mercoledì 26 luglio 2017

Il diritto di contare, o del puntare in alto

Approfittando dei cinema all'aperto (sempre benedetti, è un piacere ogni anno) la settimana scorsa sono andato a vedere Il diritto di contare.
Bel film. Forse non da Oscar (come in effetti non ne ha presi 😉) ma sicuramente inspiring, come si dice di là dell'Atlantico. Da far vedere nelle scuole, e forse pensato anche per questo.
Mi ha fatto riflettere su alcune cose. Intanto la NASA era un buon posto per superare le discriminazioni, sia di razza che di genere: quando i problemi sono difficili, l'importante è riuscire a trovare qualcuno che possa risolverli, gli altri fattori passano in secondo piano. Se i problemi sono così di alto livello che i possibili risolutori sono pochi non c'è tanto da fare gli "schizzinosi" (leggi: razzisti). In effetti leggo che la "vera" Katherine Johnson non si è mai sentita molto discriminata. Questo potrebbe essere un buono stimolo a puntare sempre in alto, per chi ritiene di essere discriminato.
Inoltre, mi ha fatto riflettere il fatto che la navetta spaziale di John Glenn si chiamasse Friendship.I nomi dei programmi spaziali russi e americani contano molti vocaboli ispirati alla pace (la stazione spaziale Mir), all'amicizia, a termini "positivi" (Salyut = saluto, Sojuz = unione). Il logo dell'Apollo 13 riportava la scritta Ex luna, scientia. Nel film, come nella realtà, non sono inoltre infrequenti i riferimenti a Dio. E tutto questo in un clima di competizione estrema, di guerra fredda, ben dipinto nei primi cinque minuti del film.
Forse quando si ha a che fare con obiettivi "alti", che spostano addirittura in là i confini dell'umanità, viene più facile essere ispirati verso il bene (o il Bene).
Conclusione: duc in altum!

P.S. come al solito, c'è un Martin Mystère, il 295 Cospirazione Luna che accenna all'ultima cosa che ho descritto.

mercoledì 19 luglio 2017

Malthus, è lei?

Qualche tempo fa ho assistito a una conferenza con don Fabio Corazzina e Marco Fenaroli che parlavano dell'enciclica Populorum Progressio.
Durante la conferenza don Fabio ha citato vari indicatori, per dire che se stiamo bene o male dipende dal metro di misura: per PIL tutto sommato stiamo ancora bene, ma per esempio se osserviamo l'impronta ecologica scopriamo che in Italia consumiamo molte più risorse di quante ne abbiamo a disposizione: 4.61 ettari equivalenti a testa contro una disponibilità di soli 1.08. Per le "classifiche ecologiche" quindi siamo piuttosto in fondo.

Questo spunto mi ha fatto riflettere sull'atavico problema della disponibilità di risorse.
Sappiamo che al mondo si produce abbastanza ricchezza per tutti: il PIL mondiale, a parità di potere d'acquisto, è circa 120mila miliardi di dollari all'anno, che spalmati per tutti gli abitanti della Terra (diciamo 7,5 miliardi) fa in media 16mila dollari a testa all'anno, compresi i neonati: direi quanto basta.
Per quanto riguarda il cibo, il problema sollevato a suo tempo da Malthus, la rivoluzione industriale e l'agricoltura intensiva hanno praticamente risolto il problema (per ora, ma c'è ancora spazio per aumentare la produttività), tanto che i richiami sono per lo più sullo spreco di cibo.


Però il discorso dell'impronta ecologica è molto più critico. Vedo che non solo l'Italia, ovviamente, consuma più risorse di quelle disponibili: tutto il mondo è oltre la soglia.
Però è evidente dalla lista dei Paesi che l'impronta ecologica è elevata laddove c'è benessere e alta qualità della vita. Se davvero la disponibilità di risorse globale è pari a 1.78 ettari equivalenti a testa, i Paesi che stanno sotto questa soglia sono quelli che seguono la Moldavia, non una grande prospettiva.
Questo fatto è visivamente chiaro in questa immagine, in cui però il limite di sostenibilità è a 2.01 ettari a testa, secondo i dati del 2008: la riga rossa verticale va spostata ancora più a sinistra. Sull'asse Y invece c'è l'indice di sviluppo umano: tutti i Paesi con indice di sviluppo superiore a 0.8 (che non è una gran cosa) consumano troppo.
Questo vuol dire che per mantenere uno stile di vita non sprecone, ma dignitoso dobbiamo in ogni caso consumare troppo? Ovvero: non è possibile, con le risorse che abbiamo, garantire standard di vita non lussuosi, ma nemmeno "europei" a tutti? Il nostro modello deve essere la Moldavia, senza contare che la Terra non diventa più grande, e il limite di 1.78 ettari a testa calerà ancora all'aumentare della popolazione?

Siamo in troppi?

martedì 11 luglio 2017

Up for grabs

In inglese c'è questa espressione, "up for grabs", che significa "in palio, disponibile", riferito specialmente a gare sportive. Però la locuzione inglese è più espressiva, dà l'idea di un qualcosa lì da prendere, da afferrare, su cui mettere le mani.
Quest'anno mi pare che ci sia in atto in molti sport un cambio generazionale per cui alcuni "grandi vecchi" sono più attaccabili, ma i giovani della generazione successiva non sono ancora arrivati.

Succede nel tennis: tra le donne è evidente da un paio d'anni, con un turbinare di nomi negli slam e nei primissimi posti della graduatoria mondiale, ma anche tra gli uomini a Wimbledon sarà una bella lotta.

Succede nell'atletica: basta pensare al Bolt a fine carriera.

Succede nel ciclismo, con un Froome forse non più così dominante, un Quintana che non è sbocciato appieno, un Contador ormai abbondantemente tramontato. Anche al Giro il Nibali di 2-3 anni fa non avrebbe mai perso contro Dumoulin.

In queste condizioni la qualità media delle competizioni si abbassa, ma di solito sono più combattute e divertenti. Il Tour è "up for grabs" più di altri anni (precedenti e, probabilmente, futuri): forza Aru, quindi, anche se non è un campione di simpatia.