lunedì 10 agosto 2020

Richard Jewell

 E' un caso curioso, che dopo lo scorso post in cui parlavo dell'autorità io sia andato al cinema (all'aperto, of course) a vedere l'ultimo lavoro di Clint Eastwood, Richard Jewell.

Un altro bel film, come lo scorso The mule. Questi ultimi due, seppure non al livello dei suoi capolavori,  sono sicuramente migliori dei precedenti Sully e Attacco al treno. Lo schema del film è simile a quello di Sully, con l'eroe ingiustamente accusato. Anche qui la storia è vera - e quindi si sa già come è andata a finire (mentre guardavo il film, pensavo che rinunciando a sapere il finale poteva venirne fuori un eccellente giallo: sarà lui o no il colpevole?).
Ciò nonostante Eastwood costruisce un film che appassiona, e la riuscita è molto migliore che in Sully.

Perché l'eroe stavolta - in una storia vera - non è il comandante con le mostrine, è quanto di più antieroico si possa immaginare. Un debole, un fissato, forse vagamente autistico, che dalla sua ha sostanzialmente una cosa sola: l'essere in buona fede. Un perdente, ma non uno di quelli che trovano il riscatto hollywoodiano. Una specie di Forrest Gump, ma più vero (e quindi più politicamente scorretto*).

I persecutori, stavolta, appartengono a due categorie: i media e le istituzioni, che hanno bisogno di un colpevole e lo trovano in uno che assomiglia troppo allo stereotipo del colpevole per non esserlo, anzi per essere addirittura un eroe.

Detta così sembra un film sui pregiudizi, contro i pregiudizi. Sì, è una delle possibili chiavi di lettura. Ma Eastwood fornisce sempre tante chiavi di lettura nelle sue opere, e Eastwood è Eastwood: la sua filosofia traspare chiaramente nel personaggio dell'avvocato Watson, che ha in ufficio un poster con scritto:

I fear government more than I fear terrorists

Eastwood il libertario, che diffida di ogni potere. E' interessante il conflitto tra il concetto di istituzioni che ha Jewell - amante di "legge e ordine": "A me hanno insegnato che alla polizia si ubbidisce" - e Watson, che lo mette in guardia dall'FBI che cerca in tutti i modi di incastrarlo: "Non riesci a non trattarli così bene?". E' la polizia cattiva di Changeling, di J. Edgar. Ma Eastwood non si spinge fino al complottismo, non dice di non credere mai alla polizia. La polizia di Eastwood cerca di trovare un appiglio per incriminare Jewell, anche con metodi "furbi", con salti logici, ma alla fine non lo fa. Non inventa prove false, non fa quel passo in più. A volte l'avvocato sbroglia alcune situazioni appellandosi ai diritti di Jewell, che l'FBI - pur in modalità vessatoria - rispetta. D'altra parte Eastwood è anche quello che rispetta profondamente l'esercito, non è un anarchico. Forse - ipotesi mia - l'esercito è più nelle sue grazie perché i soldati di American sniper rischiano di tasca propria la propria pelle, mentre gli agenti governativi tendenzialmente no.

Una chiave la dà l'avvocato, quando alla fine del film dice a Jewell, prima di entrare nella stanza in cui verrà nuovamente interrogato: "In quella stanza non ci sono le istituzioni. Ci sono delle persone. E nessuno là dentro è migliore di te".
La differenza tra ufficio e detentore dell'ufficio. L'autorità che cammina sempre sulle gambe degli uomini, che possono essere buoni o cattivi. Se vogliamo, la Chiesa, santa ma fatta di peccatori.

Un principio da tenere a mente, per non abbassare la guardia nei confronti di chi detiene un potere, perché come scrisse lord Acton,

Power tends to corrupt, and absolute power corrupts absolutely.

Aggiungo un paio di appunti: che assurdità, i Giochi del centenario ad Atlanta. Si compra tutto. Di quei Giochi si salvarono l'ultimo tedoforo e il record di Michael Johnson, e infatti Eastwood usa abilmente quelle due immagini, specialmente la seconda, in un momento chiave del film. E poi l'Atlanta Journal-Constitution. Ci avevo avuto a che fare personalmente una quindicina di anni fa, ma non conoscevo la storia del 1996.

* Eastwood, alla sua età, può permettersi di essere politicamente scorretto: il personaggio della giornalista è quanto di più scorretto si possa pensare in tempi di "me too", come la fulminante battuta "Ciao lesbiche!" "Ciao vecchio!" in The mule.

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