lunedì 5 ottobre 2020

La nuova enciclica, a scatola chiusa

Appunti sparsi, senza aver letto nulla.

Io non mi ricordo un'altra enciclica uscita così in sordina, o meglio: poco anticipata. Qualche tempo fa è arrivata notizia che "il 4 ottobre il Papa firmerà l'enciclica". Tutti i commentatori sono caduti dal pero (ah davvero? un'enciclica?) e c'era il vuoto assoluto sui contenuti, su cosa aspettarsi.

E' un'altra enciclica sociale. Papa Francesco è l'unico Papa ad aver scritto solo encicliche sociali (la prima "a quattro mani" con Benedetto non la conto, era la chiusura della trilogia precedente sulle virtù teologali, non è roba sua). Mi pare un segnale delle priorità del pontificato, e forse anche del poco interesse teologico di un Papa di formazione diversa da quella classica europea.

Francesco non usa molto lo strumento enciclica, ma nei primi anni ha scritto molto: Evangelii Gaudium e Gaudete et exsultate sono testi molto lunghi rispetto al solito; anche le esortazioni postsinodali (soprattutto Amoris laetitia, le due successive sono passate più in sordina) sono più di semplici documenti conclusivi. Da un paio d'anni s'era dato una "calmata", ma vedo che pure questo testo è lungo, come Laudato sì. Si conferma grafomane...

I testi sono lunghi anche perché ridondanti. Una fonte vaticana diceva che il Papa vorrebbe che ogni parte potesse essere letta a sé, quindi richiama spesso i presupposti, ripete ragionamenti eccetera. Mah, è uno stile. A me non piace, non facilita la lettura ragionata come testo lungo, ma è vero che Laudato sì si presta molto per citazioni, mentre per altri pontefici spesso bisogna fare taglia e cuci per rendere dei passaggi comprensibili.

Due encicliche sociali in 5 anni (con null'altro in mezzo) avvicinano Francesco a Giovanni XXIII, che ne scrisse due in due anni, Mater et magistra e Pacem in terris. Anche Paolo VI scrisse Gaudium et spes, Populorum progressio e Octogesima adveniens in pochi anni, ma tecnicamente solo la seconda è un'enciclica, e poi c'era il Concilio che richiedeva approfondimenti e spiegazioni. Giovanni Paolo II scrisse tre encicliche sociali tra 1981 e 1991, ma anche lui ebbe in mezzo il crollo del Muro da "commentare", e poi fino al 2005 non aggiunse altri documenti ufficiali.

Giovanni XXIII è probabilmente il Papa a cui Francesco è più vicino, per interessi e per un certo stile fiducioso nelle possibilità del mondo, informale, inclusivo nei confronti del "fuori Chiesa". Con grandi differenze nei confronti del "dentro".
Parliamo di due pontefici dallo stile "pastorale", entrambi piuttosto in rottura con il precedente pontificato "ingessato", entrambi attenti al dialogo con le altre religioni e con l'extra-Chiesa, con l'ambizione di riscrivere il rapporto col mondo.
Giovanni XXIII lo pensava forse in modo un po' ingenuo, mise in moto il Concilio che doveva durare qualche mese (era veramente ottimista!), poi non fece in tempo a vedere il cambiamento perché morì.
Francesco è chiaramente del parere che, come sosteneva Martini, la Chiesa è rimasta indietro nei rapporti col mondo. Non mi pare abbia chiaro come modificarlo e in che direzione andare ma mi pare che anche lui si fidi molto (forse - anche lui - un po' ingenuamente) del "bene" che c'è al di fuori della Chiesa, dai divorziati risposati all'Islam.
Inoltre entrambi hanno a cuore le problematiche sociali, e il "Fratelli tutti" mi ricorda il famoso "a tutti gli uomini di buona volontà" di Pacem in terris.

A proposito di Pacem in terris, leggo dai lanci dell'enciclica che Francesco parla di una riforma dell'ONU in una specie di governo mondiale. Questo passaggio c'era già in quella enciclica, e Benedetto XVI aveva poi ripreso nel concetto di "famiglia umana" a cui appartengono tutte le nazioni, quindi anche questa idea di fratellanza c'era già in Caritas in veritate, è un elemento di continuità.

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