martedì 15 dicembre 2020

Verdi, l'eccezione italiana

Segnalo una bella riflessione sulla parabola dell'ambientalismo politico italiano.

In effetti l’Italia, senza alcun partito verde, è un’eccezione nel panorama europeo. La cosa stupisce anche perché tutti i movimenti di un certo successo che sono nati negli ultimi anni fuori dal Parlamento (prima il M5S, poi le sardine e i Fridays for Future) hanno una certa attenzione per la componente ecologista.

Come mai questa non si traduca in una presenza politica è una bella domanda. Il classico “Piazze piene, urne vuote”.
Mancanza di leader connotati principalmente come verdi?
Concorrenza di partiti nella stessa area (PD, M5S) che non hanno l'ambientalismo come punto fondante ma che raccolgono le stesse persone che vanno in piazza?
Irrilevanza delle istanze verdi all'atto della scelta di voto (vado in piazza, ma quando voto penso ad altro che all'ecologia)?
Fenomeni di “moda”, fatti di poche persone convinte e di molti “turisti delle piazze”?

Riporto alcune citazioni dall'articolo che trovo interessanti.

«I Verdi hanno confuso gli applausi in assemblea con i voti. In Veneto i cittadini li hanno usati per specifiche lotte, senza mettere in discussione i loro modelli di vita, come gli operai che votano Lega ma sono iscritti alla Cgil». E perché, Bettin? «Perché si sono sempre sentiti grilli parlanti, depositari della verità e in quanto tali esentati dal faticoso lavoro di convincere le persone. Bravi a costruire un messaggio, incapaci di creare le relazioni per radicarlo».

C’è stata un’obiettiva difficoltà a rappresentare l’ambientalismo come un discorso di sviluppo, di progresso, di benessere. In Italia si sono lasciati imprigionare da un modello economico di rinunce. È un problema di tutti gli ambientalisti, ma i nostri non lo hanno mai superato [...] l’ambientalismo sarà una vera forza di cambiamento quando il modello che propone sarà socialmente desiderabile.

Il fatto che in Italia i verdi siano visti come i "no tutto" e "come le angurie, verdi fuori e rossi dentro" è storicamente vero (anche se c'è da dire che quasi ovunque i verdi sono catalogati a sinistra, non solo in Italia).

Non avevo invece mai pensato al fatto che possano soffrire della sindrome del “maestrino”, del depositario della verità, di quello con il dito puntato. Questa è un’altra problematica che condividono con la sinistra, con quella parte che si ritiene depositaria di un “bene comune”, di “giustizia”.
In un tempo di individualismo spinto, è sempre meno accettato il fatto che qualcuno possa dare indicazioni “etiche” per il bene di tutti. Lo vediamo anche nell’insofferenza ai DPCM per la pandemia.
E’ un problema che anche la Chiesa ha avuto con il ’68 e giù di lì: si rifugge la presenza di un’auctoritas che indichi il bene, e man mano questo tracima nel rifiutare che qualcun altro ci dica cosa dobbiamo fare, il valore più importante diventa la libertà, intesa come libertà di fare quel che si vuole.
Forse è un elemento dello slittamento a destra della società.

Con la chiesa sappiamo come è andata a finire: ha perso man mano influenza e importanza.

La sinistra ha incanalato questa “anarchia” nella sfera sessuale, ma è in difficoltà sugli altri livelli.

Vedremo come andrà con i verdi.

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