giovedì 16 gennaio 2014

Il paradosso europeo

Ho appena finito di leggere il pezzo di Jurgen Habermas sull'ultimo numero di Aggiornamenti Sociali. Pezzo interessante, che fa parte di una serie di riflessioni sull'Europa in vista delle elezioni europee.

In mezzo a vari passaggi, più o meno condivisibili, mi ha colpito un ragionamento. L'Unione Europea oggi è percepita come una entità lontana dai cittadini, fatta solo di burocrati ed economisti. La sua popolarità è in calo vertiginoso, e i movimenti a vario tipo euroscettici promettono (o minacciano) di prendere molti voti alle prossime consultazioni.*

Habermas individua quindi l'urgenza di allacciare una cinghia di trasmissione più diretta tra l'UE e i suoi cittadini, incrementando l'importanza del Parlamento (espressione di un mandato popolare) a scapito della Commissione e del Consiglio Europeo (espressioni dei governi dei singoli Paesi). Questa non è un'idea nuova, io ne sento parlare da un bel po'.

Il problema è che per dare più importanza al Parlamento, elettivo, si deve accettare una diminuzione del peso dei singoli Stati, che negli altri organi fanno sentire singolarmente la loro voce. Sarebbe quindi necessario accettare di ridurre la propria sovranità nazionale, e cederne una quota superiore alle istituzioni più comunitarie.

Ebbene, non mi sembra che quest'idea sia particolarmente popolare: in ciascuno Stato si fa fatica ad accettare di perdere la sovranità ("Si decide tutto a Bruxelles!", "Dobbiamo far sentire la nostra voce!", "A casa nostra comandiamo noi!", "Non siamo sotto la tutela di nessuno!"), e non solo da parte degli euroscettici.

In definitiva, l'unica strada per rendere più "popolare" e vicina ai cittadini l'Unione Europea è, paradossalmente, una strada impopolare e osteggiata dai cittadini stessi.

Abbiamo bisogno di politiche e politici lungimiranti.

* Tra l'altro c'è una certa ironia nel fatto che alle elezioni europee, per cui l'affluenza è sempre piuttosto bassa, si recheranno a votare con convinzione soprattutto coloro che all'Europa non credono, per esprimere la loro protesta.

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