domenica 21 novembre 2010

Merito e meritocrazia

Venerdì una pagina del Corriere titolava sul progetto del ministro Gelmini di premiare i professori più meritevoli con una mensilità in più in busta paga.
Naturalmente bisognerà valutare il metodo con cui si sceglieranno questi professori, visto che i criteri di valutazione sono la parte più delicata: se ci si basa sui risultati dei ragazzi come evitare improvvisi sbalzi di voti? Comunque si va senz'altro nella direzione giusta.
Mi sorgono due riflessioni su questo tema.

L'occhiello dell'articolo recitava: "I sindacati: ci interessa di più lo sblocco degli scatti di anzianità". Si vede subito chi sta dalla parte giusta e chi sta dalla parte della conservazione. Non dico che siano giusti o sbagliati gli scatti salariali e il loro blocco, ma è il caso di mettere i puntini sulle i in un'occasione in cui invece sarebbe stato bene gioire tutti per una possibilità economica in più offerta agli insegnanti? Così si accredita l'immagine di una categoria corporativa, abbarbicata a una difesa ad oltranza di tutti a prescindere dalla bravura. Magari non è così, ma la discussione sugli scatti salariali poteva essere tirata fuori in altre occasioni e altre sedi.

E più in generale, sul merito: tutti ci riempiamo la bocca con la necessità di premiare i meritevoli, anche economicamente, o di assumere solo i migliori. Siamo veramente pronti ad affrontare sul serio questa rivoluzione? Supponiamo che si individuino dei criteri oggettivi su come stilare le "classifiche" dei più bravi in ogni campo. A quel punto ci sarà chi rimarrà indietro: se si stila una classifica ci saranno i primi e ci saranno ance gli ultimi. Questi ultimi saranno penalizzati: è l'altra faccia della medaglia del premiare i primi, e se si sposa la meritocrazia avremo una parte di persone anche economicamente più indietro. Saremo pronti ad accettare questo, o grideremo all'ingiustizia, alla spietatezza del metodo, invocando comunque l'uguaglianza delle retribuzioni anche se toccherà a noi essere penalizzati? O magari si dirà "poverini, che vita che fanno, non è mica tutta colpa loro, è la società che non li fa esprimere"...

Io non ho una risposta pronta: ad accettare il rischio della meritocrazia ci vuole coraggio, è una scommessa. L'unica riflessione che mi sovviene a parziale risposta è che già oggi ci sono sacche di ingiustizia sociale: se queste fossero "giustificate" dal merito e non da una cristallizzazione sociale forse sarebbe meglio che non ora, e qualcuno di quelli che oggi sono più poveri potrebbe elevarsi grazie alla meritocrazia. E comunque potremmo dire che il problema ce lo porremo quando davvero avremo questo problema: oggi il problema è la mancanza di meritocrazia, non il suo eccesso, quindi potremmo cominciare nel mentre ad introdurre dosi di merito nella società.

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