giovedì 19 marzo 2015

Uno Stato, due Stati

In questi giorni sono in fase di riflessioni sui massimi sistemi...

Tra i vari massimi sistemi, si è parlato in questo periodo della questione mediorientale: il riconoscimento dello Stato palestinese, le elezioni israeliane eccetera.

Io (forse l'ho già scritto, o forse no?) ho sempre avuto forti dubbi sulla possibilità "due popoli, due Stati", per un motivo molto pratico: perché le popolazioni araba ed ebraica sono profondamente intrecciate sul territorio. Una divisione avrebbe molti punti di difficoltà: come tracciare i confini, cosa fare degli insediamenti israeliani in territorio palestinese, come garantire le minoranze nei rispettivi Stati, oltre al problema di avere uno Stato palestinese composto da due territori separati (Gaza e Cisgiordania).
Non ho in mente altre situazioni simili nella storia, se non il primo Pakistan nato dalla secessione dall'India, che comprendeva anche il Bangladesh e che non durò molto, con la separazione del 1971 nei due Stati attuali.
Anche la Palestina attuale è in pratica divisa in due, con Gaza in mano a Hamas e la Cisgiordania governata da Abu Mazen. Uno Stato palestinese indipendente potrebbe restare unito?

Tutto ciò senza contare il tema della sicurezza: noi occidentali abbiamo sempre un certo ottimismo quando si tratta di garantire la libertà alle nazioni, ma l'esempio di Gaza (senza arrivare all'Iraq) deve mettere in guardia dal fatto che ci sia qualcuno che potrebbe approfittarsene.

Io ho sempre pensato che non esista una soluzione a breve termine, e che se si deve pensare a lungo termine tanto vale pensare a una soluzione con un unico Stato (la terra è una sola, in fondo: una striscia nemmeno troppo estesa dal mare al Giordano) in cui due popolazioni possano convivere pacificamente. In questo senso ci sono molti esempi. In ordine di successo, abbiamo la Svizzera, poi il Belgio, che bene o male sta insieme da secoli, pur con i vari campanilismi, o - scendendo di un gradino - la vecchia Cecoslovacchia, o ancora - al minimo possibile - l'attuale Bosnia-Erzegovina, che tra mille difficoltà tiene insieme etnie e religioni diverse, con un "aiuto" della comunità internazionale.

E' chiaro che il presupposto di un siffatto Stato è la laicità, e la presenza di partiti arabi in Israele ci dice che forse non tutte le speranze sono vane. Certo per accelerare il processo si dovrebbe smettere di usare le armi, e semmai bombardare la Palestina con casse di arretrati di Playboy: prima arriva la secolarizzazione meglio è, in questa prospettiva.

Detto ciò, in questi giorni ho letto due interventi di israeliani "dissidenti" che la pensano in modo diverso da me: David Grossman dice che
Francamente però, questa definizione di Stato bi-nazionale non la capisco e sono assolutamente contrario. Non credo che funzionerà, perché questi due popoli che per 110 anni si sono combattuti, uccisi e reciprocamente odiati, non sono maturi né dal punto di vista politico né dal punto di vista civile e quindi non possono riuscire a convivere in questo modo.

e Amos Oz scrive che
Se non ci saranno due Stati, ce ne sarà solo uno;
Se ce ne sarà uno solo, sarà arabo;
Se sarà arabo, chissà quale sarà il futuro dei nostri e dei loro figli.

Diciamo che i due articoli mi hanno quasi fatto cambiare idea. E' vero che Grossman non esclude una soluzione unitaria nel lungo, lunghissimo periodo, ma non mi sembra che ci creda molto.
Mi impressiona particolarmente la terza frase di Amos Oz: "che ne sarà di noi"? Leggo in queste parole una sfiducia fortissima e rassegnata nella capacità degli arabi di essere civili e tolleranti. Però nel breve termine il problema c'è.

Chi vivrà vedrà. Certo mi pare strano che ci siano molti Paesi che riconoscono uno Stato palestinese prima che i palestinesi, e gli arabi in generale, riconoscano Israele.

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