sabato 12 settembre 2015

Spalle larghe

Voglio segnalare questo post di Stefano Quintarelli, che descrive la sua esperienza di parlamentare.

Il post si compone essenzialmente di due parti: nella prima si descrive la routine della vita d'aula, con curiosità interessanti ed altre meno.
Su questa parte, l'unica osservazione che mi viene da fare è: devono essere i parlamentari stessi a proporre gli standard da usare per l'accesso alla rete? Non possono esserci degli addetti a pensare alle cose tecniche, lasciano liberi i parlamentari di pensare a governare?

Ma queste sono minuzie: la parte che mi interessa di più è la seconda, quella in cui Quintarelli descrive la sua esperienza con la "ggente" riguardo alla situazione di Uber.

Un'esperienza triste. Letta così, c'è un gruppo di persone che cerca di far bene e senza preconcetti il suo lavoro, e c'è invece un gruppo di cittadini che protestano e urlano senza ascoltare.

Si può interpretare come un sintomo della stanchezza e della sfiducia degli italiani nei confronti della politica: "è inutile che ascoltiamo, tanto loro (casta!) non ci ascolteranno mai". Allora però non capisco a che serva andare a urlare dai parlamentari, se tanto si parte dal presupposto che questi tanto non ascoltano.

A me però pare che il torto sia dalla parte degli urlatori: manca l'educazione, nel senso terra terra di non urlare, e anche nel senso di educazione al confronto, al ragionamento.

Così facendo, però, si è rovinato un gruppo che - nella descrizione di Quintarelli - bene o male funzionava come ci piacerebbe che funzionasse la politica: discussione sul merito delle cose, cercando la soluzione migliore, indipendentemente dalle posizioni preconcette dei partiti.
E questo è un peccato. In questo senso, forse, mancano di coraggio quei parlamentari che - umanamente - si sono intimiditi.

Per questo, oggi io credo che la politica sia un mestiere difficile (a tutti i livelli), e che le qualità necessarie per farla bene siano l'onestà intellettuale e le spalle larghe, per sopportare di essere politici al tempo della casta.
E' un po' quel che ho sempre detto riguardo l'amministrazione comunale: tanto di cappello per chi si rende disponibile, perché il pensiero dominante spesso è quello di alcuni di quei parlamentari attaccati a Roma: "chi me lo fa fare?".

giovedì 3 settembre 2015

Bambini e cattivi pensieri

E' arrivata su tutti gli schermi la foto del bambino siriano morto sulle coste turche.
Ho sentito i commenti di tantissimi personaggi pubblici. L'emozione, l'orrore, il dispiacere, il senso di tragedia trasudano da ogni parola.

Oggi è anche l'anniversario della strage di Beslan. Undici anni fa morivano 186 bambini nella scuola osseta.

Ma non credo di sbagliare se dico che moltissimi bambini sono morti nelle guerre in corso, in Siria, in Libia e ovunque, e altrettanti saranno morti nell'attraversare il mare per fuggire da queste tragedie.
Probabilmente ho un cuore di pietra, ma sono abbastanza stupito delle reazioni emotive all'immagine del bimbo curdo morto. Non credo che sia una novità.

Comunque, come ha detto il presidente Mattarella, evidentemente quell'immagine ha avuto una "grande forza persuasiva". Ora pare che l'Europa si stia muovendo, che si capisce che bisogna fare qualcosa.

Volendo pensare male, potremmo collegare questa consapevolezza non tanto alla tragedia di Aylan, quanto piuttosto al fatto che ormai, alla fine dell'estate - la stagione che più ha favorito chi voleva mettersi in viaggio - i profughi sono arrivati in tutta Europa, e ormai ogni Paese ha le sue gatte da pelare.
Situazione ben diversa da quella in cui i Paesi del nord si trovavano quando avvenivano le vecchie stragi sulla rotta di Lampedusa, non meno tragiche.

Volendo continuare a pensare male, oggi ciascun Paese pensa che si debba muovere l'Europa, che si debbano dividere i profughi eccetera. Secondo me, nell'ondata dell'emergenza, ogni governo pensa che in questo modo potrà avere dei vantaggi e scaricare un po' di peso ad altri Stati. Inutile dire che questo non può essere vero per tutti, e qualcuno rimarrà col cerino in mano: forse proprio i Paesi di transito, in cui senza una distribuzione programmata i profughi non si fermerebbero di certo.

Comunque, se questi cattivi pensieri possono dare vita a un sistema europeo più omogeneo, ben venga: ogni passo avanti verso l'unione europea è ben accetto.

Questa estate ha inoltre dimostrato, secondo me, che non c'è verso di fermare nè regolare l'immigrazione da disperazione: è come voler fermare il mare con le mani.
Ci sono stati diversi approcci: la Grecia ha provato a fare la gnorri, l'Ungheria ha tirato su un muro, la Francia predica bene all'Italia ma razzola male a Calais, il Regno Unito non vuole sapere nulla di nulla, l'Italia essenzialmente lascia passare chi vuole chiudendo un occhio. Tutto inutile: ciascun Paese è stato investito dall'ondata.
Per ora l'unica a fare qualcosa è stata (come spesso accade) la Germania, con l'annuncio di accoglienza verso i siriani.