lunedì 28 dicembre 2015

Le offerte in Chiesa

Ho letto con molto interesse gli articoli a pagg. 28 e 29 dell'ultima Voce Amica.
Sottoscrivo pienamente l'articolo di pag. 29: bisogna cercare di informarsi il più possibile  in modo oggettivo, tenere presente quello che non va ma anche non essere facilmente sensazionalisti.

Cito:
La trasparenza, come dice il Papa, è d'obbligo, e da perseguire per tutti nella Chiesa. Vale per il Vaticano, ma anche per l'ultima parrocchia. Giustamente i fedeli devono esigerla e chiederne conto a chi gestisce i soldi.

Ho cercato di applicare questi criteri anche sull'articolo della pagina a fianco, che descrive il calo delle offerte in Chiesa dal 2011 ad oggi: addirittura dimezzate!
Secondo me, però, c'è qualche domanda che rimane in sospeso.

Leggendo la tabella di pag. 28, si vede che il confronto è fatto per ogni anno per i mesi da gennaio a settembre. Questo permette un confronto omogeneo con l'anno in corso, ma allo stesso tempo taglia fuori dal calcolo una fetta molto importante dell'anno: l'avvento e il Natale, con le sue buste. Sarebbe stato interessante sapere il bilancio finale degli anni precedenti, che sicuramente cambia molto con l'ultimo trimestre.

Inoltre, noto che il calcolo della diminuzione è rapportato all'anno 2011. Salta all'occhio subito che la maggior parte del calo (-40%!) è avvenuta in un solo anno, tra il 2011 e il 2012. Negli anni successivi, con delle oscillazioni tra le varie voci, i numeri totali sono più meno gli stessi, fino al calo di quest'anno.
Sembra incredibile che ci sia stato un calo così vistoso in un sono anno, con alcune voci meno che dimezzate (!). Cosa è successo tra il 2011 e il 2012? La crisi economica dura da ben prima...

Facendo mente locale, il 2011 è stato l'anno della ristrutturazione della nostra Chiesa Parrocchiale, quando si iniziò una campagna di raccolta fondi ad hoc.
Forse in quell'anno quindi ci fu una raccolta di fondi straordinaria, per far fronte ad una spesa straordinaria.
Non c'è la possibilità di verificare questa cosa dai dati riportati, perché non c'è il dato degli anni precedenti. Certo che se il dato "normale" fosse quello del 2012, il calo sarebbe del 15%, consistente ma ben diverso da quello riportato.

Ho provato a cercare nelle annate di Voce Amica per trovare il bilancio parrocchiale (quello che viene affisso alle porte della Chiesa una volta l'anno) e avere risposta ai due quesiti di cui sopra (quant'è il bilancio delle entrate nell'anno solare completo? qual è un valore "normale" di offerte?). Con mio grande stupore ho scoperto che il bilancio non è pubblicato sul bollettino parrocchiale. Ci sono alcuni numeri su singole iniziative, ma nulla di globale. Non mi sembra un grande esempio di trasparenza.

Il bilancio avrebbe aiutato a rispondere ad altri quesiti che sorgono spontanei: come abbiamo fatto a stare in piedi in questi ultimi anni? Le bollette e le rate dei mutui continuano ad arrivare anche se le offerte calano: come le abbiamo pagate?
Abbiamo rinegoziato i mutui? Abbiamo attinto ai risparmi? Abbiamo chiesto altri prestiti? Abbiamo ridotto le uscite, magari quelle per opere di bene? Abbiamo avuto altre entrate, magari dalla diocesi?

La solidarietà della comunità cristiana è molto importante, e ciascuno di noi ha il dovere di contribuire. Sapere se il calo è del 15% o del 49% non cambia la sostanza: mancano decine di migliaia di euro, e le spese sicuramente non diminuiscono col passare del tempo. E' giusto quindi far presente il problema.
Allo stesso tempo, però, quando si chiedono e si gestiscono soldi della comunità sarebbe sempre il caso di essere il più trasparenti possibile. Su questo la parrocchia di Ospitaletto deve ancora crescere parecchio, e vedo che le cose non sono cambiate molto da quando io ero in Consiglio Pastorale.

sabato 26 dicembre 2015

Di Natale, annunci e pastori

Anche quest'anno è Natale.
Anche quest'anno abbiamo ascoltato l'annuncio della Natività ai pastori di Betlemme.

Come sempre, colpisce il fatto che la notizia della nascita del Figlio di Dio passi inosservata ai potenti e venga annunciata dei messaggeri celesti ai testimoni più improbabili, i pastori. Coloro che non vengono ascoltati, né creduti, perché per legge la loro testimonianza non vale nulla.

Facendo un confronto con il nostro vissuto, anche oggi c'è un annuncio che viene proposto a tutti, potenti e poveri, e ci sono dei testimoni che purtroppo non vengono ascoltati.
L'annuncio è quello di Cristo, oggi come allora. Ma chi sono i testimoni, gli annunciatori?

Forse la Chiesa. Spesso viene da distinguere: ma anche la Chiesa è potente! I cardinaloni, i vescovoni...
C'è del vero. Però è altrettanto vero che spesso il messaggio della Chiesa, come quello di Gesù duemila anni fa, cade nel vuoto, specialmente negli ultimi decenni.

Mi ricollego agli studi che sto facendo sulla Dottrina Sociale della Chiesa. Fino a Pio XII questa - a mio parere - sembrava in "ritardo" rispetto al mondo, se non in alcuni contenuti, almeno nei toni. Non ci si era ancora abituati alla perdita della collateralità tra potere ecclesiastico e potere politico.
Negli ultimi cinquant'anni, però, le cose sono cambiate, e parecchio: sto approfondendo la Caritas in Veritate, e - oltre a vedersi chiaramente la continuità tra Benedetto XVI e Francesco - ci sono dei passaggi rivoluzionari sull'economia e la giustizia. Passaggi che sono passati sotto silenzio nei commenti generalisti e che sono stati bellamente ignorati nella pratica.

L'annuncio di Cristo, oggi come ieri, non trova ascolto nelle stanze del potere.

domenica 20 dicembre 2015

Dibattito, animazione sociale e gruppi

Durante lo scorso incontro della Scuola di Formazione all'Impegno Politico e Sociale della Diocesi di Brescia, il senatore Corsini ha articolato un interessante intervento in cui ha parlato, tra le altre cose, del dibattito culturale e politico. A suo dire, se un tempo questo era fervido e alimentato da associazioni (FUCI, AC, ARCI eccetera), riviste (Civiltà Cattolica, Critica Marxista), scuole di partito, oggi c'è una mancanza di approfondimento culturale e teorico sulla vita comunitaria.

Secondo me è vero che il dibattito è ridotto a poche élites culturalmente impegnate e spesso autoreferenziali, ma non sono così convinto che un tempo fosse realmente diverso. Su quanti lettori potevano contare quelle riviste di approfondimento? Quanti erano veramente interessati alla teoria, alla formazione, e non solo agli slogan (escludiamo quindi il 90% dei partecipanti alle occupazioni di università degli anni '70)?

Oggi c'è un luogo di libera espressione per eccellenza, quale Internet, che dà la possibilità di realizzare questi approfondimenti senza un supporto così "strutturato" come una volta: si pensi ai blog, per esempio. Certo, nel mare magnum della Rete si trova di tutto, quindi è difficile orientarsi, bisogna saper cercare. Ma se si vuole si trovano spazi di dibattito in abbondanza.

E' purtroppo vero che quando si deve uscire dal mondo virtuale per sbarcare nella realtà le cose non funzionano così bene. Prendiamo il nostro paese, Ospitaletto: negli anni sono nate varie associazioni civiche, con diversi fini e ragioni sociali. Penso all'Associazione Attivamente, a Società Aperta, a Obiettivo Comune, all'Associazione Palio delle Contrade, al gruppo "Il borgo di Lovernato"; oggi sono attive Generazione 3.0, il gruppo culturale parrocchiale La Scintilla, Civicamente - Cittadini di Ospitaletto, il Comitato Salute e Ambiente, il neonato gruppo Obiettivo Ospitaletto.
Ebbene, queste associazioni hanno sempre fatto fatica, confinate all'impegno di poche persone tra i fondatori. Molte associazioni sono nate, hanno faticato per qualche anno (o anche meno), non hanno attecchito e sono poi finite nel dimenticatoio.

Evidentemente il numero di persone interessato a promuovere un dibattito civico vivace e a parteciparvi è sempre basso, specie quando c'è da alzare il sedere dalla sedia.

Mi chiedo se sia il caso di disperdere le energie fondando gruppi e associazioni sempre nuovi, invece di aderire ai gruppi storici (Acli, Legambiente, Anpi, Azione Cattolica...) che spesso versano anch'essi in difficoltà più o meno marcate, ma che almeno hanno una struttura più solida a livello sovracomunale.

Faccio comunque i migliori auguri a tutti i gruppi attualmente attivi.

giovedì 10 dicembre 2015

Complimenti

Complimenti all'amministrazione comunale per la bellissima illuminazione della facciata della Chiesa, e anche per la scelta della Madonna del Cardellino invece delle iconografie natalizie come Babbi Natali, slitte, pupazzi di neve eccetera.

mercoledì 2 dicembre 2015

Pubblica amministrazione

Scorrendo i titoli dei giornali di oggi, si vede che ieri non è stata una giornata con una notizia dominante.

Nella varietà, gli unici due giornali che titolano sull'estensione della licenziabilità ai dipendenti della Pubblica Amministrazione (sacrosanta, e sicuramente non vedrà la luce) sono questoquesto. Roma e Napoli.

martedì 24 novembre 2015

Capolavoro

Ho appena finito di rileggere (per la sesta o settima volta, credo) la Saga di Paperon de' Paperoni di Don Rosa,  in originale The Life and Times of $crooge McDuck che suona molto meglio.

Sapevo già che è un capolavoro, e ogni volta che lo leggo mi piace di più.
Il lavoro di documentazione di Don Rosa è stato mostruoso. E' riuscito a dare una coerenza al tanti lavori di Carl Barks (il creatore di Paperone) completamente scollegati tra loro, creando una cronologia credibile e persino realistica della giovinezza del personaggio. In ogni episodio infatti c'è un'ambientazione storica precisa, in cui Paperone si trova ad interagire con personaggio ed eventi reali (tra i più famosi il Krakatoa, il Titanic e Theodore Roosevelt).

Ogni volta che lo leggo noto particolari nuovi negli sfondi delle vignette, inside jokes, e imparo qualcosa. Per esempio stavolta ho imparato che in Cuori nello Yukon il personaggio storico non è solo Jack London, ma anche Sam Steele.

La saga è un po' come i film della Pixar: godibile sia da bambini che da adulti. C'è la classica avventura disneyana, il bildungromans, la celebrazione del sogno americano del self-made man. Il finale è lieto, ma non senza passare da momenti cupi, che non ci si aspetterebbe da un fumetto Disney.

Potrebbe essere una bella idea per un regalo di Natale, se a qualcuno piace il genere. O, più semplicemente, si può trovare la saga qui.

giovedì 19 novembre 2015

Fondamentalismo, totalitarismo, Islam

Due riflessioni intrecciate su ISIL e fondamentalismo islamico, entrambe piuttosto pessimiste.

La più impressionante è quella di Domenico Quirico. Quando l'ho letta pensavo che parlasse dopo i fatti di Parigi. Invece l'articolo è di una settimana fa. Inquietante.

All'intervista a Quirico si ricollega anche Strade. A parte la difesa a spada tratta della Lady di Ferro, il problema dei totalitarismi e della libertà mi pare ben esposto.
Interessante che anche il cristianesimo abbia adottato ormai da un secolo il personalismo, che aiuta a mitigare le categorie generali della Verità.

In questo senso, la scoperta - traumatica - della laicità ha fatto bene al cristianesimo.

domenica 15 novembre 2015

La grande questione del nostro tempo

Io sono convinto che tutto questo passerà. Io ho fiducia nell'uomo e in Dio e credo che un giorno non ci sarà più il terrorismo religioso.

Il problema è capire che cosa possiamo fare per cercare di accelerare questo momento, che arriverà solo quando non nasceranno più fanatici fondamentalisti.

In questo senso andare a bombardare o combattere militarmente l'ISIL è, in prospettiva, inutile. L'abbiamo visto tutti in Afghanistan: dopo l'11 settembre gli USA capeggiarono l'invasione. Questa ebbe facile successo militare, ma i talebani continuano ad essere attivi e pericolosi, a distanza di tre lustri.
Anzi, molti fondamentalisti afghani di oggi sono probabilmente quei bambini di 6-8 anni che nel 2001 si videro uccidere i genitori dalle bombe americane, e crebbero - oltre che nell'indottrinamento - con una chiara percezione di chi erano i "cattivi": certamente non i loro papà.

Questo vuol dire che andare a combattere in Siria non è giusto? Certamente no: come in Afghanistan nel 2001, sarebbe una risposta legittima ad un attacco subito. In un certo senso anche doverosa, per ragioni di onore nazionale.
Inoltre nel breve termine potrebbero contribuire alla limitazione del danno. Nel 2001 gli USA si trovavano di fronte un regime che aveva appoggiato e protetto Al Qaeda nel realizzare attentati tecnicamente complicatissimi su suolo americano. Dopo l'intervento in Afghanistan i talebani fanno ancora parecchi danni, ma in scala molto più locale, e probabilmente non hanno il potenziale per ripetere qualcosa come il 2001.
Quindi potrebbe aver senso anche attaccare l'ISIL boots on ground: diminuirebbe di certo il suo potenziale organizzativo e finanziario nel breve termine. Ai fondamentalisti futuri ci penseremo fra vent'anni, noi siamo sotto attacco adesso.
Però si corre il rischio di allungare indefinitamente il conflitto.

Tra chi sottolinea che l'effetto degli interventi occidentali è stato deleterio in Libia, Afghanistan, Iraq, portando instabilità ovunque, spesso il sottointeso è che sarebbe meglio lasciare tutto come sta, magari con delle dittature, ma che non lascino in pace l'Europa o l'Occidente.
Però anche questa mi sembra una posizione non del tutto sostenibile da un punto di vista etico. E' vero che spesso le popolazioni stanno peggio dopo l'intervento occidentale che prima, ma una dittatura sanguinaria come lo erano quelle di Gheddafi e Saddam Hussein sono eticamente accettabili?
(Non sviluppo in questa sede il tema del perché certe dittature siano più accettabili di altre, e/o del perché non si intervenga sempre. In questo senso anche gli interventi in Afghanistan, Iraq, Libia, Siria  e i mancati interventi - per esempio - in Corea del Nord sono ben diversi tra di loro).

Allo stesso modo, forse non è del tutto innocente nemmeno Papa Francesco, che lo scorso anno si prodigò molto per evitare un intervento americano contro il regime di Assad, accusato di aver usato armi chimiche contro la sua stessa popolazione. Non sapremo mai come sarebbe andata altrimenti, ma è un fatto che dal periodo del mancato intervento USA l'ISIL si è rafforzata, Assad anche e i ribelli "moderati" si sono indeboliti.
Naturalmente il Papa aveva in mente una soluzione per il meglio: una soluzione diplomatica e pacifica. Una soluzione così permetterebbe di indebolire l'ISIL e contemporaneamente di non esacerbare civili o musulmani non fondamentalisti con gli "effetti collaterali" degli attacchi militari. Ma non sempre la soluzione diplomatica è praticabile. Allora è meglio perseguire insistentemente la soluzione perfetta o accontentarsi di un male minore, che abbia una qualche efficacia a breve termine?

Domende difficili. Probabilmente una delle grandi questioni del nostro tempo.

Io credo di averlo già scritto da qualche parte: l'unica cosa che mi viene in mente è bombardare* i territori dell'ISIL (ma anche la Libia e l'Afghanistan) con annate di Playboy. La secolarizzazione prima o poi avrà l'effetto di togliere mordente alla religione, e rendere le masse più indifferenti, come è successo in Occidente.
E' vero che da noi prima di Playboy è arrivato l'illuminismo, ma abbiamo bisogno di una risposta rapida, e temo che bombardare con i libri di Rousseau e Voltaire non avrebbe questa "presa". Un musulmano vagamente praticante magari continuerà a far mettere il velo alla propria moglie, ma dubito che se non è proprio convinto sia disponibile a togliersi la vita in un attacco kamikaze.

* in senso figurato, se qualcuno non l'avesse capito.

mercoledì 11 novembre 2015

C'era una volta

Una volta girava una barzelletta. Diceva più o meno così:
Ci sono tre papà, un leghista, un nero e un meridionale, all'ospedale, in attesa di vedere i propri figli neonati.
Arriva l'infermiera, li fa accomodare nella nursery e gli dice: "Ecco, qui ci sono i vostri bambini. Però c'è stato qualche problema con i cartellini e non siamo certi di chi è figlio di chi. Fra poco finiremo gli accertamenti e potremo dirvelo."
Il leghista si alza, prende in braccio il bambino nero e dice: "Questo è il mio!"
Gli altri papà lo guardano straniti, e l'infermiera dice: "Ma... non vede che è nero?"
Il leghista risponde: "Finché salta mia fo 'l terù, me tegne 'l negher!"

Oggi non ha più senso raccontare una storiella come questa: Matteo Salvini l'ha rovinata. La sua Lega nazionalista ha smesso di sparare contro i meridionali. Ora arriva anche il cambio di statuto, dimenticando la Padania e decenni di sparate localistiche.

E chi difenderà più noi padani dai terroni? ;-)

Ovvero, più seriamente: al di là delle sparate folkloristiche, alcuni dei problemi che la Lega poneva - in termini di spesa pubblica, sprechi, differenze di efficienza territoriale - erano problemi veri e concreti. La Lega non è mai stata capace, in tanti anni di governo (specialmente la legislatura 2001-2006), di proporre risposte efficaci, ma questo significa che i problemi sono rimasti.

Il rischio è che oggi si perda l'unica voce che evidenzia queste questioni poco politicamente corrette. Se ci pensiamo, nessun altro partito le ha mai avute veramente in agenda, anche (soprattutto, IMHO) perché gli altri partiti hanno voti e clientele diffusi al sud.

Secondo me questo è un impoverimento del dibattito politico nazionale. Vedremo se ci sarà qualcuno capace di prendere in mano questa bandiera, ormai orfana.
E chissà anche se c'è uno spazio politico in questo senso. In effetti mi stupisce grandemente che l'elettorato leghista abbia assistito a questa svolta senza batter ciglio.

lunedì 2 novembre 2015

L'invidia del privilegio

Su argomento parzialmente collegato a quello del post precedente, suggerisco la lettura di Strade:
a livello quantitativo i mali dell’Italia derivano più dai piccoli e diffusi privilegi della kastagente che da quelli grandi e concentrati della kasta. Chi fa credere il contrario è un furbo e chi ci crede è un fesso, direbbe Prezzolini.

L'articolo mi porta a pensare che il peccato capitale più diffuso del mondo moderno non è la lussuria, nonostante Internet, ma l'invidia.

Solo perché l'ipocrisia non è annoverata tra i sette... Noi cristiani, al riguardo, dovremmo essere ben avvertiti dalla storia della trave e della pagliuzza.

Poi l'articolo sviluppa una certa critica abbastanza gratuita al Movimento 5 stelle, che nei fatti non essendosi ancora trovato a governare, non può essere ancora accusato se non per le intenzioni. Capisco però che l'accento principale posto dal M5S sull'onestà e sull'asticella elevata di moralità pubblica li renda molto esposti a verifiche di, diciamo, "congruenza", se non ancora di coerenza.

Resta il fatto che nessuno può essere più deludente di Forza Italia e Lega Nord quanto a discrasia tra proclami di rivoluzione liberale e azione in difesa delle corporazioni, della spesa pubblica e anche aumento della stessa a livello locale.

giovedì 29 ottobre 2015

La metamorfosi della domanda

Mi è capitato di leggere questo pezzo sul Movimento 5 stelle. Il pezzo è interessante, anche se tanto critico da essere ingeneroso, secondo me. Ma non è tanto su questo pezzo che voglio concentrarmi.

Mi è venuto da pensare che l'ultimo lustro ha portato una notevole evoluzione nella "domanda" di politici. Immagino che la crisi abbia avuto un bel peso in ciò: quando le cose vanno male si chiedono soluzioni anzitutto alla politica.

Rispetto a cinque anni fa abbiamo avuto il tramonto di un'intera generazione di politici: Berlusconi, D'Alema con Bersani, Bossi, Casini. Tutti protagonisti degli Anni Novanta e degli anni Zero, tutti eclissati nel giro di pochissimo tempo. La storia ormai giudicherà il loro agire, temo non bene.
Negli ultimi anni però la sostituzione di questi vecchi politici ha preso strade molto divergenti tra di loro.

Prima c'è stata la stagione dei "tecnici": ci vuole gente competente, basta con le Minetti e i paracadutati sulle poltrone! I politici devono essere preparati!
L'ubriacatura per Mario Monti è durata fino a metà 2012. Poi ci siamo accorti che non basta conoscere bene le cose in teoria, ma ci vuole anche un collegamento con la realtà, con il sentire popolare. Monti ha pagato questo riflusso alle elezioni del 2013, e ancora oggi parlare di tecnici desta sospetto. Anche il buon Padoan si mostra spesso molto disponibile alle richieste politiche del suo presidente del Consiglio.

Ci siamo accorti che non bastano i tecnici, i dottoroni, ci vogliono quelli che capiscono la gente! Ed ecco il boom del Movimento 5 stelle. Gente "come noi", magari laureati ma non è necessario: l'essenziale è che siano onesti. Ecco Pizzarotti a Parma, Nogarin a Livorno, ma soprattutto il M5S primo partito sul territorio nazionale.
Poi però i problemi non mancano. Ci si accorge che i duri e puri funzionano bene in teoria, ma la politica ha altre necessità, come evidenziava il pezzo de Linkiesta. Magari non proprio di competenza tecnica, ma sicuramente di abilità politica, persino di esperienza.
I grillini sono fortunati perché (per ora) possono limitarsi a fare opposizione, e non sono stati messi alla prova, a differenza dei tecnici. Laddove è successo le cose sono andate o stanno andando un po' diversamente dalla teoria dei duri e puri. A suo modo succede lo stesso a Roma: Marino è stato eletto con criteri "grillini" (perché non era un politico, ma una persona comune e onesta) e ci si è accorti - comunque la si pensi - che lì serve un politico.

Quindi non basta essere competenti, non basta essere uomini della strada, non basta essere onesti. Alla fine del giro il politico più di successo ora come ora è Renzi: uno che prima di tutto è un politico abilissimo. Lui ha giocato la carta della novità, ma non potrà giocarla in eterno. Fra cinque anni vedremo cosa succederà. Per ora mi sta abbastanza deludendo dal punto di vista economico (sono un adepto di Seminerio: sta facendo continuamente il gioco delle tre carte scommettendo su una ripresa internazionale).

Comunque, ricapitolando, mi pare che oggi ci siano moltissime richieste, diverse e a volte contraddittorie, rivolte ai politici. Devono essere competenti, estremamente onesti, alla mano, sobri ma incorruttibili, nuovi ma già capaci di muoversi in politica,  abili ma non professionisti: caratteristiche difficilissime da ritrovare in una persona sola.
Da una parte mi fa piacere che si alzi l'asticella delle aspettative: è giusto dare il giusto peso alla politica, e rendersi conto che questa è un mestiere difficile. D'altra parte, però, se l'asticella si alza troppo allora è inevitabile che le aspettative vadano deluse, e questo genera sfiducia, la sfiducia globale di cui parlava l'articolo iniziale.

Quindi stiamo attenti: cerchiamo di chiedere tanto ma non troppo, ai nostri politici, e cerchiamo di essere realisti anche nel giudicarli. Non dico troppo indulgenti, ma almeno realisti. Altrimenti contribuiremo ad avvelenare ancora di più il clima.

mercoledì 21 ottobre 2015

Racconti da mondi ideali

In questo ultimo periodo sono stato prima a Expo, poi a Roma, per visitare il Senato e il Vaticano con la SFISP (a proposito, sono aperte le iscrizioni per il nuovo anno).
Secondo me le tre esperienze hanno un tratto in comune: mostrano il bello che c'è intorno a noi, anche in situazioni dove meno te lo aspetteresti. Il mondo come vorresti che fosse, in un certo senso.

Sono stato a Expo giovedì 8 ottobre, assieme ad altre 150mila persone. Secondo me eravamo ai limiti della capienza ragionevole, in modo che l'esposizione sia ancora (parzialmente) fruibile.
A me e mia moglie è piaciuto: è vero che c'è tanta architttura e tanti effetti speciali, ma non è vero che non si parla di cibo (specie nei cluster). Noi abbiamo imparato qualcosa. Inoltre è stato bello fare un "giro del mondo virtuale": ogni nazione, anche e soprattutto tra le più piccole, ha voluto evidenziare le sue bellezze, i suoi punti di forza. C'era persino un depliant dell'ufficio turistico palestinese (!!) che magnificava la bella spiaggia di Gaza (!!!!).
Il mondo ha messo in mostra tutte le sue potenzialità, tecniche e paesaggistiche: ha mostrato quanto potrebbe essere un posto meraviglioso se non ci fossero le guerre, la fame, le tragedie che tutti conosciamo. Allora anche sulla spiaggia di Gaza si potrebbe fare il bagno.

Siamo stati in Senato giovedì scorso, in compagnia del senatore Paolo Corsini. La presenza di Ban Ki-Moon alla Camera ci ha impedito di assistere ad una seduta, ma abbiamo visitato la struttura accompagnati dagli inservienti di Palazzo Madama.
Il personale del Senato si è mostrato molto dispiaciuto della diminutio che aspetta la Camera Alta in futuro, e addirittura i camerieri del ristorante interno si sono lamentati della trasformazione in tavola calda a buffet, dettata - immagino - da volontà di risparmio.
Il senatore Corsini si è poi intrattenuto con noi discorrendo di alcune questioni di attualità e di politica. E' stato veramente interessante. Fa piacere sapere che ci sono persone che ragionano con profondità, soppesando i problemi anche da un punto di vista di "filosofia politica" e avendo la competenza per farlo, ma al tempo stesso sanno sporcarsi le mani e giocare con le regole della politica, senza chiudersi in torri d'avorio.
Anche qui, sono le istituzioni come vorremmo che fossero: con una loro solennità, e amate da chi le fa funzionare.

Infine abbiamo visitato il Vaticano, accompagnati dal cardinale Giovanni Battista Re e poi da monsgnor Vincenzo Peroni, cerimoniere pontificio. Al di là delle bellezze di San Pietro e del Palazzo Apostolico, ovvie ma non per questo meno splendide, è stato rassicurante toccare con mano un ambiente in cui gli uomini non pensano secondo il mondo, ma si preoccupano del "tramite" tra lo Spirito e il mondo. A suo modo, nelle intenzioni, il Vaticano ha un ruolo non dissimile da quello di certi monasteri di clausura.
Certo alcune cose fanno ancora un po' troppo "corte", vecchi retaggi del Papa Re, ma sappiamo che il tempo è galantuomo.

giovedì 8 ottobre 2015

Dopo l'assemblea parrocchiale

Domenica sono stato all'assemblea parrocchiale. E' un vero peccato che ci fosse poca gente, perché è stato un momento veramente interessante. E' un'occasione per chi - come me e mia moglie - non appartiene (o quasi) a gruppi parrocchiali di restare aggiornato.

I temi principali sono stati due: i profughi e le missioni.

Riguardo ai profughi, la parrocchia si sta iniziando ad attivare per trovare delle soluzioni. Le possibilità secondo me sono tre:

  • un'accoglienza in una struttura parrocchiale;

  • un'accoglienza in un appartamento privato, magari sfitto;

  • un'ospitalità da parte di qualche famiglia.


Secondo me si possono adottare tutti e tre gli approcci, però bisogna organizzarsi bene, perché l'accoglienza non è solo vitto e alloggio, ma anche assistenza legale, sanitaria, di mediazione culturale, e per questo ci vuole qualcuno di preparato.

In questo senso lo stesso Don Renato ha fatto notare che la prima soluzione sarebbe la più praticabile. Certo che l'accoglienza in casa sarebbe più "accogliente", ma sarebbe necessario affiancare le famiglie, anche solo nel trovar qualcosa da fare per occupare il tempo dei migranti, che non possono stare chiusi in casa a far nulla per tutto il giorno.
Comunque anche il samaritano soccorse il viandante, e poi lo affidò a una struttura (la locanda) predisposta per un'accoglienza di professione, mettendo a disposizione le risorse: non credo ci sia da vergognarsi.

Per quanto riguarda le missioni popolari, secondo me non abbiamo ancora ben chiaro cosa si dovrebbe andare a fare durante le visite alle famiglie: da una parte don Renato dice che non dobbiamo convertire nessuno, d'altra parte don Renato dice che dobbiamo portare il Vangelo nelle case.
Quindi andiamo a parlare della religione, magari chiedendo alle famiglie un parere? Cosa ne pensano, come la pensano loro? Magari a qualcuno chiederemo perché si sono allontanati dalla Chiesa? Potrebbe essere interessante...

Secondo me corriamo l'altissimo rischio che i momenti siano purissima retorica, che muore lì in un'imbarazzata cortesia. Io ricordo le missioni del 2000: già al tempo, pur avendo i padri oblati che le predicavano, il coinvolgimento dei parrocchiani fu ampio, anche allora per l'elementare osservazione che i padri non potevano visitare tutte le famiglie. Se non ricordo male, quindi, organizzammo dei momenti in casa di molte persone (tra cui casa mia) in cui i padri incontravano tutto insieme il vicinato, e fu mia madre ad andare a bussare alla porta delle persone per invitarli. Quindi il coinvolgimento dei fedeli "missionari" ci fu già allora, anche se non predicavano loro.
Io ricordo che la cosa fu un sostanziale fiasco: molte persone vennero solo perché in obbligo per via della conoscenza con mia madre, mentre non venne nessuno di quelli che non conoscevamo di famiglia.

Io resto dell'idea che raggiungere tutte le famiglie a prescindere sia sbagliato, per i motivi già esposti. Secondo me è giusto rispettare le scelte di tutti, incontrando solo coloro che lo desiderano. Potremmo fare la proposta a tutti via telefono, o via lettera, e poi incontrare solo chi risponde positivamente, o non negativamente. Almeno non suoniamo ai campanelli, che fa veramente testimoni di Geova importuni.

E comunque resto dell'idea che andare nelle case a parlare fa troppo "maestri", e non abbiamo bisogno di maestri, ma di testimoni. Si potrà obiettare che chi va a parlare nelle case già fa testimonianza. In parte è vero, ma la vera testimonianza - ci siamo sempre detti - è la propria vita, mentre fare il missionario parrocchiale è una parentesi estemporanea, "una tantum".

Nel senso della vita, sarebbero molto più testimoni i cristiani che aprissero la loro casa ai rifugiati. Se penso ai miei vicini, sarebbero molto più colpiti se io alloggiassi un rifugiato (magari qualcuno anche scocciato: "questo ci tira qui i giargianesi!") piuttosto che se li invitassi a una preghiera o andassi da loro a parlare a nome della parrocchia. Sicuramente sarebbero molto più provocati dalla scelta.

La vera missione si fa con le opere di misericordia. Secondo me abbiamo parlato di missione più quando abbiamo parlato di rifugiati che dopo.

domenica 4 ottobre 2015

Sulle missioni popolari (3)

(Terza e ultima parte, prosegue da qui e qui)

Questa consapevolezza ci dovrebbe quindi rendere gioiosi, positivi, in modo visibile. Gli Atti degli Apostoli descrivono così i primi cristiani, a cui ritorniamo: " Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo" (At 2,46-47). Se noi cristiani fossimo così, le missioni sarebbero già fatte, ogni giorno.

E a volte questo succede: don Mauro ci ha raccontato che l'ICFR in alcuni casi (pochi, certo, ma buoni) ha fatto conoscere la bellezza dell'esperienza cristiana a genitori che da tempo non pensavano più alla Chiesa come a una casa, tanto che ci sono state persone che hanno ricominciato a frequentare l'ambiente, ad avvicinarsi alla parrocchia, magari anche da situazioni irregolari. Una coppia "avvicinata" con l'ICFR si è sposata quest'anno. Queste sono le vere missioni.

Però non sempre ciò che traspare non è la gioia. Mia moglie una volta intavolò un discorso simile con una persona, che le disse: "Io vedo i cristiani come persone cattive". Non so perché: forse avrà a che fare con l'idea di persone che portano con sé dei divieti, o con l'aria di chiusura dell'ambiente di cui ho spesso sentito parlare. Di certo quella parola, "cattivi", fa male.

Quindi secondo me le missioni non andrebbero fatte "ad extra", ma "ad intra", per rendere più cristiana la comunità che già si dice tale. Per evangelizzare noi stessi, insomma. Prendiamo l'impegno di essere più gioiosi, a costo di fare cose che sembrano infantili come la "buona azione quotidiana" delle Giovani Marmotte: proponiamo una "azione di gioia quotidiana", cercando di farla diventare un'abitudine.
Le missioni potrebbero poi essere rivolte ai giovani e ai giovanissimi, che magari non hanno ancora delibarato la loro libera scelta di abbandonare la vita di Chiesa: cerchiamo di rimotivarli.
Infine, vedrei bene le missioni rivolte agli ultimi, nel solco di quanto dice papa Francesco e di quanto ci ha mostrato concretamente Giovanni Borghetti, che anche l'ultima Voce Amica ricorda. Prendiamo l'impegno di andare a fare qualche visita al ricovero. Invitiamo all'ultimo dell'anno, o - perché no - a qualche altra festa le famiglie di chi ha problemi mentali. Facciamo due parole con lo zingaro che ci chiede l'elemosina alla stazione o fuori dalla chiesa. Non proponiamo solo pellegrinaggi a Roma, ma anche visite molto più vicino, a Canton Mombello o a Verziano, magari per animare la Messa. Portiamo l'Eucarestia nella casa degli ammalati.
Sono impegni che mi voglio prendere personalmente, e che potremmo proporre a tutta la comunità. Credo che una parrocchia grande come la nostra abbia le forze e le risorse per attivare tutti i contatti disponibili, magari anche in CPP. L'importante secondo me è che l'attenzione agli ultimi non sia delegata alla Caritas, pur importantissima e fondamentale, ma che questa diventi strumento di coinvolgimento diretto di chi davvero vuole essere missionario.

Chiediamo al Signore di donarci tramite l'Eucarestia la forza di essere missionari gioiosi verso i piccoli e gli ultimi, noi che siamo consapevoli delle possibilità che ci apre il Sacramento e l'unione con Cristo.
In questo modo potremo essere veri testimoni. Il beato Paolo VI ci ricorda che "L'uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni" (Evangelii Nuntiandi, 41), ma non parlava dei testimoni di Geova che suonano i campanelli...

sabato 3 ottobre 2015

Sulle missioni popolari (2)

(Seconda parte, prosegue da qui)

Mi spingo ancora oltre, e faccio un ragionamento un po' ardito. Tra i primi secoli e oggi ci sono in mezzo duemila anni, di cui millesettecento con il cristianesimo come religione dominante.
Secondo me il fatto che la nostra religione ha "vinto" così tanto tempo fa ha una conseguenza che a volte sottovalutiamo: la nostra società è impregnata di valori cristiani. Non penso solo a discorsi teorici come nel Non possiamo non dirci cristiani di Benedetto Croce, ma anche a tanti elementi di vita quotidiana. L'attenzione ai poveri e ai bisognosi è entrata nel patrimonio di un'intera parte politica, la sinistra (papa Francesco dice "è il comunismo ad aver rubato la bandiera dei poveri al cristianesimo, non io che sono comunista!") ma non solo (Bush proponeva un "capitalismo compassionevole", per esempio). Il perdono è considerato una cosa auspicabile. Tantissime persone fanno volontariato ("fai agli altri ciò che vorresti gli altri facessero per te"), che non ha senso in un approccio solamente utilitarista e pragmatico.

Secondo me, se ci pensiamo, tutti noi conosciamo un sacco di "cristiani in incognito": persone che stimiamo e apprezzimo anche se non si dichiarano credenti e non vanno a Messa la domenica, e che nonostante ciò si comportano in gran parte come cristiani. Ricordo una testimonianza di padre Sorge su Sandro Pertini e il suo rapporto con papa Giovanni Paolo II e con la religione, in cui il gesuita raccontava che nel corso di un pranzo al Quirinale Pertini gli confidò: "Padre io sono ateo, ma se Dio c’è io non sono lontano da lui".
I problemi rispetto alla religione "canonica" o "praticata" sorgono di solito per quanto riguarda il sesso (su cui anche tanti cristiani praticanti hanno poco da insegnare, per la verità) e per la frequenza alla Messa. Per quest'ultima, però, siamo ancora nell'ambito delle scelte personali: vogliamo fare missione invitando questi cristiani latenti a venire in Chiesa la domenica? (Forse sì, eh: non ho una risposta scontata a questa domanda).
Ricordiamoci comunque sempre che "Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli" (Mt 7,21).

Con questo voglio dire che essere cristiani praticanti è inutile, o addirittura una fregatura? Non dico questo. Certamente non è un prerequisito esclusivo per la salvezza: probabilmente è la via maestra, ma non vorremo certo sottrarre alla misericordia di Dio la facoltà di salvare tanti esseri umani indipendentemente dalla loro professione di fede formale.
Il nostro professarci cristiani - in cui anch'io, faticosamente e da peccatore, cerco di riconoscermi - è un di più: come diceva don Pierino in una occasione, noi abbiamo la consapevolezza della salvezza che ci è stata donata. Ricordo la chiosa di don Nicola alla parabola dei dieci lebbrosi (Lc 17,11-19): noi dovremmo essere come il decimo lebbroso, il samaritano, l'unico che si rende conto della fortuna che ha, e per questo rende grazie.

(continua e finisce qui)

venerdì 2 ottobre 2015

Sulle missioni popolari (1)

Ho appreso la notizia del progetto di missioni popolari.
Lo spirito di queste, a cui faceva riferimento anche don Renato nella sua omelia domenicale, è quello della missionarietà, con riferimento alle prime comunità cristiane. Di queste si dice che la loro gioia di essere cristiani trasparisse nella vita, tanto da aver evangelizzato il loro mondo, in cui erano minoranza. Proprio questo essere minoranza è sempre più tratto comune con i cristiani di oggi.

Secondo me però le analogie tra la situazione moderna e l'evangelizzazione antica si fermano decisamente qui.
Ai tempi delle prime comunità cristiane, infatti, l' impero non aveva mai ricevuto il messaggio di Cristo. I cristiani erano portatori di una proposta rivoluzionaria, nuova. Furono osservati, ascoltati, creduti perché credibili e la loro proposta fu accolta da tante persone.

Al giorno d'oggi, l'essere minoranza dei cristiani praticanti in Italia e a Ospitaletto è ben diverso: la maggioranza infatti ha sempre ricevuto, fin da piccola, il messaggio cristiano. Tanta parte l'ha anche accolto, più o meno profondamente, nell'infanzia, per poi allontanarsene in età più matura e adulta. Il loro non essere cristiani praticanti, quindi, non è frutto di una non conoscenza di Gesù, ma di una libera scelta effettuata avendo davanti tutte le proposte.

Mi chiedo allora se abbia senso andare a suonare il campanello a gente adulta che ha già effettuato una libera scelta per la propria vita. Queste persone, tra l'altro, sono comunque circondate da messaggi cristiani: la nostra Chiesa è sempre lì, al centro del paese, ci sono festività, processioni, volantini, senza contare di tutta l'ampia fetta di popolazione che affronta il cammino ICFR. Poi non è detto che questi messaggi vengano accolti, ma questa continua ad essere una libera scelta delle persone: non si può certo dire che la comunità cristiana non abbia grande visibilità, o che la presenza della Chiesa a Ospitaletto sia nascosta sotto il moggio. C'è veramente bisogno di un'evangelizzazione porta-a-porta? O non dovremmo piuttosto rispettare la scelta di altre persone adulte?

(continua qui)

sabato 12 settembre 2015

Spalle larghe

Voglio segnalare questo post di Stefano Quintarelli, che descrive la sua esperienza di parlamentare.

Il post si compone essenzialmente di due parti: nella prima si descrive la routine della vita d'aula, con curiosità interessanti ed altre meno.
Su questa parte, l'unica osservazione che mi viene da fare è: devono essere i parlamentari stessi a proporre gli standard da usare per l'accesso alla rete? Non possono esserci degli addetti a pensare alle cose tecniche, lasciano liberi i parlamentari di pensare a governare?

Ma queste sono minuzie: la parte che mi interessa di più è la seconda, quella in cui Quintarelli descrive la sua esperienza con la "ggente" riguardo alla situazione di Uber.

Un'esperienza triste. Letta così, c'è un gruppo di persone che cerca di far bene e senza preconcetti il suo lavoro, e c'è invece un gruppo di cittadini che protestano e urlano senza ascoltare.

Si può interpretare come un sintomo della stanchezza e della sfiducia degli italiani nei confronti della politica: "è inutile che ascoltiamo, tanto loro (casta!) non ci ascolteranno mai". Allora però non capisco a che serva andare a urlare dai parlamentari, se tanto si parte dal presupposto che questi tanto non ascoltano.

A me però pare che il torto sia dalla parte degli urlatori: manca l'educazione, nel senso terra terra di non urlare, e anche nel senso di educazione al confronto, al ragionamento.

Così facendo, però, si è rovinato un gruppo che - nella descrizione di Quintarelli - bene o male funzionava come ci piacerebbe che funzionasse la politica: discussione sul merito delle cose, cercando la soluzione migliore, indipendentemente dalle posizioni preconcette dei partiti.
E questo è un peccato. In questo senso, forse, mancano di coraggio quei parlamentari che - umanamente - si sono intimiditi.

Per questo, oggi io credo che la politica sia un mestiere difficile (a tutti i livelli), e che le qualità necessarie per farla bene siano l'onestà intellettuale e le spalle larghe, per sopportare di essere politici al tempo della casta.
E' un po' quel che ho sempre detto riguardo l'amministrazione comunale: tanto di cappello per chi si rende disponibile, perché il pensiero dominante spesso è quello di alcuni di quei parlamentari attaccati a Roma: "chi me lo fa fare?".

giovedì 3 settembre 2015

Bambini e cattivi pensieri

E' arrivata su tutti gli schermi la foto del bambino siriano morto sulle coste turche.
Ho sentito i commenti di tantissimi personaggi pubblici. L'emozione, l'orrore, il dispiacere, il senso di tragedia trasudano da ogni parola.

Oggi è anche l'anniversario della strage di Beslan. Undici anni fa morivano 186 bambini nella scuola osseta.

Ma non credo di sbagliare se dico che moltissimi bambini sono morti nelle guerre in corso, in Siria, in Libia e ovunque, e altrettanti saranno morti nell'attraversare il mare per fuggire da queste tragedie.
Probabilmente ho un cuore di pietra, ma sono abbastanza stupito delle reazioni emotive all'immagine del bimbo curdo morto. Non credo che sia una novità.

Comunque, come ha detto il presidente Mattarella, evidentemente quell'immagine ha avuto una "grande forza persuasiva". Ora pare che l'Europa si stia muovendo, che si capisce che bisogna fare qualcosa.

Volendo pensare male, potremmo collegare questa consapevolezza non tanto alla tragedia di Aylan, quanto piuttosto al fatto che ormai, alla fine dell'estate - la stagione che più ha favorito chi voleva mettersi in viaggio - i profughi sono arrivati in tutta Europa, e ormai ogni Paese ha le sue gatte da pelare.
Situazione ben diversa da quella in cui i Paesi del nord si trovavano quando avvenivano le vecchie stragi sulla rotta di Lampedusa, non meno tragiche.

Volendo continuare a pensare male, oggi ciascun Paese pensa che si debba muovere l'Europa, che si debbano dividere i profughi eccetera. Secondo me, nell'ondata dell'emergenza, ogni governo pensa che in questo modo potrà avere dei vantaggi e scaricare un po' di peso ad altri Stati. Inutile dire che questo non può essere vero per tutti, e qualcuno rimarrà col cerino in mano: forse proprio i Paesi di transito, in cui senza una distribuzione programmata i profughi non si fermerebbero di certo.

Comunque, se questi cattivi pensieri possono dare vita a un sistema europeo più omogeneo, ben venga: ogni passo avanti verso l'unione europea è ben accetto.

Questa estate ha inoltre dimostrato, secondo me, che non c'è verso di fermare nè regolare l'immigrazione da disperazione: è come voler fermare il mare con le mani.
Ci sono stati diversi approcci: la Grecia ha provato a fare la gnorri, l'Ungheria ha tirato su un muro, la Francia predica bene all'Italia ma razzola male a Calais, il Regno Unito non vuole sapere nulla di nulla, l'Italia essenzialmente lascia passare chi vuole chiudendo un occhio. Tutto inutile: ciascun Paese è stato investito dall'ondata.
Per ora l'unica a fare qualcosa è stata (come spesso accade) la Germania, con l'annuncio di accoglienza verso i siriani.

domenica 23 agosto 2015

https://wordwrite.wordpress.com/2015/08/22/roma-mi-dispiace-devo-dirlo/

Comincia il campionato...

E così ci siamo.

Quest'anno il mercato è stato folle. Io non capisco da dove abbiano preso i soldi Inter, Milan e anche Roma. Che abbiano scommesso?

Comunque potremmo avere un campionato più combattuto.
La Juve rischia di più. E' vero che ha vinto due scudetti con Vucinic-Quagliarella-Giovinco in attacco, ma c'erano Pirlo e Vidal... Khedira non è Vidal. Dybala non è Tevez. Allegri non è Conte (comunque). Però la squadra è sempre fortissima. Diciamo che stavolta dipende molto dalle altre.

La Roma sulla carta è più forte, ma Roma è Roma. Vedremo come reagirà alle prime difficoltà.
Per me una tra Roma e Napoli andrà bene, l'altra fallirà l'annata. Quella buona dovrebbe essere la Roma, ma non si sa mai.

Inter e Milan hanno fatto un all-in di spese. Anche qui: secondo me non andranno in Champions entrambe: una farà bene, una fallirà. Vedo meglio il Milan: l'Inter fece un gran mercato già a gennaio, e poi i grandi nomi Shaqiri e Podolski abbiamo visto che fine hanno fatto. Per me Mancini resta un underachiever.

Però mi aspetto una stagione divertente.

mercoledì 29 luglio 2015

La responsabilità pubblica, politica, penale

Stavo giusto cominciando a mettere un po' d'ordine nei pensieri sparsi che mi vengono in mente sulla Grecia, quando le nuove notizie su Varoufakis fanno tornare d'attualità le mie elucubrazioni.

Io li capisco, i greci. Tanti non hanno nessuna colpa.
Tanti non hanno votato i governi che si sono succeduti, e che hanno creato la situazione in cui si trovano ora (i conti truccati, il debito esploso, le mostruose inefficienze).
Tanti magari hanno votato per i partiti di governo, ma questi sicuramente non avevano nel programma elettorale di disastrare i conti pubblici (oddio, magari qualcuno più di altri, a leggere bene...).
Tanti greci hanno sicuramente approfittato del lassismo sociale e del clientelismo diffuso, ma non dubito che tanti altri non l'abbiano fatto. Forse a costoro si può imputare di non aver fatto sentire la propria voce per un cambiamento della situazione quando si era ancora in tempo (quando?), o di essersi fidati dei loro governanti.

E qui arriviamo al punto: è una colpa?

No. Se da una parte srebbe meglio avere chiara la consapevolezza delle conseguenze del proprio voto, o saper leggere tra le righe delle politiche le conseguenze a lungo termine, d'altra parte è chiaro che sulla media della popolazione non è possibile che una tale consapevolezza sia universalmente diffusa: non tutti hanno gli strumenti o la volontà per informarsi, capire, ponderare. E infatti questo non è un requisito per il voto, in democrazia.

La democrazia a suffragio universale si basa (anche) sul fatto di essere rappresentativa, ovvero su una delega ai propri rappresentanti. Laddove non vige il vincolo di mandato, ovvero nella stragrande maggioranza delle democrazie evolute, è una delega in bianco. Ricordo di aver sentito Cacciari, in una conferenza, sostenere che la dem0crazia è più o meno un potere assoluto demandato a termine: tra un'elezione e l'altra i rappresentanti eletti sono sovrani quanto un Luigi XIV.

Questo fatto porta con sè la conseguenza che se le cose vanno male, si prende e si porta a casa: non ci si può fare nulla. Di solito in quattro o cinque anni nessun governo o parlamento ha la possibilità di fare così tanti danni da non poter essere riparati.

La Grecia però pare essere un caso di malgoverno incancrenito per decenni. E allora che si fa?
Che si fa quando i danni diventano irreparabili?

In questi casi viene da pensare che non sia giusto che i politici siano sciolti da ogni mandato, ma anche da ogni responsabilità: ha senso inchiodarli al loro agire non solo politicamente (mandandoli a casa), ma anche secondo delle responsabilità penali?
Ci sono degli argomenti a favore di questa soluzione, certo. Però sta di fatto che quando vedo un politico condannato per le azioni compiute quando era in carica non penso ai Paesi civili, ma a Paesi del terzo mondo, ai dittatori, a Mohammed Morsi o a Saif al Islam Gheddafi, in questi giorni. Ci sarà un motivo.

Forse si può implementare il "recall", come si fa in alcuni luoghi, ma ciò vale solamente in casi molto particolari e specifici.

L'unica possibilità che vedo è quella di curare la formazione e il voto consapevole di cui parlavo prima, insegnando a più gente possibile a pensare in termini generali e non particolari, in termini di lungo periodo e non di promesse elettorali. Tutti antidoti al populismo, che è la malattia della democrazia universalista.
Se la società civile greca, intendo la parte buona, ha avuto una mancanza, probabilmente è stata questa: in decenni di tempo non si è costruita una vera consapevolezza.

domenica 26 luglio 2015

San Giacomo

San Giacomo, ti affidiamo la nostra comunità, i nostri vicini. Custodiscici.

San Giacomo, ti affidiamo i nostri sacerdoti, i nostri medici, gli insegnanti delle nostre scuole, gli educatori dell'Oratorio, e tutti coloro che hanno la responsabilità di indicare la via ad altri membri della comunità. Illuminali.

San Giacomo, ti affidiamo il Sindaco, la giunta comunale, il consiglio comunale, e tutte quelle persone che a vari livelli (provincia, regione, Italia, Europa) detengono il potere di fare scelte che determinano il futuro della nostra comunità. Metti loro una mano sulla testa.

San Giacomo, ti affidiamo i più deboli della nostra comunità, gli ammalati, gli anziani, i poveri, le persone sole, i rifugiati e i migranti. Accudiscili.

San Giacomo, ti affidiamo i piccoli della nostra comunità, i bambini, quelli già nati, quelli che devono ancora nascere, quelli desiderati, quelli non voluti, quelli ammalati, tutti quanti. Proteggili.

Amen.

martedì 21 luglio 2015

In lode di Peter Sagan

Ma che Tour sta facendo Peter Sagan!

Lo so che non vince mai, sta diventando come Paperino. Ma il suo non vincere è ben diverso da quello dello scorso anno: quest’anno lotta, ci prova, scatta, va in fuga ce la mette tutta. Dei suoi secondi posti può recriminare davvero solo per quelli dietro Stybar (soprattutto) e Van Avermat. Per gli altri, ha fatto quel che ha potuto.

E’ incredibile che riesca a tenere la ruota di velocisti puri come Greipel e a battere regolarmente Cavendish, e insieme a fare davanti la salita del Col de Mense (seconda categoria).
Senza contare i numeri in discesa e la guida per Contador sul pavé, i miglioramenti a cronometro.
Senza contare che è tutto l’anno che va a tutta, non è un corridore che prepara solo alcune corse. Lui corre per vincere dalla Sanremo al Mondiale.

Io ho la sensazione che anche se il numero di vittorie cala, di anno in anno lui migliori. Ora nessuno si stupisce di vederlo fare volate a ranghi compatti, né di vederlo tenere in salita e vincere il Tour of California. Secondo me fisicamente sta migliorando su ogni terreno. Tatticamente si è bloccato qualcosa, e influisce anche il fatto che tutti gli corrono contro.

Se c’è una giustizia (e sappiamo che non c’è: Bitossi docet), quest’anno il Mondiale lo vince lui.

giovedì 16 luglio 2015

Ancora sulla Grecia

Altre due letture consigliate sul caso Grecia.

Gilioli affronta il tema del deficit di democrazia in Europa, di cui il caso greco sarebbe una spia. E' l'ultimo di una serie di articoli in cui argomenta il tema, con indubbia abilità retorica.

Seminerio (senza volerlo) gli risponde, citando il professor Stevanato, che fa notare come in realtà sarebbe stato poco democratico aiutare la Grecia a fondo perduto. Almeno finché - aggiungo io - l'Europa non sarà disposta a considerare sè stessa come un'unica una nazione, il che farebbe cadere l'obiezione - finora sensata - della destinazione interna delle risorse fiscali prelevate in ogni Paese.

Personalmente mi sembra che Gilioli sia un po' un innamorato tradito di Syriza, anche se lui nega. Mi pare che ci sia rimasto male, e che cerchi di dare la colpa a destra e a manca per questo fallimento.

Però mi pare che a rendere inutili i voti dei greci (prima l'elezione di Tsipras, poi il referendum) non sia un deficit di democrazia, quanto un deficit di realtà, del programma elettorale di Syriza prima, delle pretese del (fumoso) referendum poi.
Non è che se votiamo per un programma che prevede l'abolizione della legge di gravità, il solo voto popolare favorevole rende questa proposta possibile.

Tutto ciò richiama un discorso molto ampio sullla responsabilità dei politici nel fare promesse, la responsabilità degli elettori nell'attribuire il voto, le eventuali ricadute di scelte sbagliate da entrambe le parti, su cui tornerò appena avrò riordinato un po' le idee.

sabato 11 luglio 2015

Grecia ed altri

Due punti di vista sulla Grecia.

Il primo mostra, secondo me, che ce la si può fare, a uscire dalla crisi. E allora mi chiedo: se ce la fanno altri (non solo la Germania), perché la Grecia, ma anche l'Italia, no?
E' colpa delle incrostazioni ataviche nel funzionamento dell'economia e della macchina pubblica, che in Germania non ci sono? Bisogna fare come i Paesi baltici dopo l'URSS, riazzerare tutto e ricostruire da capo?

Il secondo sfata una storia a cui personalmente credevo, quella dei soldi dell'Europa che non sono andati alla Grecia ma alle banche tedesche e francesi.
Pare che questo sia vero solo in piccola parte, e che i soldi per circa due terzi siano effettivamente arrivati al governo greco. Se poi questi non siano arrivati al "popolo", come sostengono in molti, il problema è più interno alla grecia che non esterno.

lunedì 6 luglio 2015

L'accumulo di memoria

Sto leggendo Cronache Mediorientali di Robert Fisk. Un malloppone di 1100 pagine, scritte fitte.

Il libro non è di facile lettura: ogni riga contiene riferimenti a fatti, persone, pezzi di storia - personale o mondiale. Non posso dire nemmeno che la prosa mi piaccia: in alcune parti è scritto bene, con accorgimenti alle volte "furbi" ma efficaci, ma c'è tanta di quella roba che la maggior parte del testo è  quasi elencativo, enciclopedico. E' un continuo accumulo di fatti, testimonianze, storie, avvenimenti, denunce.
Non posso quindi dire che sia un libro "bello", ma ho deciso di continuare comunque a leggerlo perché sto imparando molto.

La mole del tomo di Fisk mi richiama il lavoro di Giuseppe Bonomi, La voce delle croci di legno, a cui anche mio padre ha contribuito. In questo caso si tratta di tre tomi enormi di materiale raccolto, ritrascritto, catalogato sulla Grande Guerra nelle nostre zone.

Naturalmente opere del genere non sono fatte per la lettura scorrevole, anzi quando ci si trova di fronte all'imponenza delle pagine dopo una breve scorsa ci si trova a dirsi: "Bel lavoro, ma chi mai lo leggerà?"

Eppure io credo che opere del genere siano comunque meritorie: permettono di preservare e tramandare una quantità di materiale originale che se non ci fossero questi libri sarebbero dimenticati o dispersi. Questo materiale sarà a disposizione di chi un domani vorrà fare ricerca, e magari si troverà a prendere in mano un librone polveroso mai aperto nel deposito di un biblioteca. Se Bonomi non si fosse preso la briga di pubblicare quest'opera, quel ricercatore non avrebbe avuto quel materiale.

Anche le opere compilative, le raccolte, le ricerche, quindi, servono ad allungare la vita delle informazioni, del sapere. Anche quando si può pensare che non interessino a nessuno. In questa prospettiva la quantità, l'accumulo è un effetto collaterale necessario.

giovedì 25 giugno 2015

Merita Reggio

Ho visto gara 6 della finale scudetto di basket. Incredibile!

Reggio Emilia gioca come un squadra, senza Lavrinovic e Diener. Sassari gioca spesso con un portatore di palla e 4 fermi a aspettare lo scarico o il rimbalzo dopo l'1vs1. Quindi merita Reggio.

Anche Sassari però è una bella storia: già due volte ha fatto saltare il fattore campo, nelle serie precedenti, di cui una a Milano in un'altra serie incredibile. Inoltre non pensavo che potesse arrivare a questo punto senza tiro da 3.
La tripla di tabella di Logan a 45'' dalla fine del primo tempo supplementare sul -5 sa tanto di segno del destino. Se dovesse vincere lo scudetto con due gare 7 vinte in trasferta sarebbe un'impresa.

Secondo me poi Reggio non ha difeso al meglio su Dyson nell'azione dopo, quando Polonara (giuro che l'ho detto già in diretta) era troppo alto sulla schiena. Comunque un primo passo così non l'avrebbe tenuto, ma poi doveva arrivare un aiuto: Dyson va abbattuto, piuttosto che lasciato schiacciare. Con 2 liberi la palla pesa.

Si vede che alla fine Reggio è arrivata più stanca: i suoi giocatori sono meno atletici di quelli di Sassari. Cinciarini se li ricorderà a lungo, se perdono gara 7, i due tiri (vabbé, più il primo) che ha avuto sulle prime due sirene.

In ogni caso, secondo me, giocare sempre ogni due giorni è troppo.

venerdì 19 giugno 2015

Che brutta atmosfera

Mi sembra di percepire in paese una brutta atmosfera. In giro ci sono un sacco di persone che si lamentano di qualsiasi cosa.

La nuova raccolta differenziata non va bene, è un casino e via dicendo.
Dopo solo dieci giorni di applicazione. Prendiamoci un po' di tempo per abituarci, almeno.

Ma fuori dai cassonetti ci sono già i sacchetti in giro!
Certo, le prime volte magari la gente non è uscita con la chiavetta in tasca. Però mi pare che le cose siano sensibilmente migliorate dopo i primi giorni, io di sacchi in giro ne vedo un gran pochi.

E ci sono un sacco di buche per strada, e i tombini intasati dalle foglie e dagli aghi di pino.
Speriamo che qualcuno telefoni al Comune per segnalare i problemi, magari aiuterebbe.

Però vuoi mettere, abbiamo i Pilomat (risatina sarcastica), che non funzionano mai e sono sempre rotti e chissà quanto ci spendiamo.
Detto (qui, qui, qui) che i Pilomat sono una grossa falla di comunicazione e gestione da parte dell'amministrazione, non mi pare che cambino la vita a qualcuno.
Si potevano risparmiare i soldi? Forse sì, anche se il conto va fatto a lungo termine.
Ci sono sempre malfunzionamenti, correzioni, interventi? Così pare. E' uno scandalo? Non lo so: non so se questa quantità di difficoltà può essere considerata normale o se sia anormale, se sia una fase di rodaggio di routine o se sia un sintomo di lavoro fatto male. Magari lo è, ma non ho le competenze per dirlo.
Stiamo spendendo un sacco in manutenzione? Anche qui: non lo sappiamo. Dipende da che contratto ha il Comune con la ditta installatrice. Se qualcuno lo sa ce lo dica, ma non credo che tutti quelli che si lamentano abbiano i dati.

Più in generale, mi pare che ci sia in giro un gran pessimismo, una facilità al lamento, una voglia di cogliere in fallo la cosa pubblica.
Invece di lavorare tutti insieme per far funzionare le cose, con un po' di fiducia (si pensi alla differenziata: il suo funzionamento dipende al 90% dai cittadini).

Non so perché succeda questo. Forse abbiamo bisogno di un capro espiatorio per tutto ciò che non funziona. Forse dire che le cose non vanno ci giustifica dal fare la nostra parte (la raccolta differenziata fa schifo, quindi io non mi ci impegno e cerco un modo per aggirarla).

Forse sono rimasto fregato anch'io da una certa narrazione che è durata per dieci anni, secondo cui la brutta atmosfera civica in paese era colpa del sindaco leghista despota e cattivo, che non ascoltava i cittadini, deprimeva la partecipazione, devastava il paese.
Invece vedo che l'atmosfera nei confronti dell'amministrazione continua ad essere negativa.

Allora delle due l'una: o a Ospitaletto siamo passati da un'amministrazione cattiva a un'altra indistinguibilmente cattiva, oppure c'è una mancanza generale di senso civico, indipendente dall'amministrazione, il cui lavoro se va bene è destinato a non essere riconosciuto, se va male è comunque inutile, sbagliato, fatto male a priori.

Va da sé - credo che si capisca - che sono abbastanza scoraggiato riguardo all'impegno pubblico.
C'è un enorme problema di educazione alla formazione del giudizio, al senso critico, all'obiettività.

giovedì 11 giugno 2015

Sull'immigrazione, di nuovo

Butto giù alcuni punti di ciò che penso sull'immigrazione. In parte si tratta del riassunto di quanto avevo già scritto in modo abbastanza esaustivo qui.

  • Gli Stati hanno il diritto di scegliere chi può permanere sul proprio territorio: è una delle prerogative di uno Stato sovrano.

  • A tutela di ciò ci sono i permessi di soggiorno per gli immigrati o i visti che noi italiani dobbiamo richiedere per andare in determinati Paesi. Questi non sono soprusi inaccettabili: fanno parte del normale corso delle cose.

  • Le migrazioni (nonostante le regolazioni varie) esistono da sempre, e sempre esisteranno.

  • L'ondata migratoria di questo periodo è oggettivamente eccezionale. Pensare di fermarla è come fermare il mare con le mani.

  • Forse si può fare qualcosa per governare le modalità dell'ondata, ma credo molto poco, visto che abbiamo a che fare con uno Stato fallito al di là del mare.

  • Sta di fatto che i numeri rischiano di creare una pressione eccessiva per il nostro Paese, specie cumulandosi nel tempo.

  • E' quindi necessario che l'ondata venga smaltita a livello europeo.

  • E se gli altri Stati non vogliono? Intanto questo "smaltimento" europeo già avviene, a lungo andare: pochi profughi vogliono rimanere in Italia, dopo qualche settimana o mese molti - legalmente o illegalmente - se ne vanno in Francia, Germania o altrove. Converrebbe anche ad altri Stati avere un flusso più regolato e conosciuto invece che sottotraccia.

  • Se l'UE continua a fare orecchie da mercante, "a brigante, brigante e mezzo": si potrebbe implementare qualche metodo (permessi temporanei?) per facilitare il movimento autonomo ma legale dei migranti.

  • Zaia, Maroni, Toti, che dicono "nelle nostre regioni non c'è più posto per gli immigrati", hanno la maggior parte del torto, ma non tutti i torti. E' vero che in tutte le classifiche (numeri assoluti, percentuali, in rapporto alla popolazione eccetera) le loro regioni non sono tra le prime per accoglienza ai migranti. Però questi migranti si aggiungono agli immigrati già presenti, che sono invece moltissimi rispetto alle altre regioni (almeno per Veneto e Lombardia).

  • E' chiaro che gli immigrati sono cosa ben diversa dai migranti e dai richiedenti asilo, che molti immigrati sono pienamente integrati, eccetera. Però immigrati (o una parte di loro) e rifugiati pongono esigenze parzialmente sovrapponibili alle società che li ospitano: peso sui servizi di assistenza sociale, necessità - e difficoltà - di integrazione, allarme sociale. in questo senso non è del tutto assurdo considerare l'arrivo di nuovi rifugiati come aggiuntivo alla quantità di immigrati "problematici" già presenti sul territorio.

  • Resta poi scontato che la presa di posizione dei tre governatori è del tutto strumentale alla perenne campagna elettorale

  • Ciò detto, a me sale la rabbia quando si dice: "Stanziamo i soldi per gli immigrati, e per i poveri italiani niente".

  • Intanto la seconda parte dell'affermazione è falsa, la spesa sociale in Italia è elevata, può funzionare bene o male ma nessuno viene lasciato completamente a piedi. I soldi stanziati per i migranti sarebbero aggiuntivi a quelli già dati agli italiani.

  • Ma anche se ci fosse davvero da scegliere, non mi è chiaro in base a quale criterio tra un povero italiano e un disperato africano, durante una crisi umanitaria, sarebbe giusto fare differenze. Anzi, a voler essere molto scorretto potrei osservare che il povero italiano ha beneficiato per tutta la vita di un ambiente molto più favorevole, umano, confortevole del migrante nato e cresciuto in Africa, e quindi - al netto di problemi come disabilità o simili - di molte più possibilità di star bene e smettere di essere povero.


 

giovedì 4 giugno 2015

Premi su premi

Lunedì ho fatto un giro alla Notte bianca.

Solito bell'evento, con tanta gente.

In questa cornice si è svolta la premiazione delle "stelle dello sport", quattordici riconoscimenti a persone e due a società.
Queste premiazioni, che si tengono ogni anno, si aggiungono ai riconoscimenti civici che il Comune ha deciso di conferire ogni anno, a dicembre.

Mi chiedo se il numero di persone premiate, a lungo andare, non diventi eccessivo. Le premiazioni sportive riguardano sempre decine di persone, ed anche le medaglie d'oro comunali hanno riguardato quattro persone nel 2013 e due nel 2014, senza contare i riconoscimenti alla memoria (che secondo me hanno molto più senso di quelli ai vivi, ma tant'è, è una mia opinione).

Penso che sia bello premiare i meritevoli e fornire al pubblico dei modelli da seguire, ma se si esagera si rischia di inflazi0nare i premi e di togliere loro significato: a volte non si conosce nemmeno il merito dei selezionati, che non sono così noti o famosi, e quindi si perde ance il senso dell'esempio. Per esempio io pensavo che le due premiate per la ginnastica per adulti facessero i corsi per lavoro (retribuite), invece scopro che è un servizio.

domenica 31 maggio 2015

Sul Giro d'Italia

Che bel Giro! Veramente spettacolare, colpi di scena fino all'ultimo.

Contador di un altro pianeta, nonostante la mezza crisi di ieri. Non avrebbe mai potuto perdere questo Giro, anche con un Landa lasciato andare.

Aru fino a una settimana fa mi sembrava uno troppo pompato dalla Rai, poi ha dimostrato una gran testa nel tenere le crisi e poi addirittura andare a vincere.

Su un altro livello, simile è stata la parabola di Uran. Gran bella reazione, che differenza con Richie Porte!

Ma il migliore è Hesjedal. Che corridore! Che modo di corsa! Mai domo, proprio. Ha legittimato tra lo scorso anno e quest'anno il Giro vinto tre anni fa. E' di gente come lui e Rolland che c'è bisogno sulle strade del ciclismo.

Peccato per tutti i velocisti che hanno snobbato la Corsa Rosa, ma probabilmente la loro assenza ha favorito le varie sorprese, pur abbasando il livello tecnico.

Esemplare invece Gilbert, che invece di venire per onor di firma ha onorato la corsa inventandosi anche un numero a Verbania dopo una prima settimana deludente.

martedì 26 maggio 2015

Pentecoste

Sabato sera siamo stati alla veglia di Pentecoste con il Vescovo presso la Pieve di Gussago.

Il Vescovo ha parlato di molte cose, nel suo intervento, ma in particolare ha parlato dei martiri, attualizzando il loro significato all'oggi. Nulla di nuovo: non a tutti è richiesto il martirio del sangue. Però poi ha usato un'espressione che mi è nuova, in questa accezione: il "prezzo dell'amore".

Sembra quasi un ossimoro. Però il vescovo ha spiegato quest'espressione con una frase: "quando si ama, poco o tanto che sia, si paga sempre un prezzo". Penso che chi ama o ha amato almeno un po' ha ben presente che è vero. Per noi cristiani può essere il prezzo della coerenza, quello dell'essere minoranza.

giovedì 21 maggio 2015

L'inutile riforma della scuola

La mia opinione sulla riforma della scuola - questa e tutte le altre, passate e future - è molto semplice.

Ciascuno di noi ha esperienza di scuola, e ciascuno sa che nel suo percorso tra i banchi ha incontrato insegnati validissimi e insegnanti incapaci.

La riforma permette di buttare fuori a calci nel sedere gli insegnanti incapaci? No. Quindi è inutile.

Il resto è contorno. Possiamo parlarne, discutere, valutare, dividerci, ma si tratta sempre di cose marginali rispetto al problema vero, ovvero licenziare gli incapaci.

domenica 17 maggio 2015

Sulle elezioni in Campania

Leggo di tutte le polemiche riguardanti De Luca, la candidatura e le liste.

Trovo surreale la situazione. Trovo assurdo candidarsi in quelle condizioni, trovo sintomatico di un brutto modo di fare politica il fatto che si cerchi il sostegno di chiunque e purchessia, trovo una grande macchia che il "nuovo" PD renziano stia permettendo tutto ciò.

Trovo abbastanza patetico l'appello di Renzi e De Luca a non votare gli esponenti impresentabili (ma faciteme o'piacere!).

Detto ciò, non ha tutti i torti nemmeno Cantone: gli elettori devono fare il loro dovere, anche se i partiti non l'hanno fatto.
La scelta del personale politico che rappresenta le istituzioni è fondamentale e dunque il tema vero per combattere la corruzione è la capacità della stessa politica di selezionare la classe dirigente, perché c’è un ambito dove le norme non possono arrivare. La politica deve fare le scelte e anche la società civile deve saper scegliere perché se le elezioni premiano certi personaggi che prima del voto erano considerati impresentabili, c’è un evidente corto circuito. Per contrastare certi fenomeni, dunque, il controllo più importante è il controllo democratico, a monte da parte di partiti e a valle da parte di cittadini.

Mi sembra un bel banco di prova per la maturità civile dell'elettorato campano, perché è inutile che ci si lamenti dei partiti e qualcuno denunci e poi questa gente prenda migliaia di voti. Si parrà la nobilitate delle preferenze come strumento di scelta, dopo le prove non troppo incoraggianti di Renzo Bossi e Fiorito.

Se poi certi personaggi saranno eletti ugualmente, ci verrà il sospetto su quanti pacchetti di voti sono controllati da "qualcuno".

martedì 12 maggio 2015

Vedi Napoli e poi ruspi

Sono di ritorno da una decina di giorni con mia moglie a Napoli e dintorni. Alcune impressioni.

Napoli non fa nulla per smentire gli stereotipi che la accompagnano. Ci sono quelli con i tavolini che fanno il gioco delle tre carte per strada, gli scugnizzi che giocano a pallone, i palazzi anni '50 a 5-6 piani col cortile quadrato interno e l'appartamento del portiere nell'androne, i fili stesi tra un palazzo e l'altro, le donne che calano il cestino dal balcone, i motorini in due senza casco sui marciapiedi di fronte ai vigili, i parcheggi in doppia e tripla fila, le macchine che passano col rosso, gli scooter contromano, quelli che ti vendono il cornetto e ti scacciano il malocchio con la tiritera in napoletano, quelli che vanno in giro con la maglia del Napoli, i banchetti che vendono sfogliatelle e pizza fritta, lo sporco per terra e fuori dai cassonetti (anche se quasi nessuna "montagna").

Andando a Caserta, Acerra, Sorrento e Salerno, invece, queste cose non si vedono. Sembra che sia proprio la città a fare un mondo a sè stante.

Le ferrovie regionali gestite dalle FS sono spettacolari: sempre puntuali, treni belli  puliti, contollori frequenti. Una sorpresa, farei volentieri cambio con Trenord. Sulle ferrovie locali di Napoli (metro 2, circumvesuviana, nolana, circumflegrea, cumana), invece, stendiamo un velo pietoso.

Il personale degli uffici informazioni turistiche (specialmente quello di Napoli Centrale, ma anche altri) è preparato e gentile, si fa in quattro per essere utile.

In dioci giorni mi è stato sempre fatto lo scontrino, tranne per due caffè. Bella sorpresa anche qui.

La città di Napoli non ci è piaciuta moltissimo, anche perché lo stile barocco non è proprio nelle nostre corde. Certo i musei contengono dei capolavori unici. In compenso il resto della regione (reggia di Caserta, Casertavecchia, Positano, Pompei, Paestum) è un gioiello.

E veniamo alla ruspa del titolo. Vedendo alcune zone, alcuni scorci del capoluogo non ho potuto fare a meno di pensare alla frase di Salvini sui campi rom: "15 giorni di preavviso, e poi la ruspa. Sono indecenti." Ecco, lo stesso criterio dovrebbe essere applicato anche per una parte di Napoli. Non si capisce come si possa considerare degna di una Paese civile la situazione di alcuni vicoli, palazzi, isolati.

Naturalmente si tratta solo di una provocazione, perché né per i Rom, né per gli abitanti dei quartieri "bassi" di Napoli abbiamo le risorse per offrire soluzioni abitative alternative. Mi veniva in mente solo un parallelismo per quanto riguarda il metro di giudizio. A meno che non vogliamo credere che Salvini parlasse dei campi rom non tanto per le condizioni di vita, ma perché i loro abitanti sono Rom. Lungi da me pensare a un ragionamento così razzista!

Però potrebbe essere utile usare la ruspa per la Circumvesuviana. Treni fatiscenti vecchi di 40 anni, con i vetri rotti, senza sedili, con stazioni altrettanto fatiscenti, sporche, imbrattate, senza nemmeno i cartelli che segnalano la destinazione. In quel caso non lasceremmo per strada nessuno, semmai potremmo far passare qualche bus in più, ma la mancanza di un treno in queste condizioni non è grave come la mancanza della abitazione. Semplicemente non mi pare che ci siano le condizioni di decenza minime per un Paese che non appartenga al terzo mondo.

O almeno non la si consigli ai turisti. La Circumvesuviana è la ferrovia che porta a Ercolano e Pompei. La ragazza dell'info point ci aveva avvisati che prenderla "è già un'esperienza archeologica", ma non possiamo presentare un biglietto da visita simile a degli stranieri. Se qualche napoletano proprio ci tiene ed è disposto a sopportare il disagio, sapendo a cosa va incontro, faccia pure, ma non possiamo offrire un "servizio" simile a dei turisti. Ho visto facce choccate e schifate. Che figura ci facciamo, come Napoli o come Italia? Tanto più che a Pompei fermano anche i treni FS. E' vero che arrivano 600 metri più lontano dall'ingresso dell'area archeologica, ma è sempre una cosa più che fattibile.

A chiosa finale, mi dichiaro d'accordo con questo articolo. Napoli è pittoresca, ma non ci vivrei.

domenica 26 aprile 2015

Paolo VI e il lavoro

Venerdì io e Francesca siamo stati all'incontro su Paolo VI e il lavoro organizzato dalla Parrocchia (che prima o poi verrà caricato qui).

E' stato un incontro interessante, sono felice di essere stato tra i pochi partecipanti.

La relatrice ha tratteggiato l'atteggiamento di Montini/Paolo VI nei confronti del lavoro citando molti testi e facendo molti parallelismi con l'attuale Papa. Mi ha un po' stupito che non si sia parlato della continuità che si legge in tutta la dottrina sociale della Chiesa sulla dignità del lavoro, dalla Rerum Novarum (prima) alle Laborem Exercens, Centesimus Annus e Caritas in Veritate (poi).

Ma al di là della relazione in sè, ho poi riflettuto sul rapporto tra Chiesa e lavoro. Con tutte quelle aperture "spot", come visitare le fabbriche o scrivere encicliche, si è costruito un rapporto duraturo ed efficace?
A me pare di no: gli operai hanno continuato a votare comunista, nel decennio finale di Paolo VI è nato e cresciuto il terrorismo rosso, i padroni hanno continuato a godere dell'appoggio di gran parte della gerarchia, l'esperimento dei preti operai, citato nell'incontro, non ebbe gran seguito.
Ma anche dalla parte della Chiesa si nota un certo silenzio: nelle moltitudini di beati e santi elevati agli altari da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI non ricordo nessuno che sia santo per la sua attività lavorativa, né tra i padroni né tra gli operai. Ci sono dei santi lavoratori, ma nessuno che sia "simbolico" e santo in virtù del suo operato, tant'è vero che il patrono dei lavoratori è San Giuseppe lavoratore e non un santo moderno.
Qui a Brescia abbiamo il beato Tovini, che però era più che altro un professionista e la cui figura non è esente da polemiche, specie nella sua stessa Valcamonica.

lunedì 20 aprile 2015

Consigli di lettura

Articolo bello bello bello sulla questione meridionale.
Che, come avevo già detto, è essenzialmente una questione culturale.

Però i problemi non sono solo meridionali, eh: l'Italia tutta ha parecchi problemi. A volte mi viene da pensare che aveva ragione Giovanni Federico quando diceva che
Molti a parole riconoscono la necessità di profonde riforme, ma (quasi) nessuno è disposto a subirne i costi per la propria posizione personale

che se vogliamo è un altro problema culturale.

Renzi sta provando a metterci qualche pezza. Potrebbe andar meglio e potrebbe andar peggio: io continuo a pensare che Renzi sia un miglioramento rispetto a Berlusconi (e ci vuole poco), ma per ora sta facendo cose secondo me condivisibili ma solo quando gli conviene.
Gli interventi impopolari ma necessari sono continuamente procrastinati.
http://www.hookii.it/sintomi-e-cause-del-declino-italiano-tre-esempi/

http://www.hookii.it/la-sicilia-la-mafia-la-parte-sbagliata/

lunedì 13 aprile 2015

Bilanci e risanamento

Leggo sull'ultimo numero del giornalino comunale l'intervento di Massimo Reboldi, da cui apprendo che il bilancio del Comune di Ospitaletto è di 18 milioni di euro all'anno.

Poche righe sotto si parla del
[...] debito lasciato in eredità dall’allora Sindaco Prandelli e assessore Chiari, che tra cause perse con Italgas, atti unilaterali d’obbligo per aree trasformate prima dell’approvazione del PGT e introiti registrati ma mai incassati di aree mai cedute, ammontava a 8 milioni di euro.

Reboldi ci dice insomma che il debito ammontava al 44% del bilancio comunale!
Ma soprattutto, Reboldi e il Sindaco ci informano che nei prossimi anni partirà l'auspicata riduzione delle tasse, che finora non si è riuscita a fare per colpa del debito pregresso. Dobbiamo quindi desumere che Bordonaro è riuscito a ripianare il bilancio rientrando in soli due anni (arco temporale citato dallo stesso Reboldi) da un debito così importante?

A me sembra che ci sia qualcosa che non va, in questa versione.

Intanto, il rientro dal debito ha avuto una grossa mano dal Commissario, che ha applicato il ben noto aumento delle imposte locali fino ai massimi. L'amministrazione Sarnico si è trovata un risanamento già avviato, quindi per lo menola prospettiva temporale va un po' estesa, dando merito anche a qualcun altro. Prandelli ha lasciato il suo "buco" nel 2011, quattro anni fa, non due.

Ma fidiamoci di Reboldi, e conteggiamo il tempo di attività come dice lui: due anni. Dobbiamo quindi pensare che in due anni questa amministrazione ha ripianato per ogni anno un debito pari al 22% dell'intero bilancio comunale.
Facciamo un parallelo col bilancio statale: esso ammonta a circa 500 miliardi di euro l'anno. Rientrare ogni anno del 22% significa recuperare 110 miliardi di euro, ovvero quasi il 7% del PIL.

Altro che fiscal compact! Di fronte a una performance simile bisognerebbe proporre l'assessore al Bilancio come commissario europeo, e mandarlo a risanare la Grecia. Invece nell'intervento di Reboldi non si fa nessun cenno all'assessore, che - come sappiamo - non è nemmeno più assessore.

Insomma, caro Massimo, qui o si taglia la stima del debito, o si ricalcola l'orizzonte temporale fino al commissariamento, o si fa un monumento a Bordonaro!

mercoledì 8 aprile 2015

Il Triduo comunitario

Ogni anno che passa mi piace sempre di più vivere il triduo con la mia comunità parrocchiale.

Giovedì e venerdì sera mi sono guardato in giro e ho visto tante facce. Ormai sono di mezza età e ho la fortuna di conoscere molte persone sia più vecchie che più giovani di me.
Già il fatto di vedere facce note assieme a facce nuove dà l'idea di una comunità viva, che si conosce e insieme si rinnova.
Tra le facce che conosco, poi, mi colpiva la varietà. Ho visto giovani e vecchi, uomini e donne, lavoratori e studenti, coppie e singoli. Ho visto gente di destra e di sinistra, gente che stimo e gente con cui non sono d'accordo. Gente che incrocio in giro per il paese e gente che vedo solo a Messa.

Comunque tutte persone che dopo una giornata di lavoro o di impegni hanno voluto trovarsi nella loro Chiesa per celebrare i riti del Triduo, per dirsi ancora una volta cristiani e pregare insieme.
Quei tre giorni danno l'idea della comunità cristiana ancor di più che la Messa pasquale, che pure è più partecipata. Perché le persone che c'erano il giovedì, il venerdì, il sabato hanno scelto di esserci, di ritagliarsi un momento.

Grazie alla mia comunità, quindi.

giovedì 2 aprile 2015

Per una Pasqua di perdono

Qualche giorno fa sono stato a fare una passeggiata in montagna. A un certo punto ho incontrato un gruppo di persone che discutevano. Una signora stava raccontando a un'amica di una sua confessione. La conversazione è andata più o meno così.

"...e il prete mi ha detto che non mi poteva assolvere. Poteva benedirmi, ma non poteva darmi l'assoluzione."

"Ah sì? E come mai?"

"Perché anche se tu hai ragione, ma non fai nulla per fare la pace, sei nel peccato lo stesso. Ma io non me la sentivo di perdonare. Non dopo quello che mi aveva fatto. Ma ti pare? No no, va bene tutto ma deve essere lei a cercarmi e a chiedermi scusa. E allora gli ho detto: va bene, mi benedica, ma io non me la sento di perdonarla."

Siamo ancora nel Sabato Santo della storia, e a volte torniamo anche al Venerdì.
Ringraziamo il Cristo per l'esempio del perdono fino al supremo sacrificio.
Ringraziamo il Signore perché esistono tante persone capaci di perdono.
Ringraziamo il Signore perché esistono pastori che non hanno paura di annunciare la verità, anche quando non piace.
Preghiamo perché sempre più cristiani riescano a vivere secondo il Vangelo.

Buona Santa Pasqua.

mercoledì 25 marzo 2015

Sulla centrale a biomasse

Ho seguito solo a spizzichi e bocconi la questione della centrale a biomasse della fraternità. Metto giù alcuni punti.

Qualche pasticcio, in fase di approvazione del PGT, dev'esserci stato. In effetti sembra un controsenso concedere la maggior cubatura alla Fraternità per poi inalberarsi se questa richiede di farci la centrale: si poteva semplicemente non concedere l'ampliamento. Sarebbe bello conoscere le spiegazioni della maggioranza riguardo a questa che sembra un'evidente contraddizione.

La richiesta di un Consiglio Comunale aperto da parte della minoranza è legittima, anche se non so quanto opportuna.
Da una parte l'esigenza di trasparenza è sempre da tenere in conto.
D'altra parte uno strumento come il Consiglio Comunale aperto è a rischio demagogia: si rischia di finire in nulla di fatto con accuse reciproche.
Mi chiedo anche se un gruppo di associazioni, parti in causa e cittadini possa essere il luogo migliore per parlare serenamente di una questione che ha anche risvolti tecnici non indifferenti: la compatibilità o la pericolosità di una centrale elettrica a biomasse di quella dimensione dovrebbe essere discussa e stabilita quantomeno con l'ausilio di esperti del settore (ASL? ARPA?). Il pubblico meno competente rischia di essere esposto alla sindrome NIMBY.

Vedo che però la maggioranza si è mossa convocando una seduta pubblica della Commissione Territorio e Ambiente, con audizione di
gruppi, associazioni, operatori economici e sociali, comitati e cittadini

per la discussione dell'argomento. Una Commissione "aperta", quindi (aspetto che chi di dovere faccia notare le differenze ai fini pratici: la Commissione non è deliberativa?)

Altra iniziativa dell'Amministrazione è stata proporre l'estensione della rete del metano fino alla Fraternità, anche a spese (parzialmente) pubbliche.
Si può obiettare che se ci si fosse pensato prima non ci sarebbe stato bisogno di trovare una mediazione, per di più onerosa per le casse pubbliche.
Allo stato in cui siamo, però, la mossa ha senso. O meglio: ci sono due possibilità:

  • se la centrale a biomasse è un pericolo per la salute, incompatibile con l'ambiente circostante, dovrebbe pur trovarsi un qualche ente che certifichi questa cosa (a chi spetta?). In questo caso Fraternità Impresa Sociale si dovrebbe arrangiare a trovare un rimpiazzo per la caldaia vecchia, senza intervento pubblico;

  • se invece la centrale è riconosciuta compatibile da tutti gli organi preposti, allora fa bene l'Amministrazione a proporre una mediazione per tutelare gli interessi di tutti, anche in forma onerosa.


Certo leggere articoli come questo fanno male, pensando alla Fraternità, alla sua storia, a Giovanni Borghetti.

Infine: non sarebbe ora di ripensare il concetto di biomasse come fonte rinnovabile?
La loro classificazione mi sembra un grimaldello per aggirare le leggi ecologiche.

 

giovedì 19 marzo 2015

Uno Stato, due Stati

In questi giorni sono in fase di riflessioni sui massimi sistemi...

Tra i vari massimi sistemi, si è parlato in questo periodo della questione mediorientale: il riconoscimento dello Stato palestinese, le elezioni israeliane eccetera.

Io (forse l'ho già scritto, o forse no?) ho sempre avuto forti dubbi sulla possibilità "due popoli, due Stati", per un motivo molto pratico: perché le popolazioni araba ed ebraica sono profondamente intrecciate sul territorio. Una divisione avrebbe molti punti di difficoltà: come tracciare i confini, cosa fare degli insediamenti israeliani in territorio palestinese, come garantire le minoranze nei rispettivi Stati, oltre al problema di avere uno Stato palestinese composto da due territori separati (Gaza e Cisgiordania).
Non ho in mente altre situazioni simili nella storia, se non il primo Pakistan nato dalla secessione dall'India, che comprendeva anche il Bangladesh e che non durò molto, con la separazione del 1971 nei due Stati attuali.
Anche la Palestina attuale è in pratica divisa in due, con Gaza in mano a Hamas e la Cisgiordania governata da Abu Mazen. Uno Stato palestinese indipendente potrebbe restare unito?

Tutto ciò senza contare il tema della sicurezza: noi occidentali abbiamo sempre un certo ottimismo quando si tratta di garantire la libertà alle nazioni, ma l'esempio di Gaza (senza arrivare all'Iraq) deve mettere in guardia dal fatto che ci sia qualcuno che potrebbe approfittarsene.

Io ho sempre pensato che non esista una soluzione a breve termine, e che se si deve pensare a lungo termine tanto vale pensare a una soluzione con un unico Stato (la terra è una sola, in fondo: una striscia nemmeno troppo estesa dal mare al Giordano) in cui due popolazioni possano convivere pacificamente. In questo senso ci sono molti esempi. In ordine di successo, abbiamo la Svizzera, poi il Belgio, che bene o male sta insieme da secoli, pur con i vari campanilismi, o - scendendo di un gradino - la vecchia Cecoslovacchia, o ancora - al minimo possibile - l'attuale Bosnia-Erzegovina, che tra mille difficoltà tiene insieme etnie e religioni diverse, con un "aiuto" della comunità internazionale.

E' chiaro che il presupposto di un siffatto Stato è la laicità, e la presenza di partiti arabi in Israele ci dice che forse non tutte le speranze sono vane. Certo per accelerare il processo si dovrebbe smettere di usare le armi, e semmai bombardare la Palestina con casse di arretrati di Playboy: prima arriva la secolarizzazione meglio è, in questa prospettiva.

Detto ciò, in questi giorni ho letto due interventi di israeliani "dissidenti" che la pensano in modo diverso da me: David Grossman dice che
Francamente però, questa definizione di Stato bi-nazionale non la capisco e sono assolutamente contrario. Non credo che funzionerà, perché questi due popoli che per 110 anni si sono combattuti, uccisi e reciprocamente odiati, non sono maturi né dal punto di vista politico né dal punto di vista civile e quindi non possono riuscire a convivere in questo modo.

e Amos Oz scrive che
Se non ci saranno due Stati, ce ne sarà solo uno;
Se ce ne sarà uno solo, sarà arabo;
Se sarà arabo, chissà quale sarà il futuro dei nostri e dei loro figli.

Diciamo che i due articoli mi hanno quasi fatto cambiare idea. E' vero che Grossman non esclude una soluzione unitaria nel lungo, lunghissimo periodo, ma non mi sembra che ci creda molto.
Mi impressiona particolarmente la terza frase di Amos Oz: "che ne sarà di noi"? Leggo in queste parole una sfiducia fortissima e rassegnata nella capacità degli arabi di essere civili e tolleranti. Però nel breve termine il problema c'è.

Chi vivrà vedrà. Certo mi pare strano che ci siano molti Paesi che riconoscono uno Stato palestinese prima che i palestinesi, e gli arabi in generale, riconoscano Israele.

sabato 14 marzo 2015

Cosa sono i diritti?

In questi giorni il Parlamento Europeo è stato particolarmente impegnato su questioni eticamente sensibili: prima la risoluzione Tarabella, che tra le altre cose chiedeva di garantire alle donne accesso all'aborto, poi la relazione sui diritti in cui - tra molte cautele, perifrasi, angoli smussati eccetera - si includevano anche le unioni e i matrimoni omosessuali nel panorama dei diritti civili.

Non mi interessa tanto il dettaglio delle due risoluzioni: esse sono indicazioni non vincolanti, inoltre sono scritte in modo molto prudente. Ciascuno può farsi da solo un'idea sul loro contenuto, e quanto agli argomenti controversi (unioni gay e aborto) credo che nessuno cambierà la propria convinzione in base a queste risoluzioni.

Però mi sono trovato a riflettere sui diritti. Da giovane ero convinto che la definizione di diritti fosse abbastanza chiara: il diritto alla vita, alla parola, alla libertà politica...
Però più passa il tempo, più mi rendo conto che non è così semplice determinare il perimetro dei diritti. Anzi mi chiedo se questo perimetro esista, visto che ci sono spinte molto forti, in molte direzioni, per includere tra i diritti un sacco di cose.