mercoledì 2 dicembre 2020

Cinquant'anni di divorzi

Cadono in questi giorni i conquant'anni dall'introduzione in Italia del divorzio.

Questa legge, anche per via dei referendum che ne seguirono, è solitamente accoppiata a quella sull'aborto. A me pare che parliamo di due situazioni profondamente diverse: l'aborto lede i diritti di una persona terza. Un matrimonio è un accordo tra persone adulte, quindi ho sempre trovato giusto che ne sia possibile la risoluzione a determinate condizioni, un po' come si fa con i contratti, che pure sono tecnicamente un'altra cosa. Ok, possono esserci di mezzo i figli, ne parlerò; però non sono i figli quelli sposati.

Detto questo, oggi la situazione è molto cambiata rispetto al 1970: non c'è più solo il matrimonio, la convivenza è ampiamente sdoganata. Oggi abbiamo almeno cinque tipi di relazione che hanno qualche effetto giuridico, a livello crescente di vincolo:

  • relazione stabile anche senza convivenza fissa (è di qualche settimana fa la notizia di una sentenza secondo cui basta questa per far togliere gli alimenti)
  • convivenza (riconosciuta per effetti legali in molte sentenze su eredità, visite ai parenti in ospedale, riconsociuta "affetto stabile" a fini lockdown)
  • unione civile
  • matrimonio in separazione dei beni
  • matrimonio in comunione dei beni

Di fronte a questa situazione, in cui c'è un'ampia possibilità di scelta, viene a mancare proprio il matrimonio indissolubile (civile, ovviamente). Metto giù alcune riflessioni, che sono più che altro domande.

La stabilità della relazione è una prerogativa meritevole di "tutela", di "premio"? Sappiamo per esempio che alcuni divorzi portano difficoltà per i figli. Ha senso che chi sceglie una forma di vincolo più stabile abbia qualche "vantaggio" (che ne so, sgravi)? Magari soprattutto quando i figli sono piccoli, e poi a scendere quando diventano grandi?

Se rispondiamo di sì alla prima domanda, avrebbe senso richiedere l'introduzione di una forma di matrimonio indissolubile, in aggiunta alle altre?

Oppure avrebbe senso un "vincolo a tempo" (tipo: ci impegnamo a non divorziare per 10 anni), con questi eventuali "premi", e solubile da un giudice a fronte di determinati casi (per esempio la violenza domestica)? Tipo un impegno a non divorziare per motivi "caratteriali" finché i figli sono piccoli?

Ma anche se invece ritenessimo che la stabilità non è un valore meritevole di tutela, per esempio perché rischia di scoraggiare con una motivazione economica il superamento di situazioni familiari incresciose, può essere che il riconoscimento pubblico di un legame indissolubile sia comunque valido.

Siamo infatti in un periodo in cui si moltiplicano le richieste di riconoscimento pubblico per la propria relazione, anche di tipo molto diverso (dal poliamore alla relazione con l'animale da compagnia).
Per "riconoscimento pubblico" non voglio dire che c'è il matrimonio con il proprio gatto; intendo dei provvedimenti legali o giuridici che riconoscono l'importanza di certi legami e ne traggono conseguenze in termini di diritti o obbligazioni, come successe storicamente con le relazioni omosessuali.
Lo Utah ha depenalizzato la poligamia, per esempio.
Per quanto riguarda gli animali, una recente legge permette di seppellirli con il padrone: è una legge che riconosce l'importanza di un legame e ha un effetto su un atto pubblico come la sepoltura. Ci sono inoltre sentenze che stabiliscono il diritto a vedere il proprio animale, e leggi che tutelano il "sentimento per gli animali".

Sono quindi molti i tipi di relazione per cui ci si attiva a favore di un riconoscimento pubblico. Anche il matrimonio indissolubile potrebbe quindi rientrare in questo discorso, anche solo per il fatto che qualcuno possa desiderare un riconoscimento pubblico di un impegno privato all'indissolubilità (in fondo tutte le forme di unione sono il riconoscimento pubblico di un impegno privato)?

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