venerdì 25 giugno 2021

I gol in trasferta

La UEFA ha abolito la storica regola dei gol in trasferta.

La regola mi è sempre sembrata piuttosto casuale, con un 2-1 e uno 1-0 che sia sucesso uno su un campo e uno sull'altro mi è sempre sembrato un caso.
Fu messa per evitare ripetizioni e sorteggi. Serviva un criterio, si è scelto questo. Non è detto che fosse così razionale, è un criterio senz'altro pratico.

Non c'è dubbio che supplementari e rigori aumenteranno: prima capitavano solo con una coppia di risultati identici, ora capiteranno con un sacco di combinazioni di risultati. Non è detto che la cosa sia un male: a me piacciono, i supplementari. Spesso sono un altro sport, squadre lunghe perché stanche, schemi saltati... io trovo divertenti pure i rigori.

In effetti viene a mancare la situazione in cui un gol singolo cambia la qualificata. Prima in molti casi succedeva che finora passa la squadra A, la B segna e passa la B. Se non sbaglio con la nuova regola se prima passava A (quindi aveva un gol in più sul doppio confronto), se segna B al più pareggiano e vanno ai supplementari. Questo è un peccato.

Il rischio più grosso che vedo è un effetto "golden gol" sugli ultimi 10' del ritorno: la paura di subire un gol irrecuperabile porterà due squadre pari a giocare bloccate. Oggi questo succede solo con i risultati fotocopia.

Secondo me si troverà un qualche altro modo per dirimere la situazione, nel giro di un paio d'anni. Non escludo neppure che si torni alla regola dei gol in trasferta. Magari si potrebbe fare che solo i gol dal secondo in poi valgono doppio, si diminuirebbe l'effetto dei gollonzi casuali (e si aumenterebbero le facoltà di calcolo dei tifosi, oltre alle discussioni con le fidanzate digiune).

A latere, una cosa che mi è sempre frullata per la testa è: se si va ai supplementari, tiriamo prima i rigori, decidiamo chi vince in caso di parità e poi giochiamo i supplementari. Così vedremmo sempre 30' di assalto, in cui un singolo gol di una squadra cambia la qualificata. E' la situazione che succede ora negli ultimi minuti delle partite in cui una squadra è fuori ma ha bisogno di un singolo gol per passare, e la trovo divertente.

martedì 15 giugno 2021

Lo sport e la politica

Ho avuto modo di vedere la (brutta) trasmissione Rai sugli Europei di calcio.

La prima cosa che ho notato è stata la conduttrice, Danielle Madam. Non l'avevo mai vista prima, ho pensato: "sembra una debuttante". Si sente inoltre distintamente la dizione straniera, e a volte incespica con le parole (ieri sera ha detto che il padre di Mbappé è "radicalizzato" in Camerun, invece che "radicato").
Subito dopo le pause (servizi, eccetera) va meglio e si sente meno l'accento, come se avesse tempo di "preparare" la battuta. Poi nella diretta invece si vede che è impacciata, quando Lollobrigida le dà la parola deve sempre sollecitare platealmente voltandosi a guardarla e mettendoci un "vero, Danielle?". Inoltre infila spesso degli "eeeh" come intercalare, errore frequente per chi parla in pubblico da emozionato.

Cercando in rete ho capito chi è: pesista di origine camerunense, si è distinta per un commento al caso Suarez di qualche mese fa, evidenziando il diverso trattamento tra extracomunitari "ricchi" e "qualsiasi". E' effettivamente debuttante in televisione, su un programma di punta (per il periodo) della rete ammiraglia. Tremerebbero i polsi a chiunque.
Mi pare evidente che sia stata chiamata per "politically correct".

Però rischia fa più danno alla causa che altro.
Buttare una condutrice allo sbaraglio senza tempi televisivi, con l'emozione della telecamera, della platea, fa risaltare le sue difficoltà, anche di lingua e di accento. L'impressione che se ne ricava è che non sia 100% italiana, mentre l'intenzione forse doveva essere proprio l'opposto, mi par di capire.
Conoscendo il pregresso, posso rivedere il giudizio, ma non tutti sono tenuti a informarsi sul perché lei sia lì.
Si poteva fare una scelta migliore. Stando sull'atletica, mi viene in mente Fiona May, che almeno è lungamente rodata come personaggio pubblico e davanti alle telecamere.

Allargando il discorso, mi pare pericoloso usare lo sport per rivendicazioni politiche, specialmente di tipo razziale.

Nel 2018 fece un certo rumore la foto delle ragazze della 4x400, che vinsero i Giochi del Mediterraneo, con tanto di dichiarazioni di mnistri e Salvini. Tre delle atlete componevano anche la staffetta record italiano ai Giochi di Rio, e due contribuirono al record italiano indoor.


Nel 2021 il record italiano indoor è stato battuto da questa staffetta.

Naturalmente, per fortuna, nessuno ne ha fatto una bandiera politico-razziale.

I record sono fatti per essere battuti, legarsi a queste figure per fare politica espone al rischio che corse il regime fascista quando esaltava Carnera: prima o poi Carnera viene battuto.

Senza contare che proprio lo sport può dare adito a considerazioni che sembrano di buon senso, guardando i risultati, tipo "i neri corrono più forte".
Ma ragionamenti così sono scivolosi, perché assecondano l'idea di razze superiori in certi campi, e quindi perché non in altri (tipo l'intelligenza)?
Perciò è necessario prodursi in articoli controintuitivi come questo.

Senza contare il rischio di scegliere testimonial poi scomodi, come Balotelli.

Allargando il discorso oltre l'orizzonte razziale, lo sport evidenzia casi come quello della pesista neozelandese transgender che concorre con le donne. Contribuendo a evidenziare le contraddizioni (o apparenti tali) del movimento.

Insomma, lascerei lo sport al suo spazio. E' un mondo con le sue regole, le sue dinamiche proprie, non carichiamolo di significati politici.

sabato 12 giugno 2021

I vaccini, la responsabilità e l'azzardo morale

In questi giorni c'è di nuovo tempesta sul vaccino AstraZeneca dopo la morte di una ragazza ligure di 18 anni che aveva assunto il vaccino in un Open Day.

In realtà, già da fine maggio EMA aveva emesso una relazione che descrive il rapporto rischio/beneficio di quel vaccino in diversi scenari.
Si vede che con circolazione bassa tra gli under 60 ci sono più trombosi "strane" post vaccino AZ che gente che finisce in terapia intensiva per il virus.

In questo periodo la circolazione del virus si sta abbassando rapidamente, e si avvicina a quella che EMA indica come incidenza "bassa".
In questo periodo, quindi, a prescindere dal tragico caso della diciottenne, potrebbe essere sensato non utilizzare AstraZeneca per i giovani.

Tra l'altro man mano che passa il tempo, considerato il tempo tra prima e seconda dose, si rischia che l'eventuale giovane vaccinato con AZ a fine giugno-inizio luglioriceva la seconda dose a settembre, sviluppando la copertura completa di anticorpi tardi per le riaperture autunnali (scuola eccetera).

E' vero che è difficile pensare a un divieto totale per i giovani, che ora come ora sarebbe soprattutto giustificato dalla calma della pandemia. Se un domani dovesse succedere che, causa varianti o quant'altro, si rendesse necessaria una vaccinazione massiccia e rapida, si dovrebbe riconsiderare il divieto. Lo stesso rapporto EMA evidenzia bene che in caso di diffusione virale alta (o anche solo media) la bilancia pende dalla parte del vaccino. Però allora sarebbe difficile tornare indietro.

La soluzione, senza dover esprimere divieti espliciti, sarebbe che le regioni si organizzassero da sole. Basterebbe smettere con gli "open day" dedicati ai giovani in cui si somministra AstraZeneca, e continuare secondo l'indicazione "regolare": AZ è sconsigliato sotto i 50 anni. Sono felice che in Lombardia si faccia così, e di "open day" non se ne siano visti.

Ma di chi è la responsabilità finale della scelta?

E' tutto uno scaricabarile: AIFA sconsiglia ma non vieta, "non siamo mica il ministro, non possiamo vietare".
Speranza prende pari pari l'indicazione di AIFA, "non sono mica un tecnico, se i tecnici mi dicono così è così".
Le Regioni organizzano gli "open day", per mille motivi (perché gli rimane AZ nei frigo? perché non riescono a raggiungere gli anziani a cui andrebbe? per non restare indietro rispetto alla regione vicina?), prendendosi un azzardo morale che però non è vietato.
Il generale Figliuolo avrebbe il potere di dare indirizzi e tirare orecchie ma su questa cosa non si esprime, una volta gli "open day" sono virtuosi, il giorno dopo bisogna raggiungere gli anziani che mancano...

Come al solito manchiamo di cultura della responsabilità.

Alla fine, questa ricade sul singolo cittadino: la vaccinazione non è obbligatoria, i dati (come il report EMA) sono disponibili e accessibili, un giovane decide di su spontanea volontà se presentarsi a prendere AstraZeneca.

Può essere una scelta, non dico di no. Lungi da me rifuggire la responsabilità personale.

Però, in questo caso, cambiamo l'informazione istituzionale, non martelliamo su "open day" e dovere sociale di vaccinarsi, bensì sul dovere sociale di informarsi. Appendiamo nei centri vaccinali i cartelloni con le infografiche del report EMA, i medici all'anamnesi devono chiedere "Cosa sa dei vaccini? Ha capito quanto esposto là fuori?" e proponiamo un consenso informato veramente tale.

Inoltre, noto che in un anno siamo stati (e siamo ancora) molto più dirigisti e pure iperprudenti su altre questioni (tipo mascherina obbligatoria all'aperto o divieti di passeggiata).
Non è stata usata la responsabilità personale per lasciar valutare a me se andare a passeggiare da solo in montagna o per se fosse il caso di andare al ristorante.
Ora su questo tema invece valorizziamo la responsabilità personale?
A pensar male si farà peccato, ma torniamo allo scaricabarile di cui sopra.

 

P.S. Aggiungo: magari fra qualche mese arriveranno altre analisi di rischio anche per altri vaccini, dati che oggi non abbiamo.
Se ci fosse qualche fascia d'età per cui il rapporto rischio/beneficio è sempre sfavorevole, con ogni vaccino, si porrebbe un grosso dilemma morale: un'immunità diffusa serve a tutti, come comportarsi tra rischio del singolo e vantaggio comune?
Per fortuna siamo ben lontani da questo dilemma, e comunque direi che nel rischio/beneficio del singolo va ricompreso anche il fatto di poter fare (tutti, lui compreso) una vita più tranquilla, finalmente normale.

martedì 8 giugno 2021

Tre notizie, un mondo complesso

Negli ultimi giorni sono arrivate tre notie.

La triste storia di Saman, probabilmente uccisa dai parenti.
La notizia della fossa comune degli indigeni canadesi.
Il ritiro dall'Afghanistan delle truppe internazionali.

La prima è una storia di mancata integrazione. Di persone che non hanno assimilato i valori umani occidentali. Non nel senso che sono "occidentali", ma che sono valori umani universali (la dignità della persona, la pari dignità di uomini e donne, la libertà personale), il cui riconoscimento e interiorizzazione è più diffusa in Occidente.

La seconda è una storia di assimilazione forzata. L'orrore è certamente che questi bambini siano morti così in gran numero, ma anche che siano stati strappati alel famiglie d'origine (cose simili avvenivano anche in Australia, o per altri versi in Scandinavia, dove alcune popolazioni locali venivano sterilizzate) e che non gli siano stati più restituiti.

La terza è la storia del fallimento dell'esportazione della democrazia, dei valori occidentali. Andandosene si pone fine a un'intrusione indebita, ma si lascia strada libera ai talebani. E a tante storie come quella di Saman (o forse neppure, perché magari essuna ragazza avrà il coraggio di opporsi a un matrimonio combinato). Tant'è vero che i collaboratori afghani del contingente italiano verranno portati a centinaia in Italia.

La prima storia sembrerebbe richiedere più assimilazione.

La seconda storia sembrerebbe richiedere più rispetto delle culture diverse, locali.

La terza storia rispetta le culture locali, e così facendo pone le basi per la prima.

Il mondo è un luogo veramente complesso.
Il rapporto tra culture è forse il punto più complesso del mondo interconnesso del XXI secolo.