martedì 30 giugno 2020

Tempi di dolore

In questo periodo doloroso per tutti, sono stati molti i commenti anche religiosi a ciò che sta accadendo.
Mi è capitato tra le mani un passaggio del punto 36 di Spe salvi, l'enciclica di Benedetto XVI, che riporto (grassetti miei, ovviamente)

Come l'agire, anche la sofferenza fa parte dell'esistenza umana. Essa deriva, da una parte, dalla nostra finitezza, dall'altra, dalla massa di colpa che, nel corso della storia, si è accumulata e anche nel presente cresce in modo inarrestabile. Certamente bisogna fare tutto il possibile per diminuire la sofferenza: impedire, per quanto possibile, la sofferenza degli innocenti; calmare i dolori; aiutare a superare le sofferenze psichiche. Sono tutti doveri sia della giustizia che dell'amore che rientrano nelle esigenze fondamentali dell'esistenza cristiana e di ogni vita veramente umana. Nella lotta contro il dolore fisico si è riusciti a fare grandi progressi; la sofferenza degli innocenti e anche le sofferenze psichiche sono piuttosto aumentate nel corso degli ultimi decenni. Sì, dobbiamo fare di tutto per superare la sofferenza, ma eliminarla completamente dal mondo non sta nelle nostre possibilità – semplicemente perché non possiamo scuoterci di dosso la nostra finitezza e perché nessuno di noi è in grado di eliminare il potere del male, della colpa che – lo vediamo – è continuamente fonte di sofferenza. Questo potrebbe realizzarlo solo Dio: solo un Dio che personalmente entra nella storia facendosi uomo e soffre in essa. Noi sappiamo che questo Dio c'è e che perciò questo potere che « toglie il peccato del mondo » (Gv 1,29) è presente nel mondo. Con la fede nell'esistenza di questo potere, è emersa nella storia la speranza della guarigione del mondo.
Io non so a cosa intendesse riferirsi esattamente il Papa. Se parla della sofferenza inflitta a causa degli uomini, ha certamente ragione: il fratello che opprime il fratello è certamente un male di cui non ci libereremo.
Ma se parliamo del "male occorrente", naturale, di una pandemia - come in questo periodo - il richiamo alla colpa mi pare fuori luogo. Sembra un richiamo al fatto che la pandemia sia una punizione divina.
Io capisco che il male naturale esiste in sé, per via della nsotra finitezza, del peccato originale, ontologico. E' un elemento della vita di cui non possiamo liberarci.
Ma che il male naturale sia connesso alla colpa che si accumula e che cresce ogni giorno, no, non mi torna.
Il male che ciascuno fa - la colpa - provoca dolore, a qualcuno o a Dio. Nel primo caso provoca la sofferenza umana. Nel secondo no, non credo, se non il rimorso al colpevole stesso.

martedì 23 giugno 2020

Facce nuove, proprio

Le candidature alle Regionali del centrodestra sono definite.
Caldoro, Fitto.
Gente già candidata altre due volte, ex presidenti di Regione, uno nel 2010, l'altro già nel 2005.
Nomenclature per tutte le stagioni.
Non c'era nessun nome nuovo?
In Campania c'è anche la grana Cesaro, che parrebbe irrinunciabile (con il suo entourage) in lista. Ma possibile che sia davvero così? Che siamo ancora appesi a queste camarille impresentabili? Che queste portino più voti di quanti ne tolgono?
Forse sono le stesse modalità delle "fritture di pesce" di De Luca per il referendum, ma almeno De Luca ha dalla sua la gestione del coronavirus.
Nelle Marche si è scelto Acquaroli, che puzza di vicinanza agli ambienti nostalgici del Ventennio.
Una drammatica mancanza di classe dirigente. Forse c'entrerà il fatto che si tratta di partiti leaderistici, nevvero?
Questo per non parlare di Zaia, "presidente eterno" in Veneto, ma lì c'è un tale apprezzamento che non potrebbe essere altrimenti. Inoltre lui, come Enrico Rossi in Toscana, corrono per un terzo mandato consecutivo, non sono stati "ripescati" dopo le sconfitte.

lunedì 22 giugno 2020

Tipi di elettore

A volte leggo in giro: ma come fa la gente a votare Salvini?
Dopo questa epidemia e la pessima prova data da Gallera e Fontana c'è chi dice: "Adesso avranno capito quanto sono cialtroni i leghisti, e smetteranno di votarli".
Presento di seguito un archetipo di elettore lombardo.

venerdì 12 giugno 2020

Di statue e di morale

La polemica di questi giorni riguarda l'abbattimento delle statue.
Mi pare che sia un discorso che ritorna ciclicamente. Onestamente mi sembra che gli si dia troppo spazio.
Le statue, le vie sono simboli dal valore relativo; se c'è una statua o non c'è non è che mi cambia la vita.
Da una parte è vero che le società hanno bisogno di simboli, dall'altra parte non credo che uno diventi razzista perché in una cittadina inglese, Bristol, c'è una statua di tale Colston. Probabilmente questi simboli hanno senso al momento della deliberazione, della costruzione, ma poi man mano che passa il tempo diventano degli "elementi d'arredo". Tantissime persone vivono in vie dedicate a personaggi storici "minori" di cui non sanno nulla. Allo stesso modo, la demolizione può essere importante al momento, ma non cambierà la società a lungo andare.
Fatta questa premessa relativizzante, dico che per me la via migliore è sempre quella della contestualizzazione e della problematizzazione. In Italia abbiamo esempi illustri, dalla casa della GIL a Roma al Monumento alla Vittoria di Bolzano. Esempi ben riusciti di come si possa usare un monumento discutibile per fare una riflessione.
La statua di Colston raffigura(va) una persona che diresse una compagnia che trattava schiavi e, contemporaneamente, un benefattore e filantropo. La si poteva usare per chiedersi "com'è possibile che le persone considerassero normali sia lo schiavismo che la filantropia?", magari con delle scolaresche in visita. Questo potrebbe stimolare molte riflessioni. Chiedersi: "perché lui non applicava la mia morale?" serve per esempio a interrogarsi onestamente su quanto la morale sia universale.

giovedì 4 giugno 2020

Cambiare approccio

Ho letto questo articolo sull'effetto della pandemia sulle emissioni di CO2.
In breve: in questi mesi abbiamo visto un calo globale di emissioni fino al 15%.
L'effetto sulla concentrazione di CO2 nell'atmosfera è praticamente nullo.
Questo da una parte è ovvio: i cambiamenti climatici, tra cui l'accumulo di CO2, sono fenomeni di lungo periodo, frutto di un accumulo secolare. Non cambiano in due mesi.
D'altra parte è piuttosto scoraggiante. Per avere effetti efficaci è necessario un calo duraturo di emissioni. Cioè un duraturo lockdown? Suona veramente male.
L'UE ha realizzato un taglio alle emissioni del 23% in un quarto di secolo. Calano dell'1% l'anno. Senza contare che invece nel resto del mondo crescono.
Per ora sembra di vedere due cose.
Da una parte, i comportamenti individuali, come conclude Il Post, hanno poca/issima influenza. Lasciare a casa la macchina e prendere la bici, anche se lo facessimo tutti (come abbiamo fatto durante la pandemia), sposta di poco una frazione piccola delle emissioni mondiali.
Dall'altra parte, le scelte strategiche possono essere sostenibili? Se caliamo dell'1% annuo, come ha fatto l'UE, pare proprio di sì. Ma l'1% annuo non è sufficiente, ci dicono i climatologi.
Io ho l'impressione che l'unica cosa che ci possa salvare sia la scienza.
Qualcosa riguardo lo stoccaggio di CO2. Per tacer del nucleare. Dobbiamo diventare capaci di gestirla, la CO2, perché le emissioni non caleranno. Non siamo disposti a fare i sacrifici necessari per farle calare, non come singoli, ma come umanità: ci sono popoli che accampano il diritto di crescere economicamente e di inquinare come facemmo noi a suo tempo (questo lo scriveva anche Francesco nella Laudato si').