giovedì 25 febbraio 2021

L'animalismo è una cosa moderna

Oggi non parliamo di Vangelo, ma di Antico testamento.

Dalle letture di ieri (Giona 3,7-9):

Per ordine del re e dei suoi grandi fu poi proclamato a Nìnive questo decreto: «Uomini e animali, armenti e greggi non gustino nulla, non pascolino, non bevano acqua. Uomini e bestie si coprano di sacco e Dio sia invocato con tutte le forze; ognuno si converta dalla sua condotta malvagia e dalla violenza che è nelle sue mani. Chi sa che Dio non cambi, si ravveda, deponga il suo ardente sdegno e noi non abbiamo a perire!».

Che c'entrano i poveri animali? Che colpa ne hanno loro?

Probabilmente il senso è quello di "tutto il mondo" che si ferma, ma che crudeltà! Decisamente le Scritture hanno un taglio poco animalista: l'animale come strumento a disposizione completa delle necessità dell'uomo, che può disporne. L'avevamo già notato qui.

Si noti anche  la pessima abitudine di fare vestiti per gli animali. Dalla veste di sacco ai cappottini per cani...

martedì 23 febbraio 2021

Fratelli tutti (2)

Proseguo lo scorso post di appunti con una piccola chiosa finale dopo la lettura completa dell'enciclica.

Fratelli tutti mi lascia un'impressione generale su Bergoglio, che credo di avere già accennato in passato ma che mi è apparsa più chiara dopo la lettura.
Papa Francesco ha un approccio molto simile a Paolo VI, per certi versi. E' pronto a dialogare con tutti, ma lo è perché ha ben chiari i principi, la sua identità, da dove viene e quali sono le sue convinzioni.
E' un po', ironicamente, una versione ecclesiale del Nixon goes to China. Francesco può abbracciare l'imam del Cairo come Montini abbraccia Atenagora o san Francesco il sultano: nessuno dei tre rinuncia pre questo a un grammo del proprio essere cattolico.

Sono personaggi con una chiara visione della propria identità, e partendo da questa non hanno paura di incontrare chiunque. Di incontrare il mondo, possiamo dire: entrambi sentono l'urgenza di dialogare col mondo. Paolo VI ci ha fatto un intero Concilio, con un senso di dialogo un po' suo, ne avevo parlato qui.

Per questo trovo che le accuse nei suoi (loro) confronti siano personalmente risibili.

Il problema è: la Chiesa, o chi li ascolta, ha la stessa autoconsapevolezza? La stessa capacità di rimanere saldo nella propria fede?

Paolo VI si scontrò con questo problema negli anni della ricezione del Concilio, delle fughe in avanti. Del fumo di Satana. Francesco non pare (ancora) avere ripensamenti al riguardo. Forse su questo punto di vista dovrebbe prestare più attenzione: non è detto che chi risulta disorientato sia solo un retrogrado contestatore baciapile bigotto tradizionalista, possono esserci anche dei fedeli non ancora preparati a queste aperture.

giovedì 18 febbraio 2021

Cos'era il MoVimento

Ieri sera ho seguito il dibattito sulla fiducia al governo Draghi al Senato. Ho sentito le dichiarazioni di voto in dissenso dal proprio gruppo di alcuni grillini ed ex grillini. Mi sono ricordato di cos'era il MoVimento 5 stelle.

C'era di tutto. Il signoraggio. La xylella. Le privatizzazioni del Britannia. Goldman Sachs.

Anche tra gli altri gruppi ci sono esponenti pittoreschi, ma mi pare non a questo punto. Un conto è parlare dei professori precari che c'entrano come i cavoli a merenda, o degli agricoltori padani da proteggere dalle multinazionali.
Un conto è crogiolarsi in temi strambi come le verità alternative sulla finanza.

Dopo mesi di M5S governista avevo rimosso quanta, diciamo, stramberia ci fosse in quelle liste, che gente abbiamo portato in Parlamento.

Di Maio e il PD hanno fatto veramente un lavorone nel silenziare queste voci, nel normalizzare il MoVimento.
Mi chiedo poi se sia vera normalizzazione, o se tra i tanti peones zitti che non sentiamo ci siano comunque molti strambi che comunque se ne stanno buoni per disciplina e per continuare la legislatura.
Vedremo quando finirà la legislatura, se salteranno fuori nuove stramberie o se il MoVimento si è veramente normalizzato (perdendo secondo me l'anima, ora mi pare che siano diventati un partito "verde" come gli altri verdi, non vedo altri elementi distintivi, ma così torneranno alle percentuali classiche dei verdi).

Leggo che il processo di normalizzazione non è indolore, che ci saranno espulsioni. Mi pare un errore, tenere il piede in due staffe potrebbe pure aiutare il MoVimento, ma osservo che mentre una volta si espellevano quelli normali, come Pizzarotti, oggi si espellono quelli strambi (generalizzando: non mi pare che Barbara Lezzi sia così stramba).

mercoledì 17 febbraio 2021

Fratelli tutti

Come detto, ho letto l'enciclica Fratelli tutti.

Mi sono fatto una serie di appunti, per lo più slegati tra di loro.

C'è stata qualche polemica, all'uscita dell'enciclica, da parte dei soliti ambienti conservatori perché papa Francesco avrebbe parlato poco di Dio, di Gesù, di religione.
Non si può dire che non sia vero, ma intanto non sono per nulla assenti, e poi bisogna sempre tenere presente che papa Francesco usa le encicliche per parlare a tutti. Non per nulla ha scritto solo encicliche sociali. Se vuole parlare ai cristiani scrive altri tipi di documenti.

Ma non bisogna trascurare che un intero capitolo è dedicato alla parabola del Samaritano, e che gran parte della trattazione ruota intorno a questo. Dire che manca Dio mi sembra ingeneroso.
Tra l'altro la memoria mi riporta a Luciano Monari, che in una bella catechesi sulla politica aveva scelto di partire proprio dalla parabola del Samaritano.

L'enciclica, specialmente nella prima metà, è un sunto di posizioni già espresse dal Papa in varie circostanze. Infatti si cita tantissimo, è un po' un collage.
Comunque, di seguito i miei appunti.

  • Nel primo capitolo si sottolinea l'importanza di mantenere le radici, la tradizione, e di rifuggire dall'imitazione culturale che diventa colonizzazione. Detta così la cosa sembrerebbe fare a pugni col rifiuto del relativismo (che è trattato più avanti, per esempio al punto 206). Ma nella testa di Francsco il discorso è chiaro: è quello del "poliedro", un unione di elementi che mantengono la loro specificità senza omogeneizzarsi ma non per questo non stanno insieme.
  • Interessante, ai punti 44 e seguenti, l'osservazione che i social e il processo di disintermediazione digitale ha finito per sdoganare cose prima indicibili: "Quello che fino a pochi anni fa non si poteva dire di nessuno senza il rischio di perdere il rispetto del mondo intero, oggi si può esprimere nella maniera più cruda anche per alcune autorità politiche e rimanere impuniti." (Sorvoliamo sull'italiano zoppicante di quel "per" al posto di "da parte di").
  • L'esegesi sulla parabola (capitolo secondo) è molto interessante. Mi è piaciuto il passaggio (69) in cui il Papa dice che man mano ci immedesimiamo con tutti i personaggi della parabola: il ferito, il samaritano, gli indifferenti, e anche i briganti.
  • Il terzo capitolo, che parte da un amore "personale" per allargarsi a un amore "universale", mi è piaciuto molto. Interessante la parte sul "mondo di soci" (101-102), indovinata la declinazione della triade liberté-egalité-fraternité che avevo già letto in Sturzo, in cui Francesco recupera l'importanza dell'aspetto morale, in consonanza con Benedetto.
  • Al punto 117 c'è il legame più esplicito con Laudato sì: la cura ecologica è intrinsecamente attenzione ai lontani. E' così ovvio da diventare una cosa a cui non si pensa.
  • La quinta parte riguarda la politica. Si comincia con un parallelo tra populismo e liberalismo (155), che poi viene fortunatamente corretto in liberismo o neoliberismo. D'altra parte è lo stesso Papa che rifiuta l'assistenzialismo (i piani assistenziali devono essere a termine, 161, perché il superamento dell'inequità richiede lo sviluppo dell'economia).
  • Al punto 168 c'è un pungente accenno alla presunta "fine della storia" di Fukuyama.
  • Più in generale, Francesco sottolinea la naturale tendenza dell'uomo all'egoismo (166). E' vero che questo si inserisce pienamente nella tradizione cristiana sul peccato e - come scrive il Papa - la "concupiscenza", ma fa un certo effetto vederselo squadernato davanti. E' pure un po' controcorrente.
    Politicamente, non ho mai capito se considerare l'uomo intrinsecamente buono è di sinistra ("buon selvaggio", il fatto di fidarsi che nessuno si approfitti della disponibilità eguale comunista) o di destra (basta lacci e lacciuoli, fidiamoci del mercato e della beneficenza).
    All'atto pratico però entrambe le parti finiscono in un sistema di controllo e "legge e ordine", quindi poco cale.
  • La parte sulla governance internazionale è nel solco della storia della dottrina sociale della Chiesa, da Giovanni XXIII in poi (ma anche prima, in alcuni auspici di Pio XII dopo la guerra).
  • Più originale è invece l'accostamento del popolo al concetto di "mito", che ricorre in tutto il capitolo (e che non credo di aver capito bene, se non nel senso di "mito fondativo", di "cultura popolare locale" che dice un'identità, ma chissà se è giusto).
  • Francesco scrive che la carità deve essere incardinata nella verità (184), e che la verità è garanzia di universalità dei diritti. Come sosteneva Benedetto, che richiama spesso.
  • Mi è piaciuto molto il punto 197, a chiusura del capitolo sulla politica, con le domande che un politico si porrà in una prospettiva di valutazione della vita. Queste sono da tenere a mente.
  • Il discorso sulla verità prosegue poi in un certo senso nel quinto capitolo, in cui dice che la verità va ricercata nel dialogo: escludiamo tutto ciò su cui non siamo d'accordo, ciò che resta deve essere vero (almeno io leggo questo nei punti 211 e seguenti). Ma così non diventa una verità per sottrazione?
  • Interessante il passaggio (209) in cui il relativismo è inteso come possibile elemento di sopraffazione da parte delle élites.
  • Il settimo capitolo è molto interessante per inquadrare meglio Francesco, che non è così "buonista" come viene dipinto alcune volte (pensiamo a quelle parole sul "se insulti la mamma ti arriva un pugno"). Il papa non rifiuta il conflitto, anzi lo trova fecondo e alcune volte inevitabile per stare dalla parte della giustizia (come nella citazione di Centesimus Annus al numero 240).
  • Al punto 250 Francesco declina a modo suo l'espressione "perdono ma non dimentico", che di solito ha una connotazione negativa. Invece la memoria di quanto accaduto, purificata dal perdono, è condizione per un perdono sincero; così come è prerequisito per il perdono il fatto che l'oppressore smetta di opprimere l'oppresso (241).
  • Sulla parte riguardante pena di morte ed ergastolo ho già scritto.
  • L'ottavo capitolo, quello sulle religioni, è probabilmente quello che piace meno ai tradizionalisti. Da una parte Francesco ribadisce che non si tratta di nascondere le proprie convinzoni (282), e rivendica con una certa forza l'identità cristiana (277 segg.).
  • D'altra parte però evita di proporre questa identità come modello per tutti. Noi ci abbeveriamo al Vangelo, ma "altri bevono ad altre fonti" (277). Questa è probabilmente la frase "simbolo" delle contestazioni che vengono da parte tradizionalista: accostare il Vangelo ad "altre fonti", apparentemente senza una preferenza. L'interpretazione che Francesco dà del termine "cattolico" è "aperto alla comunione universale" (277-278).

Nota di colore: nella prima parte ho notato un uso curioso delle avversative e dei "ma". A volte il testo è scritto in modo che si afferma una cosa, poi ci si aspetta una riflessione di segno diverso, e invece si conferma.
Si veda ad esempio il punto 42, che parla dei difetti della comunicazione digitale. Il numero 43 inizia con "D'altra parte", e prosegue... parlando ancora dei difetti dei media digitali. Lo stesso effetto si ha in altri punti, che purtroppo non riesco ora a ritrovare.

venerdì 12 febbraio 2021

Rappresentare le minoranze, rappresentare la maggioranza

Qualche giorno fa mi sono casualmente imbattuto in questo scritto di Giorgio Gori, sindaco di Bergamo.

Il pezzo è lungo e articolato, ma una cosa mi ha colpito: l'osservazione sul fatto che la sinistra (Gori pensa ovviamente al PD) è passata dall'essere  il partito di massa, il partito della classe operaia, il partito della maggioranza (almeno in teoria: il partito del "popolo") ad essere il partito che porta avanti le istanze delle minoranze.

Si può osservare che, in Italia, la sinistra non è mai stata maggioranza nelle urne. E' vero, ma avrebbe potuto teoricamente esserlo: la sua prospettiva era una proposta che poteva interessare a tutte le classi medio-basse. Che poi una parte di queste votasse comunque DC, per mille motivi, è un altro discorso: le istanze del PCI andavano a vantaggio di tutti.

Oggi le istanze della sinistra, quelle per le quali è identificata, vanno a vantaggio di minoranze (LGBT, immigrati) o a svantaggio delle maggioranze (qui penso alla sinistra oltre il PD e alla sua proposta di patrimoniale).

Ci possono essere mille motivi.

Un po' stiamo tutti meglio rispetto agli anni '70, e siamo passati dalla parte delle potenziali "vittime" di politiche perequative come la patrimoniale o l'ICI/IMU, ma allora ci sarebbe da chiedersi come è possibile che per fare redistribuzione la maggior parte della popolazione debba perderci, è una redistribuzione piuttosto curiosa (soluzione: abbiamo così tanto debito che quei soldi finirebbero per non essere redistribuiti, ma incamerati, come ai tempi di Monti).

Un po' la prospettiva proposta una volta alla maggioranza, il "cambio di sistema", il "sol dell'avvenire", non interessa più a nessuno, e non è stata rimpiazzata con nulla di altrettanto interessante (ci torno sotto); perciò sono rimaste solo le prospettive delle minoranze.

Ci sono anche altri interrogativi, posti da questa situazione. Il PD non asseconda i desideri della maggioranza perché ritiene che non siano validi, buoni? Troppo di "pancia"?
Questo apre il dilemma sul fatto se le forze politiche debbano rappresentare o orientare l'opinione pubblica. Un equilibrio va trovato.

Il PD ritiene che le istanze delle minoranze siano un arricchimento per tutti? Può essere vero, ma restano istanze parziali. Effettivamente faccio fatica a trovare un'istanza portata avanti dalla snistra e specificamente rivolta alla maggioranza.

Un po' mi ritrovo in un'analisi di Gianluca Briguglia che avevo letto in questi giorni di crisi politica, un'analisi che partiva dalla figura di Conte, un uomo per tutte le stagioni, che ha effettivamente compiuto una quantità di giravolte sorprendente e che nonostante ciò continuiamo a trovare adeguato.
Le stesse giravolte le hanno compiute il M5S, ma anche il PD. Scrive il buon Briguglia:

Del resto i partiti di sinistra sono semplici partiti del “buon governo”, cioè della tecnica amministrativa, almeno da 20 anni. E hanno demandato il livello ideale di trasformazione della società al tema dei “diritti” – peraltro, a pensarci bene, in potenziale accordo con visioni di tipo liberale -, perdendo anche solo la grammatica di un’impostazione sociale dei problemi.

Il PD governa da 10 anni, con una parentesi di un anno. Pare che la sua ragione sociale sia diventata governare. Lo vediamo anche in questi giorni. Con ottime intenzioni, per impedire il governo di qualcuno di peggio, ma non è una prospettiva ideale, una proposta, o addirittura non è neppure una prospettiva riformista: si tratta di non far crollare l'esistente, di evitare danni, ma questo è vagamente conservatore.

Se per quello che gli americani chiamano la big picture la prospettiva è solo il governare senza fare danni, di identitario, di visionario, restano solo le istanze particolari. Un po' poco per arginare le istanze maggioritarie ed egoistiche che crescono nei momenti di crisi.


mercoledì 10 febbraio 2021

Giorno del Ricordo 2021

Come ogni anno, è arrivato il Giorno del Ricordo.

Stavolta passa un po' in sordina - come d'altra parte è passato in sordina il ricordo dell'Olocausto, vista la situazione della pandemia e - in subordine - anche la situazione politica.

Mi piace segnalare questo pezzo. L'ho trovato Non inutilmente rivendicativo, onesto rispetto alla storia della Dalmazia e alla commistione delle genti di quei posti, né sminuente sulla stagione delle foibe e dell'esodo.

Non conoscevo la storia di Lussinpiccolo, sono posti che mi piacerebbe molto visitare, prima o poi.

Aggiornamento: aggiungo questo riassunto storico.

venerdì 5 febbraio 2021

La pandemia e le zone

Ho trovato questo pezzo sull'uso dei dati sul contagio per determinare le restrizioni a cui siamo sottoposti.

Anche io sono molto scettico sul fatto che l'algoritmo in uso (quello dei 26 parametri, tra cui l'Rt fa la parte del leone) sia il migliore. Per esempio questa settimana la Toscana rimane in zona gialla, nonostante secondo i calcoli dell'INFN, che di solito trovo molto affidabili, Rt sia sopra 1 da dieci giorni.

Immagino che sia dovuto al fatto che il CTS calcola il valore con i sintomatici, quindi bisogna aspettare i dati delle ASL e c'è sempre una settimana di ritardo, inoltre c'è il fatto che l'intervallo di confidenza deve essere tutto sopra soglia per far scattare le restrizioni.

Ma se altre stime, altri indicatori (dai casi alla loro variazione, come fa semplicemente il Robert Koch Institut tedesco) sembrano altrettanto affidabili e più rapidi, forse sarebbe il caso di inserire quelli nel modello. Vedi anche il pasticcio lombardo, quando un'osservazione da profano dei dati faceva capire subito che la zona rossa era un'esagerazione.

Io capisco che ci voglia un algoritmo "chiuso", "meccanico", per evitare polemiche politiche.
Sono due mesi però che mi pare che l'algoritmo sia migliorabile. Con la raccolta di sempre più esperienza, non riusciamo a uscire dal collo di bottiglia dei dati riferiti a 15 giorni prima, e magari anche della definizione regionale per le zone, come propone Paolo Spada?
Capisco che la sanità sia regionale, e quindi per esempio non abbiamo dati sulle occupazioni di posti ospedalieri a livello provinciale. Ma per i casi (e magari anche per i decessi) questi numeri ci sono.

mercoledì 3 febbraio 2021

Il programma di rinascita, o del pessimismo storico

E così siamo arrivati a Draghi.

Mossa che mi ha stupito, mi pare rischioso correre il rischio di bruciare così l'unica "riserva della Repubblica" di prestigio internazionale che abbiamo. La mia impressione è che Draghi avrà una fiducia all'insediamento molto ampia, al più con qualche pantomima tipo qualche astensione.
Poi sui provvedimenti ci saranno maggioranze variegate, ma metterà la fiducia molto spesso e man mano si coagulerà una maggioranza più stabile da FI a mezzo M5S.
In seguito, con l'arrivo del semestre bianco, si rischiano fibrillazioni più forti, perché non ci sarà più lo spauracchio delle elezioni, ma almeno, una volta arrivati a quel punto, la stesura del Recovery Plan per l'Europa dovrebbe essere finita.

Il comportamento di Mattarella mi pare piuttosto interventista. Avrebbe potuto lasciare i partiti a sbrigare la patata bollente, oppure chiamare nuove elezioni, invece prima avrebbe (secondo i retroscena) imposto una certa continuità nell'eventuale Conte ter (pare che abbia imposto la continuità almeno di Gualtieri), poi questa chiamata di Draghi. Se ci mettiamo anche quanto successo con Savona nel 2018, pare un Presidente che - sempre all'interno delle sue prerogative - decide qual è la soluzione preferita e da quella non deroga.
Al di là che nel merito le posizioni fossero tutte e tre giuste (meglio non avere Savona all'economia, meglio non cambiare Gualtieri per giochi di palazzo, meglio avere un governo pienamente legittimato che andare a votare) e da me condivise, mi pare un'interpretazione piuttosto larga del suo essere garante.
Visto che lo stesso "largheggiare" era caratteristica di Napolitano, anche se in modo diverso, pare che sia proprio il ruolo di Presidente ad essere cambiato, a richiedere un'attività più diretta per supplire alle mancanze della politica.

Per il resto, Draghi ha detto, tra le altre parole di circostanza, che vuole "dare risposte agli italiani". A questo proposito, ho letto qualche giorno fa questo post schematico su quel che servirebbe da fare. Avevo già pensato di scrivere due righe al riguardo, ma in quel caso avrei avuto il pudore di non usare l'etichetta "attualità", visto che queste cose sono attuali da 30 anni...