giovedì 29 giugno 2017

Il Vangelo è complicato

Vangelo di martedì e mercoledì (Mt 7, 6.12-20):
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: " Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi.  
Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge ed i Profeti.
Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa;
quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!"
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci.
Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi?
Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi;
un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni.
Ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco.
Dai loro frutti dunque li potrete riconoscere». 
Primo versetto: non dare perle ai porci. Sembra che il bene di cui si è capaci vada centellinato, distribuito solo ad alcune condizioni. Forse a chi può capirlo? A chi può apprezzarlo?
Forse (vv. 16-20) a chi può portare frutto?
D'altra parte (v. 12) c'è la regola d'oro: io vorrei che gli altri mi donassero il loro bene, le loro "perle", quindi dovrei donare loro a mia volta le mie. Se anzi voglio che gli uomini siano indulgenti e misericordiosi con me, dovrei comportarmi con loro allo stesso modo, e elargire le mie "perle" chiudendo un occhio su quanto degno sia il ricevente.
In altre parti invece sappiamo che si dice "se amate chi vi può riamare, che merito ne avrete?".
Insomma, è una gran confusione.
Proprio vero che il Vangelo è la porta stretta.

mercoledì 7 giugno 2017

Di record in record

La Juve consolida il suo record di finali perse.
Non mi è ancora andata giù, anche se effettivamente il Real si è dimostrato più forte. Per vincere sarebbe servita una Juve al 101%  contro un Real all'80%, invece Zidane ha preparato perfettamente la partita.
Col senno di poi Higuain non valeva quei soldi. E' bravissimo, ma non al livello di una finale di Champions.
Però una cosa la dico: sono orgoglioso di avere un squadra e una società così, che di fronte alla sconfitta non accampano scuse, arbitri che potevano ammonire diversamente, deviazioni sfortunate, prestazioni eccetera.
Trovare le differenze con squadre che dopo aver perso in campionato contro una squadra più forte - più forte da sei anni - continuano a attaccarsi a scuse di vario genere e tipo.

domenica 4 giugno 2017

Pentecoste 2017

Ieri mattina sono stato alla Santa Messa delle 11.
Il celebrante era il parroco, che secondo me ha tenuto un'omelia poco centrata.
Già l'incipit "allo Spirito Santo pensiamo troppo poco" mi ha un po' indispettito, ma capisco che don Renato abbia più occhio di me sulla media dei fedeli.
Poi ha fatto una prima parte di omelia con qualche richiamo preconciliare: è partito dallo Spirito che abita in noi, che riceviamo nel battesimo e nella confermazione, per dire che siamo "tempio di Dio" (e fin qui tutto bene) e poi lanciarsi in sottolineature antropologiche sulla dottrina del corpo, sull'essere uomini e donne che deriverebbe da questo essere "tempio di Dio".

Io non ho studiato teologia, quindi sicuramente mi sbaglierò, ma secondo me questa interpretazione è un po' datata: legare l'interpretazione del corpo e della differenza sessuale alla presenza sacramentale dello Spirito rende la cosa troppo esclusivamente cristiana, quasi invalida dal punto di vista di un ateo o di un non credente. Il punto forte della dottrina cristiana nei confronti dell'umanità tutta, almeno da san Tommaso e sicuramente dalla Dignitatis Humanae, è che la verità sull'uomo è antropologica, la somma dignità di ciascuno non è data dal battesimo ma dalla comune figliolanza divina.
In questo periodo sto sudiando, per una tesina, la questione della relazione tra Chiesa e schiavitù, e per troppo tempo si sono usati due pesi e due misure con i cristiani e i non cristiani, i primi liberati da ogni giogo da Cristo, i secondi assoggettabili tranquillamente. Solo nel secolo scorso si è finalmente usciti in modo definitivo da questa impostazione, e trovo che questo sia una grande conquista. Sicuramente anche don Renato è d'accordo, ma gli è scappato detto poco chiaramente nella sintesi dell'omelia di domenica.

Poi la predica è proseguita con la citazione della lettera di mons. Negri dopo la strage di Manchester.
Avevo già letto quel contributo. Capisco che - come dice don Renato - mons. Negri volesse parlare non tanto della strage, ma del mondo moderno, del relativismo, della mancanza di valori, del consumismo, di Satana.
Però mons. Negri non ha scritto un fondo, una riflessione, un articolo di commento, ha scritto una lettera ai ragazzi morti, e quindi - secondo me - facendola completamente fuori dal vaso. Nel testo ci sono dei passaggi inaccettabili se applicati al contesto della strage: la frase "Figli miei, siete morti così, quasi senza ragioni come avevate vissuto" è una generalizzazione senza fondamento alcuno, visto che non credo che mons. Negri conoscesse nemmeno una delle vittime, per cui usa il termine "vita sprecata". L'unica cosa che mons. Negri sa di quei ragazzi è che erano ad un concerto di Ariana Grande: ha dedotto da questo tutte le sue conclusioni?
La successiva parte sui "peluche" è un'inutile crudeltà che stigmatizza un gesto di empatia, di umana pietà, che sicuramente non arriva alle vette teologiche dell'insonnia di mons. Negri ma è quello che la povera gente che non ha studiato teologia sente di fare con il cuore. E questo solo per limitarsi alle citazioni di don Renato.
Tra l'altro mi stupisce che il parroco pensi che mons. Negri volesse parlare di questioni valoriali, quando lo stesso presule conclude con l'accenno alla guerra di religione, che mi pare la cosa che gli preme di più.

Anche la risposta di una madre, che non ho letto ma che il parroco ha poi citato in predica, mi sembra una generalizzazione offensiva nei confronti di molti genitori che non educano i figli, come dice lei, secondo l'approccio per cui tutto è concesso, "ogni desiderio è un diritto".
Se quella madre ritiene di aver educato così i suoi figli, mal gliene incolga. Se ritiene di osservare questa cosa in suoi conoscenti, già è una cosa diversa, e metta almeno un grano di dubbio nel suo giudizio (la storia della trave e della pagliuzza non dice nulla?).
Ma la generalizzazione stile o tempora o mores mi fa sempre accapponare la pelle. Io conosco moltissimi genitori che si barcamenano nell'educazione dei figli facendo del loro meglio.

Mi chiedo se fosse il caso di usare una strage per parlare dell'educazione dei ragazzi, tanto più dopo che nella notte precedente ne era appena successa un'altra.
Ribadisco: la questione educativa è importantissima, vitale, fondamentale, e chi mi legge sa quanto ci credo. Anche il tema dello scontro di civiltà e/o religioni ha diritto di cittadinanza, non dico di no.
Però così si accostano cavoli e merende, e oltretutto mancando di rispetto e anche capacità di discernimento.