lunedì 27 febbraio 2012

Perchè?

Perchè? Perchè un partito riesce a oscurare quanto fa di buono (per esempio inventare le primarie) con atti di tafazzismo tragicomici, come truccarle, le primarie, per paura di perderle?

Che già avere paura di perdere le proprie primarie (non di coalizione, quando magari arriva Vendola a sparigliare: di partito!) è abbastanza ironico di suo, specie quando sono primarie già praticamente vinte da un candidato.

Ma poi come si può sperare che al giorno d'oggi, con la facilità che hanno le notizie di girare via web, certe mosse del giaguaro passino inosservate?

Il PD dovrebbe essere un caso di studio sull'autolesionismo. Ci deve essere qualcosa di patologico, di incomprensibile.

giovedì 23 febbraio 2012

L'Oratorio e la politica

Leggo sul blog della Lega questo post.

Sul merito della vicenda non ci sono abbastanza informazioni per farsi un’idea, né ne ho di prima mano: di per sé non mi sembra che ci sia niente di male nel pregare che il Consiglio di Stato decida per il bene di Ospitaletto. Che altro dovremmo augurarci?

Diverso sarebbe se nella preghiera si fosse esplicitata anche una perorazione affinché il Consiglio decida in un certo modo piuttosto che in un altro, comunque non mi sembra il caso di farne un polverone.

Non capisco proprio a cosa si riferirebbe la storia dei messaggini, non riesco nemmeno ad intuirlo. Si è fatta girare la preghiera su più centri d’ascolto? Oppure è partito un gossip via SMS sul fatto che una siffatta preghiera sia stata espressa?

Al di là del merito, però, quello che mi fa andare il sangue alla testa sono i commenti, che partono dalla questione per generalizzare, accusare, qualunquisteggiare, accumulare frasi fatte. Lo so, dovrei lasciar correre, “non ti curar di lor ma guarda e passa”. E invece mi scoccia. Quando poi si tira dentro l’Oratorio, che non c’entra proprio nulla, mi sento tirato in ballo personalmente. E quindi rispondo.

domenica 19 febbraio 2012

Com'è stato possibile?

Qualche sera fa ho visto una trasmissione sui ghetti ebraici ai tempi del nazismo.
A fine gennaio c'è stato il Giorno della memoria, perciò era tutto un pullulare di film e trasmissioni a tema. Tutte incentrate sul punto di vista delle vittime, com'è normale che sia. Ho pensato che mi piacerebbe vedere una volta un documentario, una pellicola, qualcosa che descriva l'Olocausto con gli occhi dei tedeschi. Meglio: degli esecutori tedeschi. Oggi non ci capacitiamo: cosa dovevano pensare? Odio? Meccanica ubbidienza agli ordini?

Tante volte mi capita di fare (e sentir fare) la riflessione su come ciò sia stato possibile. Anche dando per scontato che tanti tedeschi non sapessero esattamente cosa succedeva nei campi di concentramento, erano comunque moltissime le persone che sapevano, che eseguivano con più o meno zelo, con più o meno dubbi. Inoltre i campi di concentramento sono stati solo l'anello finale di una catena che passa dalle leggi razziali (tedesche e italiane), dalla notte dei cristalli e su su per i ghetti dei secoli precedenti, per cui anche la Chiesa ha le sue responsabilità.
C'era insomma una mentalità antisemita diffusa, che permeava l'Europa e che per fortuna nel giro di pochi decenni è cambiata. Però in quegli anni questa mentalità era considerata normale, ed ha almeno permesso, se non proprio causato, la tragedia dell'Olocausto. Allora era normale disegnare gli ebrei a guisa di "nasoni", considerarli disprezzabili, diversi, comunque vederli come un corpo separato. Non si percepiva niente di male, serviva a fare chiarezza tra le razze, a far funzionare meglio la società, e i ghetti in questo erano pratici. Ecco che le persone "normali" diventavano, per dirla con Goldhagen, i "volonterosi carnefici di Hitler".

E mi veniva un pensiero così politicamente scorretto...
Può essere che a noi succeda la stessa cosa? Che siamo in una situazione in cui certe cose sembrano normali, accettabili, un fatto di praticità, di funzionalità. Ma forse fra qualche anno, o decennio, ci renderemo conto che sono una disgrazia, un errore, un abominio? Ci vergogneremo allora, ci chiederemo come sia potuto succedere, per esempio, l'aborto? Ci chiederemo forse come fosse possibile che tante persone chiedessero di abortire, con più o meno convinzione, a cuor leggero o piene di tormenti; e che i medici lo praticassero con più o meno zelo?

Non è una certezza, la mia. Conosco le obiezioni, più o meno legaliste (di solito sul fatto che un feto non è una persona, almeno non giuridicamente, ma per qualcuno nemmeno una "persona umana" vera). Ma anche ai tempi c'erano tanti ragionamenti apparentemente difendibili per il razzismo e l'antisemitismo. E' già successo, e non in un posto selvaggio, ma nel cuore della civile Europa, nella Germania culla del pensiero filosofico moderno. Stiamo in guardia, pensiamoci bene: la storia serva da monito: non è impossibile compiere abomini senza rendersene conto, come società.

martedì 14 febbraio 2012

Difficile e affascinante

La scorsa settimana il Vangelo quotidiano ha letto il capitolo 7 di Marco. Nei versetti 1-24 Gesù condanna l'osservanza che da lì in poi si è chiamata farisaica delle leggi, a scapito dell'obbedienza del cuore.

Venerdì sera, invece, ho sentito il nostro Vescovo Luciano Monari commentare il passo della "regola d'oro" ("Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti", Mt 7,12), descrivendola come una regola euristica di comportamento per valutare se fare o meno una certa azione o scelta e riferendola agli insegnamenti di Rabbi Hillel, che però l'aveva enunciata nella sua forma negativa ("non fare agli altri ciò che non vuoi che sia fatto a te").

Una volta di più, mi sono ritrovato a ragionare sul Cristianesimo, e sull'essere cristiani.

Il Cristianesimo è una religione impegnativa: non è sufficiente un'adesione formale ai precetti (checché se ne dica), e non è sufficiente "non fare il male", ma è necessario fare il bene. La rivoluzione dalla formula negativa a quella positiva della regola di comportamento cambia tutto, e rende tutto più difficile: come scrisse Dante, gli ignavi stanno - giustamente - all'inferno. E più ci penso, più credo che l'inferno sia pieno di peccati di omissione, più che di tutti gli altri.

D'altra parte, non potrebbe essere altrimenti: l'adesione formale a un formulario svilisce la libertà dell'Uomo, il suo libero arbitrio, la scelta da fare ogni giorno tra bene e male. Solo nella libertà si può raggiungere la pienezza della responsabilità personale, e nel contempo dell'umanità. E questo rende la sfida quotidiana del cristiano terribilmente affascinante e stimolante.

sabato 11 febbraio 2012

Ricchezza, invidia e uguaglianza

Sul caso della figlia della Fornero che insegna nella stessa università di mamma e papà (seppure in facoltà diverse) si è scritto molto.
La sua situazione rende ancora più infelici le battute di Monti sul posto fisso monotono e della Cancellieri sul posto vicino a mammà e papà, interventi già infelici di loro perché generalizzare è sempre sbagliato (anche se poi ascoltando bene gli audio con gli interventi interi la generalizzazione è meno evidente).
Questi però sono semmai errori dei genitori: che c'entra la figlia? Proprio perché le generalizzazioni sono sbagliate, non è che tutti i figli di genitori agiati debbano essere dei raccomandati: ci saranno casi e casi. E il curriculum della Fornero jr. (al secolo Silvia Deaglio) sembra parlare a suo favore.

Ieri sera, a Piazzapulita, sentivo il racconto di una donna napoletana, in difficoltà con la famiglia e il lavoro. A un certo punto la signora ha apostrofato la Santanché, presente in trasmissione, rinfacciandole che lei non ha dovuto mai sopportare situazioni come le sue. E la Santanché ha risposto: "Non è mica una colpa!". E stavolta ha ragione.
Mi sembra che la crisi abbia portato a un sentimento di "odio" nei confronti dei ricchi, di chi sta bene. Credo che sia proprio un sentimento diretto alle persone, non alla ricchezza: ciascuno se potesse sarebbe ben felice di prendere la ricchezza di chi insulta.
Questa cosa ha un nome vecchio di millenni: si chiama invidia.

Non è una colpa nascere in famiglie benestanti, né approfittare in modi leciti e corretti delle possibilità che questo comporta. Sembra che, nell'impossibilità di stare meglio, la gente si "accontenti" di augurare a qualcun altro di stare peggio.
Questo è sbagliato. In questo Paese l'ascensore sociale è fermo: i figli degli avvocati fanno gli avvocati, si dice. Questo di per sè non è un problema: il problema è dare la possibilità anche al figlio dell'operaio di fare l'avvocato, ma non impedire che il figlio dell'avvocato faccia l'avvocato a sua volta.

Bisogna far ripartire l'ascensore sociale verso l'alto, non è per forza necessario che chi sta bene ora debba "scendere" di categoria.
E se si scende, è il caso di farlo per motivi di merito, e non per un malinteso egualitarismo a prescindere.

Sono quindi molto favorevole a equiparare le condizioni di partenza: per esempio sono favorevole alla reintroduzione della tassa su successioni e donazioni, che dovrebbe servire a pagare borse di studio a chi non può iscriversi alle migliori università per motivi di reddito (magari assieme all'abolizione del valore legale del titolo di studio).

domenica 5 febbraio 2012

La Regione stagionata

Riguardo a quel che è successo in Regione Lombardia (all'elenco va aggiunto il caso Penati, che Civati - dirigente del PD - "dimentica"), io non so se ci siano dei malcostumi inveterati che arrivano fino a Formigoni, fischiato ieri in un evento pubblico.

Visto quello che accade su tutto lo scenario politico, però, mi sono fatto l'idea che dopo un po' che si sta a contatto con il potere, prima o poi le barriere protettive nei confronti delle tentazioni si indeboliscono, si abbassa la guardia, e più passa il tempo più bisogna essere uomini tutti d'un pezzo per resistere. Come diceva un mio collega, "se ti continuano a passare piatti di pasta davanti agli occhi, prima o poi ti viene fame".

Visto che di uomini tutti d'un pezzo non ce n'è in giro molti - non solo tra i politici, ma nella popolazione - è evidente che a lungo andare, quando la classe dirigente diventa più "stagionata", aumenta il rischio di trovarsi di fronte a casi come quelli che stanno succedendo.

Questo è un altro motivo che rende necessario il ricambio periodico della classe dirigente. Due mandati sono un tempo più che sufficiente (Formigoni governa da 17 anni).
Non dico che questo renda necessaria anche l'alternanza delle coalizioni di governo, si può anche cambiare le persone mantenendo lo stesso colore politico.
Non sostengo nemmeno che sia un male che ci sia gente che vive di politica (i vituperati "politici di professione"): dopo due mandati, quelli bravi potranno cercare altri ruoli, e avere una specie di cursus honorum: dal Comune alla Provincia (anzi, speriamo che le aboliscano) alla Regione al Parlamento. A due mandati per volta fanno 40 anni: è sufficiente, direi.