mercoledì 28 novembre 2018

L'emergenza culturale

Discorso del professor Giorgio Parisi, presidente dell'Accademia dei Lincei.
Lo riporto anche sotto, perché non si perda nell'invecchiare del link.

venerdì 23 novembre 2018

Immigrati a pacchi

Sabato scorso Nello Scavo è intervenuto al nuovo corso della SFISP.
Tra le altre affermazioni, ha detto che il numero totale di rifugiati arrivati dalla crisi del 2015 in poi in Europa è pari allo 0,5-0,6% della popolazione europea. Non ricordo esattamente il dato (si riferiva alla popolazione del continente europeo o alla popolazione dell'Unione Europea?) ma il concetto è chiaro: non c'è alcuna invasione, il flusso è (sarebbe) perfettamente gestibile.
Mi pare che a questo tipo di prospettiva - sicuramente corretta nei dati - manchino almeno due osservazioni.

venerdì 16 novembre 2018

Sul referendum provinciale sull'acqua

Sono stato chiamato a fare il presidente di seggio per il referendum provinciale sull'acqua.
Sto ragionando sul come votare. Come già successe sette anni fa, quando scrivevo così, ho pensieri contrastanti.
Intanto mi ha stupito che siamo di nuovo a fare un referendum sull'acqua pubblica dopo sette anni. Di nuovo, mi dico? Siamo ancora sullo stesso tema? Com'è possibile? Vuol dire che si è disattesa la volontà popolare?
Ovviamente la provincia non ha fatto nulla di illegale. Prima del referendum la normativa aveva proibito l'affidamento diretto ai soggetti ubblici (per semplificare), obbligando a mettere a bando il servizio. Il referendum aveva abolito questo obbligo, quindi restavano aperte tutte le strade: 100% privato, 100% pubblico, misto pubblico-privato, gara o affidamneto in-house. La Provincia ha scelto l'affidamento misto pubblico-privato, quindi scegliendo una delle opzioni possibili e legali.
Qui si possono avere due posizioni. Da una parte, è evidente che se non c'è stato il tradimento "tecnico" dell'esito referendario, c'è stato un tradimento "politico": il segnale politico della vittoria del sì nel 2011 era chiaro, e pendeva verso l'acqua pubblica.
D'altra parte è anche vero che quando si vota bisognerebbe sapere bene ed esattamente per cosa si vota: nel 2011 non abbiamo votato per "l'acuq pubblica", ma per un quesito specifico. Io diffido sempre dall'"interpretazione politica" dei referendum, in cui ciascuno la legge come vuole, e privilegio quella legale, più oggettiva.
Nel merito, valgono le riflessioni dell'altra volta. A me sta abbastanza bene il coinvolgimento dei privati, non mi pare una tragedia, qui da noi. A maggior ragione a Brescia: mi fido che le cose possano funzionare bene con qualsiasi soluzione si scelga. Tenderei quindi a fidarmi dell'operato delgli amministratori.
C'è però sempre quel tarlo della volontà popolare ignorata... sono cose che non favoriscono la fiducia nelle istituzioni.
D'altra parte anche il referendum cede alla sua parte di populismo: il quesito recita "Volete voi che il gestore unico del Servizio Idrico Integrato per il territorio provinciale di Brescia rimanga integralmente in mano pubblica, senza mai concedere la possibilità di partecipazione da parte di soggetti privati?". C'è quel "mai" che sa di apocalittico e vincolante in saecula saeculorum.

martedì 13 novembre 2018

4 novembre e dintorni

Si è chetata l'eco delle celebrazioni per il centenario della fine della prima guerra mondiale.
Ho sentito e letto in giro lamentele per l'eccessiva retorica utilizzata in queste occasioni.
Al netto di una inevitabile quota di retorica, a me pare vero piuttosto il contrario. Non ho sentito nessuno parlare di "anniversario della Vittoria", come invece sarebbe anche corretto. Mi chiedo se in Francia o Inghilterra si facciano tutti questi problemi di "politicamente corretto". Invece ho letto e sentito un sacco di analisi sulle cause della guerra, sull'"inutile strage" e via discorrendo.
Secondo me farebbe bene un po' di retorica patriottica, in questi casi, in un Paese che ha così poco senso della nazione. Detto che l'inizio della guerra da parte italiana è stato alquanto disonorevole, è altrettanto vero che essa ha effettivamente e realmente avuto molti effetti patriottici: fu un'esperienza che unì gli italiani - tutti nella stessa barca e nelle stesse trincee - e che completò l'unità nazionale (Trento, Trieste, Gorizia, Zara, Pola, Fiume: le sei are sull'altare della Patria a Roma), condita da episodi di vero eroismo nella battaglia tra due eserciti ugualmente poveri e malmessi.
Uno dei motivi per cui si ha pudore, in Italia, a fare del patriottismo è che questo atteggiamento sembra appannaggio di una certa retorica fascisteggiante.
Trovo sbagliato anche questo. Bisognerebbe ricordare che la vittoria del 4 novembre fu poi tradita, sprecata, sperperata dai fascisti.
L'Italia fu l'unica nazione tra i vincitori a conoscere la dittatura. Spagna, Germania, Russia - a loro modo - erano tutte uscite sconfitte dalla guerra. Francia, Gran Bretagna e USA proseguirono sulla strada della democrazia. Sarà un caso che poi vinsero anche la seconda guerra mondiale? L'unico vincitore della Grande Guerra a ritrovarsi sconfitto (se non per l'onore della lotta partigiana) fu quello che si trovò il fascismo, sbugiardando così la retorica di regime dell'italiano nuovo, del "popolo di soldati, esercito di cittadini".
Questa dittatura portò poi alla perdita dell'unità nazionale, alla rinuncia all'Istria. La dittatura tradì le popolazioni dell'Alto Adige e dell'Istria stessa, forzate all'italianizzazione con un metodo che "infiniti lutti addusse" alla fine della seconda guerra mondiale.
Dunque bisognerebbe esaltare la vittoria, e deprecare al contempo il fascismo che la tradì.

mercoledì 7 novembre 2018

Piccoli passi perduti

In questo periodo mi ritrovo un po' spaesato rispetto alle scelte della nostra diocesi, del nostro vescovo.
Spaesato dal turbine di cambiamenti che stanno avvenendo, con un vorticoso giro di parroci. Al riguardo ho una ipotesi: il vescovo ha voluto far capire subito chi comanda, dopo una amministrazione precedente considerata poco di polso.
Ma sono spaesato anche per altre scelte, in cui non vedo prospettiva. Ho l'impressione che la nostra Chiesa stia cercando a tentoni una direzione, ma senza sapere veramente dove andare.
Negli ultimi anni ho sentito parlare di varie "idee", "buone intenzioni", come le "piccole unità territoriali", poi le "unità pastorali". Tutte idee buttate lì, magari a livello centrale, che poi non vengono perseguite e non se ne sente più parlare, fino alla nuova "idea". Non so se sia un problema di ricezione tra i preti - che evidentemente praticano più la castità dell'obbedienza, perché se praticassero la prima come praticano la seconda non saremmo in crisi demografica - o di direzione centrale o di oggettiva impossibilità delle proposte, ma da pecorella del gregge sono piuttosto disorientato.

venerdì 2 novembre 2018

La triade municipale

In questo periodo sono così interessato alla vita amministrativa che mi sono accorto solo ieri che il Sindaco ha nominato una "commissione di tre saggi" per consigliarlo.
Non so cosa pensare al riguardo.
Da una parte, c'è già il Consiglio comunale, la giunta e magari anche il partito. Era così necessario chiamare persone in più, ancora diverse e - come fa giustamente notare Antonini nel notiziario comunale (letto a scrocco dai miei perché qui come al solito non arriva) - non elette. Sarnico poteva tranquillamente continuare a consultarsi con le persone di cui si fida, senza dover inventare un organismo che non esiste, non è normato, non si sa in che rapporto si pone con gli altri.
D'altra parte, se Sarnico ritiene di aver bisogno di qualche tutor, forse è meglio che lo ufficializzi, e renda trasparente la cosa. Io non sono un fanatico dell'elezione diretta, per cui solo gli eletti valgono qualcosa. E' anche vero che allora poteva sceglierli come assessori esterni.
Ma anche dal punto di vista dei "consiglieri" mi pare strano, e anche un po' patetico, specialmente per persone di una certa età. Mi sembra un inutile "targhetta" davanti al proprio nome, uno sfoggio di "potere", di importanza di cui - se fosse toccato a me - avrei fatto volentieri a meno.