venerdì 27 agosto 2010

La legge sì la legge no, la legge fantasma

Nel post precedente evidenziavo la necessità, secondo me, di mettere mano con urgenza alla legge elettorale.

Ma come? Io sono sempre stato un proporzionalista convinto: il proporzionale è il metodo più democratico, più "rappresentativo", che fotografa meglio la composizione del corpo elettorale, e questo è idealmente il meglio in un sistema parlamentare, in cui il Parlamento, "specchio" del Paese, sceglie i governi: in teoria, con una perfetta rappresentatività, qualsiasi governo abbia una maggioranza in Parlamento rappresenterà una maggioranza di elettori. Il proporzionale è spesso il sistema scelto dalle democrazie "giovani", come l'Italia e la Germania del dopoguerra, perchè espone meno a tentazioni autoritarie. Il nostro sistema ha una Costituzione pensata in questo modo.

Negli anni, però, il nostro proporzionale ha mostrato la corda, afflitto dalle divisioni e dal prolificare dei partitini. Molte democrazie, maturando, passano al maggioritario, che garantisce di solito una maggiore stabilità a fronte di un vulnus di rappresentatività: il Parlamento non rappresenta più il Paese in rapporto 1:1, ma ci sono parlamentari eletti con un premio di maggioranza, in sovrappiù rispetto al voto. E' questo che lega a doppio filo la maggioranza parlamentare e i nomi degli stessi eletti al risultato della consultazione elettorale, senza essere più indifferenti alle coalizioni (alcuni parlamentari sono in emiciclo solo perchè appartenenti a una coalizione: con gli stessi voti, se appartenenti ad una diversa coalizione, non sarebbero stati eletti). E' questo, quindi, che rende "eticamente" discutibili i "ribaltoni" in Parlamento con cambi di maggioranza durante una stessa legislatura.

In Italia dal 1994, sulla spinta di un referendum, si vota con il maggioritario: perchè non ci sono stati gli effetti di stabilizzazione del quadro politico da molti auspicati? In parte è colpa del fatto che il maggioritario italiano non è mai stato puro, ma corretto con quote proporzionali (il Mattarellum): alla Camera il 25% dei seggi erano assegnati su base proporzionale, infatti si votava con tre schede, alle Politiche: Senato, Camera maggioritario, Camera proporzionale. Questo permetteva a tutti i partitini di piantare la propria "bandiera", di contarsi, di entrare in Parlamento e quindi di fare la voce grossa, in altre parole di esistere e anzi proliferare. Visto che nel maggioritario vince chi prende un voto in più, è diventato necessario costruire coalizioni il più ampie possibili, comprendendo cani e porci e attribuendo un notevole potere di ricatto ai partitini.
Altro fatto è stato l'attrito tra il parlamentarismo costituzionale e l'intrinseco "premierato" insito nel maggioritario: votando una o l'altra coalizione di quelle formatesi per la competizione elettorale si sceglieva anche un leader, che giocoforza sarebbe stato il primo ministro indicato dal Capo dello Stato, ma questo non ha impedito vari cambi di governi anche con la stessa maggioranza. Del maggioritario si è ottenuta quindi la parte negativa (la personalizzazione dello scontro, per esempio) senza avere quella positiva (ci siamo tenuti miriadi di partitini).

Dal 2006 poi si vota con una legge elettorale unanimemente considerata oscena, ovvero il Porcellum, nato per cercare di accontentare alcune richieste dei vari partiti di maggioranza di allora (FI, AN, Lega, Udc). L'Udc richiedeva fin dai tempi della "verifica" e del cambio di governo un sistema proporzionale. Fini non avrebbe rinunciato al maggioritario. FI non voleva le preferenze, di solito connaturate al proporzionale, perchè viste come la "vecchia politica" e per gli oggettivi problemi che possono ingenerare (voto di scambio, impennata dei costi delle campagne elettorali, che diventano anche personali e non solo di partito). Si partorì così il Porcellum: nominalmente un proporzionale, ma con premio di maggioranza; con sbarramento, ma molto basso per i partiti in coalizione e alto per quelli esterni; senza preferenze, ma con un orrendo meccanismo a liste bloccate che rende i parlamentari nominati e non eletti. Inoltre per evitare l'incostituzionalità fu necessario spostare l'assegnazione del premio di maggioranza al Senato da base nazionale a base regionale (come previsto espressamente dalla Costituzione, che anche qui si dimostra non pensata per un sistema maggioritario), il che annulla di fatto il vantaggio per la governabilità dato dal maggioritario (se i premi di maggioranza regionali si compensano che si fa? E' quanto successe nel 2006 all'Unione prodiana).

Che fare allora? Io resto per il proporzionale. Il modo per eliminare i partitini non è il maggioritario in sè, che semmai li aggrega in coalizioni ma non li elimina, ma inserire uno sbarramento elevato e non derogabile per l'ingresso in Parlamento, come in Germania: il 5%.

Un problema che a volte si incontra è che una volta entrati in Parlamento i partiti si dividono. Qui è una questione di regolamenti: io vieterei la creazione di gruppi parlamentari autonomi se non collegati a liste presentate alle elezioni, almeno fino a metà legislatura (poi con gli anni in effetti è possibile che il panorama politico cambi). Non mi è piaciuto nemmeno quel che fece Di Pietro nel 2008, che in campagna elettorale disse che avrebbe fatto gruppi parlamentari uniti al Pd, per poi cambiare idea una volta visto il successo elettorale. Ancora quest'abitudine a contarsi e poi decidere... tra l'altro accedendo a parecchi soldi pubblici in sedi, segretari eccetera. Bella coerenza!

Per la scelta del primo ministro, io sono dell'idea che non sia necessario farla nelle urne, almeno finchè non si cambia la Costituzione. Non trovo scandaloso che il primo ministro sia scelto dal Parlamento: se eleggo i deputati, dò loro fiducia e gli affido la scelta.

Vedo in effetti i rischi della reintroduzione delle preferenze, quelli citati prima. Questo è il punto su cui ho più dubbi, non mi dispiaceva l'uninominale del Mattarellum, in cui la campagna personale coincide con quella di partito,ma l'uninominale va a braccetto con il maggioritario, e crea problemi se un elettore di un partito vede candidato nel suo collegio un candidato che ritiene non valido: con le preferenze può scegliere un altro, con l'uninominale deve turarsi il naso.
Visto che usciamo da due votazioni con i parlamentari "eletti" dai capi partito, un'oscenità, per ora l'emergenza è quella della rappresentatività, quindi andiamo ancora con le preferenze. Soluzione di riserva è copiare in toto il sistema tedesco, che "conta" i seggi da assegnare secondo il proporzionale con sbarramento e sceglie gli eletti tra i vincitori dei collegi uninominali (semplificando molto).

Non capisco invece la passione di molti esponenti, specie di sinistra, per il doppio turno: a me pare un gran spreco di denaro. Forse è per via della presunta migliore capacità della sinistra di mobilitare gli elettori per i ballottaggi, quando vota di solito poca gente? Secondo me visto l'andazzo astensionistico degli ultimi anni non è nemmeno così vero, quindi consiglierei di rivedere la posizione...

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