giovedì 31 marzo 2022

Spese militari

In questi giorni c'è una certa discussione sull'eventuale aumento delle spese militari in Italia. Draghi ha più volte ribadito di voler portare la spesa italiana al parametro NATO del 2% del PIL, con un consistente aumento.

Detto che se c'è un impegno internazionale bisogna senz'altro tenerne conto, proviamo a ragionare prescindendo da quell'impegno. Con che criterio la nostra spesa è alta/bassa/sufficiente?

Il 2% del PIL mi pare un numero buttato un po' a caso, come il famoso 3% dei parametri di Maastricht.

L'Italia ha, stando a Wikipedia, l'undicesimo budget assoluto per spese militari.

La lista di quei venti Pesi ordinata per percentuale del PIL è la seguente:
1 Arabia Saudita 8,4%, 2 Israele 5,6%, 3 Russia 4,3%, 4 USA 3,7%, 5 India 2,9%, 6 Corea del sud 2,8%, 7 UK 2,7%, 8 Iran 2,4%, 9 Polonia 2,2%, 10 Francia 2,1%, 11 Australia 2,1%, 12 Turchia 2%, 13 Cina 1,7%, 14 Italia 1,6%, 15 Germania 1,4%, 16 Brasile 1,4%, 17 Canada 1,3%, 18 Spagna 1,3%, 19 Olanda 1,3%, 20 Giappone 1%

Per PIL spende poco? Forse. Ma ha senso come unico parametro?
Se cala il PIL, allora per un esercito efficiente servono meno risorse? Non credo. Così come se il PIL aumenta non credo che significhi che servono più risorse per difendere lo stesso territorio e la stessa popolazione.

Proviamo a calcolare altri parametri.

La stessa lista ordinata per spesa pro capite:
1 USA 2361$, 2 Israele 2354$, 3 Arabia Saudita 1652$, 4 Australia 1070$, 5 Corea del sud 883$, 6 UK 881$, 7 Francia 782$, 8 Olanda 718$, 9 Germania 634$, 10 Canada 547$, 11 Italia 485$, 12 Russia 428$, 13 Giappone 390$, 14 Spagna 367$, 15 Polonia 343$, 16 Turchia 210$, 17 Iran 188$, 18 Cina 180$, 19 Brasile 93$, 20 India 53$

La stessa lista ordinata per superficie (migliaia di dollari al km quadrato):
1 Israele 983k$, 2 Corea del sud 456k$, 3 Olanda 303k$, 4 UK 244k$, 5 Germania 148k$, 6 Giappone 130k$, 7 Francia 97k$, 8 Italia 96k$, 9 USA 79k$, 10 Polonia 42k$, 11 Spagna 34k$, 12 Arabia Saudita 27k$, 13 Cina 26k$, 14 Turchia 23k$, 15 India 22k$, 16 Iran 10k$, 17 Russia 3,6k$, 18 Australia 3,6k$, 19 Canada 2,3k$, 20 Brasile 2,1k$.

In entrambe le classifiche l'Italia risale posizioni.
L'Italia spende pro capite più della Russia.
L'Italia spende addirittura più degli USA per kmq.

Prendiamo per esempio il caso olandese. L'Olanda spende meno dell'Italia, come percentuale del PIL, ma molto di più per superficie e popolazione. Spende quasi come la Francia per popolazione, ben più della Francia - che pure ha dipartimenti d'oltremare e basi all'estero - per superficie. E l'Olanda non ha certo le ambizioni di proiezione all'estero della Francia, che è una potenza nucleare. Ha senso che aumenti ancora la spesa per arrivare al 2%? O questo rapporto sotto il 2% è frutto del loro PIL molto alto più che della spesa bassa?

Altro esempio: l'Australia spende all'ingrosso come noi, ma ha un continente da difendere: deve spendere di più? In compenso, ha meno di metà della popolazione da difendere: deve spendere di meno?

E' chiaro che serve un'analisi più approfondita.

Abbiamo tante coste, serve più marina?
Siamo lontani dai nemici di terra, bastano meno alpini?
Facciamo qualcosa in comune con la Unione Europea per dividerci i compiti?
La difesa aerea la subappaltiamo alle basi USA o vogliamo farla noi?

Buttare lì un 2% un tanto al chilo mi pare insensato, senza un'analisi puntuale.
Considerato che non possiamo permetterci una difesa totalmente autosufficiente, va fatta un'analisi seria per decidere su cosa investire e cosa condividere con gli alleati, specialmente in ottica europea.

Al 99% servirà comunque spendere di più di quanto facciamo ora, soprattutto perché i numeri attuali sono gonfiati da pensioni, gruppi sportivi, carabinieri che fanno in realtà solo funzioni di polizia.

Ma per prima cosa bisogna spendere meglio. Non ha senso ordinare una portaerei nuova a Fincantieri sull'onda dell'entusiasmo, per poi scoprire che non abbiamo aerei adatti a starci sopra (esempio a caso).

lunedì 28 marzo 2022

Sport e sanzioni

Tra le sanzioni previste per la Russia di fronte a questa guerra ci sono anche i boicottaggi sportivi. Questi non sono stati decisi dagli stati, che avrebbero anche poca giurisdizione al riguardo, ma dagli organismi come il CIO e le federazioni internazionali.

Lo sport è spesso strumentalizzato nelle questioni politiche. Ne è un esempio il post della biatleta Darya Domracheva, che è stato letto in maniera opposta sui due fronti.

Non credo che le sanzioni sportive possano avere qualche genere di efficacia: coinvolgono plasticamente gente che non c'entra nulla con la questione, sia russa che non (come gli atleti stranieri delle squadre russe*), e rischiano di stimolare un senso di ingiustizia nella popolazione russa: escludere la nazionale di calcio russa dal Mondiale, seppure inevitabile, va a toccare la "pancia" della gente in un modo che rischia di generare una reazione nazionalista.

D'altra parte è innegabile che lo sport va spesso a solleticare già di per sé il sentimento di orgoglio nazionale, ed è per questo facilmente strumentalizzabile dai governi, specialmente se autoritari. Si vedano due articoli (qui, qui) sull'Atlante Treccani al riguardo.

Io tendenzialmente preferirei evitare i boicottaggi degli atleti. Giusto non andare a correre con la Formula UNo in Russia, per esempio, ma possiamo lasciar gareggiare gli atleti russi senza bandiera, come fatto finora.
Almeno finché non si sbilanciano personalmente con manifestazioni politiche, come quel ginnasta che ha gareggiato con la "Z" sul costume: queste però sono manifestazioni già vietate dai principi CIO, quindi a quel punto si potrebbe procedere a una squalifica personale.

* Si veda l'esempio di Alessandro Fedeli, ciclista di una squadra russa, la Gazprom-Rusvelo, a sponsor e affiliazione chiaramente russi ma con base in Italia e 12 corridori su 20 non russi

venerdì 25 marzo 2022

E due

Impressioni più o meno a freddo (più o meno).

Questa eliminazione getta una luce diversa su quella sciagurata di Ventura. Quella fu peggiore nei modi, non si ebbe mai la sensazione di potercela fare con la Spagna e si percepiva il panico con la Svezia. Stavolta si è usciti per un accidente, per un singolo errore, il rigore sbagliato da Jorginho.
Ma stavolta si era teste di serie, e si è usciti con due squadre peggiori di Spagna e Svezia.

La vittoria all'Europeo aveva fatto credere che la squadra fosse molto migliore di quella del 2018, ma venuti meno i punti fermi (Chiellini, Bonucci) e le aggiunte di qualità (Chiesa, Spinazzola, Barella in difficoltà) la squadra ha sbattuto contro le solite sterilità.

All'Europeo si è chiaramente concatenato tutto per il meglio ma è anche vero che nessuno, per quanto visto sul campo, meritava più di noi. Non eravamo la squadra più forte, ma una di quelle che potevano giocarsela; noi siamo arrivati al top, gli altri no.

Ma quello ha nascosto il ricambio drammaticamente mancante. Chiellini ne è l'esempio: nel 2006 era già convocabile (esordì fin dal 2004...) ma non fu convocato perché c'era di meglio. Oggi è l'ultimo giocatore di caratura mondiale che abbiamo, ed è l'ultimo della generazione del 2006, che nel 2006 non fu neppure convocato...

Anche solo la squadra di Prandelli, che alla fine ha più o meno gli stessi risultati di Mancini*, era più forte (BBC giovane, De Rossi e Pirlo, attacco con talento anche se senza testa).

Questo aumenta i meriti di Mancini, però è pur vero che ormai gli hanno preso le misure tutti, si è capito che a stare coperti l'Italia va in difficoltà. Temo che d'ora in poi non abbia la soluzione (né gli uomini) per svoltare questa china, però non so chi potrebbe fare meglio di lui.
Forse si potrebbe pensare di dare una svolta: al prossimo Europeo a 24 squadre dovremmo in ogni caso qualificarci comunque, perciò si potrebbe promuovere Nicolato e voltare pagina, come si fece con Vicini dopo il 1986. Non so se i giovani dell'Under 21 (Tonali, Frattesi, Scamacca, Lucca...) sono validi, ma sono gli unici su cui potremo contare. La generazione di Insigne, Immobile, Jorginho ha perso il suo ciclo mondiale (a questo proposito, fa impressione pensare che Bonucci, uno dei migliori centrali d'Europa degli ultimi 10 anni, ha all'attivo una sola presenza al Mondiale in carriera).

Mi pare che ci sia stato anche un problema di mentalità. Appena subito il gol, lo sconforto ha fatto sì che nessuno corresse a recuperare il pallone.
Ma la mentalità si crea anche giocando partite di alto livello. Troppi dei nostri giocatori non giocano la Champions League e non fanno il salto serio. Berardi, Belotti, Immobile, anche Insigne giocano ai margini del calcio che conta. La Serie A non è più un campionato competitivo, non si confrontano più con il top mondiale in campionato e anche a livello tecnico non giocano con i tecnici migliori, tutte cose che c'erano 15 o 20 anni fa. Il nostro campionato non è allenante a livello internazionale, non solo per le coppe ma anche per i giocatori della nazionale.
E troppo pochi giocano all'estero (a livello top solo Verratti e Jorginho, e solo il secondo in un campionato top), forse perché sono troppo scarsi e non li cercano, forse perché costano troppo, forse perché sono disabituati a considerare l'estero come opzione...

* Prandelli: secondo all'Europeo, terzo alla Confederations Cup, fuori ai gironi al mondiale
Mancini: primo all'Europeo, terzo in Nations League, fuori dal mondiale.

mercoledì 16 marzo 2022

Post depresso

La cosa che mi fa più rabbia è che alla fine si finirà con lo status quo precedente.
Tutti questi morti e queste devastazioni per niente.

La prospettiva migliore per Putin, ormai, è tenersi quel che già controllava, il Donbass e la Crimea. Magari se le vedrà pure riconosciute, almeno dall'Ucraina e almeno la Crimea.
La neutralità ucraina era già un dato di fatto, non era nella NATO e non poteva entrarvi, viste le dispute sul suo territorio.

Certo, in cambio Putin è diventato un paria, l'Ucraina si butterà mani e piedi nelle braccia dell'Occidente (bilaterali, UE, accordi di difesa, vedremo), e questo processo sarà accelerato rispetto a prima, l'esercito russo ha fatto una figuraccia internazionale, l'economia russa ha dimostrato di essere esposta a sanzioni dure e di non avere possibilità di risposta.
Quindi è uno status quo territoriale, che però è costosetto anche per la Russia.

Questo mi porta ad allargare il panorama.

Praticamente tutte le guerre boots on ground fatte dal Vietnam in poi da parte dell'Occidente sono fallite per via della guerriglia/resistenza/combattimenti non convenzionali.

La guerra non è più quella che è stata fino a cent'anni fa, tra eserciti, con poco coinvolgimento sistematico dei civili, con dichiarazioni di guerra, armistizi e rese di uno Stato quando l'esercito viene sconfitto.
Adesso non ci sono dichiarazioni, non ci sono battaglie campali, in compenso si combatte sempre casa per casa. In queste condizioni un'invasione ha le prospettive di un "ergastolo", una cosa con "data di scadenza: mai" finché non decidi di cedere. Puoi entrare in un territorio, ma non puoi controllarlo.

Magari questa cosa renderà le guerre impraticabili e mai convevienti, un giorno.
Un moto di speranza.

Oppure farà sì che le guerre si faranno sempre solo dall'aria, come la gerra alla Serbia, o con i droni.
E torno a deprimermi, ripensando all'inutilità.

giovedì 10 marzo 2022

I semi

In questa Quaresima la parrocchia sta percorrendo la parabola del seminatore. Il seme cade sulla strada, tra le rocce, tra i rovi,e poco sulla terra buona.
E, aggiungo io, anche il seme che cade sulla terra buona non è detto che dia frutto in breve tempo. Chi semina datteri non raccoglie datteri, si dice: i semi daranno frutti nella generazione successiva.

Ieri sera abbiamo deciso di mettere un punto all'esperienza della SFISP, di cui ho parlato alcune volte anche su questo blog.
C'è un po' di malinconia, ma c'è anche la consapevolezza che ogni cosa ha un inizio, un percorso e una fine. Sta a noi leggere i segni dei tempi e della Provvidenza per scegliere il momento giusto, e considerando tutto il momento è arrivato.

La scuola aveva già avuto un inizio negli anni '80 e '90, per poi interrompersi per più di dieci anni.
Nel 2008 l'intuizione di don Mario Benedini e dello staff organizzativo, con in testa il direttore Michele Busi, la fece rinascere.
Ho avuto la fortuna di vivere quest'esperienza prima da corsista, poi da tutor (così si dice), lungo tutta questa sua seconda vita. La scuola ha formulato varie proposte, trasformandosi negli anni nei formati e nelle persone. Con alcune costanti: la difficoltà a farsi conoscere, a trovare nuovi iscritti; ma contemporaneamente l'ampia soddisfazione di questi pochi (pochi? decine di giovani adulti, più di duecento in dodici anni) partecipanti, e con grandi attestati di stima e riconoscimento per la qualità della proposta. Il leitmotiv è sempre stato: sono in pochi a esserci, ma chi c'è è molto contento.

La speranza è di aver seminato datteri.

L'attenzione alla formazione sociale non verrà meno. Non da parte mia, ma neanche da parte della diocesi, perché pur negletta e poco considerata, una riflessione sociale e politica di ispirazione cristiana è sempre necessaria, anzi ancor di più in quanto negletta. Il cardinal Parolin ha rilasciato un'intervista al Corriere della Sera in cui osserva ciò che è evidente:

«È piuttosto evidente che negli ultimi vent’anni si è consumato un arretramento delle forze di ispirazione cristiana nella vita pubblica, a tutti i livelli» [...]
C’è un problema di irrilevanza dei cattolici in politica?
«Non penso solo alla rappresentanza politica. La rilevanza dei cattolici in politica interviene comunque in un momento secondario. Quello primario è la rilevanza nella società. È lì che i cattolici devono essere presenti, visibili, testimoni di una visione e di uno stile di vita ispirato al Vangelo. Questa rilevanza precede l’altra, che ne dovrebbe costituire la conseguenza naturale. Altrimenti è come voler costruire un edificio senza fondamenta. Non può reggere e sarebbe una fatica vana».

Personalmente mi ha fatto pensare il fatto che quando nei giorni scorsi il Parlamento ha votato per l'invio di armi in Ucraina le uniche voci dubbiose siano state quelle di Salvini e della sinistra (una interessante intervista di Bersani a Repubblica, per esempio).
Dai parlamentari cattolici non ho sentito riflessioni, problematizzazioni, valutazioni, pur nella necessità di votare il provvedimento.
Quanto ci sarebbe bisogno di non lasciar solo il Papa, che è invece così attento al piano sociale!

Certamente però questa attenzione va incarnata nelle forme appropriate per il tempo. Papa Francesco ha dedicato le uniche due encicliche del pontificato ai temi sociali, e sempre papa Francesco ha a suo modo rivoluzionato il modo di fare il Papa. Questi stimoli così esigenti devono essere raccolti in una modalità che sia adeguata a questi tempi e a questi attori, e forse la SFISP come l'abbiamo conosciuta e amata non è riuscita a stare al passo, anche pensando ai temi proposti da Francesco, come l'ecologia.

Mi auguro che forme nuove di espressione della Buona Notizia di sempre possano essere trovate, e non dubito che emergeranno quando sarà tempo, come già successo nel 2008.

Il mio personale ringraziamento va ai già citati Michele Busi e don Mario Benedini, al direttore Silvano Corli, a don Maurizio Rinaldi e a suor Italina Parente, oltre che a tutti coloro che hanno condiviso con me questi anni di tentativi e di semina, disordinata e per tanti versi finita su terreno arido, ma non per questo il seminatore rinuncia a seminare!