mercoledì 5 settembre 2018

Il secolo dello spegnimento dei lumi

Ottima lettura, molto interessante.
Mi trovo d'accordo in parecchi punti con Sofri, che fa un'acuta disamina pessimistica dell'attuale "spirito del tempo".
Mi sembra che però pecchi sull'analisi delle cause, ma forse non gli interessa peritarsene, in quella sede.*
Nemmeno io ho le forze di analizzare un fenomeno così epocale. Metto giù solo alcuni spunti, so già disordinati.
Intanto, il discorso non è nuovo. Ricordo bene il discorso sull'individualismo edonista di cui si incolpavano gli anni '80 e le televisioni private, e poi Berlusconi che sdogana l'essere più furbi.
Per le epoche precedenti non posso avere memoria, per ragioni anagrafiche. Per quel che so, mi pare che una fetta di colpa l'abbiano il '68 e i moti radical/libertari. Abbattere i tabù, che erano molti e vetusti, ma che comprendevano alcune delle remore sociali che Sofri rimpiange, ha buttato il bambino (il senso di responsabilità nei confronti del prossimo) con l'acqua sporca (il fatto di "doversi" comportare in un certo modo, in ogni caso e per imposizione esterna).

La libertà assoluta ("L'utero è mio e me lo gestisco io!") slegata dalla responsabilità ha esposto le rivendicazioni di sinistra all'influenza del capitalismo, la saldatura tra libertà individuale e economia ha portato al consumismo.
Mi viene in mente Madre Teresa, che diceva che la colpa delle guerre è dell'aborto. Cioè: se si sdogana come libertà individuale il danno perpetrato da una madre al più debole dei deboli, come stupirsi che l'uomo sia capace di fare del male? Come stupirsi che preoccuparsi del prossimo non abbia più valore?
Mi pare confusamente di sapere che i vecchi comunisti avessero ben chiaro che un sistema di scardinamento della conservazione, di "rivoluzione" ha senso se inserito in una salda cornice ideologica. Bisogna avere delle coordinate per definire un "bene" e un "male".
Se queste mancano, il relativismo assoluto porta inevitabilmente all'egoismo.
Risalendo ancora più indietro, questo problema era ben chiaro ad ogni filosofo illuminista, che smontando il sistema assolutistico sia in politica che in religione (la Verità è solo quella di Dio) si preoccupava di proporre una alternativa (contratto sociale? legge morale? religione civile?). I liberali americani e americanisti ottocenteschi, da Tocqueville in poi, descrivevano bene il fatto che la libertà funziona se inserita in un quadro di legge morale. Tutti i Papi, da Leone XIII in poi, hanno descritto la libertà come un concetto che non è "libertà di" o "libertà da", ma "libertà per" un bene. Anch'io mi sento molto kantiano, "il cielo stellato sopra di me, e la legge morale dentro di me". Un passo di Leone XIII sull'accaparramento dei beni (leggi: egoismo) dall'enciclica Tametsi futura del 1900:
Si asserisce, è vero, che la società civile basta a se stessa; che è capace di fiorire egregiamente senza il concorso delle istituzioni cristiane, e con le sole proprie forze conseguire il proprio fine. Quindi negli ordini amministrativi si vuole laicizzare tutto; nella disciplina civile e nella vita pubblica dei popoli si vede dileguare a mano a mano le vestigia della religione dei padri. Ma non si riflette abbastanza dove conducano questi principi. Poiché, tolta di mezzo l’idea della sovranità di Dio giudice e retributore del bene e del e del male, è inevitabile che perdano la loro più valida autorità le leggi, e che venga meno la giustizia; eppure sono questi i due più necessari e saldi legami della società civile. Similmente, estinta la speranza e l’attesa dei beni eterni, s’accende necessariamente nei cuori la sete irrefrenabile dei beni terreni, e ciascuno cercherà, con tutte le sue forze, di accaparrarne quanto più può. Quindi gare, invidie, odii; poi biechi propositi: aspirare all’abolizione di ogni potere, minacciare ovunque folli rovine. Non tranquillità fuori, non sicurezza dentro, sconvolta da delitti la convivenza civile.
Espungere dalla nostra vita la religione, che forniva e fornisce una cornice alla scelta tra bene e male, non ha forse aiutato la deriva di cui parla Sofri?

Intendiamoci, non voglio tornare alla teocrazia, al peccato come reato. La laicità è una conquista, e voglio sperare che siamo in una crisi di crescita: siamo passai dall'infanzia - quando il permesso di fare cose veniva dall'alto dell'autorità genitoriale - all'adolescenza - siamo nella fase del rigetto dell'autorità, in cui proviamo un po' di tutto. Speriamo di arrivare all'età adulta, in cui capiamo che i genitori spesso avevano ragione, e che certi vincoli erano per il bene.
Spero di arrivare al momento in cui l'uomo, libero di scegliere se essere egoista o meno, arrivi a scegliere liberamente di non esserlo. La Chiesa questo passaggio l'ha fatto, ed oggi predica questo approccio di libera adesione al bene. Sarebbe il caso di farsi aiutare anche da essa, e starla ad ascoltare con un minimo di attenzione.
Non so se Sofri e altri pensatori laici sono arrivati alla stessa conclusione, o se siamo ancora alla fase di san Paolo all'areopago, "su queste cose ti sentiremo un'altra volta".
Di certo c'è un enorme lavoro educativo da fare in questo senso, ma non perdiamo la speranza.

* nel lungo periodo di gestazione di questo pezzo è arrivata anche la sarcastica chiosa di Malvino. Come sempre, merita una lettura, la prosa è splendida e il contenuto acuto e rivelatore. In alcune parti ovviamente scade in iperboli pure troppo irriverenti (no, caro Malvino, la guerra dello spread e Regeni non c'entrano nulla con le guerre vere), ma quando si urla "Il re è nudo!" non si può certo sottilizzare. Resta al lettore decidere quanto è davvero nudo il re. Comunque Malvino non nega lo "spirito del tempo" descritto da Sofri, ma sbeffeggia più che altro coloro che se ne dolgono e i loro trascorsi.

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