mercoledì 25 marzo 2015

Sulla centrale a biomasse

Ho seguito solo a spizzichi e bocconi la questione della centrale a biomasse della fraternità. Metto giù alcuni punti.

Qualche pasticcio, in fase di approvazione del PGT, dev'esserci stato. In effetti sembra un controsenso concedere la maggior cubatura alla Fraternità per poi inalberarsi se questa richiede di farci la centrale: si poteva semplicemente non concedere l'ampliamento. Sarebbe bello conoscere le spiegazioni della maggioranza riguardo a questa che sembra un'evidente contraddizione.

La richiesta di un Consiglio Comunale aperto da parte della minoranza è legittima, anche se non so quanto opportuna.
Da una parte l'esigenza di trasparenza è sempre da tenere in conto.
D'altra parte uno strumento come il Consiglio Comunale aperto è a rischio demagogia: si rischia di finire in nulla di fatto con accuse reciproche.
Mi chiedo anche se un gruppo di associazioni, parti in causa e cittadini possa essere il luogo migliore per parlare serenamente di una questione che ha anche risvolti tecnici non indifferenti: la compatibilità o la pericolosità di una centrale elettrica a biomasse di quella dimensione dovrebbe essere discussa e stabilita quantomeno con l'ausilio di esperti del settore (ASL? ARPA?). Il pubblico meno competente rischia di essere esposto alla sindrome NIMBY.

Vedo che però la maggioranza si è mossa convocando una seduta pubblica della Commissione Territorio e Ambiente, con audizione di
gruppi, associazioni, operatori economici e sociali, comitati e cittadini

per la discussione dell'argomento. Una Commissione "aperta", quindi (aspetto che chi di dovere faccia notare le differenze ai fini pratici: la Commissione non è deliberativa?)

Altra iniziativa dell'Amministrazione è stata proporre l'estensione della rete del metano fino alla Fraternità, anche a spese (parzialmente) pubbliche.
Si può obiettare che se ci si fosse pensato prima non ci sarebbe stato bisogno di trovare una mediazione, per di più onerosa per le casse pubbliche.
Allo stato in cui siamo, però, la mossa ha senso. O meglio: ci sono due possibilità:

  • se la centrale a biomasse è un pericolo per la salute, incompatibile con l'ambiente circostante, dovrebbe pur trovarsi un qualche ente che certifichi questa cosa (a chi spetta?). In questo caso Fraternità Impresa Sociale si dovrebbe arrangiare a trovare un rimpiazzo per la caldaia vecchia, senza intervento pubblico;

  • se invece la centrale è riconosciuta compatibile da tutti gli organi preposti, allora fa bene l'Amministrazione a proporre una mediazione per tutelare gli interessi di tutti, anche in forma onerosa.


Certo leggere articoli come questo fanno male, pensando alla Fraternità, alla sua storia, a Giovanni Borghetti.

Infine: non sarebbe ora di ripensare il concetto di biomasse come fonte rinnovabile?
La loro classificazione mi sembra un grimaldello per aggirare le leggi ecologiche.

 

giovedì 19 marzo 2015

Uno Stato, due Stati

In questi giorni sono in fase di riflessioni sui massimi sistemi...

Tra i vari massimi sistemi, si è parlato in questo periodo della questione mediorientale: il riconoscimento dello Stato palestinese, le elezioni israeliane eccetera.

Io (forse l'ho già scritto, o forse no?) ho sempre avuto forti dubbi sulla possibilità "due popoli, due Stati", per un motivo molto pratico: perché le popolazioni araba ed ebraica sono profondamente intrecciate sul territorio. Una divisione avrebbe molti punti di difficoltà: come tracciare i confini, cosa fare degli insediamenti israeliani in territorio palestinese, come garantire le minoranze nei rispettivi Stati, oltre al problema di avere uno Stato palestinese composto da due territori separati (Gaza e Cisgiordania).
Non ho in mente altre situazioni simili nella storia, se non il primo Pakistan nato dalla secessione dall'India, che comprendeva anche il Bangladesh e che non durò molto, con la separazione del 1971 nei due Stati attuali.
Anche la Palestina attuale è in pratica divisa in due, con Gaza in mano a Hamas e la Cisgiordania governata da Abu Mazen. Uno Stato palestinese indipendente potrebbe restare unito?

Tutto ciò senza contare il tema della sicurezza: noi occidentali abbiamo sempre un certo ottimismo quando si tratta di garantire la libertà alle nazioni, ma l'esempio di Gaza (senza arrivare all'Iraq) deve mettere in guardia dal fatto che ci sia qualcuno che potrebbe approfittarsene.

Io ho sempre pensato che non esista una soluzione a breve termine, e che se si deve pensare a lungo termine tanto vale pensare a una soluzione con un unico Stato (la terra è una sola, in fondo: una striscia nemmeno troppo estesa dal mare al Giordano) in cui due popolazioni possano convivere pacificamente. In questo senso ci sono molti esempi. In ordine di successo, abbiamo la Svizzera, poi il Belgio, che bene o male sta insieme da secoli, pur con i vari campanilismi, o - scendendo di un gradino - la vecchia Cecoslovacchia, o ancora - al minimo possibile - l'attuale Bosnia-Erzegovina, che tra mille difficoltà tiene insieme etnie e religioni diverse, con un "aiuto" della comunità internazionale.

E' chiaro che il presupposto di un siffatto Stato è la laicità, e la presenza di partiti arabi in Israele ci dice che forse non tutte le speranze sono vane. Certo per accelerare il processo si dovrebbe smettere di usare le armi, e semmai bombardare la Palestina con casse di arretrati di Playboy: prima arriva la secolarizzazione meglio è, in questa prospettiva.

Detto ciò, in questi giorni ho letto due interventi di israeliani "dissidenti" che la pensano in modo diverso da me: David Grossman dice che
Francamente però, questa definizione di Stato bi-nazionale non la capisco e sono assolutamente contrario. Non credo che funzionerà, perché questi due popoli che per 110 anni si sono combattuti, uccisi e reciprocamente odiati, non sono maturi né dal punto di vista politico né dal punto di vista civile e quindi non possono riuscire a convivere in questo modo.

e Amos Oz scrive che
Se non ci saranno due Stati, ce ne sarà solo uno;
Se ce ne sarà uno solo, sarà arabo;
Se sarà arabo, chissà quale sarà il futuro dei nostri e dei loro figli.

Diciamo che i due articoli mi hanno quasi fatto cambiare idea. E' vero che Grossman non esclude una soluzione unitaria nel lungo, lunghissimo periodo, ma non mi sembra che ci creda molto.
Mi impressiona particolarmente la terza frase di Amos Oz: "che ne sarà di noi"? Leggo in queste parole una sfiducia fortissima e rassegnata nella capacità degli arabi di essere civili e tolleranti. Però nel breve termine il problema c'è.

Chi vivrà vedrà. Certo mi pare strano che ci siano molti Paesi che riconoscono uno Stato palestinese prima che i palestinesi, e gli arabi in generale, riconoscano Israele.

sabato 14 marzo 2015

Cosa sono i diritti?

In questi giorni il Parlamento Europeo è stato particolarmente impegnato su questioni eticamente sensibili: prima la risoluzione Tarabella, che tra le altre cose chiedeva di garantire alle donne accesso all'aborto, poi la relazione sui diritti in cui - tra molte cautele, perifrasi, angoli smussati eccetera - si includevano anche le unioni e i matrimoni omosessuali nel panorama dei diritti civili.

Non mi interessa tanto il dettaglio delle due risoluzioni: esse sono indicazioni non vincolanti, inoltre sono scritte in modo molto prudente. Ciascuno può farsi da solo un'idea sul loro contenuto, e quanto agli argomenti controversi (unioni gay e aborto) credo che nessuno cambierà la propria convinzione in base a queste risoluzioni.

Però mi sono trovato a riflettere sui diritti. Da giovane ero convinto che la definizione di diritti fosse abbastanza chiara: il diritto alla vita, alla parola, alla libertà politica...
Però più passa il tempo, più mi rendo conto che non è così semplice determinare il perimetro dei diritti. Anzi mi chiedo se questo perimetro esista, visto che ci sono spinte molto forti, in molte direzioni, per includere tra i diritti un sacco di cose.

lunedì 2 marzo 2015

La tassa di successione e l'etica delle tasse

A conclusione del discorso sulle tasse, comuinciato qui e qui, stavo scrivendo qualcosa sulle tasse di successione, ma vedo che qualcuno mi ha anticipato.

Invito quindi alla lettura per le argomentazioni a favore delle tasse di successione, che in effetti sono probabilmente l'unica tassa "liberale" del panorama fiscale.

Se in linea di principio, quindi, una tassa di successione anche corposa può essere giusta, ci sono alcune questioni di fattibilità: la maggior parte dei valore di ciò che si eredita, spesso, è in immobili. Questi non sono soldi liquidi, né "liquidizzabili" in maniera rapida e indolore. Di conseguenza tassare gli immobili in eredità per importi elevati comporta problemi di liquidità per l'erede, che si troverebbe costretto a vendere, presumibilmente a un prezzo inferiore a quello di mercato, rischiando di rimetterci.