giovedì 21 febbraio 2013

Cosa voterò, e perché, alle politiche

E veniamo a Monti e Bersani. Come anticipato nello scorso post, la mia scelta (non ancora effettuata definitivamente, tra l'altro) si riduce a queste due opzioni.

Su Monti c'è da dire che il suo programma mi piace. Mi piace che ci sia scritto che è necessario abbassare la spesa pubblica (punto 2), continuare con la spending review (punto 2), dismettere una parte del patrimonio statale (punto 3: 130 miliardi in 5 anni sono tanti, ma sempre più credibili dei 400 miliardi di Berlusconi), abolire le Province (punto 1). Tutte cose che con il nostro debito pubblico mi sembrano assolutamente inevitabili, anzi abbiamo aspettato fin troppo a fare. Qui c'è anche qualche cifra in più. Che il programma sia in sintonia con quel che penso me lo conferma anche il giochino di Voi siete qui.
A Monti non si può imputare una mancanza di attitudine al governo, e credo che i suoi propositi, provenendo da un'esperienza diretta di amministrazione dello Stato, siano basati su ciò che ha visto e provato, quindi (al netto di un'ovvia retorica elettorale) fattibili.

Non mi piace (e l'ho già detto in passato) che per fare questa specie di "rivoluzione morbida" Monti si sia scelto Fini e Casini come alleati, che non hanno mai avuto posizioni particolarmente rivoluzionarie nel loro elettorato, molto meridionale e spesso ancorato all'intervento pubblico o al posto statale. E' anche vero che sembra che questo elettorato sarà molto assottigliato dopo le elezioni...
Non mi è piaciuto nemmeno il Monti di questa campagna elettorale, che ha detto tutto e il contrario di tutto, specie sull'alleanza post elettorale col PD (sì, sì su alcuni temi, sì ma senza Vendola, sì ma silenziando Fassina, no, fino alla gaffe di ieri sulla Merkel). Veramente schizofrenico. Se deciderò di votarlo sarà nonostante la sua campagna, veramente pessima. Per conto mio si è giocato un bel po' di credibilità. Certo la sua era talmente alta che gliene rimane comunque una scorta.

Per quanto riguarda Bersani, invece, trovo che non abbia fatto grossi errori in campagna elettorale (beh, c'è chi dice che praticamente non l'ha fatta, la campagna, ma io non sono d'accordo). Ho sentito il suo comizio in Piazza Duomo a Milano, è stato convincente come un padre di famiglia. Il PD mi sembra decisamente il partito che ha fatto le cose meglio con le varie tornate di primarie e con il restringimento del perimetro della coalizione (niente Di Pietro e Radicali, per intenderci). In questo modo ha un programma (qui la versione estesa, ma pericolosamente senza numeri) decisamente più aderente alla coalizione in cui si rispecchia, un socialismo rassicurante, europeista, keynesiano.

In mezzo a tante cose condivisibili, però, manca completamente ogni accenno alla necessità di ridurre la spesa pubblica. Anzi, si scrive più volte che si pagheranno i debiti della pubblica amministrazione verso le imprese per 50 miliardi in 5 anni, emettendo dei BTP (ovvero altro debito e interessi da pagare). Si parla spesso di rimodulazione in senso progressivo della pressione fiscale, mai di riduzione della stessa, anzi vedendo di quanta spesa pubblica si parla viene il terribile sospetto che la pressione fiscale, pur modulata diversamente, possa ancora crescere.
Nelle infografiche gli unici interventi di risparmio citati sono sui costi della politica e sul bilancio militare: bruscolini, rispetto alle decine di miliardi in uscita.
Onestamente da un buon padre di famiglia mi sarei aspettato un discorso del tipo: "Oh, ragassi, ma siam matti? Non stampiamo mica i soldi col ciclostile eh! Qua bisogna smetterla di spendere e spandere a destra e a manca. Da domani controllo io tutte le vostre paghette", invece non mi par di vedere niente del genere.

Alla fine, quindi, dovrò scegliere tra un programma ambizioso, che mi somiglia, portato però avanti da una coalizione "sospetta" che sembra puntare più all'inciucio che a vincere, oppure un programma che tira a campare, senza dare la necessaria scossa al Paese, redistribuendo quel po' di benessere che è rimasto, portato però avanti da persone affidabili e serie. Sulla bilancia andrà poi il fatto che ho votato alle primarie: non mi sentirò vincolato per questo, anche considerato che la piattaforma che sostenevo aveva un profilo ben diverso da quella che ha vinto, ma anche questo è un fattore.

Non avranno alcun peso, invece, i discorsi relativi al "voto utile", a cui non ho mai creduto: se il mio partito è in difficoltà nei sondaggi (ma nelle urne si parte tutti da zero...), non penso certo di abbandonarlo per paura delle soglie di sbarramento. Anzi farò di tutto per cercare di fargliela superare, questa soglia, a maggior ragione mi sento motivato a votarlo.

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