giovedì 27 giugno 2019

Su Sea Watch

Alcuni pensieri per punti sul ben noto caso Sea Watch.
Come detto nello scorso post, Salvini ha sfruttato finora la fumosità del diritto pattizio internazionale, e l'impossibilità di forzare l'attuazione letterale degli accordi.
  • E' evidente che l'azione di Sea Watch è politica, in senso ampio: il mancato rispetto della zona SAR libica ne era già un indizio, così come il rifiuto di portare i migranti a Tunisi, tutte cose che - in punta di diritto, non discuto l'opportunità ideale o civica di queste scelte - sarebbero state legalmente corrette.
  • La scelta del governo di iniziare il braccio di ferro, facendosi forza del decreto sicurezza bis, è legittima. Questo al momento, cioè finché il decreto non sarà impugnato o dichiarato incostituzionale, cosa che secondo me avverrà immancabilmente, prima o poi. Altro elemento di ambiguità di Salvini.
  • Di fronte a questa scelta legittima del governo, e all'intento politico della nave, c'erano una pluralità di scelte: il braccio di ferro, la scelta di un'altra destinazione. Tutte comportavano la permanenza dei migranti a bordo di Sea Watch per più giorni, che evidentemente era stata messa in conto.
  • L'azione politica di Sea Watch è evidentemente rivolta verso il governo italiano, e solo quello italiano. Se si fosse voluto fare un'azione politica nei confronti dell'Europa, preso atto del divieto di ingresso in acque italiane, la nave avrebbe potuto fare rotta verso la Corsica, Corfù, le Baleari, per provocare una reazione di quei Paesi. Ciò avrebbe (finalmente) coinvolto l'Europa.
  • Quindi l'atteggiamento sa un po' di "Salvini cacca pupù", e non di "l'Europa si deve svegliare". Per quanto io possa concordare con la prima affermazione, mi fa un po' specie questa parzialità.
  • Ora, con l'ingresso in acque italiane, la capitana si pone sullo stesso campo di Salvini: viola le norme scommettendo sull'impossibilità di farle rispettare, perché non cannoneggeremo la nave. In pratica accetta di giocare nello stesso campionato di Salvini. Stanno giocando a chi ce l'ha più duro, e mi fa molto piacere che Salvini venga battuto a questo gioco da una donna.
  • Ciò non toglie che mi dispiace che si sia persa un'occasione per europeizzare la questione.
  • Tutto ciò sulla pelle di 42 persone. Mi chiedo se la disobbedienza civile non dovrebbe essere fatta senza mettere in mezzo innocenti come scudi umani. Se la scelta è questa, sarebbe stato meglio per loro forzare il blocco dopo 2-3 giorni, non tirarla in lunga con un ricorso alla Corte Europea che era già stato respinto in una precedente occasione.

martedì 18 giugno 2019

I meriti di Salvini

Diamo atto a Salvini di avere alcuni meriti, a un anno dal suo insediamento al Viminale.
Elaboro qualche dato ufficiale, da qui e qui.

Arrivi per anno:
2016: in Europa 369727, di cui 181436 (49%) in Italia. Morti totali: 5096 (1.38% degli arrivi)
2017: in Europa 184316, di cui 119369 (65%) in Italia. Morti totali: 2139 (1.16% degli arrivi)
2018: in Europa 141472, di cui 23370 (17%) in Italia. Morti totali: 2277 (1.61% degli arrivi)

Ma è più interessante spezzare i dati da metà anno, per questioni politiche:
luglio 2016 - giugno 2017: in Europa 238816, di cui 194968 (82%) in Italia
luglio 2017 - giugno 2018: in Europa 139484, di cui 52192 (37%) in Italia
luglio 2018 - giugno 2019: in Europa 114543, di cui 18977 (17%) in Italia

La prima riga corrisponde agli ultimi mesi del governo Renzi (ministro dell'Interno Alfano) e ai primi del governo Gentiloni (con Minniti).
A giugno-luglio 2017 Minniti conclude gli accordi con i ras libici. Nell'anno successivo gli sbarchi in Italia calano del 56%.
Nell'ultimo anno gli sbarchi in Italia calano di un ulteriore 62%.

Quindi è assolutamente vero che un grosso calo degli sbarchi fu ottenuto da Minniti; è vero che però Salvini ha ottenuto un calo ancora più consistente, nonostante partisse da una base già più bassa.
Allora forse c'era qualcosa di vero, nei discorsi sul "pull factor" delle varie operazioni Mare Nostrum, Triton, ONG eccetera.
E' vero che ci sono anche sbarchi autonomi, forse non registrati, ma mi sento di dire che siano tendenzialmente rumore statistico.

Quindi non era vero che gli sbarchi in Italia erano un fenomeno ineluttabile.
Come non era vero che eravamo obbligati a ricevere tutte le navi, come ci insegnavano molti giornali (primo fra tutti Il Post) in base a convenzioni di diritto marino.
Chiaramente aveva ragione chi evidenziava che i trattati internazionali sono politica internazionale, e non legge (perché non c'è un giudice a farli rispettare): se c'è la volontà politica le navi si tengono fuori e si forzano i ricollocamenti (nonostante il trattato di Dublino).

Tutto ciò non vuol dire che le migrazioni tout court si possano fermare. I numeri totali degli arrivi in Europa sono calati, ma non in modo così decisivo (parliamo di un -20% sull'anno prima dal 2017 in poi). La gente parte comunque, eliminato il pull factor verso l'Italia trova altre vie. Nelgi ultimi sei mesi si sono popolate di nuovo la rotta spagnola (che segna ogni anno record su record) e quella balcanica.
In altre parole, Salvini ha forzato una condivisione europea con alcuni altri Paesi (litoranei). Già qualcosa, rispetto a periodi in cui l'82% dei migranti era in carico all'Italia.

Il numero di morti è in calo continuo, ma anche la pericolosità della migrazione non è molto peggiorata: è rimasta fino all'anno scorso all'incirca sempre attorno a 1.5 decessi (rilevati) ogni 100 arrivi.

Questo solo per i freddi numeri, eh.
Non vuol dire che Salvini abbia il diritto di trattare come fa la gente sulle navi (anche se in Libia probabilmente sono stati peggio).
Non vuol dire che sia morale andare a fare gli accordi con i ras libici.
Inoltre restano aperti tutti i problemi delle centinaia di migliaia di persone che arrivano - come detto - in ogni caso in Europa, e di quelle che sono già arrivate in Italia negli anni scorsi. E vedremo cosa farà la Spagna, che ogni anno vede raddoppiare gli arrivi.
Chissà se Macron schiera già la Guardia Nazionale sui Pirenei.

venerdì 14 giugno 2019

Individualismo vs...

Da un po' di tempo partorisco questo post.
Ricordo quando ci fu la discussione sulle unioni civili. L'obiezione che si portava rispetto all'impegno della sinistra sul tema era che si portassero avanti i diritti dei gay mentre si smantellavano i diritti dei lavoratori.
Più d'uno sosteneva che non è così, che è una falsa contrapposizione, perché i diritti si promuovono tutti insieme. Questa cosa mi è tornata in mente qualche giorno fa, leggendo Cani Sciolti, il fumetto di Gianfranco Manfredi che parla degli anni della contestazione. Manfredi ricorda la saldatura delle lotte di varie categorie e per diversi obiettivi (divorzio, aborto, casa, salari), con lo slogan "Vogliamo tutto". Uno scambio in rete, sempre in questi giorni, mi ha invece proposto una lettura diversa.
Un internauta faceva notare che i diritti civili sono diritti individuali. I diritti dei lavoratori sono collettivi. Dopo la caduta del Muro la sinistra si è trovata senza la bandiera (in verità scolorita da un decennio) della lotta di classe, e ha preso in mano la bandiera dei diritti civili. Ma questo ha voluto dire cedere all'individualismo, che è un tratto proprio del capitalismo - o meglio: del consumismo.
La società che perde coscienza di classe e che vede ciascuno come singolo individuo, impegnato nel cercare di realizzarsi, anche a discapito dell'altro, con l'uso di status symbol e in definitiva arricchendosi e facendo acquisti, è quella tipica del consumismo. Pensiamo agli yuppies degli anni '80. In quel periodo hanno preso forza le battaglie per i diritti omosessuali.
Ma la sinistra storica si basa sul fare gruppo, sul "sortire insieme" dai problemi, per dirla con don Milani. Questo mi fa pensare due considerazioni in un certo senso opposte.
Fare gruppo vuol dire inevitabilmente individuare dei tratti identitari. A volte anche definirsi per contrapposizione: i proletari contro i padroni. Oggi la sinistra mi pare allergica a questo tipo di impostazione "esclusiva", che segmenta la società, che viene percepita come settaria.
Ma la tendenza dell'uomo a percepirsi come simile ai "vicini" è un tratto naturale. Questo non vuol dire che non possa essere controllato e razionalmente limitato, ma l'istinto è quello.
La bandiera dei gruppi, delle tribù, è quindi rimasta in mano alla destra, che ha sempre usato un "noi vs. loro" (fascisti vs. resto del mondo, per ipersemplificare), ma - a differenza della sinistra - non ha mai preso a "vergognarsene".
Però (seconda considerazione) forse la sinistra si "vergogna" del settarismo perché è riuscita nel "vogliamo tutto": la sinistra ha esteso il concetto di uguaglianza fino a ricomprendere tutte le categorie, e tutti gli argomenti. Non solo la classe operaia, ma anche i gay. Non solo i salariati, ma anche i neri. Non solo i lavoratori, ma anche i pensionati e gli imprenditori. Questa estensione è (per ora?) solo sul piano teorico, formale, non sul piano concreto (per esempio delle retribuzioni), ma in effetti potrebbe essere catalogata come un successo della sinistra, che storicamente si batte per l'uguaglianza. Però "tutti uguali" finisce per voler dire che non c'è nessun gruppo da contrapporre, nessuna lotta, neppure di classe.
E se non c'è più un "noi", ci sono solo tanti "io". L'essenza del capitalismo. Il "noi tutti" è un concetto quasi religioso ("tutti figli di Dio"), ma anche la religione sa che la Gerusalemme celeste non è di questo mondo. Oggi un modello strutturato in noi vs qualcun altro non ha più nemmeno un nome. Il comunismo non c'è più. Il nazionalismo esprime un tipo specifico di "noi", che non è l'unico possibile. Forse va bene "comunitarismo"? Ma è storicamente un'altra cosa.
Con tutto ciò cosa voglio dire? Non lo so neanche io. Quindi smettiamola con questo sproloquio sociologico-filosofico-politico senza averne le basi.

martedì 11 giugno 2019

Legge, Vangelo, libertà

Probabilmente stimolata dall'intervento dei Vescovi laziali di cui parlavo nello scorso post, Costanza Miriano interviene con un pezzo che parla del rapporto generale tra fede, amore, giustizia, legge.
Volevo metterlo in aggiunta al post precedente, ma è così aderente al mio pensiero e molto meglio scritta che lascio qui tutto il testo, a riferimento per il futuro.
Il bene non si può imporre per legge.
Il male - anche quello sociale, si ricordino le "strutture di peccato" di Giovanni Paolo II - viene dal peccato.
Contemporaneamente, il cristiano è chiamato a andare oltre la legge, oltre la giustizia - che è la forma minima di carità, ci ricordava Benedetto XVI.
Ciò non esclude il fatto di potersi battere perché le leggi siano fatte come minimo secondo giustizia, e tendano alla carità. Ma queste cose funzionano solo se c'è l'adesione in coscienza dei cittadini.
Ecco il testo di Costanza Miriano.

Sono circa due anni che scrivo questo articolo. Lo scrivo, lo sottopongo a mio marito, a qualche amico, ne parlo con qualche sacerdote, poi lo butto. E sì che di solito scrivo senza quasi rileggere, per il mio blog. Ma qui siamo su un campo minato. Qualunque cosa si dica su questo tema viene letta subito in chiave politica, o meglio partitica, che è quanto di più lontano dal mio intento.
In attesa di andare a messa per celebrare la Pentecoste e chiedere lo Spirito Santo, ci riprovo.
Io credo che ci sia una grande confusione in merito alla questione della solidarietà, e provo a spiegarla così come l’ho spiegata alle mie figlie più piccole, ché magari, semplificando le cose e togliendo i riferimenti a polemiche e partiti che loro neanche conoscono, la cosa viene meglio, e si ripassa anche il Catechismo.
L’uomo è ferito dal peccato originale, e tende al male, per questo esistono le leggi, la Legge. Perché mi impedisce di fare i miei comodi quando questi danneggiano i diritti di qualcun altro. Se l’uomo fosse solo ricolmo di Spirito Santo non ci sarebbe bisogno di legge, tutti faremmo il bene senza sforzo, tutti condivideremmo i nostri beni, il tempo, tutto quello che abbiamo, facendo a gara nello stimarci gli uni con gli altri, e nessuno sfrutterebbe le risorse dei paesi poveri per arricchirsi, tutti avrebbero la possibilità di vivere nel paese dove nascono, tra i propri cari, con le proprie risorse, che sono sufficienti a far vivere bene tutti, se si studia e si progredisce, e si impara a usare bene quello che la natura ci dà. Chi si impegnasse di più, chi avesse più capacità e fosse più serio degli altri, avrebbe più risorse, ma grazie alla pienezza dello Spirito Santo sarebbe anche più capace di condividerle.
La legge però non ha questo compito, la legge e la politica devono solo garantire il rispetto dei diritti, fino a che non ledono quelli degli altri, insomma, mettere ordine, costruire una società armoniosa e organizzata in modo intelligente, sconfiggere il caos al quale ci consegna il nostro mondo interiore ferito dal peccato originale.
La Chiesa fa bene a invitarci ad andare oltre la legge, ma può farlo solo se prima ci ha insegnato a pregare, pregare senza interruzione, chiedendo, mendicando lo Spirito Santo perché ci faccia incontrare Cristo. Allora, pieni della gioia di questo incontro, pazzi del suo amore, risorti già adesso in questa vita perché abbiamo scommesso tutto sul Risorto, su quello che ha vinto la morte, allora possiamo nel sacrario intimo e inviolabile del nostro cuore decidere di andare oltre la legge, e di amare anche quando non è giusto, perché questo è l’amore. Di amare i nemici, di amare chi si prende quello che è nostro, di dare anche la tunica a chi ci prende (e non “ci chiede”, il vangelo dice proprio “ci prende”) il mantello. Solo da Cristo può venire la grazia di questo amore. Solo se hai incontrato Cristo puoi andare in missione, puoi aiutare una famiglia anche se non hai niente o quasi da parte per la tua, puoi fare un passo che – per l’uomo – non è “giusto”, ma è oltre la giustizia e la ragionevolezza.
Non credo che sia compito di un governo stabilire che questo modo di amare “pazzo” sia la legge, non lo può fare perché questo lo fa solo lo Spirito Santo, che non può agire se noi non lo mendichiamo giorno e notte, pregando senza interruzione come dice san Paolo. San Francesco lo aveva ottenuto, ma tutti si dimenticano che dopo l’incontro con Cristo lo aveva chiesto a forza di digiuni e preghiere e penitenze che lo hanno portato alla morte precoce.
Quindi hanno ragione i governi che cerchino di stabilire una società ordinata, che tuteli e protegga se stessa nel rispetto delle leggi, che siano ordinate a una gerarchia del bene. I paesi dove è altissima la disoccupazione e bassissima la natalità devono investire anche per aumentare il lavoro e le nascite (che poi le due cose sono correlate).
Contemporaneamente hanno lo stesso ragione i nostri pastori a ricordarci di pregare e digiunare per chiedere la grazia di saper fare la volontà di Dio, perché quando saremo pieni di Spirito Santo, abitati solo da lui, sapremo andare oltre la gerarchia del bene. Ma questa condotta non può essere una cosa imposta dalla legge (abbiamo visto cosa è successo con il comunismo), perché va contro la natura umana quando priva della grazia, bensì solo scelta e abbracciata per grazia, individualmente (questo sono i santi) e non imposta per legge statale.
Amare oltre misura non può essere un dovere stabilito per legge.
La stragrande maggioranza di sacerdoti che conosco, e che amo come una figlia, quelli che vogliono appartenere solo a Cristo, e danno la vita nel silenzio, senza curarsi delle polemiche mediatiche e politiche, hanno molto chiaro tutto questo. Pochi altri, quelli che hanno manie di protagonismo politico, no. Non parlano di peccato orginale e di preghiera, di come solo Dio ci possa dare la miracolosa possibilità di essere buoni. Hanno dimenticato che il solo loro compito è stare con Cristo e farcene innamorare.
Ecco, perdonate la semplificazione, ma le mie figlie almeno hanno capito, e io mi sono tolta un peso dallo stomaco.

venerdì 7 giugno 2019

Ancora sui migranti

Proseguiamo sul discorso migranti.
Leggo che i vescovi del Lazio hanno scritto un messaggio per la Pentecoste.
Leggo le reazioni sul blog di Aldo Maria Valli, vaticanista piuttosto critico con l'attuale papato.
Prendo l'occasione per ricapitolare alcuni pensieri.

mercoledì 5 giugno 2019

E' finita la SFISP

E dalla scuola di quest'anno ho imparato che:
  • l'identità non esiste, è fluida, è un pretesto usato come clava;
  • i latini arrivano in ritardo e gli africani hanno una propensione al lavoro diversa;
  • e comunque le storie personali sono sempre una diversa dall'altra, e generalizzare è sbagliato;
  • ma quando ti trovi davanti a certe storie ci vuole un bello stomaco;
  • le posizioni sull'immigrazione sono tutte legittime, per ciascuna si può trovare qualche elemento su cui dire "ha ragione";
  • l'Italia non ha un problema di razzismo;
  • i diritti delle donne sono un tasto sensibile;
  • eppure non trattiamo l'immigrazione islamica come diversa da quella generale;
  • i costi dell'immigrazione rimangono un mistero;
  • così come l'approccio politico alla stessa.
(lista di affermazioni tutte vere, tutte variamente uscite dalla scuola o dai lavori di gruppo, da leggere più o meno seriamente).
Speriamo che sia servito a qualcosa!