Come sempre, un bello spettacolo di integrazione.
Però evidetrei di attribuire troppa importanza a questa manifestazione. Si cammina su un crinale stretto.
Lo dico o non lo dico? Lo dico.
Io sono scettico sullo sport paralimpico di alto livello.
Ottima cosa che i disabili facciano sport. E' un modo d'integrazione e di recupero psicofisico.
Buona cosa che ci sia chi si occupa di questa attività (il comitato paralimpico).
Sono scettico su questa sorta di "equiparazione" tra gare per normodotati e per disabili, con tanto di Olimpiadi parallele, medaglie, inni, dirette tv eccetera. Mi pare che si trascuri il valore tecnico-competitivo di queste gare, che non può che essere bassissimo, e non solo per la disabilità dei partecipanti, ma anche e soprattutto per una serie di altri fattori, riassumibili in uno: il campo partecipanti limitatissimo.
Limitato perché, per fortuna, i disabili sono una percentuale minima della popolazione. Inoltre vengono divisi (giustamente) in mille categorie, perciò se alle Olimpiadi ci sono 2 gare dei 100 metri (maschi e femmine), alle Paralimpiadi ce ne sono almeno 10.
E non mi si dica che anche nel taekwondo alle Olimpiadi il campo partecipanti è ristretto: c'è proprio una differenza di fondo nell'accessibilità alla gara: io se voglio posso mettermi d'impegno, cercare una palestra, imparare il taekwondo e provare ad accedere agli alti livelli. Bravo chi lo fa e chi ci riesce. Invece se non mi rompo una gamba non potrò scegliere di accedere a una Paralimpiade.
Queste sensazioni sono
secondo me confermate dal fatto che ogni volta che c'è una competizione - anche qui a Tokyo - si battono record su record, e che campioni ipermedagliati smettono
improvvisamente di vincere non appena appare un altro concorrente più
"fenomeno" ancora.
Questo vuol dire che i record precedenti e le sfilze
di medaglie precedenti valevano relativamente, basta che si amplii il
campo partecipanti che un supercampione non è più tale.
E non auspico
che lo sport paralimpico si professionalizzi ancora di più: quando
guardo le gare non posso non pensare che l'assegnazione delle categorie è
troppo importante. Se diventasse un movimento "ricco", ci sarebbero
mille polemiche per certificati medici compiacenti, atleti che scalano
categorie per gareggiare contro gente "più disabile" eccetera. Già qualche mugugno c'è adesso per alcuni accoppiamenti di categorie.
Casi
Semenya moltiplicati per mille, perché finora abbiamo solo una categoria
"protetta" (cioè con dei requisiti fisici d'accesso), alle Olimpiadi,
cioè le gare femminili. Passeremmo ad avere mille categorie, con
espedienti per farsi assegnare a categorie più favorevoli.
Bene
finché resta un gioco. Bene finché resta una terapia, un passatempo, un
hobby, una passione.
Ma l'agonismo di livello olimpico, per me, è un'altra cosa.
Quindi stiamo attenti alle equiparazioni. Questi campioni fanno il meglio che possono, come i campioni olimpici; ma trattarli per questo alla pari di un campione olimpico mi pare a rischio ipocrisia, si rischia di "fare finta" di non vedere la lunga serie di asterischi che le prestazioni paralimpiche si portano dietro.
Nessun commento:
Posta un commento