mercoledì 27 gennaio 2021

Guerra, pace, pena di morte

Sto leggendo Fratelli tutti, l'ultima enciclica papale.

Scriverò alla fine qualche appunto più generale sul testo, ma la parte che ho letto ieri merita un approfondimento. I punti 255-270 riguardano la guerra e la pena di morte, significativamente accostati l'uno all'altro.

Sono argomenti che hanno delle evidenti similitudini: sono eticamente critici, sono oggetto di dibattito da sempre.

Sulla pena di morte papa Francesco è già intervenuto in senso dottrinale, modificando il Catechismo in senso restrittivo e stabilendo l'assoluta non liceità della pena capitale, perché sempre inammissibile e contraria alla dignità della persona. Si noti che l'orientamento recente della Chiesa era invece quello di considerare la pena capitale non "realistica": si facevano salvi i casi teorici in cui era ammessa (impossibilità di impedire al reo di nuocere, all'incirca), dicendo però che sono casi puramente teorici che nel mondo oderno non occorrono mai. Questo era un modo di salvare capra e cavoli. Francesco invece sancisce l'inammissibilità teorica della pena capitale, in un dicendo che è in sè stessa contraria al Vangelo e che quindi, in qualche modo, prima ci si sbagliava ammettendola a cerce condizioni.

Per quanto riguarda la guerra, invece, il Papa sembra seguire una strada diversa. Ripercorre un poco la storia della riflessione cattolica, e ammette l'esistenza storica della categoria di "guerra giusta" con le sue condizioni, ma dice che oggi queste non sono attuali, specialmente con le armi nucleari, che rendono praticamente certo che una guerra possa portare più danni di quelli che cerca di evitare.

Questa è una via diversa dalla condanna teorica che è stata usata per la pena di morte, e secondo me ha alcuni punti di debolezza.
Lo fa tra l'altro senza ancora pronunciare una parola definitiva, dice che

oggi è molto difficile sostenere i criteri razionali maturati in altri secoli per parlare di una possibile “guerra giusta”

e - citando Giovanni XXIII - che

riesce quasi impossibile pensare che nell’era atomica la guerra possa essere utilizzata come strumento di giustizia

"Molto difficile" e "quasi impossibile", non "impossibile". Mi chiedo perché ancora non faccia il passo finale

Il riferimento alle armi atomiche lascia tante scappatoie, laddove queste armi non ci sono, penso a tanti conflitti africani.

Ma soprattutto mi lascia perplesso il passaggio, al numero 261, in cui dice:

Ogni guerra lascia il mondo peggiore di come lo ha trovato.

Ok, presa come fa lui dal punto di vista dei bambini, dei morti, degli sfollati, senz'altro è vero. Ma pensando al "bene comune", è vero?
La seconda guerra mondiale ha lasciato il mondo del 1945 peggiore che nel 1939?
Con Hitler a spadroneggiare? L'alternativa era l'appeasement, la diffusione delle dittature, un'Europa che se andava bene sarebbe stata una grande Spagna franchista?

Leggevo una volta che sarà difficile convincere gli americani che la guerra non serve a nulla: con la guerra hanno spazzato via Hitler, il governo militarista giapponese e per sovrappiù si sono ritrovati padroni del mondo.

L'alternativa del Papa, il dialogo eccetera, funziona se tutti sono disponibili, se sono "buoni", in un certo senso. Ma nel mondo reale, se c'è un oppressore, uno che non rispetta il diritto? nei paragrafi precedenti lo stesso Papa - quando parla del perdono - dice che il perdono non è obbligatorio, e anzi che il fatto che l'oppressore la smetta (e se necessario sia punito) è prerequisito del perdono (241).
Come la mettiamo questa cosa tra Stati?

Infine, mentre il Papa mi trova d'accordo sulla sostanza del rifiuto della pena di morte, non mi trova d'accordo sull'ergastolo come "pena di morte nascosta". Un ergastolano può trovare riscatto, redenzione, conversione anche all'interno del carcere, in un sistema che chiaramente non sia la detenzione in una segreta sotterranea, ma che permetta di lavorare, studiare, essere generativi anch dietro le sbarre.

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