lunedì 31 marzo 2014

L'accusato è sempre lui

Ieri la liturgia prevedeva la lettura del Vangelo del cieco nato.

Nell'omelia, Don Mauro ha esordito dicendo che in quella specie di processo descritto nel passo della Scrittura "l'accusato è sempre lui: nostro Signore".

Ecco, da lì ho smesso di ascoltare la predica :-) e la mia mente ha preso a vagare. Quante volte è accaduto così nella storia! I martiri, la lotta per le investiture, i colonialisti contro Las Casas, la Dea Ragione dell'Illuminismo, l'ateismo marxista e liberale.
E come continua ancora oggi questa cosa! Ogni posizione assunta dalla Chiesa trova ambienti che la contestano in quanto tale. Papa Benedetto XVI non può aprire bocca sul relativismo, e subito è integralista. Papa Francesco non può aprire bocca sulla misericordia, e trova i lefebvriani di turno a dargli dell'eretico. In ogni tempo il messaggio di Gesù è scomodo.

Ma già nel Vangelo c'è scritto tutto*: Gesù è la pietra d'inciampo, chi lo segue sarà perseguitato per causa della giustizia. Gesù ad ogni passo è contestato, messo in dubbio, avversato con tranelli, sofismi, discussioni.
Messo in discussione anche dai suoi discepoli: cosa che succede anche oggi, a noi cristiani imperfetti e peccatori. Che abbiamo sempre qualcosa da dire, da ridire, da aggiungere per giustificarci. Il Vangelo è esigente, scomodo, rivoluzionario anche per noi. Che finiamo per dubitare, come Pietro e gli apostoli. Quante volte anche la Chiesa, nei secoli, è parsa rassomigliare più al Grande Inquisitore di Dostoevskij che al Cristo con cui questi parla.

Quando poi mi sono ripreso dai miei voli pindarici, Don Mauro ha concluso facendo notare che i farisei non sono in grado di vedere un gesto d'amore perché accecati dai sofismi dialettici in cui sono immersi. Mi chiedo se a volte anche noi cristiani non corriamo questo rischio: il voler salvare la teologia, la dottrina a scapito della vita.

* Tra l'altro mi rendo conto ora di quanto il Vangelo sia archetipico della vita cristiana. Questo mi dà da pensare sul fatto che forse è anche da ciò che si vede la natura ispirata di un testo sacro.

lunedì 24 marzo 2014

Ancora sulle aree verdi di Ospitaletto

Ho dato un’altra occhiata ai dati sul verde pubblico/urbano a Ospitaletto, cercando di capire qualcosa sulla disparità delle cifre che si leggono a seconda delle fonti.

Ricapitolando dello scorso post: qui (pagina 20) si cita una dotazione pro capite di verde urbano di 14mq/abitante. Qui invece si indicano le aree di verde pubblico per abitante in 6,77mq/abitante. Leggendo nelle spiegazioni si può avere un’idea del motivo della differenza: a pagina 13 del primo documento si legge che
la dotazione pro capite di verde urbano […] misura la disponibilità di spazi non urbanizzati (per esempio aree sportive e ricreative) all’interno del tessuto urbano

mentre leggendo qui i criteri di calcolo del secondo documento si vede che i 6,77mq/abitante non conteggiano le aree degli impianti sportivi. Questo significa che a Ospitaletto ci sarebbero circa 7mq/abitante di parchi e altrettanti di aree sportive: il dato mi pare verosimile e mi sembra spannometricamente coerente.

La cosa strana è che in fondo al DP_31, nel Piano delle Regole del PGT (pagina 55-56), si riportano dei dati completamente diversi: l’area a verde pubblico sarebbe pari a 35mq/abitante. Questo numero è lo stesso indicato a pagina 54 come standard.
Però per quel che so io lo standard urbanistico non comprende solo le aree a verde pubblico, ma anche quelle a servizi e parcheggi. Per esempio, nei 35mq/abitante sono compresi 9mq/abitante di parcheggi, perciò ne resterebbero al massimo 26 da adibire a parchi. Senza contare poi che in realtà gli standard vengono spesso monetizzati (cfr. sempre pagina 54), con un'effettiva trasformazione in verde pubblico tutta da verificare.

[Tra l’altro non mi sembra il massimo della chiarezza riportare le stesse tabelle di Franciacorta Sostenibile (cioè quelle con il dato di 6.77mq/abitante), con lo stesso font e impaginazione, indicando il sito Franciacortasostenibile.org come fonte dell'intero paragrafo, e poi cambiare alcuni dei dati dentro le tabelle, seppure inserendo la dicitura “fonte: Comune”]

mercoledì 19 marzo 2014

Sulle quote rosa (2)

Riprendo il discorso dello scorso post sulle quote rosa, allargando lo spettro di riflessione.

Qual è la motivazione che spinge a sostenere le quote rosa? Mi pare che sia l'auspicio di dare rappresentanza a un "tocco femminile" che gli uomini non possono garantire. Se non fosse così dovrei pensare che si tratta solo di una spartizione di potere, scevra da ogni valutazione di merito: non credo che sia il caso.
In effetti è proprio la giustizia italiana a suggerire un'interpretazione del genere. La sentenza del TAR del Lazio che annullò la giunta Alemanno proprio per una questione di genere recita infatti così:
Soltanto l'equilibrata rappresentanza di entrambi i sessi in seno agli organi amministrativi, specie se di vertice e di spiccata caratterizzazione politica, garantisce l'acquisizione alla concreta azione amministrativa dell'ente di tutto quel patrimonio, umano, culturale, sociale, di sensibilità e di professionalità, che assume un'articolata e diversificata dimensione in ragione proprio della diversità del genere

C'è quindi un "patrimonio umano" che assume una dimensione diversificata in ragione della diversità di genere.

A me questa cosa può anche stare bene. Però mi fa un po' specie che per qualcuno la specificità di genere valga quando parliamo di spartire le poltrone, ma non quando parliamo di matrimonio.
Tra i maggiori sostenitori delle "quote rosa", infatti, troviamo vari esponenti e formazioni di sinistra, che sono anche tra i fautori dei "matrimoni egualitari", anche tra persone dello stesso sesso. Magari qualcuno di questi esponenti che sostiene la specificità e la complementarietà di genere in Parlamento (e non solo) se ne dimentica quando si tratta di garantire la specificità e la complementarietà di genere nel matrimonio o nelle adozioni. In questi casi il "patrimonio umano diversificato" non importa: niente quote rosa nella famiglia.

Avevo già notato questa incoerenza (almeno a mio parere) di una certa sinistra.
Questo mi fa riflettere sulla qualità di tante battaglie che vanno per la maggiore. Ho il sospetto che molti sostengano alcune delle battaglie che periodicamente si affacciano alla pubblica opinione perché vanno "di moda", perché sono trendy, piuttosto che per motivazioni basate sui principi. Mi sembra che manchi una base ragionata su cui orientare la propria opinione rispetto a temi controversi, e quindi si va un po' al traino del vento che tira.
Se ci si sforzasse di crearsi un'opinione su cosa è vero o falso, giusto o sbagliato in termini generali  (in questo caso: è vero che la complementarietà di genere è un valore?), e non solo nel singolo caso particolare come se fosse un compartimento stagno (in questo caso: quote rosa sì o no? Oppure: adozioni gay sì o no?), probabilmente si riuscirebbe ad essere più coerenti e conseguenti.

P.S. Non c'entra direttamente, ma secondo me un'eco delle considerazioni sulla complementarietà di genere può essere rintracciata nella legge del 2006 sull'affidamento condiviso, che stabilisce che
Anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.

E' vero che non ci si focalizza sul genere, ma visto che in Italia il matrimonio è solo eterosessuale e si parla del diritto del minore ad avere una mamma e un papà anche dopo la separazione, evidentemente considerando importante l'apporto di entrambi i genitori.
E' un peccato che il legislatore non abbia esplicitato le ragioni di questo diritto alla bigenitorialità, ovvero se sia importante la presenza del "tocco maschile" e del "tocco femminile". Sarà una questione dirimente al momento di discutere di adozioni gay.

giovedì 13 marzo 2014

Sulle quote rosa (1)

Alcuni dati sulla presenza femminile nelle istituzioni, a margine del dibattito sulle “quote rosa”.

In questo studio (pagg. 14-15) si ha il trend della presenza femminile in Parlamento. Ai dati, che si fermano al 2008, vanno aggiunti i dati 2013, che parlano di una percentuale di donne record. Si vede che l’andamento storico è crescente, fino ad arrivare al record del 30% di questa legislatura.

Si direbbe quindi che il bisogno di quote rosa è relativo: il 30% può essere visto come poco in assoluto, ma è un dato che è triplicato nel giro di 10 anni. Quindi forse il meccanismo di tutela diventa sempre meno necessario col passare del tempo.
Tanto più che non si tratta di sanare una discriminazione: si parla di discriminazione quando l’accesso a una categoria è proibito per legge. In Italia il diritto all’elettorato passivo è già costituzionalmente garantito.

Si osserva: il problema è che con le liste bloccate si può fare in modo che di fatto entrino in Parlamento solo gli uomini.
Mi pare che i dati dicano il contrario: la rappresentanza femminile ha stabilito un record dietro l’altro a partire dal 2006, nelle tre elezioni svolte col Porcellum. Le liste bloccate decise dai partiti, quindi, hanno aiutato le donne a entrare in Parlamento*.

Questo dato diventa ancor più evidente confrontando i dati del Parlamento con quelle elezioni in cui si può esprimere una preferenza, come le Europee e le Regionali. Nella ricerca succitata a pagina 27 si vede che le parlamentari italiane a Strasburgo sono il 22%, ben meno del 31% raggiunto in patria. Va peggio in regione Lombardia, dove le donne sono 15 su 80, il 18%, dato ancora alto rispetto al totale italiano di tutti i consigli regionali: l’11%. Alle elezioni più recenti, quelle sarde, sono state elette solo 4 donne su 60. In altre parole: le donne non votano le donne.

Più in generale, sappiamo che nel dato storico l’astensione femminile è sempre stata superiore a quella maschile (cfr. qui, pagina 38, per i dati fino al 2001, a cui aggiungere quelli a pagina 24 dello studio già citato: per il 2006 l’astensione maschile è al 14.3%, quella femminile al 18.3%; per il 2008 il dato maschile è al 17.7%, quello femminile al 21.2%, curiosamente non ho trovato il dato del 2013). Non solo le donne non votano le donne: addirittura le donne votano meno e basta.

Alla luce di tutto ciò, è giusto assicurare alle donne dei posti nelle istituzioni?
Non credo ci sia una risposta comunque valida: possiamo dirci che il popolo è sovrano, e quindi accettare i risultati delle elezioni così come vengono, anche quando ci sono le preferenze e queste non premiano l’altra metà del cielo; oppure possiamo pensare che la legge deve avere un intento “pedagogico” e favorire il cambiamento dall’alto.
Possiamo pensare che sia un valore avere una rappresentanza diversificata nelle assemblee, oppure possiamo pensare che gli eletti dovrebbero pensare al bene comune, e non dovrebbe avere nessuna importanza il loro sesso.
Possiamo ritenere che uomini e donne abbiamo approcci diversi ai problemi, e che quindi sia importante garantire tutti gli approcci con delle quote, oppure possiamo pensare che sostenere una tale posizione sia di per sé discriminatorio perché nega l’uguaglianza tra i sessi (si fa presto a passare da “approccio diverso” a “le donne sono più o meno adatte a fare questo o quell’altro”).
Possiamo pensare che sia normale avere meno donne elette quando statisticamente sono in minoranza anche tra gli iscritti ai partiti e tra gli interessati alla politica (basta guardare la platea di chi segue i Consigli Comunali, oppure il dato di astensionismo citato sopra), oppure possiamo pensare che questo sia un motivo per fornire degli “esempi”.

Comunque il ragionamento ora si sposta sui massimi sistemi, mi riservo di riprenderlo perché si è fatto tardi...

* Semmai le liste bloccate interpellano la qualità delle scelte: si dice sempre che le liste sono compilate con criteri di fedeltà al partito più che di merito. Però se riteniamo che la presenza femminile sia di per sé un valore, dobbiamo dire che il Porcellum ha funzionato bene.

sabato 8 marzo 2014

PGT, verde pubblico, deroghe

Altre due osservazioni su due questioni che ho notato nel PGT, e che secondo me sono due punti di debolezza del Piano stesso.

La prima è un po’ la continuazione del post precedente sullo stato del territorio. Una volta valutata l’occupazione del suolo nelle aree limitrofe al nostro Comune, mi sarebbe piaciuto fare un’altra verifica sulla densità di popolazione per area urbanizzata. Spesso ci diciamo che Ospitaletto ha una densità abnorme, la seconda della provincia. Come già spiegato nel precedente post, però, credo che questo sia collegato anche ai confini particolarmente ristretti del territorio comunale. Per valutare se effettivamente siamo un “alveare”, sarebbe interessante verificare il rapporto tra la popolazione e la superficie urbanizzata. In altri paesi infatti la densità cala anche perché nel calcolo entra la vasta superficie dei campi. Tanto più la densità su area urbanizzata è alta, tanto più un abitato è “ammassato”, fatto di condomini eccetera, ma non mi pare che sia il caso di Ospitaletto, in cui prevalgono le schiere di villette con giardino e parcheggi.

Il calcolo con le mappe che ho usato la volta scorsa si presenta in questo caso molto più complicato, per via dei confini frastagliati ed irregolari dei comuni. Per fortuna ho trovato questo studio che mi dà la risposta che cercavo (pagina 20) nella “dotazione pro capite urbanizzata”, ovvero il reciproco di quello che volevo calcolare io. Ospitaletto nel 2007 aveva 334mq/abitante, il che corrisponde a quasi 3000 abitanti per ogni kmq urbanizzato. Questo numero, seppure elevato, non è più così eccezionale come accade per la densità. Dati di “dotazione pro capite urbanizzata” tra i 300 e i 400mq/abitante sono abbastanza frequenti, quelli più simili al nostro sono Castrezzato, Coccaglio, Rudiano, Chiari, Gussago, Palazzolo, mentre Castelmella e Castelcovati stanno decisamente peggio.

Dalla stessa tabella si vede però che il dato grave a Ospitaletto non è tanto la densità, quanto la mancanza di spazi verdi: abbiamo un bassissimo ammontare di metri quadri di verde urbano per abitante (14mq/abitante).

mercoledì 5 marzo 2014

Porcellum di qua, Italicum di là

E così l’Italicum verrà approvato solo per la Camera. Berlusconi si lamenta e la minoranza PD invece è contenta: non riesco a capire perché.
Detto che è chiaro che si tratta di un sistema pensato per un monocameralismo, e che comunque non ha senso se non si abolisce il Senato, cosa sarebbe successo con la legge in vigore per entrambe le Camere?

Mi pare di poter dire che in un’ipotetica elezione l’Italicum al Senato avrebbe assegnato premi di maggioranza regionali con ballottaggi regionali: con il Porcellum funzionava così. Ora, considerando le croniche difficoltà ai ballottaggi del centrodestra, questo avrebbe potuto favorire il centrosinistra: alle ultime elezioni politiche alcune regioni che furono assegnate a Berlusconi (Veneto, Puglia, Calabria) sarebbero andate invece al ballottaggio tra Berlusconi e Bersani. Considerato che gli elettori del centrodestra si mobilitano molto meno per il ballottaggio, e che gli elettori di Grillo credo si sarebbero orientati più verso Bersani, queste regioni avrebbero potuto cambiare segno, spostando una ventina di senatori verso il PD e avvicinando di gran lunga una coalizione Bersani-Monti alla maggioranza anche al Senato.

Questo naturalmente non vuol dire che la legge sarebbe andata bene: la governabilità certa si ha solo con un monocameralismo. Però non è detto che la situazione sarebbe stata quel pasticcio che si dice. Non capisco soprattutto perché questo (tradizionale) tafazzismo della sinistra PD che avversa un sistema che probabilmente non funzionerebbe, ma aiuterebbe il suo partito, per tenersi un Porcellum modificato che regala la certezza di non creare una maggioranza al Senato.

sabato 1 marzo 2014

Su consumo del suolo e urbanizzazione

L'analisi del PGT, con l'accento posto sulla densità abitativa di Ospitaletto e sul consumo del suolo al 61,5%, mi ha fatto tornare un quesito che mi sono sempre posto: è veramente così soffocato il territorio in cui viviamo? Ne avevo già accennato in questo vecchio post (penultimo paragrafo). E' vero che siamo il secondo paese della provincia per densità dopo il capoluogo, ma il sospetto è che ciò avvenga (anche) per i confini penalizzanti del nostro piccolo Comune. Appena oltre i nostri confini, infatti, troviamo sì alcune zone industriali, ma anche molti campi: verso Passirano lungo via Vallosa*, verso Paderno lungo via S. Antonio, nella fascia tra la Trepola e la ISA, nella zona tra il Papillon e Rovato.
L'effetto ecologico mitigatore* di questi spazi agricoli non si riverbera solo sui Comuni che li amministrano: l'"aria buona" non conosce i confini delle mappe. Lo sappiamo bene da quando ci arrivava l'aria cattiva della discarica Bosco Sella.

Per valutare questo dubbio ho provveduto a svolgere una piccola analisi, grazie a questa mappa interattiva fornita dal sito della Provincia. Ho provveduto a salvare un'immagine (riportata in calce al post) della nostra zona che contenesse solamente l'indicazione dell'area urbanizzata, disattivando tutti gli altri parametri, e poi ho scritto un piccolo algoritmo di elaborazione dell'immagine stessa per valutare la percentuale di area urbanizzata in cerchi concentrici attorno a diversi paesi. Ho svolto l'analisi per Ospitaletto, per i Comuni a noi contigui e per altri che mi sembravano significativi (Franciacorta, hinterland cittadino, paesi con alta densità abitativa). Di seguito i risultati: la tabella riporta la percentuale di suolo urbanizzato in un certo raggio dal centro di ogni paese.
[Nota: lo so che non si legge, ho litigato parecchio con la formattazione e non riesco a inserire una vera tabella leggibile, quindi mi è toccato mettere l'immagine. Cliccandoci sopra si apre uno screenshot più leggibile, magari apritelo in un'altra finestra per avere sia il testo che la tabella]
Tabella

I dati sono ordinati secondo un'occupazione del suolo decrescente, prendendo come riferimento la zona di raggio 5km.

La prima colonna (raggio 1,5km) non è molto significativa: per Comuni grandi come Chiari e Rovato la dimensione del centro abitato arriva vicino a questo limite, da qui i loro valori molto alti. Il calcolo però mi serviva per verificare il valore ottenuto per Ospitaletto, il cui territorio ha una dimensione comparabile con questo raggio. Il risultato pari al 55% è compatibile con il 62% di terreno urbanizzato che si ritrova nel PGT: la differenza può essere spiegata con l'approssimazione di forma (ovviamente i confini di Ospitaletto non sono un cerchio) e con il fatto che la mappa inevitabilmente introduce confini grossolani per le aree urbanizzate (non può tracciare le strade e le ferrovie, per esempio, né le cascine isolate). Comunque mi sembra un risultato abbastanza affidabile per poter effettuare dei confronti spannometrici.

Il valore molto alto per Ospitaletto cala drasticamente se allarghiamo il cerchio a 3km o a 5km. Prendendo come riferimento queste aree circolari il nostro paese si colloca nella metà bassa della "classifica" dei paesi analizzati, quindi tra quelli circondati da un'urbanizzazione inferiore alla mediana.

Con brevi calcoli a partire dai valori a 1,5km e 3km si può ottenerela percentuale d'urbanizzazione nell'anello compreso tra queste due distanze. Per Ospitaletto il valore è solo del 16%, tra i più bassi tra quelli considerati. Questo dato indica proprio la situazione che avevo descritto all'inizio del discorso: attorno a Ospitaletto c'è una fascia di campagna ancora abbastanza libera, ma questa non rientra nel territorio comunale.
Se da una parte questo risultato ci può tranquillizzare, perché vuol dire che il territorio intorno a noi non è così irrimediabilmente cementato, d'altra parte bisogna valutare che questo anello di campi non è nella nostra disponibilità: godiamo della sua presenza, ma non è in nostro potere preservarlo. Questo ci deve spingere a salvaguardare almeno un po' del poco terreno agricolo che ricade nei nostri confini.

I dati per i raggi di calcolo più grandi risentono della collocazione del Comune: i più vicini alla città cominciano a includere nel calcolo alcuni quartieri urbani, mentre quelli nella Bassa sono favoriti. Il fatto che alcuni valori manchino è dovuto al fatto che per raggi più estesi le zone di calcolo attorno a quei Comuni raggiungono i confini provinciali o il lago d'Iseo, falsando il risultato.

Confrontando le percentuali dei Comuni scelti si vede che i più simili a Ospitaletto sono Passirano e soprattutto Gussago: due Comuni franciacortini, non un brutto termine di paragone, tutto sommato. Forse la nostra situazione ambientale non è brutta come la dipinge quel famoso 61,5% di suolo consumato da cui eravamo partiti.

Qui sotto l'immagine che ho usato per il calcolo, e la stessa immagine con indicati i confini comunali (che ho usato per "centrare" i cerchi sui Comuni).

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* Ovviamente qui parlo solo di occupazione del suolo, e non tengo conto delle altre criticità, come le zone da bonificare nei dintorni.