venerdì 4 febbraio 2022

Il rapporto tra governo e parlamento

Nel suo discorso di insediamento Mattarella è stato molto moderato, ma qualche colpetto qua e là lo ha dato.
I colpi più forti li ha battuti su giustizia e CSM, e probabilmente era anche ora, lo avevo anche scritto qui.
Ma ha richiamato anche la centralità del Parlamento, esortando il governo a rispettarla di più.

Questa è una vexata quaestio che si trascina da lunghissimo tempo.
Lo spostamento di "peso" dal Parlamento al governo, a cui fa capo ormai la gran parte dell'iniziativa legislativa con i decreti, è una cosa che non si limita alle situazioni di emergenza.

Questo genera un circolo vizioso: se fai più decreti, ci saranno più decreti da convertire in legge, il tempo d'aula è limitato, quindi resta meno spazio per fare leggi.
Di conseguenza i parlamentari fanno l'assalto alla conversione dei decreti per infilarci commi ed emendamenti che non c'entrano nulla ma che gli interessano, e i tempi di conversione del decreto (che sostituisce di fatto la legislazione ordinaria) si allungano. E non si fanno più leggi, e servono più decreti...

Le leggi di iniziativa parlamentare sono sempre di meno. In questa legislatura, escludendo le leggi delega e le ratifiche di trattati internazionali, le leggi di iniziativa parlamentare erano solo 27 al 10 novembre. Circa sette all'anno. Questo significa che per il Parlamento è sempre più delicato scegliere quali provvedimenti portare avanti, perché la probabilità di vederli arrivare al traguardo è sempre minore.
A questo proposito, la scelta delle priorità, di investire risorse (tempo in Commissione, tempo in aula) su alcuni provvedimenti invece che altri è importantissima, ed è sempre meno vero che occuparsi di una cosa non esclude l'altra (sì, sto pensando al DDL Zan).

Riguardo all'uso dei decreti, mi piacerebbe che anche la presidenza delle Repubblica facesse il suo. La casistica di decreti respinti al mittente perché non urgenti mi sembra, aneddoticamente, limitata: si ricorda un caso con Pertini e il famoso rifiuto di Napolitano sul caso Englaro (che fu una scelta anche molto "politica" oltre che di costituzionalità dell'urgenza). Non ricordo rifiuti mi Mattarella.
Però non è escluso che - come capita ben più spesso - il Presidente si faccia sentire prima dell'approvazione del decreto direttamente col governo, lo stesso Napolitano provò questa strada con una lettera durante il caso Englaro, e magari questi interventi restano nascosti.

Anche in caso di leggi in discussione al Parlamento, comunque, i lavori possono essere "indirizzati" (per non dire tarpati) con l'uso dello strumento della questione di fiducia. Nelle ultime tre legislature la situazione è la seguente.


Non ho trovato i dati per le legislature precedenti, ma già questi sono numeri significativi.
In cima alla classifica troviamo i due esecutivi "tecnici" con maggioranze "di salvezza nazionale", e magari ci può stare, sono (dovrebbero essere...) eccezioni.
Poi, a seguire, i governi politici.
Noto che tutti i primi sei governi sono quelli con la sinistra al governo. Torniamo a quanto avevo già scritto: da "quelli bravi e responsabili" mi aspetterei di più. O forse vuol solo dire che i governi col PD sono più eterogenei, anche se non mi pare che il primo governo Conte fosse così stabile.
Rinnovo comunque l'invito a tenere alta la guardia: non è che perché "noi siamo i buoni" allora l'asticella della tolleranza di deve alzare, e "va bene tutto".

La riforma costituzionale proposta dal governo Renzi cercava di mettere una pezza a questa situazione, ma credo che sia proprio un problema di sbilanciamento ben più profondo tra poteri e di crisi dei partiti.

Nessun commento:

Posta un commento