mercoledì 10 luglio 2024

L'individualismo di destra e di sinistra

Ho letto questo interessante articolo che commenta le elezioni francesi.

Non condivido tutto, anzi mi pare che in varie parti pecchi di un certo ideologismo manicheo che semplifica un po' l'analisi. E' vero che spesso negli ultimi anni la sinistra si è "vergognata" di presentarsi come sinistra, ma è stato anche perché costretta da una serie di vincoli al bilancio, alla responsabilità, alla "realtà", verrebbe da dire. Non so se un ritorno ad alzare il tiro non sia pericolosamente confinante con il populismo.
Ma senz'altro c'è del vero  in quel che scrive l'autore. La questione delle paure, cavalcate e non incanalate, è una cosa che si dice e si osserva spesso.

La cosa che ho trovato più interessante è che l'autore tratteggia una motivazione per un fatto che si osserva in tutta Europa: la destra ha problemi con i "quadri intermedi" della politica, con il personale di governo.
L'autore attribuisce questo fatto al leaderismo insito nella destra, che esprime una politica per cui non serve "impegnarsi" dialetticamente, basta "credere" nel capo: le destre
chiedono fede, adesione cieca, eventualmente azione immediata e violenta, non processi di “formazione” della soggettività, e infatti non hanno mai “quadri” sufficienti, in quanto si costruiscono in modo estremamente verticistico. Fino a qui elementi di analisi che ci sono ormai familiari, e che si attagliano perfettamente all’RN francese, ma anche all’insieme delle estreme destre occidentali (passando per Salvini e Meloni)
Io avevo sempre riflettuto sul fatto che - almeno in Italia - a livello comunale la sinistra è più forte, e questo fa da palestra civica per amministratori. Ma è una spiegazione parziale, che non spiega in realtà abbastanza, per almeno due motivi: perché forse confonde la causa con l'effetto (forse la sinistra ha più successo a livello locale perché sa esprimere classi dirigenti migliori, non viceversa) e perché essere sindaci o amministratori locali non vuol dire fare carriera fino ai livelli superiori della politica; anzi mi pare che questo avvenga via via più raramente. Anche tra i sindaci delle grandi città (Pisapia, Sala, tutti quelli lombardi che mi vengono in mente) non c'è un cursus honorum che porti in Regione o in Parlamento. Eccezione fu Renzi, ma una rondine non fa primavera.
 
L'autore introduce una differenza "antropologica" tra destra e sinistra in tema di classe dirigente, che mi ha fatto pensare e che io interpreto così: la destra, rispetto alla sinistra, esprime più istanze di autonomia dell'individuo dalla politica. Che siano istanze filosofiche (la libertà personale, la sussidiarietà, lo "stato minimo"), economiche ("meno Stato più mercato") o egoistiche ("basta regole e regolette") fino all'illegale (voglio poter evadere tranquillamente), se chiedo meno Stato e più individuo sono meno portato a impegnarmi nello Stato stesso, nella politica.
La sinistra invece crede nella politica come mezzo per plasmare la società, e questo richiede un impegno in prima persona, sia dialettico (per discutere su quale sia la direzione che si vuole imprimere) sia pratico (impegnarsi per far andare le cose nella direzione "giusta", cioè quella che dico io, è una cosa che può gratificare).

Si dirà: ma la sinistra si è fatta paladina di molti diritti individuali, negli ultimi decenni.
E' vero, ma se ci pensiamo questi diritti sono spesso elementi che richiedono la presenza dello Stato. Si richiedono riconoscimenti pubblici e pubblico intervento.
L'aborto non è solo una depenalizzazione di chi autonomamente trova modo di praticarlo, richiede che lo Stato si attrezzi con strutture per fornire il servizio.
Il fatto che gli omosessuali vivano insieme e pratichino la loro sessualità liberamente è garantito da decenni, quello che si vuole è un riconoscimento pubblico delle unioni: non si richiede la libertà di amar chi si vuole, si richiede che lo Stato agisca per formalizzare queste relazioni e metta in piedi una struttura per celebrarle in modo legale e registrarle.
Anche questio diritti individuali, quindi, richiedono uno Stato che fa le cose "giuste". In questo senso sono di "sinistra", pur essendo espressione di istanze individuali che hanno anche una componente individualistica, letta nella libertà di fare quello che si vuole.
 
Potrei abbozzare che l'individualismo "di destra" è libertà di fare senza che lo Stato si impicci, l'individualismo "di sinistra" è chiedere che lo Stato riconosca che quello che voglio fare io è giusto e riconosciuto.

Nessun commento:

Posta un commento