domenica 17 luglio 2022

Quanto votare

Le dimissioni di Draghi, giustamente respinte da Mattarella, hanno aperto una crisi istituzionale, vedremo nei prossimi giorni se piccola o grande.

Nel merito, non mi esprimo ora, ma lo farò in altra sede. Per ora preferisco mettere giù alcuni pensieri che mi frullano in testa da un po'.

In Italia, nel nuovo millennio, si è votato 5 volte, per una durata media delle legislature (esclusa la corrente) di 4,45 anni. Una sola volta si è giunti allo scioglimento anticipato delle Camere (2008).

Nessuno in Europa ha votato di meno di noi. Tra i grandi Paesi, in Germania hanno votato 6 volte (durata media legislatura: 3,8 anni); in Inghilterra 6 volte (durata media: 3,6 anni); in Spagna 7 volte (durata media 2,5 anni); in Austria 6 volte (durata media 3,4 anni); persino in Polonia (6 volte, 3,6 anni) e Ungheria (6 volte, 4 anni), famigerate "democrazie illiberali", si vota più che da noi.
L'unica eccezione è la Francia, con il suo sistema semipresidenziale in cui le elezioni legislative cadono ogni 5 anni fissi, in concomitanza con le presidenziali, con cui si sceglie una specie di "monarca elettivo".

Ricapitolando, nessuno in Europa vota così raramente. Certo, non si vota ogni due anni, ma in molti posti le elezioni sono ogni 4 anni (e non ogni 5) e si è più aperti a interruzioni anticipate della legislatura.

Si può pensare che la stabilità sia un bene, ma mi pare che specialmente in quest'ultima legislatura la stabilità - o meglio: il rifiuto delle elezioni, ché i governi non sono così stabili - sia diventata un bene assoluto, da perseguire ad ogni costo.

C'entrano varie cose, la personalità dei due Presidenti della Repubblica succedutisi (in maniera oltremodo "stabile" anche loro...); le convenienze dei partiti, per cui a qualcuno sembras empre convenire il rinvio delle elezioni; magari anche le convenienze dei parlamentari, che maturano i requisiti pensionistici solo dopo 4 anni e 6 mesi di legislatura.

Ma questo cozza con un fatto che notiamo tutti: l'evoluzione del panorama politico è sempre più rapida, quasi vorticosa. I leader e gli apprezzamenti dell'elettorati - anche certificati da elezioni locali o europee - cambiano spesso.

Questo comporta che, rispetto alla rappresentanza elettorale, forse le legislature siano troppo lunghe.

Cinque anni di Parlamento bloccato sono troppi. Dopo metà legislatura la situazione non rappresenta più il Paese, i parlamentari sono scollegati dall'opinione pubblica, e hanno sempre più stimolo al mantenimento della poltrona.

E' almeno la terza legislatura che finisce in modo totalmente scorrelato dalla realtà che dovrebbe rappresentare.
La legislatura 2008-2013 finì con il governo Monti con tutti dentro per salvare la baracca, con dinamiche simili alle attuali (i partiti sostengono il governo ma in realtà non ne apprezzano i provvedimenti, e li contestano).
La legislatura 2013-2018 iniziò con un Parlamento col PD bersaniano maggioranza assoluta alla Camera grazie alla legge elettorale, attraversò la fase renziana, finì con un Renzi politicamente moribondo. Il tutto con un parlamento sempre eletto da Bersani e con Lega e M5S forti nel Paese e sottorappresentati.
A questo giro lo vediamo, i gruppi parlamentari di FI contano il triplo della Meloni e quanto il PD, e per anni abbiamo avuto una Lega molto sottorappresentata.

Questa situazione innesca un circolo vizioso: visto che l'elettorato ha cambiato orientamento, chi aveva vinto le elezioni precedenti non ha convenienza a tornare al voto, e si creano degli ircocervi tra incompatibili, come è successo praticamente per tutta questa legislatura.

Sto cominciando a cambiare idea sui governi tecnici: una volta li apprezzavo, ora invece temo che siano diventati il segno che la legislatura è decotta. Sono una peculiarità tutta italiana, ma permettono ai partiti di deresponsabilizzarsi completamente. Ma non mi pare ci siano strumenti costituzionali per evitarlo.

Dal punto di vista elettorale, parlando per ipotesi di scuola, si potrebbero implementare meccanismi di progressiva correzione, come per esempio rinnovare un terzo del Parlamento ogni due anni, per mediare tra le esigenze di stabilità e rappresentatività.
In questo modo il mandato intero sarebbe di sei anni, e un cambio di segno dell'elettorato dovrebbe essere confermato almeno due volte per portare a un netto cambio di segno delle Camere. D'altra parte saremmo chiamati al voto più spesso.

***

In tutto ciò, votare a sei-sette mesi dallo scioglimento naturale delle camere mi pare abbia veramente poco senso. Non è una tragedia, per carità, altri Paesi hanno votato in quetsi anni di pandemia e PNRR, anche con elezioni anticipate. Ma a questo putno tanto vale finire il lavoro, se si riesce.
Ma, come detto, ne parlerò fra qualche giorno.

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