martedì 26 gennaio 2021

I carnefici eravamo noi

Con l'approssimarsi della giornata della memoria si intensificano le classiche iniziative.

Quelle in presenza sono ovviamente ridotte, se non azzerate, ma la programmazione televisiva ci ricorda sempre il tema.

Mi è capitato sott'occhio un articolo dell'anno scorso che esprime piuttosto bene un concetto al quale sono affezionato: la normalità dei carnefici. La banalità del male, forse, anche se ne so troppo poco di sociologia per sapere se la definizione si attaglia.

I graduati e gli ufficiali nazisti erano commercianti, insegnanti di scuola, impiegati assolutamente normali. Uniforme e stellette hanno liberato la loro natura orrenda. Oggi un uomo 'normale', domani il boia di centinaia di migliaia di altri come me.

La celebrazione della shoah come unicum storico, che ha certamente delle ragioni, rischia ogni volta di far passare quella situazione come unica in senso assoluto. Come eccezionale, come irripetibile.

Qualcosa di così mostruoso da essere inconcepibile. Impossibile.

Invece è una cosa unica (discutiamone, poi) finora. La vigilanza deve essere mantenuta.

Cosa avrei fatto io, in Germania, negli anni '30?

E' una domanda che non ha una risposta facile, e anzi di cui temo la risposta.

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