venerdì 14 febbraio 2020

Sulla legge elettorale (più o meno)

O più che altro sui suoi principi.
Riparto da dove ero rimasto la volta scorsa, quando scrivevo:
Discorso più ampio. Parto dalla situazione dei 5 stelle, che pian piano stanno evaporando, travolti dalla propria nullità. Questo rende sempre più anacronistico il Parlamento: se davvero si andrà a votare nel 2023, per allora ci saranno centinaia di parlamentari “fantasma”, che si sa benissimo che non rappresentano alcuna forza reale nel Paese. E’ il problema che ci fu nel 2017-18 con i parlamentari di Scelta Civica, nata e morta nel 2013. Loro però presero atto della cosa e risolsero il problema “da soli”, sciogliendosi nel PD renziano. Stavolta la distorsione potrebbe essere molto più forte, perché riguarda il primo gruppo parlamentare, che prima e dopo le elezioni del 2018 non è mai più stato 1/3 del Paese come si è ritrovato a essere in Parlamento.
Periodicamente si discute di legge elettorale. Il dilemma è di solito tra governabilità (=meccanismi maggioritari) o rappresentanza (=proporzionale). Pensandoci, trovo piuttosto irrazionale che i sostenitori della rappresentanza, del proporzionale, siano gli stessi che NON vogliono andare a elezioni a breve. La rappresentatività del parlamento è un problema solo all’atto della ripartizione dei seggi? Non nel suo sviluppo temporale? A costoro non interessa che oggi il Parlamento non è effettivamente rappresentativo del Paese, data la crescita della Lega e il crollo del M5S? I sostenitori della rappresentatività dovrebbero essere favorevoli a elezioni frequenti, per avere fotografie più rappresentative dell’elettorato.
Certo che non si può votare ogni sei mesi*, bisogna dare il tempo ai governi di funzionare. Ma bisogna dare solo il tempo, o anche gli strumenti? Se garantiamo a una maggioranza cinque anni per lavorare, non dovremmo anche garantire degli strumenti parlamentari adeguati?
Due possibili spunti di lavoro ulteriori: se vogliamo andare verso un maggioritario, l’unico modo di avere rappresentatività è un forte legame dell’eletto con il collegio, fino al modello inglese. Prendiamo atto che con le elezioni non stiamo fotografando il Paese, ma stiamo affidandone il governo a qualcuno. Basta barcamenarsi con premi, soglie, liste bloccate lunghe e corte, che alla fine non garantiscono né la rappresentatività né la governabilità: abbiamo il coraggio di andare fino in fondo.
Inoltre: forse la soluzione al dilemma che ho espresso sta nel sistema parlamentare, e nella differenza tra legislativo ed esecutivo.

* D'altra parte gli USA funzionano votando praticamente ogni due anni… e qui da noi, se ogni elezione ha significato politico, comprese quelle regionali, è così diversa la situazione?

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