martedì 29 gennaio 2019

Liberté, égalité, fraternité

Nel giro di pochi giorni, caso strano, mi sono trovato due volte ad avere a che fare con il concetto di fraternità.
Prima ho letto questo interessantissimo contributo sull'Osservatore romano.
Quelche sera dopo ho presenziato a una conferenza sulla figura di don Sturzo.
Uno dei relatori (non il principale, Marco Vitale, ma uno di quelli chiamati a chiudere la serata) ricorda che il Partito Popolare fu anche figlio della guerra: una guerra in cui i cattolici fecero la loro parte, "legittimandosi" così in anticipo rispetto alla rimozione ufficiale del non expedit per avere voce in capitolo nella ricostruzione nazionale.
Proprio nel novembre 1918, don Sturzo tenne a Milano un discorso in cui sosteneva che i tre ideali della Rivoluzione francese, liberté, égalité e fraternité, sono ideali cristiani.
Sulla fraternità ci sono pochi dubbi: in quanto figli di Dio siamo tutti fratelli.
Per quanto riguarda l'uguaglianza già ci potrebbe essere qualche dubbio: dal punto di vista di principio ("formale", potremmo dire) il fatto di essere tutti figli di Dio ci rende tutti uguali ai suoi occhi, e questo era chiaro. Qualche difficoltà in più c'era per quanto riguarda la uguaglianza sostanziale, e le azioni per promuoverla, su cui la Chiesa fece qualche passo avanti solo nel Novecento (ricordiamo la "naturale disuguaglianza" di Leone XIII).
Sulla libertà di religione e di coscienza Sturzo era cinquant'anni avanti. Come sui temi della laicità e del pluralismo, d'altronde.
Sturzo, in quell'occasione, disse che gli Stati liberali - teorici eredi della Rivoluzione - avevano tradito quegli ideali. Una volta rifiutate le basi tradizionali dell'ancien régime (tra cui il cristianesimo), la ricerca di un nuovo fondamento, di una base ideologica condusse ad abbracciare l'idealismo hegeliano, che generò come figli deformi i nazionalismi causa della prima guerra mondiale.
Non si può non pensare, a questo punto, ai totalitarismi neo-hegeliani del primo Novecento (Gentile e il "tutto nello Stato"). Questo mi ha riportato alla mente un post dello scorso anno in cui evidenziai che il fascismo aveva tradito la vittoria. Ecco un altro punto di tradimento: il fascismo si affidò mani e piedi a una filosofia materialista che aveva già fallito trent'anni prima.
Questo ragionamento, inoltre, lascia aperti - anzi corrobora - i miei vecchi dubbi sul fatto che una società si regga senza un sano e forte supporto morale

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