venerdì 7 febbraio 2020

Sull'attualità della memoria

E' da poco passata la Giornata della Memoria, e fra poco arriverà il Giorno del Ricordo.
Man mano che passano gli anni, dopo i primi tempi di commozione e trasporto, crescono le riflessioni sul senso del fare memoria, sull'efficacia, sugli obiettivi.
Propongo questo articolo e soprattutto la bella discussione che ne è scaturita.
Qualche giorno dopo l'articolo, sono uscite molte notizie sui fatti di antisemitismo che si succedono in questi giorni ("Juden Hier" su abitazioni di partigiani, a Torino qualcosa di simile*).
Per poi arrivare al dato francamente lunare sul fatto che il 15,6% degli italiani non crede all'Olocausto, dato per cui spero ci sia una qualche incomprensione nella rilevazione o nel porre la domanda.

In ogni caso, che l'antisemitismo rigurgiti su dalle fogne della storia mi pare difficilmente discutibile. Ma com'è possibile, dopo 15 anni di celebrazioni istituzionali?

Mi vengono in mente solo pochi ragionamenti.
Quando una cosa la fai a scuola perché te la "impongono" nel calendario, è difficile che tu la "senta" dentro. Anzi, in una certa quota di ragazzi cresce il senso di ribellione, il dire no perché no, perché sono adolescenti, perché c'è sempre dietro qualcosa**.
Fare le cose per forza non è la strada giusta. E' ancora il discorso che ho fatto un milione di volte della legge imposta o accettata spontaneamente: come per le regole morali e sociali, l'unico modo perché funzionino non è imporle, ma accettarle per convinzione.
Così anche le celebrazioni dell'Olocausto vanno sentite e interiorizzate, non imposte.
E' però vero che la maggior parte della memoria è affidata alla scuola, con gli effetti collaterali di cui accennavo sopra. Dobbiamo allora rinunciare alla Giornata della Memoria a scuola? I giovanissimi sono già "formati" abbastanza da aderire personalmente a un certo tipo di riflessioni? In fondo la scuola serve proprio a quello, a formarli, e i ragazzi non sono ancora adulti: da piccoli riteniamo normale "obbligarli" a delle regole, per poi sperare che vi si uniformino da adulti.

Il non plus ultra sarebbe mantenere l'obbligatorietà del tema, ma affidarlo a un percorso fatto dagli studenti durante l'anno, o addirittura lungo il ciclo di studi. Ma mi rendo conto che così resterebbe tutto affidato alla buona volontà del singolo insegnante e/o studente, che il tempo è per tutti quello che è.

Allora mantenere l'impostazione attuale può essere il male minore: per qualcuno che reagisce "male", si spera che la maggioranza abbia una consapevolezza accresciuta. In fondo i giovani sanno dell'Olocausto mentre non conoscono la matrice delle stragi degli anni '70, perché l'Olocausto lo fanno a scuola, gli anni '70 no. Inoltre credo che sia doveroso che una comunità abbia anche dei momenti di memoria "ufficiali", anche se hanno qualche controindicazione.
Poi bisogna cercare il modo migliore per fare memoria.
Tornando invece ai casi di antisemitismo, evitiamo anche di dar loro pubblicità: il rischio di emulazione secondo me in questi casi è alto, anche tra bande di ragazzotti che magari non sono consapevolmente ideologizzati, ma a furia di imitare lo diventano.

* Tra l'altro spicca sempre la vigliaccheria di questi conigli che tra di loro si atteggiano a grand'uomini duri arditi me ne frego boia chi molla, ma poi non hanno il coraggio di rivendicare mai nulla e fanno sempre tutto in forma anonima.
*Quest'ultimo passaggio, poi, nel nuovo millennio ha preso sempre più piede. Chissà perché, siamo più portati a credere ai complottismi, e meno a fidarci delle Auctoritates.

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