venerdì 25 novembre 2016

Ragionamenti sul referendum (4)

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Infine, dopo aver passato i rassegna le modifiche più grandi e influenti della legge elettorale, valutiamo le altre modifiche: la nuova modalità di elezione del Presidente della Repubblica e le nuove forme di consultazione popolare. Credo che l'abolizione del CNEL non sia messa in discussione da alcuno, e anche io non la tratterò, pur essendo dell'idea che l'intenzione dei costituenti fosse buona e che sia stato sbagliato solo il funzionamento. A epitaffio, ricordiamo che al CNEL si deve l'istituzione del Sistema Sanitario Nazionale.

Caso migliore a Costituzione vigente

Nel caso ideale, i parlamentari riconoscono l'importanza di avere un Presidente della Repubblica condiviso e super partes e lo eleggono sempre ad ampia maggioranza (cosa in effetti già successa nella storia) senza bisogno di quorum aumentati.
Per quanto riguarda invece le leggi di iniziativa popolare, i parlamentari si fanno attenti interpreti delle proposte e portano in Aula tutte quelle accettabili per la discussione, badando che il loro filtro sia limitato allo stretto indispensabile.
I referendum trovano una ampia partecipazione popolare e forze politiche mature non approfittano del quorum per farli fallire.
L'indirizzo popolare ai lavori parlamentari avviene tramite i corpi intermedi, i partiti e nel contatto diretto tra elettori e deputati.

Caso migliore a Costituzione riformata

Anche in questo caso i parlamentari eleggono un Presidente ampiamente condiviso, senza nemmeno bisogno di arrivare agli scrutini con un quorum più basso.
Le leggi di iniziativa popolare vengono normate in maniera rapida e altrettanto rapidamente trovano una calendarizzazione nei lavori dell'Aula ed una discussione non preconcetta.
I referendum - se importanti - raccolgono una ampia partecipazione popolare sia nella raccolta di firme che nella votazione; così come i referendum propositivi e di indirizzo.
In questo caso ottimisitico le modifiche sono pressoché ininfluenti per le materie già previste dall'attuale Costituzione, visto che le clausole di garanzia pensate dalla riforma non scatterebbero mai; ma la nuova Costituzione si fa preferire per gli istituti di nuova introduzione.
Caso peggiore a Costituzione vigente

Nel caso peggiore, oggi la Costituzione fa sì che una qualsiasi maggioranza possa forzare dal quarto scrutinio l'elezione di un suo candidato Presidente, magari impresentabile, e non c'è possibilità di impedirlo.
Sempre nel caso peggiore le leggi di iniziativa popolare sono sistematicamente trascurate ed ignorate, così come gli esiti dei referendum abrogativi, quando questi non sono svuotati da campagne che puntano ad abbassare la partecipazione.

Caso peggiore a Costituzione riformata

Con la nuova Costituzione, invece, il caso peggiore probabilmente è quello in cui il Presidente della Repubblica non venga eletto per lungo tempo, per via del quorum rafforzato. Volendo essere proprio diabolici si potrebbe pensare che una maggioranza possa anche non accordarsi mai con l'opposizione su alcun nome per poter così avere il controllo delle funzioni presidenziali tramite il supplente, ovvero il presidente della Camera, eletto a maggioranza semplice. Non mi è chiaro se in questo caso i lavori parlamentari sarebbero completamente paralizzati o se potrebbero continuare "intercalati" tra gli scrutini.
I referendum propositivi e le leggi di iniziativa popolare potrebbero attendere per anni i regolamenti attuativi. Una volta predisposti, c'è il rischio che le leggi di iniziativa popolare siano sempre posticipate e comunque bocciate; mentre c'è il rischio che i referendum propositivi siano disattesi in quanto non vincolanti, oppure
utilizzati da frange populiste per pressioni con proposte irrealizzabili (uscita dall'Euro?).
I referendum abrogativi potrebbero non realizzare mai il livello di firme rafforzato necessario per un quorum abbassato.
In questi due casi è difficile scegliere tra un possibile farabutto alla Presidenza o un'impasse paralizzante. Invece credo che le modifiche sugli istituti di democrazia diretta possano introdurre qualche possibilità in più rispetto alla Costituzione vigente.

giovedì 24 novembre 2016

Ragionamenti sul referendum (3)

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Dopo aver parlato del Senato, vediamo cosa succede alle autonomie regionali (riforma del Titolo V).

Caso migliore a Costituzione vigente

Nel caso ideale, l’attuale Costituzione può funzionare molto bene: lo Stato si occupa di alcune materie, le Regioni di tutto il resto, i conflitti vengono definiti nella Conferenza Stato-Regioni e grazie alla giurisprudenza pregressa della Corte Costituzionale. In questo modo le Regioni hanno ampio spazio per agire in autonomia in molti campi, e in caso di necessità lo Stato può intervenire con sussidiaria. Lo Stato potrà addirittura delegare alle Regioni più virtuose ulteriori competenze.
In caso di superiore interesse statale, non c’è un meccanismo di prevalenza statale, e il riconoscimento dell’interesse nazionale è affidato al ragionevole accordo tra le parti.
Nel caso ideale non c’è gran bisogno di organi di controllo (che in effetti non ci sono), visto l’accordo tra le parti in vista del bene comune.

Caso migliore a Costituzione riformata

La Costituzione riformata funziona come quella vigente nei meccanismi (vige ancora la competenza residuale regionale), ma non nelle competenze: lo Stato si occupa di molte più materie, diminuendo la sussidiarietà. Tenuto conto di questo fatto, però, nel caso migliore si può sperare che alle Regioni virtuose vengano devolute competenze aggiuntive, ripristinando una modalità di funzionamento più rispettosa delle autonomie. In caso di disaccordi sulle competenze, nel caso ideale questi sono discussi dai rappresentanti delle Regioni in Parlamento, inoltre rimane sempre la Conferenza Stato-Regioni: con queste camere di compensazione il ricorso alla Corte Costituzionale potrebbe essere ridotto al minimo.
Sempre nel caso ideale, lo Stato eviterà il più possibile l’attivazione della “clausola di supremazia”, lasciandola solo per situazioni ponderate, in cui sia assolutamente necessaria.
Se necessario, lo Stato avrà anche a disposizione eventuali “punizioni” per le amministrazioni locali che si comportassero in modo meno che irreprensibile: questo potrebbe fungere da stimolo per il miglioramento delle classi dirigenti locali.

Nel confronto tra i due casi migliori, secondo me vince la Costituzione vigente, anche se la mancanza di controlli e contrappesi fa sì che questa preferenza sia molto legata a un'idealità che sembra più un wishful thinking.
Caso peggiore a Costituzione vigente

Vediamo ora le possibilità peggiori. Nella vigente Costituzione, la situazione può completamente sfuggire di mano a ogni controllo statale: le Regioni potrebbero approfittare (anche in modo non opportuno) della competenza residuale per fare il bello e il cattivo tempo su moltissime materie, approfittando anche del fatto che non hanno la responsabilità fiscale completa di ciò che fanno. Lo Stato non avrebbe neppure il modo esplicito di far valere le proprie ragioni in caso di interesse nazionale.
A quel punto ci si troverebbe in una situazione di conflitto permanente: le Regioni legifererebbero in continuazione, anche su materie di dubbia competenza, e lo Stato farebbe lo stesso anche su materie regionali, tentando di far valere la propria supremazia anche invadendo il campo.
La Corte Costituzionale sarebbe continuamente oberata di lavoro; nel caso peggiore questo continuerebbe a succedere anche dopo molto tempo, visto che il conflitto sembrerebbe l’unico modo per opporsi alle ingerenze della “controparte”.
Lo Stato potrebbe però giocare per la carta economica per piegare le Regioni al suo volere, tagliando i contributi agli enti locali più riottosi.

Caso peggiore a Costituzione riformata

Con la Costituzione riformata, sarebbe lo Stato ad avere il coltello dalla parte del manico, tanto da avere potenzialmente molte armi per esautorare le Regioni.
Nel caso peggiore l’amministrazione centrale potrebbe continuamente invocare l’interesse nazionale, svuotando le Regioni delle loro competenze, o magari farlo solo con le Regioni di colore politico diverso. Anche la possibilità di dare competenze in più alle regioni “virtuose” potrebbe essere usata solo per gli “amici”, mentre con i “nemici” si potrebbero mettere in campo le punizioni per chi ha i conti in disordine, condizione questa piuttosto fumosa e che dipende anche dai trasferimenti statali.
La situazione sarebbe quindi molto sbilanciata a favore dello Stato.

Nel confronto tra i due casi peggiori, secondo me la riforma propone una situazione troppo sbilanciata, anche se la Costituzione vigente porta a una paralisi, mentre con quella riformata lo Stato potrebbe in qualche modo continuare a funzionare.
(continua qui)

mercoledì 23 novembre 2016

Ragionamenti sul referendum (2)

(Prosegue da qui)

Per prima cosa analizziamo la parte della riforma che riguarda il superamento del bicameralismo perfetto e la riforma del Senato.

Caso migliore a Costituzione vigente

Nel caso ideale, supponiamo di avere una classe politica attenta e diligente, composta da persone che lavorano alacremente per il bene della Repubblica.
Con l’attuale Costituzione, i deputati e i senatori potranno contribuire entrambi alla scrittura di tutte le leggi, che potranno comunque essere approvate rapidamente grazie a un forte accordo politico di maggioranza e all’assenza di ostruzionismo da parte di una opposizione costruttiva. In questo caso il doppio passaggio (Camera e Senato) è garanzia di migliore qualità legislativa e di maggiore controllo parlamentare.
Con una maggioranza coesa e un’opposizione corretta non dovrebbe essere necessario usufruire troppo dello strumento dei Decreti legge del Governo, che potrebbero restare riservati ai casi di vera urgenza.
Se per le leggi le cose funzionerebbero bene, potrebbe essere più complessa la situazione del Governo: nel caso (sempre possibile) di maggioranze diverse nelle due Camere la necessità di ottenere la fiducia in entrambe da parte dell’esecutivo potrebbe porre dei problemi anche con parlamentari lungimiranti. Se infatti sulle singole leggi può essere più facile trovare un accordo sulle cose da fare, la fiducia a un Presidente del Consiglio o a un altro è un atto molto più impegnativo, e alcuni parlamentari potrebbero essere combattuti tra la necessità di dare un Governo al Paese e il rispetto del mandato elettorale, che non prevede di solito casi così incerti.
Secondo la Costituzione vigente ogni singolo parlamentare rappresenta l’intero Paese, e non solo il suo collegio di elezione. La rappresentanza degli interessi locali, quindi, è affidata a organi complementari quali la Conferenza Stato-Regioni.

Caso migliore a Costituzione riformata

Nelle stesse ipotesi, la Costituzione che scaturirebbe dalla riforma riduce il numero dei senatori a 100, eletti indirettamente da parte delle Regioni. Supponendo che i Consigli Regionali scelgano bene i loro rappresentanti a Roma, potremmo avere una classe dirigente che si fa portavoce delle istanze locali presso il Parlamento. Probabilmente scegliendo le persone adatte si potrebbe anche ridurre il problema del “part-time”: se i senatori non avessero altro incarico locale che non rappresentare la Regione a Roma e si mettessero d’impegno nel lavoro nazionale, magari circondandosi di buoni collaboratori, potrebbero seguire in maniera sufficiente anche i lavori del Senato. Certo non sarà mai come avere un bravo senatore a tempo pieno, neppure nella migliore delle ipotesi.
Nel caso di maggioranze diverse tra le due Camere – cosa che con la nuova elezione regionale e scaglionata nel tempo dei senatori diventa più probabile* – la produzione legislativa potrebbe proseguire ugualmente, come dicevamo sopra, con accordi sulle singole leggi, mentre dovrebbe essere più facile formare un Governo, per cui basta la fiducia alla Camera.
Parlando delle leggi, senz’altro queste sarebbero più rapide: il fatto che la maggioranza dei testi venga approvato con procedimento monocamerale renderà in ogni caso i tempi più brevi che con un doppio passaggio tra Camera e Senato, per quanto bravi e collaborativi possano essere i parlamentari del sistema bicamerale.
Anche con dei senatori molto responsabili e coscienziosi, invece, sarà inevitabile un certo periodo di transizione in cui ci sarà lavoro per la Corte Costituzionale riguardo alla corretta definizione dei vari procedimenti legislativi (il famigerato articolo 70).
Con la riforma, se bene applicata, il Governo potrebbe utilizzare pochi Decreti legge, perché il tempo di conversione diverrebbe simile a quello di approvazione di leggi “con corsia preferenziale”, che sarebbero quindi preferiti (sempre in modo non invasivo per il Parlamento, se questo riuscirà ad approfittare dello snellimento procedurale per fare leggi più rapidamente).
Infine, i cinque senatori di nomina presidenziale potrebbero portare il loro patrimonio di competenze ed eccellenze, stando attenti a non alterare le maggioranze espresse dai senatori eletti.

Nel confronto tra questi due modelli, preferisco la Costituzione vigente: a fronte di un limitato guadagno di velocità legislativa, la Costituzione riformata propone una diminuzione di una buona classe dirigente. Certo questo giudizio è legato all'ipotesi che la classe dirigente sia davvero buona...

Caso peggiore a Costituzione vigente

lunedì 21 novembre 2016

Ragionamenti sul referendum (1)

Il referendum si avvicina e sto cercando di formarmi un'opinione.
La scelta è resa molto difficile da alcuni fattori.
Anzitutto non c'è un criterio di scelta univoco.
Come comportarsi con gli elementi che non sono presenti sulla scheda, ma che possono avere qualche influenza? Ad esempio: come considerare il modo in cui si è giunti alla riforma (con delega al governo, le fiducie, la maggioranza variabile)? Deve essere elemento di valutazione o no?
Considerare o no il "combinato disposto" con la legge elettorale? Da una parte la legge elettorale non è oggetto di voto. D'altra parte una valutazione è possibile solo a legislazione vigente, cioè con l'Italicum.
Considerare o no gli effetti politici del voto? Questi (pro Renzi o contro Renzi, in breve) ci saranno anche se io preferirei concentrarmi sul merito. E' quindi giusto trascurarli?

Visto che sono già abbastanza incerto (e incasinato) di mio, preferisco non considerare tutti questi aspetti accessori e limitarmi al merito del quesito e della riforma.

Anche così facendo, però, la questione non è comunque semplice, poiché si tratta di confrontare una situazione reale (la Costituzione vigente) con una situazione potenziale. Il confronto può essere quindi asimmetrico: conosciamo pregi e vizi dell'attuale sistema, mentre come funzionerà il sistema riformato può essere solo ipotizzato, e le ipotesi dipendono molto dal livello di fiducia che riponiamo nella riforma e in chi la andrà ad attuare, cioè la nostra classe politica.
Come dice mia moglie, dipende tutto dalle teste delle persone, è quelle che dovremmo riformare. Però non votiamo sulle teste delle persone.

Visto che però dovrò decidere in qualche modo, ho deciso di procedere cercando di confrontare il più possibile ad armi pari le due situazioni: supponendo di avere dei politici lungimiranti e intelligenti, quale dei due assetti costituzionali funziona meglio? E invece quale dà più garanzie supponendo un utilizzo pessimo delle regole e degli strumenti messi a disposizione dall'ordinamento?
In questo modo, considerando sia il best case che il worst case, dovrei riuscire a limitare gli elementi di incertezza.
Certo, questo comporta che il sistema attuale non venga giudicato per quello che è effettivamente, ma solo in potenza. Però mi pare l'unico modo per fare un confronto paritario con un altro sistema altrettanto potenziale. (A titolo di annotazione, la mia opinione riguardo all'effettivo funzionamento del sistema attuale è che abbia molte storture, ma che in effetti non abbiamo visto il peggio possibile.)

Nei prossimi giorni cercherò di scrivere qualcosa su questi ragionamenti.

(continua qui)