sabato 11 febbraio 2012

Ricchezza, invidia e uguaglianza

Sul caso della figlia della Fornero che insegna nella stessa università di mamma e papà (seppure in facoltà diverse) si è scritto molto.
La sua situazione rende ancora più infelici le battute di Monti sul posto fisso monotono e della Cancellieri sul posto vicino a mammà e papà, interventi già infelici di loro perché generalizzare è sempre sbagliato (anche se poi ascoltando bene gli audio con gli interventi interi la generalizzazione è meno evidente).
Questi però sono semmai errori dei genitori: che c'entra la figlia? Proprio perché le generalizzazioni sono sbagliate, non è che tutti i figli di genitori agiati debbano essere dei raccomandati: ci saranno casi e casi. E il curriculum della Fornero jr. (al secolo Silvia Deaglio) sembra parlare a suo favore.

Ieri sera, a Piazzapulita, sentivo il racconto di una donna napoletana, in difficoltà con la famiglia e il lavoro. A un certo punto la signora ha apostrofato la Santanché, presente in trasmissione, rinfacciandole che lei non ha dovuto mai sopportare situazioni come le sue. E la Santanché ha risposto: "Non è mica una colpa!". E stavolta ha ragione.
Mi sembra che la crisi abbia portato a un sentimento di "odio" nei confronti dei ricchi, di chi sta bene. Credo che sia proprio un sentimento diretto alle persone, non alla ricchezza: ciascuno se potesse sarebbe ben felice di prendere la ricchezza di chi insulta.
Questa cosa ha un nome vecchio di millenni: si chiama invidia.

Non è una colpa nascere in famiglie benestanti, né approfittare in modi leciti e corretti delle possibilità che questo comporta. Sembra che, nell'impossibilità di stare meglio, la gente si "accontenti" di augurare a qualcun altro di stare peggio.
Questo è sbagliato. In questo Paese l'ascensore sociale è fermo: i figli degli avvocati fanno gli avvocati, si dice. Questo di per sè non è un problema: il problema è dare la possibilità anche al figlio dell'operaio di fare l'avvocato, ma non impedire che il figlio dell'avvocato faccia l'avvocato a sua volta.

Bisogna far ripartire l'ascensore sociale verso l'alto, non è per forza necessario che chi sta bene ora debba "scendere" di categoria.
E se si scende, è il caso di farlo per motivi di merito, e non per un malinteso egualitarismo a prescindere.

Sono quindi molto favorevole a equiparare le condizioni di partenza: per esempio sono favorevole alla reintroduzione della tassa su successioni e donazioni, che dovrebbe servire a pagare borse di studio a chi non può iscriversi alle migliori università per motivi di reddito (magari assieme all'abolizione del valore legale del titolo di studio).

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