venerdì 23 dicembre 2016

Il Natale delle lamentazioni

Lamentazione numero 1, su Roma e dintorni.
Lamentazione numero 2, su economia e dintorni.
Affidiamo alla Provvidenza che viene (rectius: è venuta) il nostro mondo, e l'uomo, affinché renda più pienamente umano il mondo stesso.Cerchiamo di imparare da quello che ci dice la realtà, di prendere il giusto insegnamento dalle cose brutte che ci stanno capitando.
Buon Natale!

lunedì 5 dicembre 2016

La scelta, prima e dopo

Alla fine ho votato No.
Ho deciso tra sabato e domenica, con un criterio diverso da quello che avevo pensato in precedenza: ho pensato a lungo termine.
Nel breve termine avrei preferito il sì, ci sarebbero stati certamente alcuni vantaggi (ed è per questo che sto odiando ciò che succede in queste ore). Ma sarebbero stati di corto respiro.
Nel lungo periodo, ho pensato che la riforma va in direzione di una società più centralizzata e più "disintermediata". Secondo me non è la direzione giusta, anche per il percorso educativo che sto compiendo per me e per gli altri che incontro con la pastorale sociale.
Se sul centralismo avevo già i miei dubbi prima, ho realizzato che la riforma così concepita del bicameralismo perfetto andava nella direzione di una diminuzione dei corpi intermedi (Senato, diminuzione del ruolo dei partiti in relazione agli elettori), mentre io credo che nella democrazia rappresentativa e sussidiaria.
Intendiamoci, nessun rischio a breve termine, ma a lungo andare la riforma disegna una società che secondo me è più esposta ai rischi del populismo, già adesso così forte. L'intermediazione secondo me permette potenzialmente pesi e contrappesi, permette un approccio più graduale alla politica e richiede una partecipazione più responsabile della democrazia diretta.
Ricordando che "il tempo è superiore allo spazio" (Evangelii Gaudium) ho preferito pensare a lungo termine.

Rassegna stampa post referendum

Blog di Beppe Grillo, 28 aprile 2015












Corriere della Sera, 16 settembre 2016










Blog di Beppe Grillo, 4 dicembre 2016







Cuore, 8 aprile 1991

venerdì 25 novembre 2016

Ragionamenti sul referendum (4)

(Prosegue da qui, qui e qui)

Infine, dopo aver passato i rassegna le modifiche più grandi e influenti della legge elettorale, valutiamo le altre modifiche: la nuova modalità di elezione del Presidente della Repubblica e le nuove forme di consultazione popolare. Credo che l'abolizione del CNEL non sia messa in discussione da alcuno, e anche io non la tratterò, pur essendo dell'idea che l'intenzione dei costituenti fosse buona e che sia stato sbagliato solo il funzionamento. A epitaffio, ricordiamo che al CNEL si deve l'istituzione del Sistema Sanitario Nazionale.

Caso migliore a Costituzione vigente

Nel caso ideale, i parlamentari riconoscono l'importanza di avere un Presidente della Repubblica condiviso e super partes e lo eleggono sempre ad ampia maggioranza (cosa in effetti già successa nella storia) senza bisogno di quorum aumentati.
Per quanto riguarda invece le leggi di iniziativa popolare, i parlamentari si fanno attenti interpreti delle proposte e portano in Aula tutte quelle accettabili per la discussione, badando che il loro filtro sia limitato allo stretto indispensabile.
I referendum trovano una ampia partecipazione popolare e forze politiche mature non approfittano del quorum per farli fallire.
L'indirizzo popolare ai lavori parlamentari avviene tramite i corpi intermedi, i partiti e nel contatto diretto tra elettori e deputati.

Caso migliore a Costituzione riformata

Anche in questo caso i parlamentari eleggono un Presidente ampiamente condiviso, senza nemmeno bisogno di arrivare agli scrutini con un quorum più basso.
Le leggi di iniziativa popolare vengono normate in maniera rapida e altrettanto rapidamente trovano una calendarizzazione nei lavori dell'Aula ed una discussione non preconcetta.
I referendum - se importanti - raccolgono una ampia partecipazione popolare sia nella raccolta di firme che nella votazione; così come i referendum propositivi e di indirizzo.
In questo caso ottimisitico le modifiche sono pressoché ininfluenti per le materie già previste dall'attuale Costituzione, visto che le clausole di garanzia pensate dalla riforma non scatterebbero mai; ma la nuova Costituzione si fa preferire per gli istituti di nuova introduzione.
Caso peggiore a Costituzione vigente

Nel caso peggiore, oggi la Costituzione fa sì che una qualsiasi maggioranza possa forzare dal quarto scrutinio l'elezione di un suo candidato Presidente, magari impresentabile, e non c'è possibilità di impedirlo.
Sempre nel caso peggiore le leggi di iniziativa popolare sono sistematicamente trascurate ed ignorate, così come gli esiti dei referendum abrogativi, quando questi non sono svuotati da campagne che puntano ad abbassare la partecipazione.

Caso peggiore a Costituzione riformata

Con la nuova Costituzione, invece, il caso peggiore probabilmente è quello in cui il Presidente della Repubblica non venga eletto per lungo tempo, per via del quorum rafforzato. Volendo essere proprio diabolici si potrebbe pensare che una maggioranza possa anche non accordarsi mai con l'opposizione su alcun nome per poter così avere il controllo delle funzioni presidenziali tramite il supplente, ovvero il presidente della Camera, eletto a maggioranza semplice. Non mi è chiaro se in questo caso i lavori parlamentari sarebbero completamente paralizzati o se potrebbero continuare "intercalati" tra gli scrutini.
I referendum propositivi e le leggi di iniziativa popolare potrebbero attendere per anni i regolamenti attuativi. Una volta predisposti, c'è il rischio che le leggi di iniziativa popolare siano sempre posticipate e comunque bocciate; mentre c'è il rischio che i referendum propositivi siano disattesi in quanto non vincolanti, oppure
utilizzati da frange populiste per pressioni con proposte irrealizzabili (uscita dall'Euro?).
I referendum abrogativi potrebbero non realizzare mai il livello di firme rafforzato necessario per un quorum abbassato.
In questi due casi è difficile scegliere tra un possibile farabutto alla Presidenza o un'impasse paralizzante. Invece credo che le modifiche sugli istituti di democrazia diretta possano introdurre qualche possibilità in più rispetto alla Costituzione vigente.

giovedì 24 novembre 2016

Ragionamenti sul referendum (3)

(Prosegue da qui e qui)

Dopo aver parlato del Senato, vediamo cosa succede alle autonomie regionali (riforma del Titolo V).

Caso migliore a Costituzione vigente

Nel caso ideale, l’attuale Costituzione può funzionare molto bene: lo Stato si occupa di alcune materie, le Regioni di tutto il resto, i conflitti vengono definiti nella Conferenza Stato-Regioni e grazie alla giurisprudenza pregressa della Corte Costituzionale. In questo modo le Regioni hanno ampio spazio per agire in autonomia in molti campi, e in caso di necessità lo Stato può intervenire con sussidiaria. Lo Stato potrà addirittura delegare alle Regioni più virtuose ulteriori competenze.
In caso di superiore interesse statale, non c’è un meccanismo di prevalenza statale, e il riconoscimento dell’interesse nazionale è affidato al ragionevole accordo tra le parti.
Nel caso ideale non c’è gran bisogno di organi di controllo (che in effetti non ci sono), visto l’accordo tra le parti in vista del bene comune.

Caso migliore a Costituzione riformata

La Costituzione riformata funziona come quella vigente nei meccanismi (vige ancora la competenza residuale regionale), ma non nelle competenze: lo Stato si occupa di molte più materie, diminuendo la sussidiarietà. Tenuto conto di questo fatto, però, nel caso migliore si può sperare che alle Regioni virtuose vengano devolute competenze aggiuntive, ripristinando una modalità di funzionamento più rispettosa delle autonomie. In caso di disaccordi sulle competenze, nel caso ideale questi sono discussi dai rappresentanti delle Regioni in Parlamento, inoltre rimane sempre la Conferenza Stato-Regioni: con queste camere di compensazione il ricorso alla Corte Costituzionale potrebbe essere ridotto al minimo.
Sempre nel caso ideale, lo Stato eviterà il più possibile l’attivazione della “clausola di supremazia”, lasciandola solo per situazioni ponderate, in cui sia assolutamente necessaria.
Se necessario, lo Stato avrà anche a disposizione eventuali “punizioni” per le amministrazioni locali che si comportassero in modo meno che irreprensibile: questo potrebbe fungere da stimolo per il miglioramento delle classi dirigenti locali.

Nel confronto tra i due casi migliori, secondo me vince la Costituzione vigente, anche se la mancanza di controlli e contrappesi fa sì che questa preferenza sia molto legata a un'idealità che sembra più un wishful thinking.
Caso peggiore a Costituzione vigente

Vediamo ora le possibilità peggiori. Nella vigente Costituzione, la situazione può completamente sfuggire di mano a ogni controllo statale: le Regioni potrebbero approfittare (anche in modo non opportuno) della competenza residuale per fare il bello e il cattivo tempo su moltissime materie, approfittando anche del fatto che non hanno la responsabilità fiscale completa di ciò che fanno. Lo Stato non avrebbe neppure il modo esplicito di far valere le proprie ragioni in caso di interesse nazionale.
A quel punto ci si troverebbe in una situazione di conflitto permanente: le Regioni legifererebbero in continuazione, anche su materie di dubbia competenza, e lo Stato farebbe lo stesso anche su materie regionali, tentando di far valere la propria supremazia anche invadendo il campo.
La Corte Costituzionale sarebbe continuamente oberata di lavoro; nel caso peggiore questo continuerebbe a succedere anche dopo molto tempo, visto che il conflitto sembrerebbe l’unico modo per opporsi alle ingerenze della “controparte”.
Lo Stato potrebbe però giocare per la carta economica per piegare le Regioni al suo volere, tagliando i contributi agli enti locali più riottosi.

Caso peggiore a Costituzione riformata

Con la Costituzione riformata, sarebbe lo Stato ad avere il coltello dalla parte del manico, tanto da avere potenzialmente molte armi per esautorare le Regioni.
Nel caso peggiore l’amministrazione centrale potrebbe continuamente invocare l’interesse nazionale, svuotando le Regioni delle loro competenze, o magari farlo solo con le Regioni di colore politico diverso. Anche la possibilità di dare competenze in più alle regioni “virtuose” potrebbe essere usata solo per gli “amici”, mentre con i “nemici” si potrebbero mettere in campo le punizioni per chi ha i conti in disordine, condizione questa piuttosto fumosa e che dipende anche dai trasferimenti statali.
La situazione sarebbe quindi molto sbilanciata a favore dello Stato.

Nel confronto tra i due casi peggiori, secondo me la riforma propone una situazione troppo sbilanciata, anche se la Costituzione vigente porta a una paralisi, mentre con quella riformata lo Stato potrebbe in qualche modo continuare a funzionare.
(continua qui)

mercoledì 23 novembre 2016

Ragionamenti sul referendum (2)

(Prosegue da qui)

Per prima cosa analizziamo la parte della riforma che riguarda il superamento del bicameralismo perfetto e la riforma del Senato.

Caso migliore a Costituzione vigente

Nel caso ideale, supponiamo di avere una classe politica attenta e diligente, composta da persone che lavorano alacremente per il bene della Repubblica.
Con l’attuale Costituzione, i deputati e i senatori potranno contribuire entrambi alla scrittura di tutte le leggi, che potranno comunque essere approvate rapidamente grazie a un forte accordo politico di maggioranza e all’assenza di ostruzionismo da parte di una opposizione costruttiva. In questo caso il doppio passaggio (Camera e Senato) è garanzia di migliore qualità legislativa e di maggiore controllo parlamentare.
Con una maggioranza coesa e un’opposizione corretta non dovrebbe essere necessario usufruire troppo dello strumento dei Decreti legge del Governo, che potrebbero restare riservati ai casi di vera urgenza.
Se per le leggi le cose funzionerebbero bene, potrebbe essere più complessa la situazione del Governo: nel caso (sempre possibile) di maggioranze diverse nelle due Camere la necessità di ottenere la fiducia in entrambe da parte dell’esecutivo potrebbe porre dei problemi anche con parlamentari lungimiranti. Se infatti sulle singole leggi può essere più facile trovare un accordo sulle cose da fare, la fiducia a un Presidente del Consiglio o a un altro è un atto molto più impegnativo, e alcuni parlamentari potrebbero essere combattuti tra la necessità di dare un Governo al Paese e il rispetto del mandato elettorale, che non prevede di solito casi così incerti.
Secondo la Costituzione vigente ogni singolo parlamentare rappresenta l’intero Paese, e non solo il suo collegio di elezione. La rappresentanza degli interessi locali, quindi, è affidata a organi complementari quali la Conferenza Stato-Regioni.

Caso migliore a Costituzione riformata

Nelle stesse ipotesi, la Costituzione che scaturirebbe dalla riforma riduce il numero dei senatori a 100, eletti indirettamente da parte delle Regioni. Supponendo che i Consigli Regionali scelgano bene i loro rappresentanti a Roma, potremmo avere una classe dirigente che si fa portavoce delle istanze locali presso il Parlamento. Probabilmente scegliendo le persone adatte si potrebbe anche ridurre il problema del “part-time”: se i senatori non avessero altro incarico locale che non rappresentare la Regione a Roma e si mettessero d’impegno nel lavoro nazionale, magari circondandosi di buoni collaboratori, potrebbero seguire in maniera sufficiente anche i lavori del Senato. Certo non sarà mai come avere un bravo senatore a tempo pieno, neppure nella migliore delle ipotesi.
Nel caso di maggioranze diverse tra le due Camere – cosa che con la nuova elezione regionale e scaglionata nel tempo dei senatori diventa più probabile* – la produzione legislativa potrebbe proseguire ugualmente, come dicevamo sopra, con accordi sulle singole leggi, mentre dovrebbe essere più facile formare un Governo, per cui basta la fiducia alla Camera.
Parlando delle leggi, senz’altro queste sarebbero più rapide: il fatto che la maggioranza dei testi venga approvato con procedimento monocamerale renderà in ogni caso i tempi più brevi che con un doppio passaggio tra Camera e Senato, per quanto bravi e collaborativi possano essere i parlamentari del sistema bicamerale.
Anche con dei senatori molto responsabili e coscienziosi, invece, sarà inevitabile un certo periodo di transizione in cui ci sarà lavoro per la Corte Costituzionale riguardo alla corretta definizione dei vari procedimenti legislativi (il famigerato articolo 70).
Con la riforma, se bene applicata, il Governo potrebbe utilizzare pochi Decreti legge, perché il tempo di conversione diverrebbe simile a quello di approvazione di leggi “con corsia preferenziale”, che sarebbero quindi preferiti (sempre in modo non invasivo per il Parlamento, se questo riuscirà ad approfittare dello snellimento procedurale per fare leggi più rapidamente).
Infine, i cinque senatori di nomina presidenziale potrebbero portare il loro patrimonio di competenze ed eccellenze, stando attenti a non alterare le maggioranze espresse dai senatori eletti.

Nel confronto tra questi due modelli, preferisco la Costituzione vigente: a fronte di un limitato guadagno di velocità legislativa, la Costituzione riformata propone una diminuzione di una buona classe dirigente. Certo questo giudizio è legato all'ipotesi che la classe dirigente sia davvero buona...

Caso peggiore a Costituzione vigente

lunedì 21 novembre 2016

Ragionamenti sul referendum (1)

Il referendum si avvicina e sto cercando di formarmi un'opinione.
La scelta è resa molto difficile da alcuni fattori.
Anzitutto non c'è un criterio di scelta univoco.
Come comportarsi con gli elementi che non sono presenti sulla scheda, ma che possono avere qualche influenza? Ad esempio: come considerare il modo in cui si è giunti alla riforma (con delega al governo, le fiducie, la maggioranza variabile)? Deve essere elemento di valutazione o no?
Considerare o no il "combinato disposto" con la legge elettorale? Da una parte la legge elettorale non è oggetto di voto. D'altra parte una valutazione è possibile solo a legislazione vigente, cioè con l'Italicum.
Considerare o no gli effetti politici del voto? Questi (pro Renzi o contro Renzi, in breve) ci saranno anche se io preferirei concentrarmi sul merito. E' quindi giusto trascurarli?

Visto che sono già abbastanza incerto (e incasinato) di mio, preferisco non considerare tutti questi aspetti accessori e limitarmi al merito del quesito e della riforma.

Anche così facendo, però, la questione non è comunque semplice, poiché si tratta di confrontare una situazione reale (la Costituzione vigente) con una situazione potenziale. Il confronto può essere quindi asimmetrico: conosciamo pregi e vizi dell'attuale sistema, mentre come funzionerà il sistema riformato può essere solo ipotizzato, e le ipotesi dipendono molto dal livello di fiducia che riponiamo nella riforma e in chi la andrà ad attuare, cioè la nostra classe politica.
Come dice mia moglie, dipende tutto dalle teste delle persone, è quelle che dovremmo riformare. Però non votiamo sulle teste delle persone.

Visto che però dovrò decidere in qualche modo, ho deciso di procedere cercando di confrontare il più possibile ad armi pari le due situazioni: supponendo di avere dei politici lungimiranti e intelligenti, quale dei due assetti costituzionali funziona meglio? E invece quale dà più garanzie supponendo un utilizzo pessimo delle regole e degli strumenti messi a disposizione dall'ordinamento?
In questo modo, considerando sia il best case che il worst case, dovrei riuscire a limitare gli elementi di incertezza.
Certo, questo comporta che il sistema attuale non venga giudicato per quello che è effettivamente, ma solo in potenza. Però mi pare l'unico modo per fare un confronto paritario con un altro sistema altrettanto potenziale. (A titolo di annotazione, la mia opinione riguardo all'effettivo funzionamento del sistema attuale è che abbia molte storture, ma che in effetti non abbiamo visto il peggio possibile.)

Nei prossimi giorni cercherò di scrivere qualcosa su questi ragionamenti.

(continua qui)

mercoledì 26 ottobre 2016

Ilaria Capua

In questi giorni sono presissimo, tra l'altro sto preparando con Matteo Faini una piccola spiegazione sul referendum, quindi non scrivo più.
Però tempo fa mi ero appuntato queste letture, per l'angolo dell'indignazione. Cultura manettara e giornalismo al seguito fanno danni incalcolabili, in questo paese. Tutta la mia solidarietà a Ilaria Capua.

giovedì 29 settembre 2016

Sul referendum costituzionale

Lunedì scorso io e mia moglie abbiamo assistito all'incontro organizzato dalle Acli bresciane e dalla Diocesi verso il referendum costituzionale. I professori Marco Olivetti (per il sì) e Mario Gorlani (per il no) hanno ragionato sulla riforma, moderati dalla direttrice del Giornale di Brescia Nunzia Vallini. E' stata una serata molto interessante, per cui spero di fare cosa gradita riportando qui gli appunti di mia moglie.


È una riforma necessaria?
SÌ: In Italia, è diffusa l’idea che le istituzioni non funzionino bene e che la Costituzione abbia bisogno di manutenzione. Siamo l’unico paese  al mondo in cui il Governo ha bisogno della fiducia della Camera e del Senato (doppia fiducia) per iniziare le sue attività. Si pone quindi il bisogno di risolvere alcuni problemi di sistema e per farlo è necessario modificare la Costituzione.
NO: Sì, una riforma è necessaria, alcune cose da correggere ci sono. Modificare la Costituzione non è una cosa impossibile ed è stato già fatto più volte, dagli anni Novanta in poi. Però uno dei nostri errori è di scaricare sulla Costituzione problemi che dipendono da coloro che ci governano (mancanza di una legge sui partiti, legge elettorale...).

Perché votare sì?
SÌ: La decisione non è biunivoca, ma ciascuna delle due posizioni assume sfaccettature diverse al suo interno. Comunque siamo indietro di  vent’anni nella risoluzione dei nostri problemi di sistema. Questa riforma dovrebbe allinearlo agli standard europei.
La riforma del bicameralismo serve a eliminare un Senato “doppione” e a conferirgli un ruolo originale. Il Senato sarà eletto tra i consiglieri regionali e i sindaci, per un totale di cento senatori, di cui cinque eletti dal Presidente della Repubblica e novantacinque dai Consigli regionali in proporzione, con almeno due senatori, un sindaco e un consigliere a regione. Queste figure avranno un doppio mandato, cioè fare contemporaneamente, per esempio, sia il sindaco, sia il senatore. Non sarà  un passaggio facile: problemi pratici saranno inevitabili. Nonostante ciò credo che il Senato possa funzionare.
Perché votare no?
NO: Anche io non mi riconosco nel no assoluto. Il no  assoluto è rischioso, pervaso di un’aura di conservatorismo costituzionale o di insensibilità di fronte alla grave crisi, non solo economica, che stiamo vivendo. Inoltre c’è la paura che il Governo si sfasci e torni una certa instabilità politica.
Secondo me la domanda migliore dovrebbe essere: “La riforma costituzionale così com’è stata scritta dà risposta ai problemi che poniamo o genererà nuove difficoltà?”. Una norma mal scritta aumenta l’incertezza. Gli articoli che danno maggiori problemi sono il 57 sulla composizione del Senato e 70 sul procedimento legislativo.

venerdì 23 settembre 2016

Sulle Olimpiadi di Roma

Al di là del modo con cui la sindaca Raggi ha liquidato le Olimpiadi di Roma (se riteneva che il ballottaggio equivalesse a un referendum, perché non ha chiuso la questione a giugno?), due ragionamenti sul merito.

Intanto è certo che quando si fanno le Olimpiadi il conto puramente economico è sempre in perdita.
Però nel conto vanno calcolate anche le infrastrutture che rimangono a Roma: una nuova metropolitana, molte riqualificazioni eccetera. Il grande evento è probabilmente l'unica possibilità che la capitale ha per fare una serie di lavori che le servirebbero ma che - vista la situazione di quasi bancarotta - non potrà permettersi. Se nei prossimi anni l'amministrazione capitolina andrà a bussare a soldi dal governo per qualcosa che sia appena più di tappare buche e aggiustare marciapiedi ci sarà da ricordarsi di questo.
D'altra parte è vero che in cambio di una serie di opere importantissime ci si troverebbe con altri "effetti collaterali" tendenzialmente inutili (alcuni impianti sono di difficile riutilizzo).

venerdì 16 settembre 2016

Il sistema periodico

Ho appena finito di leggere Il sistema periodico di Primo Levi.
E' sicuramente uno dei migliori libri che abbia mai letto. Non mi stupisce che sia stato scelto come miglior libro di scienza mai scritto.
Levi scrive benissimo, e sa raccontare la scienza e lo scienziato che è con questa stessa abilità. Per una persona di estrazione tecnica come me i primi capitoli - quelli della formazione - sono emozionanti.
Il modo con cui l'autore racconta le leggi razziali e la reazione di chi gli stava intorno è altrettanto splendido: senza fronzoli né vittimismi, asciutto, quasi incidentale nella narrazione, ma comunque significativo.
Anche l'esperienza dell'innamoramento è descritta con parole che non avevo mai letto, più vicine a quelle del vissuto reale che della letteratura.
Inoltre ho apprezzato il pudore con cui non parla quasi della moglie e dei figli in una autobiografia.
Ma il momento culminante è senza dubbio il racconto Vanadio. Prima o poi si deve arrivare al dunque, e Levi ci arriva lì. Secondo me le riflessioni in quel racconto, sul rapporto tra vittima e carnefice, tra giudice e imputato, sulla realtà in toni di grigio e non in bianco e nero sono necessarie per leggere Se questo è un uomo.
Il libro indulge in qualche autocompiacimento (la pubblicazione di racconti giovanili, che secondo me dicono poco) ma mai l'autore si dipinge per più di quello che è, mai fa il superuomo, mai il giusto tra le nazioni. Non esita a descrivere le debolezze. Però queste sono piccola cosa, al confronto a quello che per Levi è il peccato più grande, forse inescusabile: l'indifferenza al male.

martedì 13 settembre 2016

Esaù

Esaù ha rinunciato al privilegio a lungo termine della presenza di un curato primogenitura in cambio del vantaggio immediato e momentaneo di non avere uno con cui non si va d'accordo un piatto di lenticchie.

mercoledì 7 settembre 2016

Ahi ahi Roma

Il mese prossimo sarò di nuovo a Roma, a vedere l'effetto dell'amministrazione grillina.
Per ora, alcuni pensieri sparsi.

Roma è irrecuperabile. Ora ne abbiamo la prova. Le abbiamo provate tutte. La destra dopo decenni di sinistra, e Alemanno si è messo a occupare tutto l'occupabile. La sinistra "diversa", che vien da fuori, e Marino è stato mangiato vivo da chiunque rappresentasse un qualche potere a Roma - compreso il suo partito. I Cinque Stelle si rivelano facile preda degli stessi maneggi da parte degli stessi ambienti.
Forse un commissario con poteri di dictator potrebbe fare qualcosa. Ma ormai la do per persa.

I Cinque Stelle stanno affrontando il fatto che non esistono risposte semplici a problemi complessi. Che in politica non esistono regole universali sempre ciecamente valide, che fare buona politica vuol dire scegliere ogni volta qual è la cosa giusta da fare. Che ci sono i princìpi, ma la loro declinazione in pratica non può essere risolta in uno statuto (tra l'altro già disatteso plurime volte).

Virginia Raggi sta dando ragione a chi la descriveva come una marionetta. io non ci avevo creduto, e me ne dispiaccio.

Secondo me finirà con i Cinque Stelle che metteranno sotto tutela Raggi, ribalteranno la giunta, governerà il direttorio (che nome triste) e si andrà avanti continuando ad alzare la voce e a comportarsi come oggi con chiunque non sia del loro partito. In una politica fatta di "noi e loro" va così.

venerdì 26 agosto 2016

L'illusione della scolarizzazione progressiva

Ci sono stati e ci sono molti dibattiti, alla luce della Brexit, di Trump, dei populismi che avanzano minacciosi per l'Europa. Alcuni di questi dibattiti hanno anche osato intaccare un totem delle democrazie moderne, il suffragio universale. Qui, qui, qui e qui alcuni esempi del dibattito.
Per ora siamo solo a livello di disquisizioni teoriche, ma il principio è sempre quello: stabilire una "soglia minima" per votare, con un esame di cittadinanza, un "peso" differente a seconda delle competenze eccetera.

A me sembra un po' un discorso da snob frustrati perché il mondo non va come si vorrebbe. Intendiamoci: anche a me non piace come va il mondo, ma non credo che porre limiti al suffragio sia una strada praticabile, anche se spesso mi tenta. Non lo credo perché se provo a pensare a un modo pratico di porre questi limiti non mi viene in mente nulla di oggettivo. Chi scrive i test? Chi decide chi sono i "competenti"? Insomma, secondo me la scelta è tra il suffragio universale e l'arbitrio, e allora mi tengo il primo.

Detto ciò, però, vedo i problemi e non posso fare a meno di chiedermi da dove vengono. Cosa abbiamo sbagliato?
Secondo me nel pensiero ottocentesco che ha accompagnato l'espansione della democrazia c'era una valutazione troppo ottimistica della razionalità delle persone. Il diritto di voto è stato man mano allargato, più o meno di pari passo con la scolarizzazione. Si pensava che man mano che le classi popolari avrebbero avuto accesso ad un'istruzione, ciò sarebbe stato sufficiente per votare "bene", a ragion veduta. Si pensava che le persone non fossero irrazionali, stupide, egoiste o umorali, ma semplicemente illetterate. Una volta risolto il problema educativo si avrebbero automaticamente ottenute persone in grado di votare (e vivere) coscienziosamente.

Gli ultimi cinquant'anni hanno smentito quest'ipotesi.

Negli ultimi decenni la popolazione ha avuto ampio accesso alla scuola e all'istruzione, ma le sacche di stupidità, di poca intelligenza, di egoismo e di irrazionalità sono rimaste ben diffuse. Nonostante i titoli di studio continuino a diffondersi, la gente non è meno "ggente", se mi si passa il gioco di parole.

Perché? Ci sono due possibili risposte.
Una è pensare che l'umanità (o meglio: una parte degli uomini) sia irrimediabilmente bacata, egoista, miope, e che non ci sia istruzione o educazione che tenga.
L'altra è pensare che in realtà siamo di fronte a un fallimento educativo, che l'istruzione e l'educazione che forniamo non siano fatte bene.

Visto che la soluzione 1 porterebbe semplicemente a sedersi in riva al fiume con la pipa in bocca, preferisco pensare alla 2 e continuare a cercare di fornire il mio piccolo contributo educativo a questo mondo.

mercoledì 24 agosto 2016

Preghiera

Una preghiera per la nostra parrocchia, il nostro oratorio, il parroco e il curato. Che lo Spirito li illumini.

mercoledì 17 agosto 2016

Momenti olimpici

La cosa che mi è piaciuta di più è stato vedere tutti gli allenatori e tuffatori di altre nazioni andare a complimentarsi con Tania Cagnotto dopo la medaglia.
E' bello vedere una tale stima. Si vede che parliamo di una bella persona, oltre che di un'atleta fantastica.
Avrebbe meritato la stessa cosa anche la Ferrari. Ma il rimpianto vero è per Londra, qui poteva non starci.

martedì 2 agosto 2016

Il ballottaggio come forma di filtro

Ritorno sul ballottaggio, di cui parlavo qualche giorno fa. Sono in una fase in cui me ne sono praticamente innamorato, e oggi gli attribuirò proprietà taumaturgiche varie, tra cui quella di salvare la democrazia.

Prima di tutto, uno sguardo a questa tabella. Come si vede, Hitler prese il potere in Germania senza avere la maggioranza dei voti: al più arrivò al 43%, mai al 50%.
Poi, riportiamo alla mente quanto successe nel 2002 in Francia. Nel 2002 il candidato di estrema destra non potè sfondare al ballottaggio per l'opposizione congiunta dei candidati di destra e sinistra, che si unirono contro Le Pen.

Mi pare chiaro che il ballottaggio, oltre a conferire una legittimazione popolare ad una maggioranza parlamentare magari assente al primo turno, può fare da argine a proposte evidentemente inaccettabili, permettendo all'elettorato di "correre ai ripari" dopo il primo turno. E' quello che è successo in Francia alle regionali del 2015 e in Austria di recente, al netto delle successive decisioni legali: il candidato dell'"arco costituzionale" ha recuperato un distacco notevole dal candidato di estrema destra.
Se c'è un ballottaggio, un candidato "pericoloso" o "impresentabile" deve davvero raggiungere il 50% dei voti per prendere il potere. Laddove c'è un proporzionale o un premio di maggioranza, o anche un uninominale secco, non è così, la soglia può essere più bassa. In Polonia il partito di estrema destra governa con il 37.5% dei voti, per esempio.

In un certo senso anche in America il bipolarismo permette meccanismi di questo tipo: l'elezione presidenziale corrisponde a un ballottaggio sui generis, in cui in effetti i candidati più estremi come McGovern e Goldwater sono sempre stati emarginati. A novembre vedremo se il "filtro" reggerà ancora, o se Trump sarà in grado di raggiungere il 50%.

Io non rinuncerei a cuor leggero a un simile meccanismo di salvaguardia, specie con questi chiari di luna.
Non certo solo perché in Italia Salvini fa l'utile idiota di Grillo e rischia di far vincere i 5 Stelle. Non mi pare un motivo sufficiente. Lo strumento in sé mi sembra più che buono, se poi gli italiani non lo sapranno usare, ce lo saremo meritato.

venerdì 22 luglio 2016

Cambiamo l'Italicum? No, grazie

Non ricordo se ho scritto della legge elettorale, in passato.
Non è perfetta, ma secondo me è un passo avanti rispetto al Porcellum.
In particolare, ho sempre trovato un uovo di Colombo l'idea del ballottaggio: il premio di maggioranza rimane ampio e sufficiente (con una sola Camera) a governare, ma viene assegnato dopo un voto popolare in cui il vincitore prende per forza più del 50% dei voti, e non più (come nel Porcellum) dopo un voto in cui il primo può avere anche solo il 25% dei voti.
Ora non mi è chiaro come dovrebbe funzionare l'abolizione del ballottaggio, "perché adesso c'è il tripolarismo". Anzi, proprio perché c'è il tripolarismo, è necessario il secondo turno: al primo non si avrà mai un vincitore certo, né una quantità di voti tale da meritare il premio di maggioranza.
A meno che non si cambi radicalmente la legge elettorale (non solo ritocchi, quindi), passando a un maggioritario a collegi uninominali all'inglese, che però rischia di essere ancora più distorsivo in termini di rappresentanza.
Oppure si rinunci all'idea del vincitore certo, e continuiamo con le larghe intese. Non credo che sia una prospettiva auspicabile. Il secondo turno serve, se poi gli elettori lo "usano male", votando "contro", avranno il governo che si scelgono e che si meritano.

giovedì 14 luglio 2016

Dopo il Corpus Domini

Nota: questo post è di più di un mese fa, ma mi è rimasto tra le bozze fino ad oggi! Lo pubblico comunque, non mi pare così "invecchiato".

Ho seguito l'omelia di don Renato per il Corpus Domini.
Dopo aver sottolineato che l'Eucaristia e la Chiesa non possono essere "fuori" dalla società, il parroco ha fatto alcuni riferimenti ad argomenti di attualità, stigmatizzando la poca partecipazione dei parrocchiani alle iniziative su immigrazione e salute.

Una persona che conosco ha commentato: "E dov'era don Renato quando si facevano le iniziative contro la discarica?". Mi ha fatto pensare.
E' vero: la partecipazione dei cittadini cristiani alla vita politica e sociale non può esplicarsi solo nelle iniziative "timbrate" Parrocchia, ma vive nella società di tutti i giorni. Per fortuna, direi.
Dobbiamo stare attenti, come comunità cristiana, all'equivoco per cui la nostra partecipazione sociale sia legata solo a momenti che hanno un certo "placet", potremmo dire, perché questa interpretazione è molto limitativa.
Anzi, mi chiedo se il compito di una Parrocchia o di un Consiglio Pastorale non sarebbe prima di tutto quello di fornire strumenti ai cristiani per agire da cristiani all'interno delle iniziative sociali e politiche che ritengono più opportune, piuttosto che organizzare in proprio queste stesse iniziative.
Naturalmente non è proibito attivare iniziative proprie, espressione di alcune sensibilità o priorità che possono essere presenti nella comunità, ma secondo me prima di tutto dovrebbe esserci una formazione socio-politica di base. Se questa fosse fatta bene, probabilmente i cittadini sarebbero stimolati a prendere in mano anche da soli queste tematiche, e non ci sarebbe bisogno di organizzarle come Parrocchia.

Un'alternativa potrebbe essere quella di cercare una collaborazione con le realtà non parrocchiali che si occupano di queste tematiche. Questa è una scelta difficile e coraggiosa: richiede un ponderato discernimento e rischia di esporre all'accusa di politicizzazione (si immagini se il CPP esprimesse pubblico appoggio all'iniziativa di qualche Comitato locale). Però se davvero si crede in certe tematiche non si può prescindere dall'affidarsi alla responsabilità laicale anche in questi campi, fidandosi dei cristiani sul territorio.

Se poi la frase della mia conoscente era riferita di persona a don Renato, allora potremmo pensare che era un po' ingenerosa, considerando tutti gli impegni che un prete ha dalla mattina alla sera.
Però i preti non sono gli unici che hanno impegni... c'è anche chi ha famiglia, lavora, insomma può non avere tempo di partecipare a tutto. Magari tanti cristiani (ne conosco) hanno preferito impegnarsi in iniziative civiche, sociali e politiche diverse da quelle proposte dalla Parrocchia. Insomma, su questo tema non si può invocare l'esclusività.
Se un (se-dicente) cristiano non va a Messa, non può certo rivolgersi altrove per mostrare il suo impegno liturgico. Se però un cristiano non partecipa agli incontri sociali della Parrocchia, non è detto che non si impegni attivamente, da cristiano, nella vita civile.

giovedì 7 luglio 2016

Agorà e il fondamentalismo

Se oggi dovessi suggerire un film sul fondamentalismo, suggerirei Agorà di Amenabar.

Al di là delle discussioni sulla storicità del film, che resta un'opera di fantasia e non un documentario e che comunque racconta di un personaggio (la filosofa neoplatonica Ipazia) su cui le fonti dirette dicono pochissimo, la pellicola è interessante. Ci sono parecchi elementi che danno da pensare, specialmente a una seconda visione, che superi la prima impressione sui cristiani cattivi e intolleranti contro una donna "illuminista".

I parabolani presentano le due facce dei fondamentalisti: quella caritatevole, di fede vera e profonda ("Questo è il vero miracolo!", dice Ammonio a Davo riferendosi alla distribuzione del pane) e quella di soldati di Dio, con l'invocazione di un concetto molto medioevale come quello del "giudizio di Dio" (sempre Ammonio dice a Davo che se loro sono ancora vivi dopo le battaglie che combattono è perché Dio li protegge e quello che stanno facendo - uccidere gil ebrei - incontra il suo favore).

La figura di Cirillo d'Alessandria incarna il tipico "cattivo maestro", che non incita mai esplicitamente alla violenza, ma propone le sue catechesi "estremiste" invita poi i parabolani a trarre le conseguenze.
Si noti anche il continuo richiamo alla lettera della Scrittura, senza interpretazione o visione globale. Ricorda qualcosa, vero?

Si apprezza anche il fatto che le violenze dei parabolani (prima contro i pagani, poi contro gli ebrei) sono sempre causate da un attacco precedente. Insomma, sembra che i parabolani abbiano qualcosa dello Statodi Israele di oggi, che spesso ha reazioni sproporzionate all'offesa.
La dimensione dei cristiani è determinata anche dal fatto che sono degli ex-oppressi: a inizio film, quando Ammonio disputa con il capo pagano. Mentre Ammonio discute "filosoficamente" gli dei tradizionali, il pagano risponde irridendo il cristiano che fino a poco prima era un fuorilegge nascosto nelle catacombe. Non un prototipo di tolleranza, insomma...

martedì 5 luglio 2016

Forse sono una brutta persona

Nel ricordare con una preghiera i morti di Dacca - tutti, non solo gli italiani - li affido al Signore.
Appena arrivata la notizia, ho pensato più o meno a questo (il testo, non la foto). Forse sono una brutta persona.
Per rimendiare, questa sera ho ricordato nella preghiera anche tutti i lavoratori sfruttati nel settore tessile in Bangladesh.

sabato 2 luglio 2016

Italia-Germania, ancora

Quattro anni fa avevo scritto questo post beneaugurante.
Oggi la situazione secondo me è questa:
  • la Germania è la stessa del 2012: fortissima. Campione del mondo, tra l'altro, con la consapevolezza che ne deriva.
  • l'Italia è complessivamente più scarsa del 2012, anche se con una difesa migliore (ovvero: la stessa, ma con 4 anni di dominio in più, un Barzagli che non è peggiorato di certo, un Bonucci che è migliorato tantissimo).
Io dico 80% Germania e 20% Italia. Certo se l'attaccante tedesco è il Mario Gomez visto in Italia, direi che la BBC può tenerlo... ma è tutto il resto della squadra che mi preoccupa. Inoltre i grandi numeri sono contro di noi...
Vedremo fra tre ore.

mercoledì 29 giugno 2016

Due cose telegrafiche dopo la Brexit

La prima. Non capisco la fretta di Salvini e degli altri euroscettici. Hanno la "fortuna" di avere qualcuno che si offre da cavia per uscire dalla UE. Io direi: vediamo come va a loro per 5 anni, chi ci guadagna e chi ci perde, e poi facciamo un referendum anche noi più a ragion veduta.
La seconda. Cameron batte Renzi quanto a galateo istituzionale: prima del referendum nega le dimissioni in caso di sconfitta, sostenendo che il referendum non è su di lui - ed evitando di politicizzare la sfida. Dopo la sconfitta ne prende atto e si dimette. Esattamente quel che avrebbe dovuto fare il Presidente del Consiglio italiano sul referendum costituzionale.

martedì 21 giugno 2016

Due cose telegrafiche dopo le elezioni

...ma non sulle elezioni, perché non ho tempo.
La prima è che questa evoluzione mi ricorda quella di Berlusconi, che è partito da Alfredo Martino e Giuliano Urbani ed è arrivato a Santanché e Razzi.
La seconda è che mi disturba assai vedere i grillini indicati con il colore giallo. In tutta Europa il giallo è il colore dei liberali. I grillini di liberale non hanno nulla. Usate un arancione, un viola, un bianco come il simbolo, ma lasciate stare il giallo.

venerdì 10 giugno 2016

Elogio dell'astensione

Mi sono sempre dato da fare per votare. Finora ho votato in tutte le occasioni in cui non ero impossibilitato fisicamente a farlo, referendum compresi. Ho sempre pensato che il voto sia un dovere civico, in ogni caso.

Riflettendoci un po' su, però, mi sono parzialmente ricreduto. Proprio perché il voto è un dovere civico, un diritto pagato col sangue dei partigiani e da non dare per scontato, è anche necessario esercitarlo con responsabilità. In maniera il più possibile consapevole e informata.

Se uno si rende conto di non essersi informato a sufficienza, di votare solo per sentito dire, di aver prestato orecchio solo a qualche slogan e a qualche manifesto, o a qualche santino portato da qualche conoscente, forse - in coscienza - sarebbe meglio non esercitare il diritto di voto.
Il massimo della civicità, in questo caso, sarebbe recarsi al seggio e votare scheda bianca, in modo da evidenziare che non si tratta di "lazzaronaggine" riguardo al voto.
In questo caso si tratterebbe di delegare al voto gli altri cittadini, i quali - visto che votano - si presuppongono più preparati ed informati. Sarebbe un "mi fido di voi".

Certo, nella valutazione bisogna tenere conto del fatto che, a sensazione, spesso chi vota più convinto non è sempre bene informato e consapevole fino in fondo. Si rischia quindi di lasciare la parola a persone che, semplicemente, si fanno meno scrupoli di coscienza nell'esercizio del diritto di voto.

Ciò non toglie che ci possa essere una forma "virtuosa" di astensione.

domenica 5 giugno 2016

La finale di basket

Io dico 4-1.
Ho visto gara 1, Reggio è tanta roba, a livello di giochi sembra San Antonio, ma la sua occasione l'ha persa l'anno passato. Milano è troppo più alta, lunga, pesante e prima o poi un break lo piazza. Un peccato per due giocatori come Lavrinovic e Kaukenas, che campioni!, ma i miracoli non succedono sempre. Una serie da 7 gare Milano la perde solo contro squadre "matte" come la Sassari dello scorso anno, non contro squadre già al 100% del rendimento come Reggio. Avrebbe avuto più possibilità Avellino, in questo senso.
Per me Milano vince stasera, poi una delle due a Reggio e chiude in casa. Vedremo.

domenica 29 maggio 2016

Gran Giro d'Italia!

E' appena finito il Giro. E che Giro! Divertente, incerto e combattuto.

Alla fine ha vinto il corridore migliore, per esperienza, gestione di squadra e attributi. Nibali è veramente un signor campione: non al livello di Contador, forse nemmeno di Quintana e Froome, ma avanti a loro per coraggio, fantasia e attributi. Quello che ha fatto nelle ultime 48 ore è stato fantastico.

Il corridore migliore per la gamba era certamente Kruijswijk: l'olandesone non ha vinto il Giro per un errore suo e per sfortuna (non tutti gli errori si pagano sempre allo stesso modo). A me era piaciuto molto già lo scorso anno, e tifavo sinceramente per lui. L'assenza totale di squadra non ha aiutato per nulla: non avrebbe vinto, ma se dopo l'Agnello avesse avuto un compagno ad aiutarlo staremmo parlando di podio.
Gli auguro di avere altre occasioni, ma ho paura che una così per vincere non gli ricapiterà più. Potrà fare altre top 5, magari altri podi, ma aveva la gamba della vita. La sua corsa è il Giro: al Tour temo che avrà sempre troppa concorrenza, la Vuelta la vedo meno adatta alle sue caratteristiche. Comunqie continuerò a tifarlo.

Chaves è un bellissimo personaggio, ma in sella mi ha fatto meno impressione degli altri. Forse ha raggiunto il picco di forma nel fine settimana scorso. Vedremo il futuro: potrà far bene senz'altro, ma secondo me non è un crac a livello di Quintana o Nibali. Più un Purito Rodriguez, così a occhio. Potrà raccogliere podi in altri grandi giri in cui la concorrenza non sia eccessivamente competitiva.

Valverde è un campione fenomenale. Un corridore con quello spunto veloce a 36 anni, e che resiste così bene in montagna! E che corre per vincere da febbraio a ottobre (altro che la superspecializzazione dei ciclisti moderni)! Sono felicissimo che sia arrivato a podio. Certo, forse ci voleva un podio a quattro.

Jungels ha fatto vedere cose egregie: un passista fortissimo che si difende in salita, un tipo di corridore da corse a tappe come non se ne vedevano dai tempi di Zulle. Lui è giovane e può crescere ancora, ma certo è più un uomo da corse a tappe che da classiche.

Mi spiace per la maledizione di Nizzolo, ma Arndt ha fatto un bellissimo Giro, in cui si è reso utile per la squadra e si è fatto vedere persino in montagna.

Ulissi ha avuto una tenuta nei tapponi che mai mi sarei aspettato. A Andalo e Risoul ha fatto i bambini coi baffi. Non arriverà mai a una top 10, secondo me, ma potrebbe - con una sturttura favorevole del percorso - arrivare a tenere la maglia rosa per qualche tempo. Comunque sembra fortissimo, passa dalle volate alle salite come un Valverde in miniatura. Aspetto di vederlo al Tour.

Uran non l'ho capito: sarà stata la bronchite? Ieri era fortissimo, e alla fine è arrivato settimo, una bella posizione per uno che è costantemente stato deludente. Fino a ieri pensavo che si fosse giocato l'ultima chance di fare classifica da capitano, ma forse un'altra possibilità ce l'avrà.

Pozzovivo avrà preso atto che ormai la china discendente è iniziata, e che forse è il caso di puntare alle tappe o riciclarsi come gregario.

Cunego ci ha provato, a cambiare approccio, ma la maglia blu è sfumata all'ultima tappa. Però non si può pensare di puntare a quel traguardo e sparire sulle due tappe più ricche di punti: purtroppo anche Damiano ha dimostrato di essere un ex-grande corridore.

Il percorso è stato magnifico. Forse tutte quelle tappe oltre i 2000m sono un rischio, ma è andata bene. Per il resto, tappe per velocisti ma con finali non banali, tappe mosse, tappe adatte a trappoloni... bellissimo. Anche se poi il percorso lo fanno anche i corridori.
L'ideale sarebbe stato un Giro come questo con i tifosi olandesi...

mercoledì 25 maggio 2016

La bicicletta verde

L'altra sera ho visto su Iris il film La bicicletta verde.
Lo consiglio. Secondo me ci sono molti parallelismi con Storia di una ladra di libri, di cui ho già parlato: ci sono due ragazzini (la protagonista e il suo giovane amico innamorato) la cui piccola storia si innesta su uno sfondo storico fatto di un ambiente non facile, né per loro né in generale.
Dà i brividi pensare che mentre Storia di una ladra di libri è un film ambientato negli anni '30, La bicicletta verde è un film ambientato nell'Arabia contemporanea.
Però pensavo che fosse stato girato in un Paese diverso, invece scopro che è stato girato a Riyad. Speriamo che l'abbiano anche lasciato proiettare...

lunedì 16 maggio 2016

Il capitale umano

La scorsa settimana ho visto su Raitre il film Il capitale umano, pluripremiato in occasione dei David di Donatello e molto apprezzato.
Non l'ho trovato un capolavoro come ho sentito dire. Un bel film, costruito con abile e apprezzabile mestiere nella sceneggiatura, ma anche con qualche pecca. Secondo me è un bel thriller, che mantiene la curiosità fino alla fine per la parte diciamo "gialla" della storia.

venerdì 13 maggio 2016

Propaganda referendaria

Ieri sera ho visto (un po' di) Renzi da Vespa.
Riguardo al referendum costituzionale mi è piaciuto assai più lui dell'interlocutore De Bortoli. Mi sembra che chi insiste sulla personalizzazione del referendum siano più i giornalisti che Renzi stesso, che ha risposto nel merito dell'argomento. Non ha aggiunto nulla di nuovo, e non ha cambiato la mia impressione, ma è stato sul pezzo, non ha preso in giro i "professoroni" o i "professionisti del no" come gli è capitato di fare in altre occasioni. Insomma, è stato abbastanza rispettoso. Un paio di volte gli è scappato lo slogan sulle poltrone e su quelli attaccati allo stipendio, ma tutto sommato si è comportato bene.
Quasi mi pare che il problema non sia tanto Renzi, quanto i renziani (basta leggere l'Unità), che distorcono il dibattito con argomentazioni sbagliate.

domenica 8 maggio 2016

Giro d'Italia in Olanda

Ho appena finito di vedere la terza tappa del Giro.
Sportivamente questo weekend olandese non è stato molto significativo: 10km di crono (poca cosa) e due piattoni.
Però, che pubblico! Al cavalcavia GPM di oggi sembrava di essere sulle Alpi.
E che storie, per gli olandesi: Dumoulin in rosa per un centesimo, e oggi Tjallingii che centra l'unico obiettivo raggiungibile nei tre giorni a casa sua, la maglia azzurra, e porta sul podio i suoi due figli biondissimi come due olandesi da cartolina davanti a una folla che lo osannava nemmeno avesse vinto il Mondiale.
Non ci avevo mai pensato, ma se non si è italiani, francesi o spagnoli non c'è la possibilità di avere un Grande Giro in casa, con annesse "visite parenti" eccetera.
Belle storie di sport.

lunedì 2 maggio 2016

Back in action

Ok, dovrei avere finito di importare tutto... dovrei essere pronto a riprendere l'attività.
Vediamo se funziona...

sabato 12 marzo 2016

Elogio del volontariato

Sabato scorso ho partecipato a un incontro della SFISP sul Welfare, in cui la dottoressa Chiara Lodi Rizzini ha presentato alcune esperienze di "secondo welfare", ossia - in parole molto povere - di welfare compartecipato da soggetti pubblici, privati e del terzo settore, caratterizzato da un impegno a responsabilizzare il beneficiario.

Nel presentare l'argomento, la dottoressa ha mostrato come per le statistiche l'Italia spende in spesa sociale circa il 30% della spesa pubblica complessiva, dato in linea con la media dell'Europa a 15. Il problema è che questa spesa è per il 60% pensionistica, valore che invece ci colloca molto sopra i partner europei. Questa non è una novità: in Italia abbiamo moltissimi pensionati, per l'anzianità della popolazione e per gli anni di pensionamenti troppo facili.

In attesa che la vituperata riforma Fornero riequilibri un po' le cose, è chiaro che se a parità di spesa sociale si spende di più per le pensioni restano meno soldi per gli altri capitoli: disoccupazione, housing sociale, povertà...

Il cosiddetto secondo welfare va ad agire spesso in queste direzioni, e permette - collaborando con associazioni di volontariato, o enti non profit - di realizzare un moltiplicatore per la risorsa pubblica: se lo Stato dà un contributo a una associazione, la quale può contare su erogazioni private e/o su lavoro volontario da parte dei cittadini, il servizio fornito potrà avere un controvalore ben superiore all'importo imegnato dallo Stato.

Io non so se sia giusto o meno che siamo "ridotti" così, che lo Stato debba appellarsi alla buona volontà dei cittadini e senza di essa non possa permettersi livelli di assistenza ottimali. Chi crede nel primato della sussidiarietà magari sarà lieto così, chi non ci crede troppo penserà a un fallimento del ruolo pubblico. Però la situazione è questa, e credo che si debba prenderne atto. Continuare a dire "lo Stato dovrebbe..." è inutile, è ululare alla luna.

Cominciamo invece a impegnarci in prima persona, invece di chiedere solamente. Impegnamoci nel volontariato, o se possiamo contribuiamo "in solido" con la beneficenza alle cause che più sentiamo vicine. Il secondo welfare dipende essenzialmente da queste disponibilità.
Conviene anche a noi: se in un panorama di ristrettezze vogliamo ricevere comunque un'assistenza ottimale laddove sia necessaria, l'alternativa al secondo welfare è che accettiamo di vedere aumentare il prelievo fiscale. Possiamo anche invocare una spesa migliore da parte dello Stato, più efficienza eccetera, e senz'altro io sono il primo a farlo; ma visto che le pensioni bisogna continuare a pagarle (non si vorrà tagliare su quelle! Di solito non è una strada molto popolare) lo spazio di manovra non è molto ampio da questo punto di vista.

Allora non è meglio che scegliamo noi cittadini a chi debba andare il nostro impegno, o i nostri denari, senza che arrivi a prelevarli il fisco - e che li metta dove vuole lui?
In questo modo ciascuno può seguire le sue corde e le sue inclinazioni personali. Se uno ha l'idiosincrasia per i preti faccia servizio in Croce Verde. Se uno si sente portato per l'Islam faccia un'offerta alle associazioni che si occupano di immigrati e mediazione culturale. Se uno al contrario è allergico ai servizi sociali perché pensa che tutti i soldi vadano agli immigrati, faccia un'offerta al FAI, o faccia volontariato alla casa di riposo del paese, dove di negri (ancora) non ce ne sono.

Possiamo dirlo con Kennedy: non chiederti cosa può fare il tuo Paese per te, ma chiediti cosa puoi fare tu per il tuo Paese.
Possiamo dirlo con gli scout: cerca di lasciare il mondo un po' migliore di come lo hai trovato.
Possiamo dirlo con papa Francesco: se la misericordia non tocca le tasche, è ben poca cosa.

Fatto sta che alla fine tocca a ciascuno di noi rimboccarsi le maniche, e contribuire per quello che può. In ogni modo. Torna buono anche a noi stessi.

mercoledì 9 marzo 2016

RIP Gino Corioni

Ricordo la festa per la prima promozione in C1, in piazza col bandierone arancioblù.
Uno che ci credeva e che non si è risparmiato, prima per Ospitaletto (cioè, C1!!!!) e poi per il Brescia, andando probabilmente oltre le sue possibilità (cioè: Baggio!).

Grazie Presidente.

domenica 6 marzo 2016

Buon compleanno Olimpia

Oggi al Forum si è festeggiato l'ottantesimo compleanno dell'Olimpia Milano. La storia del basket italiano è sfilata sul parquet. Mi ha fatto moltissimo piacere che insieme a leggende vincitrici di ogni cosa, da Meneghin in giù, sia stato invitato Richard Mason Rocca. Vero Fiero il Guerriero di anni più complicati.

sabato 27 febbraio 2016

Intervallo

E' un periodo in cui sono presissimo, e non ho molto tempo per scrivere. Per farmi "perdonare" lascio un link a una lettura interessante.

venerdì 19 febbraio 2016

Scuotere la polvere

Torno ancora sull'argomento delle missioni popolari proposte dalla nostra parrocchia, su cui mi ero già dilungato.

Ci torno perché un Vangelo di pochi giorni fa (Mc 6,7-13) e un commento di don Pierino al corso biblico mi hanno fatto riflettere sulla fondatezza della proposta di missione popolare.

Come già scrivevo nei post precedenti, i destinatari delle missioni, i nostri compaesani, sono in stragrande maggioranza persone già raggiunte dall'annuncio di Cristo, continuamente ribadito in inviti, catechesi ICFR, avvisi, volantini, proposte eccetera. Ha senso incaponirsi nel perseverare nell'annuncio o bisogna rispettare la libertà dei figli di Dio di dichiararsi non interessati?

Nel brano di Vangelo citato, proprio il brano della missione, Gesù è esplicito su come comportarsi con chi rifiuta l'annuncio:
andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro.

Non dice di insistere, di tornare: dice di voltare le spalle e scuotere la polvere dai calzari, segno che non si vuol avere nulla in comune con gli "impuri" (lo scuotere la polvere era gesto di purificazione).

Gesù anche in altri passi del Vangelo è terribile con chi rifiuta l'annuncio. In Mt 11,16-24 chi ha ricevuto la buona notizia e non l'ha accolta è descritto come colui che non ha ballato alla musica né pianto ai lamenti, e la conclusione è terribile:
Nel giorno del giudizio Sodoma sarà trattata meno severamente di te!

E ancora, ricordiamo la parabola di Lazzaro e del ricco Epulone (Lc 16,19-31), in cui c'è quello che secondo me è il caso più simile alla nostra odierna società scristianizzata: il ricco Epulone chiede ad Abramo di mandare un nuovo annuncio ai suoi fratelli. Abramo risponde in maniera altrettanto dura: hanno già ricevuto l'annuncio, se lo hanno rifiutato non crederanno nemmeno con Gesù: è inutile insistere:
Se non ascoltano Mosè e i profeti, non si lasceranno persuadere neppure se uno dei morti risuscita.

Figuriamoci se saranno convinti dalle missioni popolari...

La risposta che si pone di solito di fronte a queste osservazioni è la citazione della parabola dell'amico importuno (Lc 11,5-9), in cui si fa l'elogio dell'insistenza. E' vero, ma - come spiega don Pierino - questa è l'insistenza nella preghiera verso il padre.

Ecco quindi ciò che dovremmo fare: pregare molto di più di quel che facciamo e dare testimonianza con i fatti, perchè (Mt 7,21)
Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.

Le pecorelle smarrite sono affidate alla misericordia del pastore, più che alle altre pecore.

domenica 14 febbraio 2016

Grazie

Grazie alla Polisportiva Marmentino che ha organizzato, al mio amico Gianluca che mi ha invitato, a Carlo che ci ha accompagnato, a mia moglie che ha collaborato, al Padre Celeste che ha creato tanta meraviglia e che ci ha accompagnato con un tempo spettacolare.

La ciaspolata di ieri sulle pendici del monte Ario è stata una delle più belle che ho mai fatto. Un cielo azzurro, limpido, seguito da un tramonto rosa, con la quantità giusta di neve appena caduta, una stellata serale come ne ho viste pohe nella mia vita. Fantastico.

sabato 6 febbraio 2016

Corruzione e trasparenza

Segnalo questo bell'articolo sulla corruzione in Italia.

Mi risulta persino difficile commentarlo, tanto è aderente a quello che penso. Vorrei averlo scritto io (avendone le capacità).

Mi sembra che tra le altre cose emerga chiaramente che la corruzione si annida nei gangli della pubblica amministrazione borbonica italiana.
Quanto questa sia riformabile mi è oscuro e ignoto. Le vicissitudini del FOIA italiano, a cui anche il prof. Picci fa riferimento, mi lasciano abbastanza scoraggiato. Se non ce l'ha fatta nemmeno il governo Monti - emergenziale, apolitico e non legato alla cosa pubblica preesistente - a scalfire il moloch, allora dubito che potranno/vorranno farlo i governi politici legati al consenso.

martedì 26 gennaio 2016

Ancora sulla Voce Amica di Natale

Nota del 4/2: questo post era in origine una mail da me scritta alla redazione di Voce Amica.
Non ho ricevuto risposta, ma la mail è stata pubblicata nel numero di febbraio, senza commento alcuno.
Lascio qui la versione post (leggermente modificata rispetto alla mail per togliere la forma epistolare), che preserva quei collegamenti ipertestuali presenti nella mail che secondo me sono necessari per una lettura completa.

Ho già scritto su queste pagine di una cosa che non mi era piaciuta del bollettino parrocchiale natalizio. Proseguendo la lettura, alle pagine 12-14 si trova un articolo dal titolo L’arte rimane segno di una storia... intrisa di fede. L’ignoranza non costruisce ponti. Il pezzo, lungo e argomentato, porta sicuramente molti spunti di riflessione, alcuni dei quali centrati e meritevoli di approfondimento.
A mio parere però nel testo ci sono anche molte inesattezze, forzature logiche e persino scorrettezze che non fanno un buon servizio alla verità.
[Post lunghetto, e comprensibile quasi solo avendo sottomano l'articolo in questione.]

lunedì 18 gennaio 2016

Antropocene finale?

Di recente, come ho già scritto, ho letto l'enciclica Laudato Si'. Nel capitolo 3 il Papa tratta dei cambiamenti introdotti dall'uomo nell'ambiente.

Negli stessi giorni, il sempre amichevole e pacifico Kim Jong-Un ha annunciato di aver fatto esplodere una (millantata) bomba H.

Infine, qualche giorno più tardi, durante un corso che sto seguendo a Roma, uno dei professori ha definito la nostra era come "antropocene", ed ha spiegato che al giorno d'oggi l'unico criterio di valutazione se fare o meno una cosa è la sua stessa fattibilità tecnica: tutto ciò che si può fare, si fa.

La mia mente ha unito i puntini con questi tre elementi.
Noi oggi sappiamo che il potere dell'uomo sul mondo non è mai stato così grande (cfr. Laudato Si' 104). Anzi, da cinquant'anni a questa parte, dalla corsa agli armamenti atomici, abbiamo la potenzialità di distruggere il nostro stesso pianeta, cosa mai successa nella storia dell'umanità.
Ma le armi atomiche non sono il solo modo con cui possiamo devastare l'intero pianeta: secondo alcuni, anche i cambiamenti climatici possono avere effetti altrettanto catastrofici, e non è detto che il trend di peggioramento non sia presto irreversibile.

Altrettanto inquietante è la constatazione che tutto ciò che si può tecnicamente fare, presto o tardi viene fatto: se oggi abbiamo la possibilità di distruggere la Terra, è possibile che la semplice legge delle probabilità ci porti prima o poi verso questa eventualità?
Per quanto sia improbabile che qualcuno sia così folle da avviare una guerra nucleare, la legge dei grandi numeri non farà sì che - fra cento, mille o diecimila anni - qualcuno lo faccia? Tanto più se ci sono in giro dei dittatori pazzi dotati di atomica...

Questo ci ricorda una volta di più che "a un grande potere corrispondono grandi responsabilità", e che queste al giorno d'oggi sono sempre più urgenti, sia per il clima che per la pace. Praticamente in ogni epoca c'è stato chi era convinto che la fine del mondo sarebbe venuta di lì a poco, ma stavolta potremmo farcela da soli, senza aspettare!

Comunque, ho fiducia che Dio, che sa scrivere dritto sulle righe storte dell'uomo, non permetterà che i suoi figli si autodistruggano, come vorrebbero certe interpretazioni catastrofiste. Già nel secolo scorso siamo andati abbastanza vicino ad un'escalation potenzialmente catastrofica, ma prevalsero gli uomini di buona volontà, magari con qualche spintarella da chi è vicino al Signore.

Sono convinto che la parusia - di cui anche noi cattolici non parliamo mai - verrà in un altro modo, che non sarà un enorme fungo atomico o un'irrecuperabile fornace.

mercoledì 13 gennaio 2016

Sulla Laudato Si'

Ho finito di leggere approfonditamente l'enciclica di papa Francesco, Laudato Si'.

Ne ho avuto impressioni varie. Diciamo che una cosa è sicura: questo Papa non le manda a dire.

La sua prosa è molto scorrevole, persino semplice. Tutta un'altra cosa rispetto alla Caritas in veritate, che ho letto prima della Laudato Si' e che era molto più impegnativa da leggere. Al netto delle differenze di stile, però, la continuità tra i due pontefici è evidente. Entrambi insistono sull'umanesimo integrale, sulla logica del dono, della gratuità, sulla "cultura della cura", come la chiama papa Francesco. Francesco cita esplicitamente per ben 13 volte il suo predecessore e la sua enciclica sociale.

Di Francesco colpisce la schiettezza. Le situazioni sono descritte con parole così chiare che a volte sembra che il testo sia persino pessimista, da quanto è crudo. Il Papa non si tira indietro nel denunciare i mali, ma anche i falsi rimedi, come il semplice legalismo (ripete più volte che le leggi da sole non bastano, senza una coscienza civile che le rispetti con convinzione) o l'ecologismo di facciata ("marketing", arriva a chiamarlo). Non si nasconde che cambiare stili di vita può essere faticoso, e chi magari avrebbe buone intenzioni ma è frenato da una situazione incancrenita.

Poi ci sono slanci di poesia alta, come quando il Papa parla del creato come azione di Dio. Ma soprattutto, nonostante le difficoltà, il Papa ci ricorda che in ogni caso per l'uomo è sempre possibile cambiare il proprio destino. La speranza quindi c'è sempre.

Questo si vede anche nell'ultimo capitolo, che è strutturato in un climax ascendente: da situazioni pratiche, quotidiane, piccole, si passa a parlare della politica, dell'attività pubblica; poi si entra nella parte spirituale, prima - anche qui - pratica, con i sacramenti, poi si citano i mistici, si arriva alla Trinità, a Maria e Giuseppe, fino alla Parusia.

Il Papa chiude descrivendo la sua riflessione come "gioiosa e drammatica insieme". Direi che è una buona sintesi...