sabato 22 febbraio 2020

Il fallimento del liberalismo

Dal sito di Politica Insieme sono risalito a questa recensione del libro Perché il liberalismo ha fallito.
Non ho letto il libro, ma ripropongo il discorso perché mi pare che tocchi alcuni aspetti che in questo periodo mi interessano particolarmente.
Siamo ancora dalle parti dell'insoddisfazione della democrazia proposta da Bobbio e citata da Antiseri, di cui parlavo qui: la democrazia crea aspettative ideali che nella pratica non è in grado di soddisfare. L'autore, a quanto pare, fa un discorso simile sul liberalismo.
Ritorna la crisi antropologica dell'uomo moderno, e della sua idea di libertà. Cito ancora dalla recensione:
Non si può razionalmente credere al progetto di libertà di matrice liberale, che si riduce al perseguimento senza limiti dei propri desideri, per due motivi molto semplici. Primo, l’uomo è insaziabile. Secondo, il mondo è finito. Se ne deduce che non si può essere liberi nell’accezione liberale del termine.
La libertà non può essere disgiunta dalla virtù. Questa visione è descritta come "la libertà degli antichi"*. Per quel poc(hissim)o che ne so, in realtà, è parte del liberalismo classico nella versione anglosassone di Tocqueville e Burke.
Non ho capito se l'autore pensa che questa visione possa essere conculcata, mi pare di no: c'è bisogno di una società, un humus culturale che renda le virtù accettate - così come i limiti alla libertà che ne conseguono, che diventerebbero autoimposti. Una sorta di leggi non scritte condivise.
Questi sono presupporti "pratici" perché la teorica libertà del liberalismo si incarni nel miglior modo possibile: solo se ciascuno liberamente rinuncia a un po' della sua libertà teoricamente assoluta si può raggiungere il massimo grado di libertà per tutti.
Siamo di nuovo dalle parti del dilemma di Bockenforde.

* In realtà "libertà degli antichi" è un concetto mal descritto: per gli antichi la libertà era per pochi, solo per i cittadini, una piccola minoranza.

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