venerdì 28 dicembre 2018

Un grido è stato udito in Rama

Nella festa dei Santi Martiri Innocenti, altri pensieri dalla storia di Paolo VI.
Nei primi mesi dopo il Concilio, papa Montini pubblicò sia la Populorum progressio che la Humanae vitae. Per la prima fu accusato di essere "comunista", per la seconda fu accusato di essere "conservatore". Eppure, come disse lui stesso più volte (cfr. omelia del 29 giugno 1978, "riassuntiva" del pontificato), si trattava sempre di difendere l'uomo, nel solco di Gaudium et spes.
Già da allora c'era questa perniciosa divisione tra cattolici "di sinistra" e "di destra".
Mi ricorda papa Francesco, che oggi (Gaudete et exsultate 102) ancora ci ricorda che non può esserci contraddizione tra i due atteggiamenti. Dopo 50 anni, siamo ancora allo stesso punto. Incredibile, per certi versi; scoraggiante, per altri.
Una prece per i moltissimi innocenti che muoiono nella Rama moderna.

giovedì 27 dicembre 2018

Altri pensieri su Paolo VI, la chiesa, il mondo

Altri pensieri sparsi suggeriti dalla lettura della biografia di Paolo VI.
Anche Montini vedeva il cambiamento della società. Una società senza più valori fondanti dati per scontati - in modo immaturo e pietistico, certo - per secoli, se non millenni.
Vedeva inoltre il pericolo di desacralizzare il cristianesimo, di renderlo - diremmo oggi - una ONG, per renderlo digeribile al mondo.
Mi viene in mente un discorso più ampio.
Non so se sia mai esistita una società con i valori "di una volta". Al cambio di secolo (non l'ultimo, quello prima) andava di moda il "medioevo cristiano". Ho i miei bei dubbi anche su quello.
Però, se dobbiamo dare una data "simbolo" del cambiamento, un buon candidato è il 1968. Prendiamo quello come spartiacque: anche in ambito ecclesiale, da lì in poi è stato sempre più difficile mantenere l'unità e, diciamo pure, l'ortodossia. Movimenti, carismi, cristianesimo à la carte, non accettazione dei dogmi (nel senso: necessità di spiegare razionalmente tutto e mancata accettazione delle verità per fede), il tutto condito dallo sdoganamento della nuova (a)morale sessuale.
Da lì in poi, possiamo individuare il nuovo set di valori che ha adottato il mondo?
Secondo molti analisti, dopo la ventata rivoluzionaria del 1968 ha trionfato il capitalismo consumistico. L'età delle libertà personali si è trasformata nell'età del pensare a sé stessi, nell'età dell'egoismo.
In questo passaggio stanno - tangenzialmente - Bockenforde (la società democratica-liberale si regge su presupposti che non può garantire), Popper (se la democrazia tollera gli intolleranti rischia la propria fine), Novak e Tocqueville (il vero liberalismo si muove in una cornice di valori necessari, che nel '700 erano scontati, senza quelli non funziona). E sta Paolo VI, quando sostiene (Populorum Progressio 42) che un umanesimo senza Dio è un umanesimo disumanizzante. Mi pare che finora non ci sia stata smentita a questa opinione - o chiamiamola pure profezia.
Dagli anni '80 in poi mi pare che il paradigma attuato sia stato più specificamente economico: l'egoismo si è tradotto nell'avere di più. La sinistra di Clinton e Blair ha spinto per la deregulation finanziaria. A scuola si lavora per dare "competenze spendibili" sul campo del lavoro. Il concetto di utilità si è sovrapposto a quello di rendimento.
Oggi però forse questo meccanismo scricchiola. Ci ha messo del suo la crisi: l'impossibilità di "avere" di più ha fatto emergere altri valori.
Leggevo da qualche parte che le reazioni riguardanti l'immigrazione sono economicamente irrazionali: qualsiasi studio o economista vi dirà che l'immigrazione è un meccanismo economicamente funzionale. Eppure è contrastata.
Altrove leggevo che le reazioni al governo giallo-verde sono altrettanto irrazionali: sono delle capre, ma sono le capre che abbiamo voluto.
Ecco, mi viene da pensare che il fallimento dei valori economicistici abbia fatto emergere un altro set di valori, più primordiale ancora: quello identitario, di clan. In fondo, ancora un'altra versione dell'egoismo.
E trovo questo amaramente ironico: sono decenni che i Papi, da Paolo VI a Francesco, chiedono di cambiare il paradigma dell'utilità economica con un paradigma diverso, più umano.
Non credo che avessero in mente questo.

mercoledì 19 dicembre 2018

La pastorale del mondo

Sto leggendo la bella biografia di Paolo VI curata da Xenio Toscani.
Lettura impegnativa, ma piacevole e interessante.
Mi ha un po' stupito leggere gil stralci delle riflessioni di Montini nell'immediato dopoguerra. Già allora il Papa si interrogava sul rapporto tra la Chiesa e il mondo moderno, sempre più secolarizzato.
Chissà cosa direbbe oggi... credo che l'evoluzione successiva abbia confermato il processo che lui aveva intuito fin dalle radici culturali e filosofiche, da cui è discesa la seguente deriva nelle pratiche.
Al tempo si confrontavano due approcci, la "via spagnola" dell'accordo con lo Stato franchista e la "via francese" delle missioni popolari, dei preti operai, della Francia terra di missione.
A prevalere fu l'impostazione francese, con grande impulso di Montini stesso. Il Concilio poi la istituzionalizzò.
L'accento, da allora, si pone sulla pastorale, sui "testimoni" più che sui "maestri".
Mi ha stupito realizzare che sono settant'anni che stiamo girando attorno a questi concetti.
La nostra pastorale, dalle banalità (la Messa serale, per esempio: non sapevo che nell'anteguerra non fosse permessa) agli sforzi più grandi (le Missioni popolari), è orientata da allora nel senso della apertura, della ricerca, della proposta ai lontani.
I risultati a volte lasciano sconfortati, fin da allora, con il mezzo fallimento della Missione di Milano del 1957. Il progressivo distacco del mondo da Dio è continuato, indifferente a ogni sforzo. Perché? Non lo so. Ho poche idee, e ben confuse.
Perché si è scelta la strada sbagliata? Dovevamo scegliere la via spagnola (o russa, diremmo oggi)?
Perché non siamo stati capaci di percorrere la via fino in fondo? Se anche papa Francesco sostiene che la fede si propaga non per proselitismo, ma per attrazione, vuol dire che negli ultimi decenni (o secoli) non siamo stati abbastanza santi da attrarre? Non lo so, può essere ma mi suona come un no true scotsman. Se fosse così vorrebbe dire che ci siamo posti un obiettivo troppo elevato per le nostre forze.
Perché - per dirla con Montini e con Benedetto XVI - non siamo stati capaci di coniugare il rinnovamento con il mantenimento di salde radici nella verità? Ma le vere radici a cui fanno riferimento i due papi sono quelle filosofiche (per Paolo VI) e antropologiche (per Benedetto).
Il mondo d'oggi - diversamente da quello degli anni '50-'60 - rifiuta persino qualsiasi base filosofica e ideologica. Siamo oltre l'impostazione su filosofie sbagliate (il materialismo, l'idealismo, il marxismo...). Siamo all'irrilevanza della filosofia, una specie di caos primordiale del pensiero.
Al giorno d'oggi, inoltre, non si pone nemmeno più la dicotomia tra testimoni e maestri: il mondo non accetta più maestri. Basta vedere la perdita di autorità degli insegnanti. La via della testimonianza è l'unica possibile.
Eppure, spesso l'effetto è quello di Paolo all'Areopago: "su queste cose ti sentiremo un'altra volta". Le cose che testimoniamo non interessano.
A volte ripenso all'opzione Benedetto, quella delle piccole comunità che mantengono viva la fiamma della fede come i monasteri medioevali. Magari ci arriveremo non per scelta ma di fatto, rimanendo semplicemente in pochi. Anche in quel caso, comunque, non potremo esimerci dall'essere testimoni.

venerdì 14 dicembre 2018

Parabole sbagliate (1): abbiamo cantato...

Inauguriamo oggi un nuovo filone, quello delle parabole evangeliche "sbagliate", ovvero quelle in cui io povero ignorante, pur capendo il senso generale, non capisco la lettera del testo. Oggi il Vangelo propone Mt 11,16-19:

In quel tempo, Gesù disse alla folla: «A chi paragonerò io questa generazione? Essa è simile a quei fanciulli seduti sulle piazze che si rivolgono agli altri compagni e dicono: Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto. E' venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e hanno detto: Ha un demonio. E' venuto il Figlio dell'uomo, che mangia e beve, e dicono: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori. Ma alla sapienza è stata resa giustizia dalle sue opere».
Il senso che si dà di solito - e che suggerisce Gesù al versetto 18 - è: è venuto Giovanni Battista, ha parlato di penitenza e conversione (il lamento), e non lo avete ascoltato. Sono venuto io, Gesù, a portare la lieta novella (il flauto), e non mi avete ascoltato. Ok, questo è chiaro: un monito contro l'incredulità e la poca fede.
Però, alla lettera, "questa generazione" non è paragonata agli "altri compagni", coloro che non hanno ballato né pianto, ma ai fanciulli che rimproverano coloro che non hanno ballato né pianto.
Quindi "questa generazione" non sono gli ebrei increduli, ma coloro che li rimproverano? "Questa generazione" sono forse Gesù, il Battista e i discepoli?
Più probabilmente il senso delle parole letterali è da leggere come: «A cosa paragonerò ciò che accade in questa generazione? Succede come con quei fanciulli seduti...», cioò si sta paragonando la situazione e non il singolo gruppo di fanciulli o di compagni.

martedì 11 dicembre 2018

Il cattivismo irrazionale

La scorsa settimana c'è stata una polemicuccia nel governo sulla presunta "ecotassa" sui diesel.
Niente di che, intendiamoci: normali schermaglie comunicative.
Nel merito, io non capisco perché il problema dei diesel non si possa risolvere semplicemente decidendo che dall'anno 20XX non si immatricoleranno più autovetture diesel, ma solo veicoli commerciali o autocarri.
I diesel andrebbero a estinzione con il cambio naturale del parco auto, ma chi non può permettersi di cambiare la propria macchina non dovrebbe fronteggiare tasse in più. Probabilmente diminuirebbero anche i distributori di gasolio, man mano, ma resterebbe garantita la loro presenza per via dei veicoli commerciali.
Se questa decisione fosse stata presa 10 anni fa, oggi avremmo molti meno problemi. Invece siamo ancora qua con i divieti, gli euro 3, 4 e 5.
Più in generale, mi pare che quando possibile sia il caso di evitare di mettere fuori legge qualcosa che già c'è, per lavorare invece pensando al futuro (d'ora in poi). Si ledono dei "diritti acquisiti", si creano problemi da un momento all'altro, si mettono in difficoltà delle persone.
Esempio molto più grave di ciò è il decreto sicurezza e l'abolizione della protezione umanitaria.
Si può discutere nel merito della questione, se sia un'idea sensata intervenire su una forma di protezione che non è armonica con altri Paesi, se sia stata abusata, se al contrario sia stata usata solo per sopperire alle maglie troppo strette della concessione di asilo.
Ma a me sembrava pacifico che si parlasse del DOPO decreto: "da domani in poi" non si concederà più alcuna protezione umanitaria, ma chi è entrato fino a ieri continua il suo processo normalmente. Così si andrebbe a esaurimento delle protezioni umanitarie nel giro di un paio d'anni.
Toccare anche chi era già nel sistema delle protezioni, così, dall'oggi al domani, è inutile (se non controproducente, come fanno notare tutti quelli che spiegano che la misura "fabbrica" clandestini) e caratterizzato solo da cattiveria gratuita.

giovedì 6 dicembre 2018

Un partito contendibile

Che però ha paura di essere conteso.
Così, Richetti e Minniti si ritirano dalle primarie PD perché "può darsi che nessun candidato arrivi al 51% dei voti".
Per la prima volta nella storia del PD si avranno (si sarebbero potute avere) primarie veramente aperte e invece no, vogliamo un candidato vincitore annunciato.
Che tristezza.
L'unico problema che vedo in primarie vere, contendibili è se DOPO i perdenti non accettano il risultato e continuano a fare la guerra al vincitore. Auspicare un vincitore bulgaro vuol dire ammettere di avere un partito balcanizzato, vero?
Che brutta fine.

mercoledì 28 novembre 2018

L'emergenza culturale

Discorso del professor Giorgio Parisi, presidente dell'Accademia dei Lincei.
Lo riporto anche sotto, perché non si perda nell'invecchiare del link.

venerdì 23 novembre 2018

Immigrati a pacchi

Sabato scorso Nello Scavo è intervenuto al nuovo corso della SFISP.
Tra le altre affermazioni, ha detto che il numero totale di rifugiati arrivati dalla crisi del 2015 in poi in Europa è pari allo 0,5-0,6% della popolazione europea. Non ricordo esattamente il dato (si riferiva alla popolazione del continente europeo o alla popolazione dell'Unione Europea?) ma il concetto è chiaro: non c'è alcuna invasione, il flusso è (sarebbe) perfettamente gestibile.
Mi pare che a questo tipo di prospettiva - sicuramente corretta nei dati - manchino almeno due osservazioni.

venerdì 16 novembre 2018

Sul referendum provinciale sull'acqua

Sono stato chiamato a fare il presidente di seggio per il referendum provinciale sull'acqua.
Sto ragionando sul come votare. Come già successe sette anni fa, quando scrivevo così, ho pensieri contrastanti.
Intanto mi ha stupito che siamo di nuovo a fare un referendum sull'acqua pubblica dopo sette anni. Di nuovo, mi dico? Siamo ancora sullo stesso tema? Com'è possibile? Vuol dire che si è disattesa la volontà popolare?
Ovviamente la provincia non ha fatto nulla di illegale. Prima del referendum la normativa aveva proibito l'affidamento diretto ai soggetti ubblici (per semplificare), obbligando a mettere a bando il servizio. Il referendum aveva abolito questo obbligo, quindi restavano aperte tutte le strade: 100% privato, 100% pubblico, misto pubblico-privato, gara o affidamneto in-house. La Provincia ha scelto l'affidamento misto pubblico-privato, quindi scegliendo una delle opzioni possibili e legali.
Qui si possono avere due posizioni. Da una parte, è evidente che se non c'è stato il tradimento "tecnico" dell'esito referendario, c'è stato un tradimento "politico": il segnale politico della vittoria del sì nel 2011 era chiaro, e pendeva verso l'acqua pubblica.
D'altra parte è anche vero che quando si vota bisognerebbe sapere bene ed esattamente per cosa si vota: nel 2011 non abbiamo votato per "l'acuq pubblica", ma per un quesito specifico. Io diffido sempre dall'"interpretazione politica" dei referendum, in cui ciascuno la legge come vuole, e privilegio quella legale, più oggettiva.
Nel merito, valgono le riflessioni dell'altra volta. A me sta abbastanza bene il coinvolgimento dei privati, non mi pare una tragedia, qui da noi. A maggior ragione a Brescia: mi fido che le cose possano funzionare bene con qualsiasi soluzione si scelga. Tenderei quindi a fidarmi dell'operato delgli amministratori.
C'è però sempre quel tarlo della volontà popolare ignorata... sono cose che non favoriscono la fiducia nelle istituzioni.
D'altra parte anche il referendum cede alla sua parte di populismo: il quesito recita "Volete voi che il gestore unico del Servizio Idrico Integrato per il territorio provinciale di Brescia rimanga integralmente in mano pubblica, senza mai concedere la possibilità di partecipazione da parte di soggetti privati?". C'è quel "mai" che sa di apocalittico e vincolante in saecula saeculorum.

martedì 13 novembre 2018

4 novembre e dintorni

Si è chetata l'eco delle celebrazioni per il centenario della fine della prima guerra mondiale.
Ho sentito e letto in giro lamentele per l'eccessiva retorica utilizzata in queste occasioni.
Al netto di una inevitabile quota di retorica, a me pare vero piuttosto il contrario. Non ho sentito nessuno parlare di "anniversario della Vittoria", come invece sarebbe anche corretto. Mi chiedo se in Francia o Inghilterra si facciano tutti questi problemi di "politicamente corretto". Invece ho letto e sentito un sacco di analisi sulle cause della guerra, sull'"inutile strage" e via discorrendo.
Secondo me farebbe bene un po' di retorica patriottica, in questi casi, in un Paese che ha così poco senso della nazione. Detto che l'inizio della guerra da parte italiana è stato alquanto disonorevole, è altrettanto vero che essa ha effettivamente e realmente avuto molti effetti patriottici: fu un'esperienza che unì gli italiani - tutti nella stessa barca e nelle stesse trincee - e che completò l'unità nazionale (Trento, Trieste, Gorizia, Zara, Pola, Fiume: le sei are sull'altare della Patria a Roma), condita da episodi di vero eroismo nella battaglia tra due eserciti ugualmente poveri e malmessi.
Uno dei motivi per cui si ha pudore, in Italia, a fare del patriottismo è che questo atteggiamento sembra appannaggio di una certa retorica fascisteggiante.
Trovo sbagliato anche questo. Bisognerebbe ricordare che la vittoria del 4 novembre fu poi tradita, sprecata, sperperata dai fascisti.
L'Italia fu l'unica nazione tra i vincitori a conoscere la dittatura. Spagna, Germania, Russia - a loro modo - erano tutte uscite sconfitte dalla guerra. Francia, Gran Bretagna e USA proseguirono sulla strada della democrazia. Sarà un caso che poi vinsero anche la seconda guerra mondiale? L'unico vincitore della Grande Guerra a ritrovarsi sconfitto (se non per l'onore della lotta partigiana) fu quello che si trovò il fascismo, sbugiardando così la retorica di regime dell'italiano nuovo, del "popolo di soldati, esercito di cittadini".
Questa dittatura portò poi alla perdita dell'unità nazionale, alla rinuncia all'Istria. La dittatura tradì le popolazioni dell'Alto Adige e dell'Istria stessa, forzate all'italianizzazione con un metodo che "infiniti lutti addusse" alla fine della seconda guerra mondiale.
Dunque bisognerebbe esaltare la vittoria, e deprecare al contempo il fascismo che la tradì.

mercoledì 7 novembre 2018

Piccoli passi perduti

In questo periodo mi ritrovo un po' spaesato rispetto alle scelte della nostra diocesi, del nostro vescovo.
Spaesato dal turbine di cambiamenti che stanno avvenendo, con un vorticoso giro di parroci. Al riguardo ho una ipotesi: il vescovo ha voluto far capire subito chi comanda, dopo una amministrazione precedente considerata poco di polso.
Ma sono spaesato anche per altre scelte, in cui non vedo prospettiva. Ho l'impressione che la nostra Chiesa stia cercando a tentoni una direzione, ma senza sapere veramente dove andare.
Negli ultimi anni ho sentito parlare di varie "idee", "buone intenzioni", come le "piccole unità territoriali", poi le "unità pastorali". Tutte idee buttate lì, magari a livello centrale, che poi non vengono perseguite e non se ne sente più parlare, fino alla nuova "idea". Non so se sia un problema di ricezione tra i preti - che evidentemente praticano più la castità dell'obbedienza, perché se praticassero la prima come praticano la seconda non saremmo in crisi demografica - o di direzione centrale o di oggettiva impossibilità delle proposte, ma da pecorella del gregge sono piuttosto disorientato.

venerdì 2 novembre 2018

La triade municipale

In questo periodo sono così interessato alla vita amministrativa che mi sono accorto solo ieri che il Sindaco ha nominato una "commissione di tre saggi" per consigliarlo.
Non so cosa pensare al riguardo.
Da una parte, c'è già il Consiglio comunale, la giunta e magari anche il partito. Era così necessario chiamare persone in più, ancora diverse e - come fa giustamente notare Antonini nel notiziario comunale (letto a scrocco dai miei perché qui come al solito non arriva) - non elette. Sarnico poteva tranquillamente continuare a consultarsi con le persone di cui si fida, senza dover inventare un organismo che non esiste, non è normato, non si sa in che rapporto si pone con gli altri.
D'altra parte, se Sarnico ritiene di aver bisogno di qualche tutor, forse è meglio che lo ufficializzi, e renda trasparente la cosa. Io non sono un fanatico dell'elezione diretta, per cui solo gli eletti valgono qualcosa. E' anche vero che allora poteva sceglierli come assessori esterni.
Ma anche dal punto di vista dei "consiglieri" mi pare strano, e anche un po' patetico, specialmente per persone di una certa età. Mi sembra un inutile "targhetta" davanti al proprio nome, uno sfoggio di "potere", di importanza di cui - se fosse toccato a me - avrei fatto volentieri a meno.

martedì 16 ottobre 2018

Il senso di comunità

Di ritorno dalla tre giorni romana per la canonizzazione di papa Paolo VI.
Sabato, visto che la domenica avremmo dovuto prestare servizio, siamo andati a Messa nella basilica di S. Lorenzo fuori le mura.
Una bella Messa, molto partecipata in tutti i sensi: la chiesa era piena e la comunità partecipe. C'erano anche lunghe file ai confessionali.
Noi venivamo da fuori, e anche se ogni celebrazione eucaristica è sempre comunitaria, trovarsi in un'altra comunità particolare è sempre un po' diverso.
Allora aiuta molto a ricostruire questo senso di comunità il fatto che la tua vicina di banco autoctona, appena iniziata la messa, scappa dal banco e ritorna dopo poco porgendoti un libretto dei canti.
Grazie! Basta così poco per sentirsi accolti.
P.S. L'accoglienza dei piccoli gesti è citata da papa Francesco in Gaudete et exsultate, dove cita molti esempi, tra cui il Gesù di Giovanni 21,9, che fa trovare pesce arrostito agli apostoli.

martedì 9 ottobre 2018

Educare e accogliere

In queste settimane sono in corso le iscrizioni dei bambini al catechismo.
Quest'anno, dopo tanti anni a 15€, il contributo richiesto è passato a 20€.
Le reazioni dei genitori sono state indispettite.
Parlandone con chi frequenta l'Oratorio, prevale un sentimento di scocciatura, per non parlare di una certa  indignazione: "Paghiamo senza batter ciglio 300€ per mandarli a calcio, e facciamo storie per 20€?".
Naturalmente questo è assolutamente vero. Però quello che conta è il modo con cui vengono fatte - e presentate - le cose.

Proviamo a ragionare dalla parte dei genitori.
Intanto, a calcio il bimbo ci va volentieri, lo sceglie, mentre il catechismo è percepito come un obbligo, un'imposizione, specialmente da quando i genitori "devono" partecipare agli incontri di formazione. Per una scelta pagano 300€, mentre i 20€ del catechismo risultano "estorti".
Poi: non tutti pagano 300€ per il pallone. C'è anche chi non manda il figlio a scuola calcio perché magari campano in 4 con 1200€. Per loro 35€ di iscrizione a fine mese cambiano la spesa di quella settimana, per esempio.

Ma la cosa più importante, dicevo, è il modo. Sono anni - anzi: decenni, dai tempi di don Paolo - che quei soldi non sono l'iscrizione a catechismo, ma il modo di raggiungere tutte le famiglie per un contributo alla vita dell'Oratorio, che ha tante spese vive e si regge sul contributo della comunità. Infatti il contributo è consigliato ma facoltativo, se qualcuno ha dei problemi se ne parla, senza problemi. Per non parlare poi dell'atto di responsabilità per cui si sceglie - non si subisce - la formazione cristiana per il proprio figlio*.

Queste cose vanno spiegate ai genitori, perché non è che se le possono sognare di notte. Quale occasione migliore di farlo, se non la riunione stessa di S. Luigi, in cui si raccolgono tutti insieme in teatro?
Invece si è trascurato di farlo, lasciando che la sorpresa dell'aumento - addirittura per qualcuno del pagamento: c'è sempre chi pensa che l'Oratorio sia tutto gratis - arrivasse in segreteria, all'atto dell'iscrizione. Con la giustificazione che "si sono trovati i preti della zona e hanno deciso il prezzo".

In questo modo abbiamo rinunciato sia ad educare che ad essere accoglienti, e abbiamo rovinato la giornata: alla fine per tanti genitori quello che sarà rimasto in mente non è l'incontro di catechesi, ma l'aumento di prezzo. "Hai visto questi preti sempre a chiederci soldi?". Perché bisogna anche prendere atto che il clima nei confronti della Chiesa e soprattutto dei preti è sempre meno positivo, ed è pieno di gente che non aspetta che la scusa per parlar male. Ingiusto? Certo che è ingiusto. Ma è un fatto reale, e bisogna tenere conto anche della percezione. Sarebbe meglio prestare il fianco il meno possibile a queste cose.

E' la stessa cosa che riguarda il comunicato del parroco di qualche tempo fa su battesimi, matrimoni e funerali, quello con qualche rampogna e molte "norme" di comportamento. Ragionamenti giusti, eh, per carità, ma "freddi", privi di empatia.
Certo che per il prete il matrimonio è uno dei tanti (...) che si celebrano in chiesa, e lui vede l'insieme. Ma per la coppia è (auspicabilmente) IL giorno speciale, l'unico, e sai quanto gliene frega delle rampogne del prete. Se vogliono i fiori tipo Sanremo e tonnellate di riso, lo faranno ugualmente, e in più penseranno "che rompi questo prete".
Pensiamo poi se ha senso fare quelle raccomandazioni a gente che a messa ci va regolarmente, e che al 90% non ne ha bisogno. Quelle raccomandazioni devono emergere in fase di preparazione, al corso fidanzati o addirittura in fase di educazione. Perché non mostrare ai GG modelli virtuosi di matrimonio (con il Sidamo, magari)?
Invece facendo come si è fatto non si educa nessuno, si fa al più un catalogo di "regole" e si passa per i soliti bigotti.
(Tra parentesi: mi chiedo anche come funzioni che per anni abbiamo fatto i battesimi a Messa - con scorno degli astanti - perché è un momento comunitario, e ora decidiamo di farli fuori Messa, con 1) aggravio di impegni per preti e sacristi e 2) rinuncia educativa, calando le braghe di fronte alle richieste delle famiglie perché se no "gli invitati si annoiano". Questo a pochi mesi dal comunicato affisso alle porte della chiesa.)

A volte mi stupisco che i preti facciano così fatica a entrare in sintonia, in empatia con il mondo che hanno attorno. Alla faccia dell'accoglienza predicata da Francesco.

* Addendum del 10 ottobre, ad argomento ICFR:
Se Dio, preghiera, Vangelo, carità non sono importanti per mio padre e mia madre, è difficile pensare che essi siano decisivi per orientare la mia esistenza adulta; se la Chiesa resta solo un bel monumento alle nostre radici culturali – e per questo va bene pure mettere una firma sulla dichiarazione dei redditi – è ben difficile immaginare una professione del cattolicesimo che impegni e impregni la mia quotidianità.
Armando Matteo, tratto da qui (quinto commento).

mercoledì 19 settembre 2018

Noi uomini siamo pericolosi

La prendo alla larga. Dieci giorni fa ho visto la Continental Cup di atletica. La gara conclusiva era la staffetta 4x400m mista: due uomini e due donne. E' stato abbastanza impressionante vedere la differenza di prestazioni tra uomini e donne.

Veniamo a noi. Domenica ero a spasso sul sentiero della Franciacorta. A un certo punto, da lontano, sento una voce femminile che urla "Basta! Basta! Basta!", frammista a altre concitate voci.
Mi avvicino alla strada. Ci sono due auto parcheggiate al bordo della carreggiata. Sula prima, una ragazza è al posto di guida. E' appoggiata al finestrino, con la testa fra le braccia, piange e singhiozza. Al suo fianco un uomo in bermuda, a torso nudo, ce l'ha con lei, le parla contro. C'è inoltre una signora, credo la madre della ragazza (da qui in poi farò quest'ipotesi), che guidava la seconda auto ma è scesa.
Mentre passo la scena si cheta leggermente. La madre mi guarda, aspetta che sia passato, forse ha un po' vergogna di tutta la scenata che sta succedendo.
Attraverso la strada e riprendo il sentiero. Subito dopo il litigio riprende. Lui inveisce : "Puttana! Puttana! Puttana!". La madre lo fa scendere dall'auto. Si vede che è una donna energica, ed esercita un certo ascendente su di lui, che le obbedisce pur essendo visibilmente alterato, aggressivo ed arrabbiato. Lo fa salire sulla sua auto. Nella conversazione urlata, percepisco la madre che dice "andiamo! Io non ho le chiavi per entrare", forse a casa dei due giovani. Forse intende che lo chiuderà fuori di casa? Lui di nuovo scende dall'auto della suocera e si dirige verso la prima auto. Continua a urlare. Sento anche una minaccia, "stanotte te la faccio pagare". Di nuovo la madre fa scendere l'uomo e lo riporta verso la sua auto.
Estraggo il cellulare, digito il 112. Però non so esattamente dove siamo, non conosco la via di riferimento, sono su un sentiero. Faccio mente locale, nel giro di qualche decina di secondi le due auto ripartono. Con il senno di poi avrei dovuto prendere le targhe. Speriamo che vada tutto bene.

E mi trovo a pensare. In questi casi è facile cadere nel victim blaming. Capiamoci, queste cose non dovrebbero mai succedere.
Quello che non capisco è il meccanismo a monte. Io non ci credo che una persona dà fuori di matto così, di punto in bianco. Pensando anche alla mia esperienza, posso dire che fin da adolescenti si vedono i ragazzi maneschi, bulli, aggressivi, violenti. Com'è possibile che una donna, in fase di corteggiamento, di primi approcci, possa trovare attraente una persona che ha di questi atteggiamenti? Certo, non con lei: con gli altri. Ma "con me è diverso" non funziona. Non è una garanzia, per nulla.
L'unica cosa che mi viene in mente sono certi meccanismi da adolescenti, da scuola media, per cui la bellona della classe (spesso un po' oca) si mette con il bullo di turno perché "è figo". Alle scuole medie magari puoi anche pensare che quello è figo e fa ridere tanto, ridicolizzando i più deboli. Ma crescendo si capisce - spero - che fare il bullo vuol dire compiere del male, e chi o fa è quindi una persona capace di male, di violenza. Non posso pensare che le donne non vedano questa cosa, quando si approcciano con una persona. Prima che sia troppo tardi (e se ci vivi assieme è troppo tardi: lui sa dove lavori, che vita fai, come trovarti, ti è sempre contiguo). Una donna che conosco dice che non so quanto è forte lo spirito da crocerossine. Sarà.

E quando un uomo è capace di fare del male, ha un vantaggio naturale nei confronti della donna: è più forte. Lo è costituzionalmente - torniamo alla staffetta mista. Certo, siamo tutti uguali per dignità e diritti. Ma la differenza sessuale esiste, e non è solo che tu donna hai l'utero e lui il pisello. Lui è anche più forte di te. C'è poco da fare. E allora se vorrà usare violenza lo potrà fare con una certa facilità.
Andrebbe spiegato alle adolescenti: noi uomini siamo pericolosi. Lo siamo perché siamo più forti di voi. Per questo bisogna essere prudenti. Quando ci si lega a una persona, dandogli le chiavi della propria vita, bisogna essere assolutamente certi che non sia una persona capace di violenza. Che non abbia scatti d'ira. Che non ami menare le mani. Perché finché lo fa con gli altri, ok. E se domani toccasse a te?
Dice: ma con le persone bisogna ragionare, parlarci, provare a capirli, a calmarli. Non possiamo ragionare solo basandoci sulla forza bruta, non sitiamo mica parlando di animali! Certo. Per questo dico che bisogna essere certi che il possibile futuro partner non ragioni come un animale.

Si potrebbe allargare il discorso parlando del fatto di quanto possa essere affidabile un uomo che sta con una donna ingannadone un'altra, e se già questo non sia in sé un fare del male, ma non è il momento. In questa sede mi interessa solamente l'aspetto fisico, animale.

lunedì 17 settembre 2018

Il secolo dello spegnimento dei lumi (2)

Titolo questo post come il precedente. In comune hanno poco (o forse no, non l'ho ancora focalizzato) se non l'atmosfera.
Ho trovato queste parole di monsignor Georg Gaenswein, storico braccio destro di Benedetto XVI. Le trovo belle, le offro.
Dell'Opzione Benedetto, di cui parla Gaenswein, avevo già accennato qui. E' un'opzione per il futuro, una delle possibili.
Nel mentre sto leggendo il saggio Chiesa e democrazia, di Antonio Acerbi. Ho apena finito di leggere la parte su Maritain. Un gigante. Posizioni complesse, per cui forse non ho la preparazione sufficiente, ma si capisce che ha fatto uno sforzo intellettuale titanico.
Ecco, leggendo le parole di mons. Georg - e quelle di Benedetto XVI da lui riportate - non posso fare a meno di confrontarle con l'idea personalista di una società democratica fondata su valori morali, essenzialmente cristiani.
Mi pare che la posizione di Maritain potesse andar bene quando la mentalità cristiana era comunque un idem sentire di fondo, e mi sembra che lui fosse molto eurocentrico come visione. Anche la libertà di pensiero e di religione - in Maritain - funzionava finché comunque la maggioranza sceglieva liberamente un approccio cristiano (più o meno praticante, non importa).
Man mano che ciò non avviene più, e ci confrontiamo sempre più spesso con altre religioni, mi chiedo quale sia l'approccio teoretico che dovremmo utilizzare. E si torna all'Opzione Benedetto.

mercoledì 5 settembre 2018

Il secolo dello spegnimento dei lumi

Ottima lettura, molto interessante.
Mi trovo d'accordo in parecchi punti con Sofri, che fa un'acuta disamina pessimistica dell'attuale "spirito del tempo".
Mi sembra che però pecchi sull'analisi delle cause, ma forse non gli interessa peritarsene, in quella sede.*
Nemmeno io ho le forze di analizzare un fenomeno così epocale. Metto giù solo alcuni spunti, so già disordinati.
Intanto, il discorso non è nuovo. Ricordo bene il discorso sull'individualismo edonista di cui si incolpavano gli anni '80 e le televisioni private, e poi Berlusconi che sdogana l'essere più furbi.
Per le epoche precedenti non posso avere memoria, per ragioni anagrafiche. Per quel che so, mi pare che una fetta di colpa l'abbiano il '68 e i moti radical/libertari. Abbattere i tabù, che erano molti e vetusti, ma che comprendevano alcune delle remore sociali che Sofri rimpiange, ha buttato il bambino (il senso di responsabilità nei confronti del prossimo) con l'acqua sporca (il fatto di "doversi" comportare in un certo modo, in ogni caso e per imposizione esterna).

martedì 28 agosto 2018

Testimoni politici

Sabato sono stato a Messa, celebrava il sempre bravo don Andrea Giovita.
Ha ribadito un concetto che da Paolo VI in poi abbiamo sentito un milione di volte: l'evangelizzazione ha bisogno di testimoni, non di maestri. Praticare il cristianesimo nei fatti, non a parole.
Mi chiedevo quanto questo ragionamento possa essere applicabile alla politica. Essa è un'attività che prevede pochi "posti di lavoro": non è che domani mattina ci alziamo e diciamo "ok, oggi comincio a fare il politico cattolico". Inoltre è un'attività naturalmente connessa alla parola, che ne è una parte consistente. In questo caso quindi un politico cattolico difficilmente potrà esimersi dall'essere "maestro".
Ciò non toglie che, come ho già scritto altre volte, faccio molta fatica a trovare oggi dei politici cattolici che siano di esempio, dei veri testimoni. Non agli altissimi livelli, almeno. Mattarella, forse?

venerdì 17 agosto 2018

La nuova pinacoteca

Sono di ritorno dalla rinnovata pinacoteca Tosio-Martinengo.
Mi aspettavo di più. Molto di più.
Essenzialmente è una esposizione cronologica di quadri. Niente guizzi nell'allestimento, nei pannelli esplicativi, nella presentazione del percorso. Dopo nove anni di lavori mi lascia un po' l'amaro in bocca.
Iniziamo dal clima. Là dentro si gelava. Non so chi ha scelto la temperatura, ma ha decisamente esagerato.
Ma al di là di questo delude la scelta di presentare le tele in modo così elementare, praticamente solo cronologico. Non c'è stata ricerca di accostamenti, spiegazione di differenze stilistiche, affiancamento di modelli (ricordo solo una sala fatta così, quella con Moretto, Savoldo e Lotto). La sala più riuscita - non so quanto voluta, visto che anch'essa è in successione cronologica con le altre - è quella sul Seicento non bresciano, in cui si vede la contrapposizione tra caravaggeschi e classicisti.
La presentazione cronologica rende evidente che dopo i grandi del nostro Rinascimento (Ferramola, Foppa, Moretto, Romanino) Brescia esce dalla mappa, con la bella ma particolarissima eccezione del Ceruti.
Questo - con scelta discutibile - si nota anche nella struttura delle sale, che da ampie e ariose si fanno piccole, quasi sgabuzzini o corridoi di passaggio in cui mettere le opere minori. In una "deviazione" del percorso finiscono così le quattro stagioni del Rasio, che avrebbero meritato miglior sorte. In un vicolo cieco anche alcune opere varie, che evidentemente non si sapeva dove mettere, tra cui il trittico del Cifrondi. Peccato che Cifrondi sia uno degli ispiratori del Pitocchetto, a cui è dedicata una sala precedente: qui il criterio cronologico avrebbe potuto essere utile a evidenziare il legame, invece ha prevalso il criterio "sgabuzzino".
Le opere di questa parte risultano quindi poco valorizzate. Ciò si vede anche dal fatto che alcune - i ritratti settecenteschi, per esempio - non hanno un proprio cartellino esplicativo ma sono citate solo nel pannello generico della sala. Questo in pratica le certifica come opere di "serie B".
Mi chiedo se non ci fosse un modo più intelligente per valorizzare anche le opere minori. O altrimenti, se non c'è, limitiamo l'esposizione ai classici, per poi mostrare il Pitocchetto e le committenze ottocentesche del Tosio, con cui in extremis la raccolta si risolleva.
Anche le didascalie e i pannelli esplicativi sono in maggioranza piuttosto deludenti (quando ci sono). Scialbi, elementari, che si limitano a descrivere l'opera senza aggiungere nulla a quello che già posso vedere con gli occhi. Leggendoli imparo poco, insomma.
Lo stesso allestimento è da sufficienza risicata. Va bene, ci sono le pareti colorate, ma sono tutti quadri semplicemente messi alle pareti, mancano pannelli a centro sala, percorsi privilegiati per le opere maggiori (il Cristo e l'angelo del Moretto non avrebbe meritato uno spazio a sé, magari dietro una divisoria con una infografica introduttiva?). L'unica sala in cui si è osato qualcosa è quella con il Roveto ardente appeso al soffitto (non un gran quadro, tra l'altro).
Non so, io e mia moglie siamo degli amatori di musei e pinacoteche, da Brescia - in grado di fare un lavoro superbo con S. Giulia - ci aspettavamo di più, molto di più. Gli esempi di ottime valorizzazioni in giro per l'Italia non mancano (siamo tornati oggi da Sansepolcro).
In conclusione, nuovo allestimento: voto 5. Per fortuna ci salvano alcuni capolavori, che però c'erano anche prima dei nove anni di lavori...

domenica 12 agosto 2018

Corso pre-divorziale

Oggi il Papa ha esortato i giovani a sposarsi, se c'è amore vero, senza farsi condizionare dalle condizioni esterne.
Proprio oggi ho avuto notizia di un altro divorzio, dopo pochi anni di matrimonio, con due figli piccoli.
Sposarsi giovani non rischia di far saltare il matrimonio alle prime difficoltà?
Secondo me no. Non importa l'età. Tante volte cresciamo i figli nella bambagia, non sono abituati alle difficoltà. Ma le difficoltà arrivano.
Non basta dirglielo al corso fidanzati: finché le difficoltà non le vivi, non è la stessa cosa.
Allora bisogna avere persone formate a prendersi le proprie responsabilità e a non essere egoisti, fin da bambini. Un corso fidanzati che dura tutta la vita, come ho letto non so dove.
Nel corso forse sarebbe utile portare esempi, testimonianze di difficoltà che hanno portato al divorzio alcune coppie. Difficoltà che interpellano (malattia, ludopatia, tradimento...) accompagnate da testimonianze per cui restare fedeli "nella buona e nella cattiva sorte" è possibile.

martedì 7 agosto 2018

Daisy. E gli altri?

Ha fatto molto rumore il caso di Daisy Osakue, a cui formulo i migliori auspici per i campionati europei di Berlino. L'atleta dell'uovo, ricordate?
Quel caso è stato cavalcato da molti giornali e mass media, non ultimo Avvenire.
Il caso ha però surclassato tutte le altre aggressioni a stampo razzista degli ultimi mesi, da Soumaila Sacko alla bimba rom colpita da una fucilata ad aria compressa.
Peccato che il caso di Daisy Osakue non fosse a matrice razzista. Era una stupida bravata, già compiuta a danno di altre persone di ogni colore. Quando la cosa è saltata fuori, coloro che negano il razzismo hanno avuto buon gioco a dire "Visto? I soliti pregiudizi, al lupo-al lupo!".
Si è scelto come caso di copertina un caso in cui la matrice razzista, fin dall'inizio, è apparsa dubbia. Perché? Perché la giovane atleta italiana di seconda generazione vende di più. Perché la cittadinanza italiana toglie argomenti ai razzisti. O forse perché gli altri casi non sono "vendibili" come vittime. Non sono belli, non sono simpatici, non sono italiani. Sono braccianti. Sono sospetti ladri, come la vittima di Aprilia. Sono addirittura rom.
Secondo me siamo al confine tra strategia mediatica e razzismo. Le vittime brutte e sporche sono meno vittime, non vendono, non sono utili alla causa. A volte funziona: Rosa Parks, adulta di classe media, vendeva di più di Claudette Colvin, studentella un po' testa calda con due figli da due uomini diversi e mai sposata. Stavolta si è scommesso su Daisy, e si è perso. Lo sbugiardamento della matrice razzista del suo caso ha piallato tutte le vere aggressioni razziste dell'estate.
Una bella responsabilità per la stampa, anche cattolica.
Una volta scoperto l'altarino, mentre i media governativi (da Libero al Fatto) sguazzavano nella cosa, non ho visto autocritiche. Anzi, a volte il discorso è: "Forse non era razzismo, ma era verosimile - è come se lo fosse". Sono gli stessi argomenti usati da chi propaganda le fake news sugli immigrati.
Io credo che se si alza l'asticella e ci si mette dalla parte dei "buoni" bisogna stare attenti a questi meccanismi, ed evitarli come la peste.

giovedì 26 luglio 2018

L'estinzione degli scalatori

Ad oggi, i primi quattro in classifica al Tour sono Geraint Thomas, Tom Dumoulin, Chris Froome e Primoz Roglic.
Tutta gente che va forte in montagna, ma ancor di più a cronometro. E non c'è ancora stata alcuna cronometro individuale in questo Tour...
Anche il fatto che la maglia a pois ce l'abbia Alaphilippe dice qualcosa della crisi della generazione degli scalatori puri. Quintana bella vittoria di tappa, ma niente a che vedere con il dominatore che ci si aspettava 5 anni fa. Landa sempre senza l'ultimo passo varso la grandezza. Bardet se non fosse francese sarebbe un Pozzovivo qualsiasi. Anche gli scalatori di rincalzo, quelli da fughe (Nieve, Rolland), non riescono a staccare Alaphilippe.
Attenderemo Bernal tra i big e magari Ciccone per la seconda categoria.
Certo, quello che è successo a Nibali lascia un punto di domanda. Ma questo Tour non l'avrebbe vinto.
Comunque la Sky fa un lavoro impressionante: chi se ne va si mette ad andare più piano (Landa), chi arriva diventa una macchina da Tour.

domenica 22 luglio 2018

L'evasione di tutti noi

Un interessantissimo articolo che descrive l'evasione fiscale.
Per smontare quella facile ed autoassolutoria storiella secondo cui che sarà mai lo scontrino, lo sconto senza fattura eccetera: i veri evasori sono i grandi evasori!
Così poi ci ritroviamo con "paci fiscali" fino a centomila euro (centomila!). Centomila euro di "errori" fiscali da parte di una ditta può voler dire due cose: 1) o non sono errori, ma evasione, quindi ti meriti di chiudere; 2) o che non sai fare i conti in maniera enorme, e allora forse è meglio che non stai sul mercato.
Invece il peso della "piccola" evasione, dell'IVA (scontrini e fatture, sissignori) è enorme.
Certo, le multinazionali hanno altri strumenti per scegliersi il fisco più conveniente, ma quello rientra in altre fattispecie lecite (concorrenza fiscale) o meno (elusione).
Ma non nascondiamo la testa sotto la sabbia: 36 miliardi annui di IVA siamo tutti noi.

venerdì 20 luglio 2018

Di Rolex e asticelle

Sono stato informato per vie traverse delle polemiche su Gad Lerner in maglietta rossa e Rolex.
Siamo a una variante della solita polemica: perché i migranti non li prendi a casa tua? Perché chi dice di accogliere non fa qualcosa in prima persona? Perché Saviano non se li porta nell'attico di NY? Che ipocriti!
Una risposta molto convincente la trovai da Luca Sofri in questo pezzo:
Non li prendo a casa mia perché voglio fare cose più efficaci, voglio pagare le tasse e che le mie tasse siano usate per permettere che queste cose siano fatte bene e professionalmente dal mio Stato, e voglio anche aiutare e finanziare personalmente le strutture e associazioni che lo fanno e lo sanno fare. Non li prendo a casa mia perché quando c’è stato un terremoto e le persone sono rimaste senza casa non ho pensato che la soluzione fosse prenderle a casa mia, ma ho preteso che lo Stato con i miei soldi creasse centri di accoglienza e strutture adeguate, le proteggesse e curasse e aiutasse a ricostruire loro una casa. Non li prendo a casa mia perché se incontro una persona ferita o malata, chiamo un’ambulanza, non la porto a casa mia.
Chi vuole l'accoglienza sta ponendo un problema politico: vuole un'accoglienza anzitutto possibile (lasciamoli entrare), poi auspica che sia efficace e strutturata (quindi fatta da professionisti della società e/o dallo Stato, e al più - mia interpretazione - è disposto a metterci dei soldi per contribuire, con le tasse e/o con la beneficenza).
Sofri torna sul tema più di recente con questo intervento, con un'altra difesa dall'accusa di ipocrisia. Sofri esprime nel farlo un'interessante definizione di sinistra:
Essere di sinistra [...] significava volere di più per tutti, non di meno. L’idea che la sinistra fosse quella dei “comunisti” e degli espropriatori della proprietà privata suonava vecchia e rifiutata già allora. Nessuno di noi di sinistra pensava a togliere ricchezza ai ricchi, ma a darne agli altri.
Ecco, su questa definizione sono un po' meno d'accordo, perché mi pare troppo intrisa di buone intenzioni. Come si forma la ricchezza da dare a tutti? I soldi non crescono nel campo dei miracoli di Pinocchio.*

Alle due argomentazioni di Sofri aggiungo io due punti.
Primo: tutto ciò vuol dire che il Rolex non è un problema? Diciamo che - sfondando un campo morale, quasi religioso - c'è il problema dell'esempio: le prediche e le magliette rosse servono a poco se non c'è la testimonianza. Il nostro tempo (ogni tempo, in realtà) ha bisogno di testimoni più che di maestri.

Secondo: le accuse di coerenza sono tanto più facili quanto più ci si pone un obiettivo "alto".
Se io dico: "Bisogna mangiare sano!", e poi una volta mi faccio birra e patatine, qualcuno potrà obiettare che predico bene e razzolo male. Se dico "Mangiamo un po' quel ca**o che ci pare!" nessuno mi coglierà mai in castagna e sarò sempre libero di fare qualsiasi cosa. Però tutto ciò non significa che mangiare sano sia una proposta sbagliata: certo è più difficile.
Se dico "siate generosi!" mi espongo a chi cercherà il pelo nell'uovo - e lo troverà, perché nessuno è perfetto. Se dico "ognun per sè" nessuno potrà tacciarmi di ipocrisia.

Il rischio è che le accuse di ipocrisia portino ad abbassare l'asticella. Si sdoganano comportamenti più bassi - il cibo spazzatura, l'egoismo - con la scusa che perseguire quelli "alti" è così difficile che non ci riescono neppure i sostenitori di questi atteggiamenti.
E' un atteggiamento parente del "perfettismo" condannato da don Sturzo: non si riesce a perseguire la perfezione, quindi si rinuncia a tutto. Ma tra l'asticella in Paradiso e nessuna asticella ci sono molte vie di mezzo, e se l'asticella non si supera può anche restare dov'è per cercare di superarla la prossima volta.

* Divagando, ricordo che un professore di un corso che seguii a Roma spiegava che la finanziarizzazione dell'economia fu promossa dalla "nuova sinistra" degli anni '90 (Clinton, Blair) per un discorso simile: le banche d'affari fanno un sacco di soldi, rendiamo accessibili questi prodotti anche alla borghesia, facciamo arrivare un po' di finanza a tutti. Ed ecco la fine della distinzione tra banche "normali" e banche d'affari.

giovedì 12 luglio 2018

Rispetta il tuo nemico

La democrazia, in senso lato, è un modo di amare il proprio nemico. Essa ha senso quando ci sono una maggioranza e una minoranza: se tutti sono d'accordo può esserci una dittatura, un'oligarchia o anche un'anarchia, che il risultato finale non cambia: tutti si comporteranno nel modo considerato unanimemente giusto. Che merito avremo a essere democratici con chi la pensa come noi?
Quando però ci sono più posizioni, o più "fazioni" - e quindi un potenziale nemico della nostra fazione - allora serve la democrazia. Essa infatti ci permette di avere uno strumento ordinato e codificato di gestione delle controversie. Non si arriva allo scontro distruttivo e/o fisico tra opposte idee, anzi per stare nelle regole del gioco, ed avere la possibilità di veder vincere le proprie idee, è necessario rispettare le idee altrui, perché anche l'avversario rispetti le nostre e le consideri legittimate - eventualmente - ad essere messe in pratica.
La democrazia quindi disinnesca l'odio tra i nemici.
Ecco, il danno più grande che hanno fatto Berlusconi prima, Salvini e Grillo oggi è quello di scardinare questa dialettica del rispetto, chiamata erroneamente "politicamente corretto", che è cifra di una vera democrazia. La contrapposizione frontale è uno scivolamento verso la guerra tra bande.

lunedì 2 luglio 2018

Da Roma

Sono di ritorno dal magnifico viaggio SFISP a Roma. Tanta roba. Tanta fortuna nell'incontrare persone che hanno tanto da dire e da dare.
Roma con i suoi due consoli mi ha ricordato i due dioscuri attuali, Salvini e Di Maio. Chissà se anche lì uno dei due finirà per imprigionare l'altro. E dopo il consolato degli uomini forti arrivò la dittatura perpetua..

venerdì 15 giugno 2018

Mondiale triste, ragazzo triste

Che tristezza il Mondiale senza Italia. Per noi italiani, intendo. Non pensavo, invece ho un magone...
In particolare mi spiace per quei ragazzini di 10 anni che perdono quelle emozioni che ti restano in testa per tutta la vita. Il prossimo Mondiale lo vedranno a 14 anni... non è la stessa cosa.
Ventura, Ventura!

venerdì 8 giugno 2018

Post pre elettorale (2)

(prosegue da qui)

Quindi per valutare un programma bisogna valutare anche il pregresso, e per due candidati su quattro lo si può fare a ragion veduta, visto che sono stati sindaci per 16 degli ultimi 17 anni. E in questo confronto - l'ho già scritto - l'amministrazione Sarnico batte l'amministrazione Prandelli tanto a poco.

Certo aiuterebbe se quando si dice "condivido al 90% quello che avete fatto, secondo me per il 10% potevate fare diversamente/meglio" la risposta fosse "grazie per l'apprezzamento, terremo conto dell'osservazione" e non "no ma guarda che sei tu che non hai capito, anche su quel 10% abbiamo ragione noi"**. Voler avere ragione su tutto porta anche a perdere tempo su impuntature inutili, come nel confronto tra i sindaci quando Sarnico (in una serata per il resto ben gestita) ha buttato 10 minuti della domanda su sport e cultura a polemizzare con il sindaco di Travagliato - che non poteva né intervenire né replicare, della serie "ti piace vincere facile" - fino ad affermare cose balzane come "un ricorso è un atto amministrativo normale, come una delibera". Così invece di sfruttare un tema forte (il lavoro di biblioteca e Chiodelli in questi anni è stato esemplare) si è incartato in una polemica incomprensibile a chi non è già addentro la cosa (nella mia zona di teatro in molti ci siamo guardati chiedendoci "ma di cosa sta parlando?"). Mi pare lo stesso atteggiamento tenuto nelle polemicuzze sull'accordo Esselunga con Antonini (vedi nota * qui) e in questi giorni sull'utilizzo delle ex Piscine: arrampicate su vetri, pignolerie, distinguo su argomenti marginali. Perdite di tempo.

Certo anche nella specialità "arrampicata su vetri" Prandelli batte Sarnico tanto a poco: basta vedere le giravolte sulla questione del buco di bilancio, di fronte a una certificazione della Corte dei Conti.

E questo ci porta alla vera delusione di Sarnico in questi cinque anni: non essere riuscito a distinguersi da Prandelli nei comportamenti, negli atteggiamenti. Abbiamo avuto ancora un Consiglio comunale gestito in modo monocratico (come già scrissi cinque anni fa, non serve a nulla introdurre il presidente del Consiglio non cambiano i modi e le pratiche), con le opposizioni che lamentano forzature continue dei regolamenti. Ancora litigi con assessori e consiglieri (e con i comuni limitrofi di ogni colore), ancora maggioranze risicate. Con l'aggravante del fatto che non si capisce chi comanda in quella lista: alla scorsa tornata quando mi dicevano "c'è Sarnico ma comanda Taini" non ci credevo. Oggi scopro che Taini è responsabile del "marketing" della lista (?), e con una bella voce in capitolo su programma e candidati. Non mi pare il massimo della trasparenza, per uno che non è candidato né sindaco né consigliere (leggi: non ci mette la faccia), ma sarò io che non so "come vanno le cose".
Ho notato che cinque anni fa uno dei 10 punti del programma di "Insieme per Ospitaletto" era la partecipazione, che prevedeva non solo l'edilizia (sede delle associazioni), ma anche la "creazione di strumenti di partecipazione quali il forum delle associazioni e le consulte", "istituire forme di partecipazione dei cittadini, quali le consulte permanenti e forme di partecipazione sui principali atti amministrativi" e "politiche di integrazione per i nuovi residenti". Quest'anno la parola "partecipazione" è sparita dal programma elettorale***.

Sarà anche per questo che invece Antonini ne fa un cavallo di battaglia. Il suo programma è sicuramente fatto bene, con tentativi di originalità nel bilancio partecipativo e nel rilancio di buone pratiche in uso in altri Comuni. Si vede che ci sa fare. Personalmente mi attrae molto anche per quello che scrivevo nel post più politico degli ultimi tempi: non possiamo separare le politiche dai modi con cui queste sono perseguite, dalle "pratiche relazionali", che anzi vanno ricostruite. Ho trovato molto centrata, a questo proposito, la chiosa di Antonini al termine del confronto tra i sindaci. A lungo termine, la ricostruzione di relazioni è il patrimonio più importante che possiamo fornire non solo a Ospitaletto, ma a tutti i cittadini che vi abitano, anche se un giorno dovessero andarsene.
Però anche qui c'è un però. Anche Antonini, che non conosco personalmente, deve avere un bel caratterino. Qualcuno che ha avuto a che fare con lui mi dice che è un bel "rompiscatole". La rottura con Sarnico magari è dovuta al fatto di essere due galli in un pollaio? E non riesco a togliermi dalla testa la vocina che mi dice che - se è così - potrebbe aver fatto la lista per ripicca.
E poi - purtroppo - c'è questa brutta storia del voto utile. Da una parte mi pare che farvi appello sia un segnale di debolezza. Dall'altra purtroppo questa legge elettorale - "winner takes it all" senza nemmeno il ballottaggio - rende sostanzialmente inutili i voti dati ai perdenti.

E poi c'è Ernesto Mena. Era partito presto e bene, poi si è un po' perso. A occhio la squadra mi sembra la più debole, e anche la campagna elettorale è andata al traino degli altri (vedi gli incontri con la cittadinanza elencati a pennarello, una settimana dopo tutti gli altri). Non so, magari mi sbaglio perché non frequento gli stessi ambienti, quelli di commercianti e artigiani, ma mi sembra la più debole delle quattro liste.

Previsione: sarà un voto equilibrato. Secondo me tra primo e secondo avremo meno di 250 voti. In questo caso potrebbe vincere la lista che perderà meno voti verso i concorrenti d'area.
Mi chiedo se c'è qualcuno che vota il simbolo: da una parte Ospitaletto è esploso demograficamente negli ultimi 15 anni, perciò c'è tanta gente che in teoria non conosce personalmente Prandelli, Sarnico, Mena, Antonini, i candidati. D'altra parte la popolazione è ormai stabile da 6-7 anni, e molte delle nuove famiglie hanno cominciato a integrarsi, a mandre i figli all'asilo eccetera: ormai dovrebbero essere più sgamati.
Poi c'è l'incognita di tutti quelli che hanno votato 5 stelle alle politiche, che è difficile collocare. Vedremo.

Chiudo con una curiosità: sono appena passato davanti al tabellone elettorale. Ho notato che ci sono ben 10 candidati nati a Ospitaletto (2 con Mena, 4 con Prandelli - "gente nostra" di nome e di fatto... - e 4 con Antonini): mi ha stupito.


Disclaimer: questa è la conclusione della campagna elettorale, quindi può essere che ci sia qualcuno che legga questo post e desideri commentarlo. Mia la casa, mie le regole: io ci metto nome e cognome, d'ora in poi accetterò commenti solo corredati da nome e cognome dell'estensore. Voglio sapere con chi ho a che fare. Già cinque anni fa ebbi problemi con una lista, per cui prima mi si rispondeva in un modo e senza firma, poi altri esponenti si facevano sentire separatamente, una volta anche scusandosi per l'atteggiamento dell'anonimo estensore della precedente risposta. Perciò tutti i commenti privi di un nome e cognome riconoscibile verranno eliminati.

** Atteggiamento molto PD, tra l'altro, e abbiamo visto quanto abbia fruttato alle elezioni politiche la scelta di negare ogni errore e descrivere le mirabilie del Jobs Act, della Buona Scuola eccetera, per cui ogni critica era fuori luogo, populista, sbagliata, "i dati dicono altro". Bisogna fare i conti anche con la percezione della gente, c'è poco da fare. Se le statistiche dicono che ci sono più occupati, ma l'interlocutore ha magari visto dei familiari perdere il lavoro, non gli si può rispondere "ma i dati". Se le statistiche dicono che a Ospitaletto gli immigrati regolari sono calati, ma l'interlocutore magari ha mandato il figlio a scuola e ha trovato in classe tanti extracomunitari con cui fino all'anno prima non aveva a che fare, non puoi dirgli "ma i dati": la sua percezione - che per il suo mondo è corretta - è un'altra.
*** per la precisione c'è una volta: "Partecipazione attiva alla programmazione del Piano di Zona". Direi che si parla d'altro.

giovedì 7 giugno 2018

Post pre elettorale (1)

Così ci siamo. Domenica si vota.
Ho seguito un po' a intermittenza la campagna elettorale: nella nostra traversa i volantini non girano l'angolo, tagliando fuori non solo casa mia ma sette famiglie. Di Prandelli è arrivato solo il volantino di Riprendiamoci Ospitaletto, ho recuperato un programma dai miei. Di Mena e Sarnico è arrivato - in quest'ordine - solo il programma (cioè il necessario). Solo di Antonini sono arrivati anche i volantini delle varie iniziative elettorali.

Guardando le liste, stupisce la quantità di nomi nuovi. L'amministrazione uscente conferma solo quattro consiglieri su 11 da eleggere, e perde tre degli assessori. Prandelli ha solo tre ex consiglieri. Avremo un problema di esperienza nel nuovo Consiglio. Per fortuna i quattro candidati sindaci sono già esperti. Non vorrei che fosse anche un segno di una gestione piuttosto verticistica delle liste: in effetti sia Prandelli che Sarnico negli ultimi 17 anni non hanno brillato per compattezza delle squadre e hanno litigato con parecchi propri consiglieri.

Leggendo i programmi con mia moglie ci siamo stupiti di quanto si assomiglino. Meglio così: si potrà andare a votare con una preoccupazione in meno, sapendo che le liste hanno chiaro quello di cui ha bisogno il paese. Ho sentito al confronto tra i candidati che Prandelli ha detto che gli hanno copiato il programma, mentre a casa dei miei - facendo passare il loro ben più copioso materiale elettorale - ho visto un volantino di Sarnico che sosteneva la stessa cosa. Vista da esterno, poco male: se ci sono delle buone idee, è buona cosa riconoscerle e financo copiarle.
Avevo quasi intenzione di elaborare una tabella con somiglianze e differenze, ma il tempo è sempre tiranno. Sarnico mi ha evitato il lavoro e ha evidenziato alcuni punti distintivi: essenzialmente la piscina e Villa Presti, visto che sulla sicurezza tutti promettono maggiore vigilanza e su Esselunga tutti promettono di cercare i maggiori benefici possibili*. Se dovessi votare su questi punti, probabilmente dovrei votare Prandelli: sono da sempre contrario alla piscina e avere la biblioteca vicino casa - e con più parcheggi - sarebbe utile, inoltre Prandelli parla esplicitamente di chiudere tutta la seriola che mi passa vicino casa.

Però.
Però bisogna anche considerare altri fattori. Portare la biblioteca a Villa Presti ha senso adesso che il Comune ha comprato i locali parrocchiali adiacenti? Secondo me Sarnico ha sbagliato a fare un'operazione così impegnativa a poco tempo dalla scadenza elettorale (qui la "correttezza" usata per Esselunga non è stata praticata), ma ormai la frittata è fatta. A questo punto, messi di fronte al fatto compiuto, non sarebbe più conveniente spostare la biblioteca, anche perché non mi pare di vedere proposte alternative per quegli stabili in centro.

Inoltre non posso non notare che Prandelli ha cambiato idea di parecchio rispetto ai suoi 10 anni da sindaco. Ora siamo al non consumo del territorio; ricordiamo tutti qual è stata la scelta urbanistica delle sue amministrazioni. Addirittura un volantino di Mandelli - che ha firmato tutti i progetti di edifici pubblici e privati tra il 2001 e il 2011, tra cui casa mia - prevede una variante al PGT per evitare altre edificazioni. Ora c'è il no alla piscina, nel 2011 c'era la piscina già con progetto e rendering sul giornalino del Comune. Ora siamo all'allungamento della sosta gratuita, sette anni fa la giunta Prandelli sosteneva che il primo periodo gratuito fosse "tecnicamente impossibile": smentiti dai fatti. Ora Prandelli dice (al confronto tra i sindaci) che il piano di diritto allo studio è inadeguato, ma io ricordo (e sono sicuro che ad avere il tempo si ritroverebbe anche sul blog del centrodestra) che per anni si è accusata la Chiodelli di saper solo fotocopiare il piano dell'amministrazione Prandelli - che quindi era inadeguato anche allora?

(prosegue domani, ché stasera è tardi)

Disclaimer: questa è la conclusione della campagna elettorale, quindi può essere che ci sia qualcuno che legga questo post e desideri commentarlo. Mia la casa, mie le regole: io ci metto nome e cognome, d'ora in poi accetterò commenti solo corredati da nome e cognome dell'estensore. Voglio sapere con chi ho a che fare. Già cinque anni fa ebbi problemi con una lista, per cui prima mi si rispondeva in un modo e senza firma, poi altri esponenti si facevano sentire separatamente, una volta anche scusandosi per l'atteggiamento dell'anonimo estensore della precedente risposta. Perciò tutti i commenti privi di un nome e cognome riconoscibile verranno eliminati.


* Quanto alla mancata definizione degli accordi per "correttezza", per lasciare alla successiva amministrazione la definizione dei dettagli, ho sentito che Antonini alla serata di confronto la pensava diversamente: lì è la parola del sindaco contro la parola di Antonini, che citava gli ordini del giorno del Consiglio Comunale, da cui l'accordo con Esselunga è stato espunto all'ultimo momento, secondo lui perché è semplicemente saltato.

martedì 29 maggio 2018

Pregare per i governanti

Un Francesco d'annata. Lo riporto tutto.

«È un peccato da portare in confessione non pregare per i governanti». E questa preghiera va fatta soprattutto «per non lasciare da soli» quanti hanno meno «coscienza» che il loro potere non è assoluto ma viene dal popolo e da Dio. Però anche «i governanti devono pregare per chiedere la grazia» di servire al meglio il popolo loro affidato. E se non sono credenti, almeno chiedano consigli per non perdere di vista il bene comune e per uscire, comunque, dal piccolo contesto autoreferenziale del proprio partito.

domenica 27 maggio 2018

Non sono più così ottimista

Fino a ieri pensavo che l'Italia avesse gli anticorpi, anche costituzionali, per far fronte a pressioni populiste che in prospettiva potrebbero diventare potenzialmente pericolose.
Da ieri sera non ne sono più così sicuro. Mattarella per me ha scardinato questa cosa in modo potenzialmente pericoloso.
Il Presidente della Repubblica è l'unico attore politico (quindi oltre ai giudici costituzionali) che non debba rispondere a nessuno (elettori compresi) di determinate decisioni. Questo gli dà un grande potere discrezionale.
Da ieri sappiamo che questo potere vale anche per veti sulle politiche di un governo. Non sui nomi, che sarebbe meno grave (perché su 60 milioni di italiani un altro nome che porta avanti la stessa politica si trova): sulle politiche. Per come ho ascoltato io il discorso di Mattarella, un altro nome con la stessa "apparenza" anti-Euro non sarebbe ugualmente andato bene.
Facendo quello che ha fatto, Mattarella ha dato il vantaggio della ragione a Salvini e Di Maio, gli ha spianato la campagna elettorale, e il prossimo Parlamento sarà ancora più populista. Il prossimo Parlamento eleggerà - al più tardi nel 2022 - il nuovo Presidente. Ho paura di cosa potranno fare un Presidente populista e un Parlamento populista, dopo un tale precedente di ingerenza. E se dopo le elezioni del 2023 al nuovo Presidente non andasse bene un ministro pro-Euro?
Tra l'altro Mattarella ha paventato una politica anti-Euro che non è nel "contratto" Salvini-Di Maio, né nelle dichiarazioni di Savona. Ha paventato dei rischi per il risparmio che ci sono, certo, ma per ora solo in potenza. Anche questo è un precedente: siamo dalle parti della precrimine di Minority Report. Figuriamoci se un governo italiano può seriamente prendere in considerazione l'uscita dall'Euro. Si sarebbe fatta un po' di scena, qualche parola di circostanza di Moscovici, un p' di deficit in più e avanti insieme.
Per me, comunque, se gli italiani hanno votato in maggioranza per una politica così, non possiamo metterli sotto tutela: abbiano la politica pericolosa. La democrazia sotto tutela vale -secondo me - solo per qualcosa di palesemente anticostituzionale. Che ne so, un ministro che parla bene della pena di morte: allora sì che vedrei bene i veti del Quirinale. Ma una politica economica invece di un'altra vale il superamento del suffragio popolare rappresentativo?
Poteva fare altro? Per me sì. Poteva far partire il governo ed esprimere contemporaneamente la sua contrarietà e la sua vigilanza. Se fra qualche mese si fosse tornati al "Fate presto!" del 2011, non vedo perché la conclusione sarebbe dovuta essere diversa: un Cottarelli arrivato però dopo aver testato M5S e Lega.
Non che creda alle "vaccinazioni" montanelliane: se non ha funzionato con Berlusconi, non funzionerà neppure con i populisti. Però neanche Silvio ha mai vinto un'elezione dopo aver governato. Un governo M5S-Lega avrebbe creato loro difficoltà alle prossime elezioni.
Oppure poteva rifiutare di far partire il governo, ma con una giustificazione non politica. Per esempio prendendo atto - viste le visite al Colle di Salvini e Di Maio nel pomeriggio - che evidentemente la scelta dei ministri non era libera da parte di Conte, e questo è anticostituzionale. Ovviamente è una foglia di fico (vorrei proprio vedere quanti premier hanno scelto i ministri all'oscuro delle segreterie di maggioranza), ma che non avrebbe creato un precedente.
Dopo il patatrac, la palla era nel campo di Di Maio: poteva scegliere di evidenziare l'impuntatura di Salvini su Savona, descriverlo come "inaffidabile". Invece ha scelto di prendersela con Mattarella. Bel viatico per le prossime elezioni: i partiti populisti che non si osteggiano tra di loro. Ottimo risultato.
E ancora, dopo il patatrac Mattarella poteva dire: "Come ho sempre detto, voglio un governo politico. La possibilità di un governo Lega-M5S è andata a vuoto. Sono pronto a esplorare le altre possibilità politiche, a partire da quella meno distante dalla maggioranza: sono pronto a conferire l'incarico a un esponente del centrodestra". Volevo vedere allora Berlusconi e Meloni... così si divideva Salvini dagli alleati, e per i collegi almeno si arginava l'onda.
E invece è arrivato un vulnus alla figura del Presidente, creando dei precedenti pericolosi. In buona fede da parte di Mattarella, ne sono sicuro. Ma è un grosso errore, secondo me.

p.s. chissà che qualche grillino inca**ato non voti Lega anche a Ospitaletto, tra due settimane. Magari Mattarella rischia di spostare anche le elezioni locali.

mercoledì 23 maggio 2018

Viviamo tempi interessanti

Due letture interessanti della situazione politica attuale: questa sulla politica economica e questa più generale sulla impostazione "ideologica", o meglio non ideologica di questo governo.
Mi pare che il discorso sia condivisibile: non si vede una prospettiva unificante di fondo, una "cosa" che non sia per forza un'ideologia, ma un'ispirazione, una direzione di marcia. Probabilmente è l'evoluzione di ciò che successe con Renzi: l'unica cosa che conta è il cambiamento.
Non sono convinto che questa evoluzione del dibattito sia positiva.
Per quanto riguarda Cottarelli, invece, credo che la ratio sotto lo statalismo di cui parla sia la protezione: viviamo in tempi in cui c'è diffusa paura, e mamma Stato ci promette protezione, dall'idraulico polacco, dalla Fornero, dalla disoccupazione. Il merito comporta competizione: non è compatibile con la protettività. Certo questo approccio non può funzionare se disgiunto da responsabilità.

mercoledì 16 maggio 2018

Tutto è connesso

Sabato c'è stato l'ultimo incontro di quest'anno di SFISP, con il professor Dario Nicoli. Nella stessa mattinata ho introdotto l'enciclica Laudato si' di papa Francesco. Dopo  quell'incontro, il mio cervello ha laboriosamente rimuginato una serie di ragionamenti che riporto di seguito.

Il professore ha fatto un intervento molto articolato, complesso.
A un certo punto ha detto che sognare è importante. Bisogna avere grandi obiettivi, non perdere la speranza.
In un altro passaggio invece ha detto che al giorno d'oggi, durante il percorso educativo dei fanciulli e dei ragazzi, tendiamo a dire loro che da grandi potranno fare quello che vogliono. "Fai della tua vita quello che ti piace! Fai quello che desideri!". Il professore ha stigmatizzato questo atteggiamento: la nostra vita non è fare quello che si vuole, ma sono le relazioni che abbiamo e che costruiamo.
Ho fatto fatica a mettere insieme queste due affermazioni.
Credo d'aver capito che l'idea sia di mettere insieme speranza e realismo, ma soprattutto evitare l'individualismo. Non possiamo pensare che la nostra vita si costruisca solo con quello che desideriamo noi, a dispetto di tutto e di tutti intorno a noi.

Il realismo fa anche sì che a volte apriamo gli occhi e ci accorgiamo che dobbiamo rinunciare a una parte dei nostri desideri per prenderci le nostre responsabilità. Rinunciare a un viaggio per stare vicino alla nonna malata. Rinunciare a iscriversi all'università per portare a casa qualche soldo perché la famiglia ne ha bisogno. Rinunciare a quello sconto allettante perché pagare in nero è evadere (letteralmente) dai nostri doveri civici.
Mi è tornato in mente un discorso che faceva un docente del corso di formazione sociale e politica che ho seguito. Lui parlava del matrimonio, e diceva una cosa controintuitiva: la Chiesa negli ultimi decenni ha troppo insistito sull'aspetto sentimentale del matrimonio, sull'amore. Si dice: "Ti amo, quindi ti sposo". Ed è giusto, giustissimo. Però dobbiamo anche avere presente che la parole "amore" è purtroppo molto varia. E' amore il sesso, l'amore fraterno, il romanticismo, la carità, l'eros e l'agape, l'amore di Dio, il sentimento e i film d'amore. Dire una cosa così può anche lasciar pensare: "Allora quando non ti amo più non siamo più sposati". Quel professore diceva che è necessario accompagnare al "Ti amo, quindi ti sposo" anche il contrario: "Ti sposo, quindi ti amo". Ti sposo, quindi mi impegno a costruire con te un progetto, a costruire un amore giorno per giorno, che cambierà e si modificherà con il tempo, ma che non per questo diventerà meno amore. E mi prendo la responsabilità di far sì che sia così.

Oggi la società del "tutto e subito" non ragiona certo in questa maniera. La progettualità e la responsabilità non si vedono nelle nostre vite; non si vedono nelle nostre relazioni consumate subito, perché ciascuno dei due "ha voglia", e bruciate appena a uno dei due - individualmente - "passa la voglia"; non si vedono nel fare figli; non si vedono in politica.

Allora è vero che, come ripete molte volte il Papa, tutto è connesso. Un certo modo di fare ha effetto sulla vita privata, sulla vita pubblica, sull'ambiente. Ogni azione non ha solo un effetto in sé stessa, ma anche perché contribuisce a formare una cultura comune, una cultura sociale. Ci possono essere azioni che costruiscono una società più umana e altre che costruiscono una società più individualista.

Su questi meccanismi influisce anche il nostro modello economico, o meglio - ricordando Giovanni Paolo II - la sua degenerazione consumistica. Il consumismo, il percepirci come consumatori, fa sì che si debbano creare sempre nuovi bisogni (o meglio: desideri): dopo aver comprato una macchina, dovremo sentire il desiderio di una macchina più grande o potente. Dopo aver comprato un telefono, dovremo creare il desiderio del modello nuovo. Una sorta di degenerazione del motto sessantottino "Siate realisti, chiedete l'impossibile".
Questo spostare continuamente l'asticella verso l'alto ha qualcosa a che fare con il discorso che il professor Nicoli faceva riguardo ai sogni dei ragazzi: mettere l'asticella troppo in alto ("Fai quello che vuoi! Puoi diventare ciò che sogni!") rischia di generare grosse delusioni quando la realtà ci richiama all'ordine: non tutti possono diventare calciatori famosi. Allora emergono l'invidia, la frustrazione, magari la rabbia. Così nelle relazioni: se l'aspettativa è di trovare il principe azzurro (e in questo qualche mitizzazione dell'amore da parte della Chiesa la intravedo), qualsiasi relazione con qualche difetto non sarà abbastanza, sarà deludente, e finirà. Così in politica: attraverso meccanismi in parte diversi (cioè la giusta reazione al degrado della moralità della stessa) si è arrivati alla stessa conclusione, la pretesa di "purezza" e a una rabbia sorda, ostile.
Trovare un equilibrio tra realismo, pragmaticità e speranza e afflato ideale è la sfida dei cristiani: siamo nel mondo, ma non del mondo. In politica è ancora più difficile.

Tornando all'effetto pubblico delle nostre azioni e delle nostre scelte, trovo che a volte anche noi cristiani non vediamo la connessione profonda che i nostri Papi ci ricordano. A volte vediamo gli argomenti come separati: che importa della morale, stiamo parlando d'altro (di politica, per esempio). Stiamo parlando di valori non negoziabili, non c'entra l'ecologia. Parliamo di aborto, non di poveri. Tutti i Papi recenti, dall' ecologia umana di Giovanni Paolo II, a Caritas in veritate di Benedetto XVI, a papa Francesco fin nell'ultima esortazione Gaudete et exsultate (ai punti 101 e 102), hanno ribadito che questo è un errore. Ogni degradazione della cultura umana porta danno a tutto l'uomo, che non è settoriale.
Allo stesso modo anche in politica il risultato non è disgiunto dalla modalità con cui lo si persegue, né dall'esempio che porta il politico come persona.

mercoledì 9 maggio 2018

Ospitaletto, i servizi, i costi (2)

(prosegue da qui)

Certamente, seguendo gli annunci dell'attuale amministrazione, serve una nuova palestra. L'unico dubbio, al riguardo, è se siano annunci elettorali o ci sia sotto della "ciccia". Considerando il jolly Esselunga in arrivo, dovremmo essere ottimisti al riguardo.
Resta un dubbio sulla correttezza di impegnare risorse a due mesi dal voto, vincolando così la futura amministrazione che potrebbe avere idee diverse. Per esempio io ho trovato inopportuni gli accordi con la Parrocchia degli ultimi mesi.
Passi per la casa delle associazioni, ammesso che serva e che venga usata (altra cosa che scopriremo solo fra qualche mese o anno), ma l'accordo per l'acquisto della casa ex-Santina e della casa S. Giacomo così sotto elezioni a me non è piaciuto: che fretta c'era? Non si poteva attendere giugno?
Così si tolgono le castagne dal fuoco alla Parrocchia, che - si sa - era in ambasce con l'uso della casa ex-Santina, visto che l'idea di farne la nuova sede Caritas si scontrava con i vincoli delle Belle arti. Rogna che ora si addossa il Comune.
Idem per l'accordo di rifacimento del campo da calcio dell'Oratorio: una nuova amministrazione potrebbe avere idee diverse per la zona piscina, magari facendo un campetto in quell'area, cosa che mi sembrerebbe più sensata (io sono contrario da tempo immemore all'ipotesi piscina). Ogni riferimento a Prandelli è ovviamente voluto: si sa che c'è in campo un'idea opposta, è corretto far trovare le cose fatte a due mesi dalle elezioni? Sa un po' di dispetto.
A proposito di vincoli delle belle arti, parliamo di villa Presti. Non ho le competenze per sapere né se l'operazione è gestita bene, né se un'altra farmacia serve (anche se facendo un conto della serva se le farmacie comunali diventano 2 su 3 invece che 1 su 2 il Comune dovrebbe guadagnarci nella spartizione dell'utenza). Mi suona strano che una farmacia - che ha vincoli per quanto riguarda spazi, magazzini, accessibilità eccetera - possa entrare tranquillamente in un immobile anch'esso vincolato dalle Belle arti. Vedremo.
Invece - come già detto qualche post fa - per i servizi non "edilizi" non posso che fare un plauso a questa amministrazione: le attività sulla salute e sulla cultura sono state un bel miglioramento, come le feste (Notte Bianca, Mille Miglia, anche se a me piaceva pure Pa' e salam), e mettiamoci anche la celebrazione delle ricorrenze civili.
Non ho abbastanza competenza per giudicare invece il lavoro dei servizi sociali.

martedì 8 maggio 2018

Ospitaletto, i servizi, i costi (1)

Ragionando oziosamente sulla situazione del Comune, sempre in vista della tornata elettorale, qualche appunto sui servizi nel nostro Comune.
Io ho sempre ritenuto che il nostro paese, in quanto comune di hinterland, abbia una vocazione ad essere un Comune di servizi. Non siamo un paese franciacortino (vino e vigneti), né con qualche ambizione turistica, né bassaiolo (campi e allevamenti). Noi dobbiamo essere un Comune accogliente per la nostra popolazione, anche per diminuire il rischio di essere un puro e semplice dormitorio: se gli ospitalettesi, oltre a lavorare fuori paese, devono spostarsi anche per avere dei servizi, da noi resta ben poco.
Certo, i servizi pubblici costano.
Infatti già a suo tempo non condivisi l'impostazione di Prandelli che decise - con una scelta politica - di tenere le tasse il più basse possibile (no addizionale Irpef), anche a costo di faticare a far quadrare il bilancio. In quei dieci anni perdemmo definitivamente la piscina e l'ASL: una direzione diversa da quella da me auspicata. Per me - ribadisco: è una scelta politica - avere più servizi vale anche qualche decina di euro in più di tasse.
L'amministrazione Sarnico ha fatto una scelta diversa. Dopo essersi trovato l'addizionale Irpef imposta dal commissario, ha deciso di mantenerla, pur diminuendola leggermente a metà mandato. In questi anni abbiamo avuto il centro diurno, e ora stiamo inaugurando la casa delle associazioni, in futuro è prevista la piscina e un polo sportivo (vedremo).
Il problema è:questi servizi sono sostenibili? Per il centro diurno so che c'è stata discussione col Serlini, che ha espresso molti dubbi sulla sostenibilità economica, infatti se non sbaglio l'operazione è stata conclusa con il Richiedei di Gussago (altro ente con grossi problemi economici...). Sulla piscina, Sarnico dice che i problemi di sostenibilità saranno un fatto dei privati. Abbiamo già visto in comuni limitrofi che la questione spesso non è così automatica: si comincia con i soldi privati, poi i privati bussano dal sindaco e dicono: "l'impianto è in perdita, o ci aiuti o chiudiamo, poi spieghi ai tuoi elettori come mai è chiuso".
Per entrambi i casi - piscina e centro diurno - sapremo solo fra qualche anno come andrà. Io ho il dubbio che ad oggi, con la concorrenza che c'è nei paesi vicini su entrambi i servizi, sia difficile garantire la sostenibilità. In particolare la piscina era un debito già negli anni '80-'90, quando era l'unica del circondario; oggi secondo me abbiamo "perso il treno", lasciando che i Comuni vicini ci superassero in offerta di servizi sul territorio. Responsabilità storica di Prandelli.

(continua)

martedì 24 aprile 2018

Verso le elezioni comunali

E diciamolo, qualcosa sulle prossime elezioni comunali.
Alla fine avremo quattro liste: Mena, Prandelli, Antonini, Sarnico.

Mi colpisce la vicenda che ha portato alla candidatura di Prandelli. Le donne del centrodestra (Giudici, Trecani, Chiari) hanno tirato la baracca per cinque anni, con un egregio lavoro sul territorio, negli atti di Consiglio e Commissioni e "ai fianchi" di Sarnico, dalla questione del senso unico di villaggio S. Caterina alla vertenza Esselunga.
E nonostante ciò, arriva Prandelli che per sette anni è stato altrove, e si impone.
Un metodo che mi lascia basito. Sicuramente hanno pesato i numeri delle elezioni politiche (ma allora Sarnico non dovrebbe nemmeno presentarsi); sicuramente sono arrivate indicazioni da Brescia (ma OspiLab non dovrebbe entrarci per nulla con queste dinamiche). Fatto sta che arriva il dominus, e dice "qui comando io". Anche all'interno della Lega, non so se Abrami - candidato in pectore già alla scorsa tornata - si sia eclissato spontaneamente.
Sono convinto che dopo dieci anni di dominio praticamente monocratico Prandelli non sia così ben visto a Ospitaletto.

Però la stessa cosa si può dire di Sarnico. Sono curioso di vedere chi ci sarà in lista, visto che con metà della sua lista al giro precedente ha litigato. Un grosso difetto per chi si presentava in discontinuità con l'amministrazione "dispotica" di Prandelli. Però è vero che questa cosa la notano gli "impallinati" di politica e chi ha a che fare direttamente con lui (ho ricevuto commenti molto caustici da gente che ha avuto contatti con il Comune negli ultimi anni), ma il 90% degli elettori non lo sa.

Come amministrazione, molto meglio i cinque anni di Sarnico che i dieci di Prandelli. Non pensavo che fosse possibile bloccare la cementificazione, il confronto tra il numero di gru e cantieri lottizzati da Prandelli e quelli sbloccati da Sarnico è impietoso.
Nota di merito inoltre per le politiche comunali dell'assessore Chiodelli, mai così ricche per numero e varietà delle proposte.
C'è da dire che le condizioni in cui i due sindaci si sono trovati a lavorare sono state molto diverse: Sarnico ha pescato il jolly Esselunga con i relativi introiti, mentre Prandelli si era trovato a gestire il problema delle scuole ereditato da una sciagurata miopia della precedente amministrazione di centrosinistra.
Però Prandelli aveva deciso di affrontare la situazione facendo cassa con le urbanizzazioni pur di tenere al minimo le tasse, scelta legittima e senz'altro "politica", ma secondo me nella direzione sbagliata. Tra l'altro tante case nuove portano a una desertificazione del centro; poche tasse locali più tanti appartamenti sfitti in centro portano a un accentuato afflusso di immigrati. Non proprio un successo per un'amministrazione leghista.

Per quanto riguarda i programmi, avremo tempo di leggerli. Per ora, un plauso a Prandelli perché pare sia rinsavito sulla piscina, che prima era nel programma del centrodestra e oggi è riconosciuta come ingestibile economicamente (vero).

Speriamo che la campagna elettorale - che sarà dura - non arrivi a certi livelli di colpi bassi. Già le insinuazioni verso Antonini di avere interessi commerciali con la Lega sono al livello delle insinuazioni del 2011 del centrodestra su "Sarnico vuole la moschea". Speriamo che sia solo una caduta di stile.
Certo fa una certa impressione che Antonini parli male primariamente di Sarnico, e Mena primariamente di Prandelli.

lunedì 23 aprile 2018

Regeni e gli altri

Sul mio PC è apparso un annuncio di raccolta fondi per Amnesty International che recita: "Continuiamo a chiedere verità per Giulio Regeni".
E' giusto. Continuiamo a chiedere verità.
Mi chiedo perché non sia mediaticamente altrettanto "forte" la storia dei tre italiani scomparsi in Messico. Anche lì c'è dietro una brutta storia di forze dell'ordine colluse. Sono sparite tre persone, italiane come Giulio Regeni.
A volte fatico a capire i meccanismi delle mobilitazioni di massa.
P.S. A meno che il basso profilo non sia una scelta consapevole di famiglia e Farnesina, nel qual caso sarei più sereno.

giovedì 12 aprile 2018

Reddito di base e immigrazione

In questo periodo parla molto di reddito di cittadinanza. Non qualche genere di sussidio di disoccupazione, più o meno condizionato, ma quello vero: soldi a tutti in maniera incondizionata.
Io sono sempre stato culturalmente scettico al riguardo, ma la discussione si sta facendo interessante, e sento molte persone che portano motivazioni sensate a favore. Per esempio, c'è chi vede il reddito di cittadinanza come un "paracadute" per i posti di lavoro sostituiti dalle intelligenze artificiali.
Qui un interessante contributo sul tema.

Mi vengono due osservazioni, la prima più circostanziale e la seconda più strutturale.
Per prima cosa, mi par di capire che il reddito di cittadinanza dovrebbe disboscare e sostituire altre agevolazioni e sussidi. Mi pare difficile attuare un tale buon proposito in Italia. Chi perde l'agevolazione sarebbe subito in piazza a lamentarsi, inoltre la semplificazione leverebbe quelle incertezze e interpretazioni che purtroppo sono il brodo di coltura di molte conventicole.

La seconda riflessione.
Mi pare che il reddito di cittadinanza sia una misura molto "vecchio stile", che sottende una grande importanza - quasi novecentesca - dello Stato.
Mi chiedo se abbia senso pensare una misura con queste caratteristiche nel 2018, con la libera mobilità di persone e capitali. Per poter essere sostenibile, il reddito universale deve basarsi su una ragionevole certezza dei percettori (e siamo in epoche di grandi migrazioni) e dei contributori (e siamo in epoca di delocalizzazioni, spostamenti di sedi fiscali, elusioni varie).
Il reddito di cittadinanza quindi è basato su uno dei pilastri dello Stato classico, ovvero - nomen omen - la cittadinanza. Mi pare che per garantire il primo requisito (certezza dei percettori) si dovrebbe legare l'erogazione alla cittadinanza, e non "a tutti i residenti", come dice Gilioli.

D'altra parte tutto il welfare è basato su un sistema chiuso, in cui le risorse vengono raccolte da una certa platea e distribuite alla stessa platea. Ogni eccezione incrina il sistema, da qui le polemiche sui fondi utilizzati per l'accoglienza ai migranti.
Mi chiedo se chi sostiene il reddito di base da sinistra ha considerato questi effetti collaterali di chiusura che si porta dietro una misura da Stato forte.

giovedì 5 aprile 2018

Testimonianza

Una bellissima testimonianza dall'interno della macchina-Stato. Da leggere, molto interessante su forze e debolezze del nostro Sistema.

lunedì 26 marzo 2018

Il cattolico fai-da-te va al voto

Ho letto su Famiglia cristiana l'inchiesta sul rapporto tra cattolici e politica. Ci sono alcuni punti di vista interessanti, anche se si vede che stiamo tutti abbastanza brancolando nel buio. Mi spiace di non trovare in rete il sondaggio Ipsos riportato sul settimanale paolino, che divide il voto per frequenza di Santa Messa (settimanale, mensile, saltuaria o mai); i risultati sono simili a quelli riportati qui su dati Ixé.
La conclusione che praticamente tutti gli osservatori traggono è la seguente: i cattolici votano come il corpo elettorale generale, ovvero l'essere cattolici non ha rilevanza sul voto.
Sono d'accordo solo in parte. Nei dati di entrambi i sondaggi, se per cattolici intendiamo l'insieme di cattolici assidui (messa settimanale) e cattolici saltuari, la media ponderata dei voti espressi si allinea bene con la media generale, con scostamenti nell'ordine dell'1%.
Però questo risultato "mediamente" valido è come il pollo di Trilussa: viene da una media di risultati fortemente divaricati tra i cattolici che vanno a Messa tutte le settimane (d'ora in poi "assidui") e quelli saltuari.

Se confrontiamo i dati, tra i cattolici assidui il PD prende molto di più che la media nazionale (addirittura per Ixé è il primo partito), il M5S perde parecchi punti, quasi 10, e non c'è il sorpasso della Lega su Forza Italia. Con risultati così avremmo letto tutta un'altra elezione, mi pare.
E' impressionante che  la differenza di voto tra i cattolici assidui e quelli saltuari (ultima colonna) sia superiore alla differenza tra cattolici assidui e non cattolici. Sul M5S c'è una differenza superiore ai 15 punti percentuali, con i grillini a fare da terzo polo, e la stessa cosa - ma di segno opposto - accade sul PD, che tra i cattolici assidui prende quasi 10 punti in più che tra i saltuari. Anche per la Lega c'è una bella differenza - ferma restando la grande affermazione di Salvini & C.: i cattolici assidui la votano meno della media, i saltuari di più. Per Forza Italia invece succede il contrario.
La coincidenza tra praticanti e non praticanti è ovviamente contingente: i non cattolici di solito votano più a sinistra, e a queste elezioni l'invito della CEI, più o meno mascherato, a votare forze "responsabili e non populiste" convergeva sul PD, di qui un certo avvicinamento.
Invece lo scollamento con i cattolici saltuari - secondo me - è molto significativo, e si ricollega a una osservazione che ho letto su Famiglia cristiana: ci sono sempre più cattolici "fai da te", che della fede prendono solo alcune parti, quelle che più aggrada loro. Questo si riflette nella cabina elettorale: gli appelli dei vescovi (come il precetto domenicale) fanno parte delle cose non considerate, mentre la percezione di "appartenenza", magari contro gli islamici perché "noi siamo cristiani", è entrata nell'urna.

P.S. ho però un dubbio sui numeri: confrontando le percentuali di voto parziali delle colonne divise per frequenza a Messa e le percentuali totali, il "peso" dei cattolici assidui (Messa settimanale) dovrebbe essere circa del 35%. Un'esagerazione, mi pare.

giovedì 22 marzo 2018

Appunti sul voto (2)

Seconda parte della mia NON analisi del voto, prosegue da qui.
  • Passiamo a quelli che ce l'hanno con i politici. Questo è un classico da almeno un quarto di secolo: Berlusconi vinceva quando non era un politico, Renzi vinceva con la rottamazione, il M5S esplode in quel senso. "Mandiamoli a casa!". Perché succede ciò? In parte per motivi deteriori: perché si crede a promesse impossibili, perché non si ha la pazienza del lungo periodo.
  • Però dobbiamo anche chiederci se non ci sia un'effettiva incapacità della politica di affrontare i problemi. In fondo da 25 anni si parla sempre di lavoro, di disoccupazione giovanile, di pressione fiscale, di burocrazia. L'apparenza è che non si smuova mai nulla.
  • Quindi: questi problemi sono irrisolti:
    • perché sono irrisolvibili, almeno a livello nazionale: si tratta di piaghe epocali di una contingenza storica?
    • perché abbiamo un problema di classe dirigente?
    • perché il nostro sistema democratico e istituzionale non è più adatto a rispondere alle sfide globali? Sarkozy la pensa così - secondo me facendola fuori dal vaso, ma pone il problema.
  • Probabilmente è un mix delle tre cose. Allora sarebbe il caso di pensare a qualche forma di democrazia più moderna ed efficiente della democrazia rappresentativa? In fondo il M5S fa un tentativo vago e fumoso in questo verso.
  • Inoltre c'è in giro un diffuso senso di impunità. La sensazione è che i politici - che sono sotto la lente d'ingrandimento da 25 anni, dai tempi di Tangentopoli - facciano quello che vogliono e non paghino mai per le loro azioni. La Boschi, Lupi, additati come maneggioni, "non fanno nemmeno un giorno di carcere e sono sempre lì!". A mio parere queste reazioni sono esagerate: è esagerata l'attenzione che mettiamo nel vivisezionare comportamenti che ciascuno di noi utilizzerebbe ed è esagerato il giacobinismo diffuso. Però c'è, ed è vero che a volte un maggior senso di opportunità sarebbe conveniente. Non per nulla il M5S vince al grido - più ancora di "onestà!" - di "noi i nostri li buttiamo fuori".
  • Fabrizio Barca al Fatto Quotidiano ha fatto una osservazione che, almeno in parte, condivido: "I cittadini delle aree trascurate, colpite da disuguaglianze e che si vedono negato un futuro, usano il voto per chiedere attenzione e per lanciare un messaggio alle élite: se noi non abbiamo un futuro non dovete averlo neanche voi."
  • Detto questo, e trovate tutte queste "attenuanti" al voto populistico, è innegabile che ci sia in giro molto egoismo e un clima di odio, di rabbia diffusi. Va bene avere paura, ma - tornando al primo punto - qui al Nord molte persone non hanno ragioni pratiche per avercela con il mondo. Questo clima d'odio secondo ma ha a che fare (molto parzialmente, ma c'entra) con il bipolarismo, l'antiberlusconismo e la personalizzazione della politica. Tutti elementi divisivi. Cosa si può fare al riguardo per pacificare il Paese, come dice la CEI?
  • Infine, c'è una componente di anticonformismo. Dopo il '68 essere anticonformisti voleva dire votare il PCI. Negli anni '80 andava di moda la post-ideologia dei socialisti. Negli anni '90 era anticonformista "parlar male di Garibaldi" e votare Lega Nord. Poi è stato anticonformista Renzi il rottamatore. Oggi è anticonformista essere politicamente scorretti, e quindi votare contro i partiti "responsabili".