martedì 29 maggio 2018

Pregare per i governanti

Un Francesco d'annata. Lo riporto tutto.

«È un peccato da portare in confessione non pregare per i governanti». E questa preghiera va fatta soprattutto «per non lasciare da soli» quanti hanno meno «coscienza» che il loro potere non è assoluto ma viene dal popolo e da Dio. Però anche «i governanti devono pregare per chiedere la grazia» di servire al meglio il popolo loro affidato. E se non sono credenti, almeno chiedano consigli per non perdere di vista il bene comune e per uscire, comunque, dal piccolo contesto autoreferenziale del proprio partito.

domenica 27 maggio 2018

Non sono più così ottimista

Fino a ieri pensavo che l'Italia avesse gli anticorpi, anche costituzionali, per far fronte a pressioni populiste che in prospettiva potrebbero diventare potenzialmente pericolose.
Da ieri sera non ne sono più così sicuro. Mattarella per me ha scardinato questa cosa in modo potenzialmente pericoloso.
Il Presidente della Repubblica è l'unico attore politico (quindi oltre ai giudici costituzionali) che non debba rispondere a nessuno (elettori compresi) di determinate decisioni. Questo gli dà un grande potere discrezionale.
Da ieri sappiamo che questo potere vale anche per veti sulle politiche di un governo. Non sui nomi, che sarebbe meno grave (perché su 60 milioni di italiani un altro nome che porta avanti la stessa politica si trova): sulle politiche. Per come ho ascoltato io il discorso di Mattarella, un altro nome con la stessa "apparenza" anti-Euro non sarebbe ugualmente andato bene.
Facendo quello che ha fatto, Mattarella ha dato il vantaggio della ragione a Salvini e Di Maio, gli ha spianato la campagna elettorale, e il prossimo Parlamento sarà ancora più populista. Il prossimo Parlamento eleggerà - al più tardi nel 2022 - il nuovo Presidente. Ho paura di cosa potranno fare un Presidente populista e un Parlamento populista, dopo un tale precedente di ingerenza. E se dopo le elezioni del 2023 al nuovo Presidente non andasse bene un ministro pro-Euro?
Tra l'altro Mattarella ha paventato una politica anti-Euro che non è nel "contratto" Salvini-Di Maio, né nelle dichiarazioni di Savona. Ha paventato dei rischi per il risparmio che ci sono, certo, ma per ora solo in potenza. Anche questo è un precedente: siamo dalle parti della precrimine di Minority Report. Figuriamoci se un governo italiano può seriamente prendere in considerazione l'uscita dall'Euro. Si sarebbe fatta un po' di scena, qualche parola di circostanza di Moscovici, un p' di deficit in più e avanti insieme.
Per me, comunque, se gli italiani hanno votato in maggioranza per una politica così, non possiamo metterli sotto tutela: abbiano la politica pericolosa. La democrazia sotto tutela vale -secondo me - solo per qualcosa di palesemente anticostituzionale. Che ne so, un ministro che parla bene della pena di morte: allora sì che vedrei bene i veti del Quirinale. Ma una politica economica invece di un'altra vale il superamento del suffragio popolare rappresentativo?
Poteva fare altro? Per me sì. Poteva far partire il governo ed esprimere contemporaneamente la sua contrarietà e la sua vigilanza. Se fra qualche mese si fosse tornati al "Fate presto!" del 2011, non vedo perché la conclusione sarebbe dovuta essere diversa: un Cottarelli arrivato però dopo aver testato M5S e Lega.
Non che creda alle "vaccinazioni" montanelliane: se non ha funzionato con Berlusconi, non funzionerà neppure con i populisti. Però neanche Silvio ha mai vinto un'elezione dopo aver governato. Un governo M5S-Lega avrebbe creato loro difficoltà alle prossime elezioni.
Oppure poteva rifiutare di far partire il governo, ma con una giustificazione non politica. Per esempio prendendo atto - viste le visite al Colle di Salvini e Di Maio nel pomeriggio - che evidentemente la scelta dei ministri non era libera da parte di Conte, e questo è anticostituzionale. Ovviamente è una foglia di fico (vorrei proprio vedere quanti premier hanno scelto i ministri all'oscuro delle segreterie di maggioranza), ma che non avrebbe creato un precedente.
Dopo il patatrac, la palla era nel campo di Di Maio: poteva scegliere di evidenziare l'impuntatura di Salvini su Savona, descriverlo come "inaffidabile". Invece ha scelto di prendersela con Mattarella. Bel viatico per le prossime elezioni: i partiti populisti che non si osteggiano tra di loro. Ottimo risultato.
E ancora, dopo il patatrac Mattarella poteva dire: "Come ho sempre detto, voglio un governo politico. La possibilità di un governo Lega-M5S è andata a vuoto. Sono pronto a esplorare le altre possibilità politiche, a partire da quella meno distante dalla maggioranza: sono pronto a conferire l'incarico a un esponente del centrodestra". Volevo vedere allora Berlusconi e Meloni... così si divideva Salvini dagli alleati, e per i collegi almeno si arginava l'onda.
E invece è arrivato un vulnus alla figura del Presidente, creando dei precedenti pericolosi. In buona fede da parte di Mattarella, ne sono sicuro. Ma è un grosso errore, secondo me.

p.s. chissà che qualche grillino inca**ato non voti Lega anche a Ospitaletto, tra due settimane. Magari Mattarella rischia di spostare anche le elezioni locali.

mercoledì 23 maggio 2018

Viviamo tempi interessanti

Due letture interessanti della situazione politica attuale: questa sulla politica economica e questa più generale sulla impostazione "ideologica", o meglio non ideologica di questo governo.
Mi pare che il discorso sia condivisibile: non si vede una prospettiva unificante di fondo, una "cosa" che non sia per forza un'ideologia, ma un'ispirazione, una direzione di marcia. Probabilmente è l'evoluzione di ciò che successe con Renzi: l'unica cosa che conta è il cambiamento.
Non sono convinto che questa evoluzione del dibattito sia positiva.
Per quanto riguarda Cottarelli, invece, credo che la ratio sotto lo statalismo di cui parla sia la protezione: viviamo in tempi in cui c'è diffusa paura, e mamma Stato ci promette protezione, dall'idraulico polacco, dalla Fornero, dalla disoccupazione. Il merito comporta competizione: non è compatibile con la protettività. Certo questo approccio non può funzionare se disgiunto da responsabilità.

mercoledì 16 maggio 2018

Tutto è connesso

Sabato c'è stato l'ultimo incontro di quest'anno di SFISP, con il professor Dario Nicoli. Nella stessa mattinata ho introdotto l'enciclica Laudato si' di papa Francesco. Dopo  quell'incontro, il mio cervello ha laboriosamente rimuginato una serie di ragionamenti che riporto di seguito.

Il professore ha fatto un intervento molto articolato, complesso.
A un certo punto ha detto che sognare è importante. Bisogna avere grandi obiettivi, non perdere la speranza.
In un altro passaggio invece ha detto che al giorno d'oggi, durante il percorso educativo dei fanciulli e dei ragazzi, tendiamo a dire loro che da grandi potranno fare quello che vogliono. "Fai della tua vita quello che ti piace! Fai quello che desideri!". Il professore ha stigmatizzato questo atteggiamento: la nostra vita non è fare quello che si vuole, ma sono le relazioni che abbiamo e che costruiamo.
Ho fatto fatica a mettere insieme queste due affermazioni.
Credo d'aver capito che l'idea sia di mettere insieme speranza e realismo, ma soprattutto evitare l'individualismo. Non possiamo pensare che la nostra vita si costruisca solo con quello che desideriamo noi, a dispetto di tutto e di tutti intorno a noi.

Il realismo fa anche sì che a volte apriamo gli occhi e ci accorgiamo che dobbiamo rinunciare a una parte dei nostri desideri per prenderci le nostre responsabilità. Rinunciare a un viaggio per stare vicino alla nonna malata. Rinunciare a iscriversi all'università per portare a casa qualche soldo perché la famiglia ne ha bisogno. Rinunciare a quello sconto allettante perché pagare in nero è evadere (letteralmente) dai nostri doveri civici.
Mi è tornato in mente un discorso che faceva un docente del corso di formazione sociale e politica che ho seguito. Lui parlava del matrimonio, e diceva una cosa controintuitiva: la Chiesa negli ultimi decenni ha troppo insistito sull'aspetto sentimentale del matrimonio, sull'amore. Si dice: "Ti amo, quindi ti sposo". Ed è giusto, giustissimo. Però dobbiamo anche avere presente che la parole "amore" è purtroppo molto varia. E' amore il sesso, l'amore fraterno, il romanticismo, la carità, l'eros e l'agape, l'amore di Dio, il sentimento e i film d'amore. Dire una cosa così può anche lasciar pensare: "Allora quando non ti amo più non siamo più sposati". Quel professore diceva che è necessario accompagnare al "Ti amo, quindi ti sposo" anche il contrario: "Ti sposo, quindi ti amo". Ti sposo, quindi mi impegno a costruire con te un progetto, a costruire un amore giorno per giorno, che cambierà e si modificherà con il tempo, ma che non per questo diventerà meno amore. E mi prendo la responsabilità di far sì che sia così.

Oggi la società del "tutto e subito" non ragiona certo in questa maniera. La progettualità e la responsabilità non si vedono nelle nostre vite; non si vedono nelle nostre relazioni consumate subito, perché ciascuno dei due "ha voglia", e bruciate appena a uno dei due - individualmente - "passa la voglia"; non si vedono nel fare figli; non si vedono in politica.

Allora è vero che, come ripete molte volte il Papa, tutto è connesso. Un certo modo di fare ha effetto sulla vita privata, sulla vita pubblica, sull'ambiente. Ogni azione non ha solo un effetto in sé stessa, ma anche perché contribuisce a formare una cultura comune, una cultura sociale. Ci possono essere azioni che costruiscono una società più umana e altre che costruiscono una società più individualista.

Su questi meccanismi influisce anche il nostro modello economico, o meglio - ricordando Giovanni Paolo II - la sua degenerazione consumistica. Il consumismo, il percepirci come consumatori, fa sì che si debbano creare sempre nuovi bisogni (o meglio: desideri): dopo aver comprato una macchina, dovremo sentire il desiderio di una macchina più grande o potente. Dopo aver comprato un telefono, dovremo creare il desiderio del modello nuovo. Una sorta di degenerazione del motto sessantottino "Siate realisti, chiedete l'impossibile".
Questo spostare continuamente l'asticella verso l'alto ha qualcosa a che fare con il discorso che il professor Nicoli faceva riguardo ai sogni dei ragazzi: mettere l'asticella troppo in alto ("Fai quello che vuoi! Puoi diventare ciò che sogni!") rischia di generare grosse delusioni quando la realtà ci richiama all'ordine: non tutti possono diventare calciatori famosi. Allora emergono l'invidia, la frustrazione, magari la rabbia. Così nelle relazioni: se l'aspettativa è di trovare il principe azzurro (e in questo qualche mitizzazione dell'amore da parte della Chiesa la intravedo), qualsiasi relazione con qualche difetto non sarà abbastanza, sarà deludente, e finirà. Così in politica: attraverso meccanismi in parte diversi (cioè la giusta reazione al degrado della moralità della stessa) si è arrivati alla stessa conclusione, la pretesa di "purezza" e a una rabbia sorda, ostile.
Trovare un equilibrio tra realismo, pragmaticità e speranza e afflato ideale è la sfida dei cristiani: siamo nel mondo, ma non del mondo. In politica è ancora più difficile.

Tornando all'effetto pubblico delle nostre azioni e delle nostre scelte, trovo che a volte anche noi cristiani non vediamo la connessione profonda che i nostri Papi ci ricordano. A volte vediamo gli argomenti come separati: che importa della morale, stiamo parlando d'altro (di politica, per esempio). Stiamo parlando di valori non negoziabili, non c'entra l'ecologia. Parliamo di aborto, non di poveri. Tutti i Papi recenti, dall' ecologia umana di Giovanni Paolo II, a Caritas in veritate di Benedetto XVI, a papa Francesco fin nell'ultima esortazione Gaudete et exsultate (ai punti 101 e 102), hanno ribadito che questo è un errore. Ogni degradazione della cultura umana porta danno a tutto l'uomo, che non è settoriale.
Allo stesso modo anche in politica il risultato non è disgiunto dalla modalità con cui lo si persegue, né dall'esempio che porta il politico come persona.

mercoledì 9 maggio 2018

Ospitaletto, i servizi, i costi (2)

(prosegue da qui)

Certamente, seguendo gli annunci dell'attuale amministrazione, serve una nuova palestra. L'unico dubbio, al riguardo, è se siano annunci elettorali o ci sia sotto della "ciccia". Considerando il jolly Esselunga in arrivo, dovremmo essere ottimisti al riguardo.
Resta un dubbio sulla correttezza di impegnare risorse a due mesi dal voto, vincolando così la futura amministrazione che potrebbe avere idee diverse. Per esempio io ho trovato inopportuni gli accordi con la Parrocchia degli ultimi mesi.
Passi per la casa delle associazioni, ammesso che serva e che venga usata (altra cosa che scopriremo solo fra qualche mese o anno), ma l'accordo per l'acquisto della casa ex-Santina e della casa S. Giacomo così sotto elezioni a me non è piaciuto: che fretta c'era? Non si poteva attendere giugno?
Così si tolgono le castagne dal fuoco alla Parrocchia, che - si sa - era in ambasce con l'uso della casa ex-Santina, visto che l'idea di farne la nuova sede Caritas si scontrava con i vincoli delle Belle arti. Rogna che ora si addossa il Comune.
Idem per l'accordo di rifacimento del campo da calcio dell'Oratorio: una nuova amministrazione potrebbe avere idee diverse per la zona piscina, magari facendo un campetto in quell'area, cosa che mi sembrerebbe più sensata (io sono contrario da tempo immemore all'ipotesi piscina). Ogni riferimento a Prandelli è ovviamente voluto: si sa che c'è in campo un'idea opposta, è corretto far trovare le cose fatte a due mesi dalle elezioni? Sa un po' di dispetto.
A proposito di vincoli delle belle arti, parliamo di villa Presti. Non ho le competenze per sapere né se l'operazione è gestita bene, né se un'altra farmacia serve (anche se facendo un conto della serva se le farmacie comunali diventano 2 su 3 invece che 1 su 2 il Comune dovrebbe guadagnarci nella spartizione dell'utenza). Mi suona strano che una farmacia - che ha vincoli per quanto riguarda spazi, magazzini, accessibilità eccetera - possa entrare tranquillamente in un immobile anch'esso vincolato dalle Belle arti. Vedremo.
Invece - come già detto qualche post fa - per i servizi non "edilizi" non posso che fare un plauso a questa amministrazione: le attività sulla salute e sulla cultura sono state un bel miglioramento, come le feste (Notte Bianca, Mille Miglia, anche se a me piaceva pure Pa' e salam), e mettiamoci anche la celebrazione delle ricorrenze civili.
Non ho abbastanza competenza per giudicare invece il lavoro dei servizi sociali.

martedì 8 maggio 2018

Ospitaletto, i servizi, i costi (1)

Ragionando oziosamente sulla situazione del Comune, sempre in vista della tornata elettorale, qualche appunto sui servizi nel nostro Comune.
Io ho sempre ritenuto che il nostro paese, in quanto comune di hinterland, abbia una vocazione ad essere un Comune di servizi. Non siamo un paese franciacortino (vino e vigneti), né con qualche ambizione turistica, né bassaiolo (campi e allevamenti). Noi dobbiamo essere un Comune accogliente per la nostra popolazione, anche per diminuire il rischio di essere un puro e semplice dormitorio: se gli ospitalettesi, oltre a lavorare fuori paese, devono spostarsi anche per avere dei servizi, da noi resta ben poco.
Certo, i servizi pubblici costano.
Infatti già a suo tempo non condivisi l'impostazione di Prandelli che decise - con una scelta politica - di tenere le tasse il più basse possibile (no addizionale Irpef), anche a costo di faticare a far quadrare il bilancio. In quei dieci anni perdemmo definitivamente la piscina e l'ASL: una direzione diversa da quella da me auspicata. Per me - ribadisco: è una scelta politica - avere più servizi vale anche qualche decina di euro in più di tasse.
L'amministrazione Sarnico ha fatto una scelta diversa. Dopo essersi trovato l'addizionale Irpef imposta dal commissario, ha deciso di mantenerla, pur diminuendola leggermente a metà mandato. In questi anni abbiamo avuto il centro diurno, e ora stiamo inaugurando la casa delle associazioni, in futuro è prevista la piscina e un polo sportivo (vedremo).
Il problema è:questi servizi sono sostenibili? Per il centro diurno so che c'è stata discussione col Serlini, che ha espresso molti dubbi sulla sostenibilità economica, infatti se non sbaglio l'operazione è stata conclusa con il Richiedei di Gussago (altro ente con grossi problemi economici...). Sulla piscina, Sarnico dice che i problemi di sostenibilità saranno un fatto dei privati. Abbiamo già visto in comuni limitrofi che la questione spesso non è così automatica: si comincia con i soldi privati, poi i privati bussano dal sindaco e dicono: "l'impianto è in perdita, o ci aiuti o chiudiamo, poi spieghi ai tuoi elettori come mai è chiuso".
Per entrambi i casi - piscina e centro diurno - sapremo solo fra qualche anno come andrà. Io ho il dubbio che ad oggi, con la concorrenza che c'è nei paesi vicini su entrambi i servizi, sia difficile garantire la sostenibilità. In particolare la piscina era un debito già negli anni '80-'90, quando era l'unica del circondario; oggi secondo me abbiamo "perso il treno", lasciando che i Comuni vicini ci superassero in offerta di servizi sul territorio. Responsabilità storica di Prandelli.

(continua)