martedì 24 novembre 2015

Capolavoro

Ho appena finito di rileggere (per la sesta o settima volta, credo) la Saga di Paperon de' Paperoni di Don Rosa,  in originale The Life and Times of $crooge McDuck che suona molto meglio.

Sapevo già che è un capolavoro, e ogni volta che lo leggo mi piace di più.
Il lavoro di documentazione di Don Rosa è stato mostruoso. E' riuscito a dare una coerenza al tanti lavori di Carl Barks (il creatore di Paperone) completamente scollegati tra loro, creando una cronologia credibile e persino realistica della giovinezza del personaggio. In ogni episodio infatti c'è un'ambientazione storica precisa, in cui Paperone si trova ad interagire con personaggio ed eventi reali (tra i più famosi il Krakatoa, il Titanic e Theodore Roosevelt).

Ogni volta che lo leggo noto particolari nuovi negli sfondi delle vignette, inside jokes, e imparo qualcosa. Per esempio stavolta ho imparato che in Cuori nello Yukon il personaggio storico non è solo Jack London, ma anche Sam Steele.

La saga è un po' come i film della Pixar: godibile sia da bambini che da adulti. C'è la classica avventura disneyana, il bildungromans, la celebrazione del sogno americano del self-made man. Il finale è lieto, ma non senza passare da momenti cupi, che non ci si aspetterebbe da un fumetto Disney.

Potrebbe essere una bella idea per un regalo di Natale, se a qualcuno piace il genere. O, più semplicemente, si può trovare la saga qui.

giovedì 19 novembre 2015

Fondamentalismo, totalitarismo, Islam

Due riflessioni intrecciate su ISIL e fondamentalismo islamico, entrambe piuttosto pessimiste.

La più impressionante è quella di Domenico Quirico. Quando l'ho letta pensavo che parlasse dopo i fatti di Parigi. Invece l'articolo è di una settimana fa. Inquietante.

All'intervista a Quirico si ricollega anche Strade. A parte la difesa a spada tratta della Lady di Ferro, il problema dei totalitarismi e della libertà mi pare ben esposto.
Interessante che anche il cristianesimo abbia adottato ormai da un secolo il personalismo, che aiuta a mitigare le categorie generali della Verità.

In questo senso, la scoperta - traumatica - della laicità ha fatto bene al cristianesimo.

domenica 15 novembre 2015

La grande questione del nostro tempo

Io sono convinto che tutto questo passerà. Io ho fiducia nell'uomo e in Dio e credo che un giorno non ci sarà più il terrorismo religioso.

Il problema è capire che cosa possiamo fare per cercare di accelerare questo momento, che arriverà solo quando non nasceranno più fanatici fondamentalisti.

In questo senso andare a bombardare o combattere militarmente l'ISIL è, in prospettiva, inutile. L'abbiamo visto tutti in Afghanistan: dopo l'11 settembre gli USA capeggiarono l'invasione. Questa ebbe facile successo militare, ma i talebani continuano ad essere attivi e pericolosi, a distanza di tre lustri.
Anzi, molti fondamentalisti afghani di oggi sono probabilmente quei bambini di 6-8 anni che nel 2001 si videro uccidere i genitori dalle bombe americane, e crebbero - oltre che nell'indottrinamento - con una chiara percezione di chi erano i "cattivi": certamente non i loro papà.

Questo vuol dire che andare a combattere in Siria non è giusto? Certamente no: come in Afghanistan nel 2001, sarebbe una risposta legittima ad un attacco subito. In un certo senso anche doverosa, per ragioni di onore nazionale.
Inoltre nel breve termine potrebbero contribuire alla limitazione del danno. Nel 2001 gli USA si trovavano di fronte un regime che aveva appoggiato e protetto Al Qaeda nel realizzare attentati tecnicamente complicatissimi su suolo americano. Dopo l'intervento in Afghanistan i talebani fanno ancora parecchi danni, ma in scala molto più locale, e probabilmente non hanno il potenziale per ripetere qualcosa come il 2001.
Quindi potrebbe aver senso anche attaccare l'ISIL boots on ground: diminuirebbe di certo il suo potenziale organizzativo e finanziario nel breve termine. Ai fondamentalisti futuri ci penseremo fra vent'anni, noi siamo sotto attacco adesso.
Però si corre il rischio di allungare indefinitamente il conflitto.

Tra chi sottolinea che l'effetto degli interventi occidentali è stato deleterio in Libia, Afghanistan, Iraq, portando instabilità ovunque, spesso il sottointeso è che sarebbe meglio lasciare tutto come sta, magari con delle dittature, ma che non lascino in pace l'Europa o l'Occidente.
Però anche questa mi sembra una posizione non del tutto sostenibile da un punto di vista etico. E' vero che spesso le popolazioni stanno peggio dopo l'intervento occidentale che prima, ma una dittatura sanguinaria come lo erano quelle di Gheddafi e Saddam Hussein sono eticamente accettabili?
(Non sviluppo in questa sede il tema del perché certe dittature siano più accettabili di altre, e/o del perché non si intervenga sempre. In questo senso anche gli interventi in Afghanistan, Iraq, Libia, Siria  e i mancati interventi - per esempio - in Corea del Nord sono ben diversi tra di loro).

Allo stesso modo, forse non è del tutto innocente nemmeno Papa Francesco, che lo scorso anno si prodigò molto per evitare un intervento americano contro il regime di Assad, accusato di aver usato armi chimiche contro la sua stessa popolazione. Non sapremo mai come sarebbe andata altrimenti, ma è un fatto che dal periodo del mancato intervento USA l'ISIL si è rafforzata, Assad anche e i ribelli "moderati" si sono indeboliti.
Naturalmente il Papa aveva in mente una soluzione per il meglio: una soluzione diplomatica e pacifica. Una soluzione così permetterebbe di indebolire l'ISIL e contemporaneamente di non esacerbare civili o musulmani non fondamentalisti con gli "effetti collaterali" degli attacchi militari. Ma non sempre la soluzione diplomatica è praticabile. Allora è meglio perseguire insistentemente la soluzione perfetta o accontentarsi di un male minore, che abbia una qualche efficacia a breve termine?

Domende difficili. Probabilmente una delle grandi questioni del nostro tempo.

Io credo di averlo già scritto da qualche parte: l'unica cosa che mi viene in mente è bombardare* i territori dell'ISIL (ma anche la Libia e l'Afghanistan) con annate di Playboy. La secolarizzazione prima o poi avrà l'effetto di togliere mordente alla religione, e rendere le masse più indifferenti, come è successo in Occidente.
E' vero che da noi prima di Playboy è arrivato l'illuminismo, ma abbiamo bisogno di una risposta rapida, e temo che bombardare con i libri di Rousseau e Voltaire non avrebbe questa "presa". Un musulmano vagamente praticante magari continuerà a far mettere il velo alla propria moglie, ma dubito che se non è proprio convinto sia disponibile a togliersi la vita in un attacco kamikaze.

* in senso figurato, se qualcuno non l'avesse capito.

mercoledì 11 novembre 2015

C'era una volta

Una volta girava una barzelletta. Diceva più o meno così:
Ci sono tre papà, un leghista, un nero e un meridionale, all'ospedale, in attesa di vedere i propri figli neonati.
Arriva l'infermiera, li fa accomodare nella nursery e gli dice: "Ecco, qui ci sono i vostri bambini. Però c'è stato qualche problema con i cartellini e non siamo certi di chi è figlio di chi. Fra poco finiremo gli accertamenti e potremo dirvelo."
Il leghista si alza, prende in braccio il bambino nero e dice: "Questo è il mio!"
Gli altri papà lo guardano straniti, e l'infermiera dice: "Ma... non vede che è nero?"
Il leghista risponde: "Finché salta mia fo 'l terù, me tegne 'l negher!"

Oggi non ha più senso raccontare una storiella come questa: Matteo Salvini l'ha rovinata. La sua Lega nazionalista ha smesso di sparare contro i meridionali. Ora arriva anche il cambio di statuto, dimenticando la Padania e decenni di sparate localistiche.

E chi difenderà più noi padani dai terroni? ;-)

Ovvero, più seriamente: al di là delle sparate folkloristiche, alcuni dei problemi che la Lega poneva - in termini di spesa pubblica, sprechi, differenze di efficienza territoriale - erano problemi veri e concreti. La Lega non è mai stata capace, in tanti anni di governo (specialmente la legislatura 2001-2006), di proporre risposte efficaci, ma questo significa che i problemi sono rimasti.

Il rischio è che oggi si perda l'unica voce che evidenzia queste questioni poco politicamente corrette. Se ci pensiamo, nessun altro partito le ha mai avute veramente in agenda, anche (soprattutto, IMHO) perché gli altri partiti hanno voti e clientele diffusi al sud.

Secondo me questo è un impoverimento del dibattito politico nazionale. Vedremo se ci sarà qualcuno capace di prendere in mano questa bandiera, ormai orfana.
E chissà anche se c'è uno spazio politico in questo senso. In effetti mi stupisce grandemente che l'elettorato leghista abbia assistito a questa svolta senza batter ciglio.

lunedì 2 novembre 2015

L'invidia del privilegio

Su argomento parzialmente collegato a quello del post precedente, suggerisco la lettura di Strade:
a livello quantitativo i mali dell’Italia derivano più dai piccoli e diffusi privilegi della kastagente che da quelli grandi e concentrati della kasta. Chi fa credere il contrario è un furbo e chi ci crede è un fesso, direbbe Prezzolini.

L'articolo mi porta a pensare che il peccato capitale più diffuso del mondo moderno non è la lussuria, nonostante Internet, ma l'invidia.

Solo perché l'ipocrisia non è annoverata tra i sette... Noi cristiani, al riguardo, dovremmo essere ben avvertiti dalla storia della trave e della pagliuzza.

Poi l'articolo sviluppa una certa critica abbastanza gratuita al Movimento 5 stelle, che nei fatti non essendosi ancora trovato a governare, non può essere ancora accusato se non per le intenzioni. Capisco però che l'accento principale posto dal M5S sull'onestà e sull'asticella elevata di moralità pubblica li renda molto esposti a verifiche di, diciamo, "congruenza", se non ancora di coerenza.

Resta il fatto che nessuno può essere più deludente di Forza Italia e Lega Nord quanto a discrasia tra proclami di rivoluzione liberale e azione in difesa delle corporazioni, della spesa pubblica e anche aumento della stessa a livello locale.