lunedì 30 novembre 2020

I, Tonya vs. Joker vs. Richard Jewell

Sono reduce dalla visione di Tonya, o I, Tonya nella verisone originale, disponibile su RaiPlay.

Il film merita senz'altro la visione, ha alcune trovate molto belle e si posiziona in bilico tra la commedia nera, la cronaca e la denuncia.

Il film prende un punto debole - il fatto che tutti conoscono la storia e sanno com'è andata a finire - e lo trasforma in un punto di forza, trasformandosi a tratti in un mockumentary e evitando le lungaggini (Nancy Kerrigan per esempio non viene nemmeno presentata).
Anche alcuni momenti in cui si rompe la quarta parete sono azzeccati, e aiutano a smorzare la tensione in un paio di momenti più carichi.

Il film mi ha ricordato due film successivi, di cui ho già parlato: Joker e Richard Jewell.

La prima parte del film descrive uno spaccato di quell'America dei sommersi che si vede bene anche in Joker. Anzi, è una rappresentazione più credibile perché "vera".

La seconda parte, quella che riguarda "l'incidente", non può non ricordare Richard Jewell per via del protagonista, l'attore Paul Walter Hauser, lo stesso che in I, Tonya impersona Shawn. In entrambi i casi si tratta di due personaggi stralunati, che vivono in un mondo tutto loro, con la passione per le forze dell'ordine e un certo complottismo. Anzi, il paragone tra i due film può far pensare a quanto sia sottile il confine tra un eroe e un folle.

Proprio questa seconda metà del film è a mio parere troppo giustificatoria nei confronti di Tonya Harding. Mi rendo conto che il film è fatto per il publico americano, che considera la Harding il male incarnato, e quindi per épater le bourgeois si tenta di far empatizzare con lei, di dipingerla come completamente incolpevole. Anche se magari non è andata così.

Però così viene a mancare la "scelta", il fatto che il sommerso si trasformi in violento, scelta che faceva riflettere in Joker, e che - di nuovo - stavolta è una scelta reale. E' la vittima che sceglie di trasformarsi in carnefice. Capisco che non è l'obiettivo del film, ma mantenere un profilo di ambiguità sarebbe stata una bella mossa.

giovedì 26 novembre 2020

In morte di un 10

E niente.

Io su Maradona non sono obiettivo.

Ero bambino e juventino negli anni '80.

Quando sei bambino non c'è la razionalità, c'è solo il tifo. Acritico. Se sei adulto, puoi vedere la grandezza di qualche giocatore, di Ronaldo per esempio, anche se è interista. Da bambino no.
E allora Platini è bravissimo, Maradona fa schifo.

Lo apprezzai nel 1994, quella storia di comeback. In un mondo orfano di Michael Jordan, quell'estate stavamo tutti aspettando il suo ritorno. Invece ci dovemmo "accontentare" di quello di Diego. La sensazione tangibile che solo lui potesse trascinare una squadra più forte di quelle del 1986 e 1990, ma fragile. Sensazione corroborata dalla brutta eliminazione senza di lui.

Ma non posso cancellare l'uomo, le scelte sbagliate, sciagurate. Non le dipendenze, no: le scelte. L'arroganza, i figli non riconosciuti.

E allora lascio la parola a uno molto più equilibrato di me, Leo Turrini.

RIP.

giovedì 12 novembre 2020

Déjà vu

Ho una sensazione di déjà vu.

Il 9 marzo avemmo il lockdown sugli spostamenti non essenziali in dieci province, esteso poi due giorni dopo a tutta Italia. Erano liberi lo sport da soli e l'attività motoria senza limiti di spazio (a differenza di adesso).
Bar e ristoranti chiusero il 12, con molti negozi, ma elettronica (quindi Unieuro e simili), ferramenta, idraulica ( quindi Brico e simili), lavanderie, profumerie restarono aperte anche allora. C'era - come c'è ora - un allegato al DPCM con la lista di attività aperte. Adesso è un po' più lungo (comprende anche Decathlon e parrucchieri, tra l'altro), ma non così più lungo.

A marzo le scuole di ogni ordine e grado chiusero, adesso chiudono "solo" dalla seconda media in su. Questa è la grande differenza. Ma per il resto (parliamo di provvedimenti riguardanti la "zona rossa") le similitudini sono tante: divieto di uscire di casa se non per lavoro, necessità o salute; obbligo di autocertificazione; divieto di visita parenti; divieto di fare la spesa in altro comune.

A marzo la cosa proseguì con altre restrizioni: dal 23 chiusero le attività non essenziali, a seconda dei codici Ateco (e quindi chiusero anche i negozi che erano rimasti aperti) e ci fu la stretta sulla "corsetta" solo nei pressi di casa.

E anche adesso si vocifera di un lockdown "duro".

Però ci sono delle differenze.

lunedì 9 novembre 2020

Polvere

Ho ascoltato Polvere, il podcast di Chiara Lalli e Cecilia Sala sul caso Marta Russo.

Interessante, molto. E' chiaro che è un'inchiesta "a tesi", ma questo non inficia la qualità del lavoro di raccolta delle informazioni, né la validità della tesi, soprattutto perché conferma quello che da anni, da molte parti, si sente raccontare e osservare su quel processo.

Forse l'unica cosa che non si sottolinea abbastanza è che il fatto del "delitto perfetto", che pure io ricordavo essere il movente mediaticamente accettato, è stato alla fine escluso anche dai giudici, portando a una sentenza tutto sommato "mite".

Non ricordavo la politicizzazione della cosa, a quel tempo.

Spaventa parecchio il fatto che in Italia, se hai la sfortuna di non avere alibi, possano succedere certe cose. Mi chiedo se i metodi di raccolta delle testimonianze possano essere stabilmente quelli descritti nel podcast.

Un plauso, comunque, al magistrato che si è lasciato intervistare e ha dato la sua versione.

mercoledì 4 novembre 2020

Ci risiamo

E così ci risiamo. Siamo di nuovo in lockdown. Alcuni appunti sparsi al riguardo.

- Di buono c'è che stavolta hanno evitato il nonsenso dei primi 15 giorni di marzo, quando volevano contemporaneamente a) scuole chiuse, b) genitori al lavoro e c) lasciamo isolati i nonni. Stavolta hanno evitato la a) fino a un'età ragionevole, in DAD ci sono ragazzi dai 12 anni in su.

- Di cattivo c'è il divieto a uscire di casa. Io capisco le limitazioni agli spostamenti, sicuramente tra regioni, magari anche tra comuni diversi in zona rossa. Ma l'autocertificazione per uscire di casa quella no, mi pare inutilmente vessatoria. Dove vai se non hai un posto dove andare? Già ora in regime di coprifuoco non si vede in giro nessuno. In più è inverno, mica aprile, c'è già meno gente in giro. In più sappiamo che in ogni caso all'aperto il rischio è minore. Almeno per gli sposamenti all'interno del proprio comune potevano risparmiarcela, l'autocertificazione. Che se non sbaglio è un unicum italiano.
Invece la logica è stata opposta: tra una cosa e l'altra restano aperti molti negozi, ma si chiede di non uscire. Non me l'aspettavo.

- Non capisco proprio la cosa delle chiese aperte e funzioni religiose permesse pure in zona rossa. Rilevo che è l'opposto di marzo-maggio, quando le messe furono le prime chiuse e le ultime riaperte. Non capisco questo cambio di rotta. Ok, non ci sono casi di focolai correlati, ci sono le norme sui distanziamenti, ma questo vale per un sacco di attività (musei?). La CEI era stata bella remissiva, a marzo, e adesso c'è pure Bassetti in terapia intensiva. Mi viene il dubbio che qualcuno in qualche avvocatura abbia segnalato che intervenire sul culto non è proprio pacifico che sia legittimo, visto che è una cosa che riguarda un trattato internazionale. Oppure è per garantire qualche funerale, che in effetti è una misura minima di civiltà che è mancata a tantissimi.

- Interessante la possibilità prevista dal DPCM di applicare a specifici territori classificazioni di rischio diverse dalla regione di appartenenza. Sarebbe buona cosa se si facesse (Napoli e Caserta meriterebbero un "rosso", Bergamo un "giallo"). Ma dubito fortemente che sarà così.

- Alcuni contatti in cassa al supermercato mi dicono che già oggi c'è gente che ha fatto quasi 1000€ di spesa, ho già sentito più d'uno che domani si darà all'accaparramento. Ecco, queste cose non me le spiego. Irrazionalità a manetta.

- Stavolta ci chiudono in casa ma abbiamo i circenses: il calcio va avanti!

- Comunque voglio vedere quanto durerà, questo fatto del monitoraggio dei dati, dei 21 parametri scientifici, dell'attribuzione automatica delle regioni nelle fasce di rischio. Su queste attribuzioni ci sarà una polemica politica continua. E sì che sarebbe la strada teoricamente corretta, anzi bisognava implementarla almeno un mese fa. Se si fosse fatto prima, le regioni avrebbero visto arrivare le restrizioni.