venerdì 18 luglio 2014

Le piccolezze e la grandezza

Questa sera volevo parlare di cose (sportivamente) tristi.

Di Juventus, per esempio. Ma come si fa, Allegri?

Mentre ero preso in questi cupi pensieri (cioè: davvero Allegri? Allegri! Quell'Allegri! Ma come si fa?) mi sono accorto che oggi è il centenario della nascita di Gino Bartali (lettura consigliata: qui).

E allora ho pensato che Allegri, Conte, la Juve, il Mondiale, sono tutte piccolezze. Fra cinque anni non ci ricorderemo più dei mesi di Allegri alla Juve. Fra vent'anni il ricordo dei Mondiali del 2014 e del 2010 sbiadirà, come oggi sbiadisce l'Italia del 1986.

Quello che resterà saranno poche cose. La grandezza vera, quella che fa ricordare, è appannaggio solo da chi fa qualcosa di memorabile, di memorabilmente buono. Sono costoro, quelli che lasciano qualcosa dietro di sè: solo il bene rimane, si fa ricordare.
Anche i "cattivi" della storia lasciano il segno, è vero. Ma lasciano il segno nella damnatio memoriae, come Hitler, per esempio. Nulla a che vedere con la scia di luce lasciata dalle persone buone.

Bartali è uno di questi personaggi. Ancora più grande perché la sua luce rischiara sempre più dopo la morte, segno di un'umiltà rara per una persona che era già un mito in vita. Un mito che travalica lo sport ed entra nella storia.
Anche le leggende che fioriscono sui miti sono un tributo alla loro grandezza. Chissà quanto ci sarà di vero nell'episodio di Bartali che salva l'Italia dopo l'attentato a Togliatti. Qualcuno alla presunta telefonata di De Gasperi aggiunge una benedizione del Papa. Qualcuno aggiunge la volontà di ritirarsi il giorno prima. Leggende con un fondo di verità, come accade ai miti.

Mi fa piacere che queste figure di bene vengano ricordate. Le onorificenze, dai premi Nobel ai riconoscimenti civici locali,  servono a questo: a riconoscere pubblicamente una memoria già imperitura, o a consolidarla. E' quello che fa la Chiesa con le canonozzazioni, in fondo.

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