicendo che gli altri fanno solo cose sbagliate (spudorato il passaggio secondo cui “il concetto di stato efficiente è contrario al sistema clientelare con cui la sinistra prende voti”, dimenticando per esempio il pieno di voti presi da Berlusconi in Sicilia, dove non si brilla certo per trasparenza).

giovedì 7 ottobre 2010

Back in action...

Di ritorno da otto giorni in Toscana...
Che bello! La Toscana è sempre splendida.
Un grazie a Francesca che mi ha accompagnato.