sabato 13 novembre 2021

Cattolici in politica, meno che mai

Faccio seguito al mio precedente post sulla questione del rapporto tra cattolici e politica - che nel frattempo è finito su Voce Amica.
Scrivevo:

tutte le ricerche mostrano che il comportamento degli elettori cattolici non si discosta in media da quello dell'elettorato in generale.

Avevo in mente ricerche come questa, che citai a suo tempo, ma ce ne sono molte e tendenzialmente univoche. L'essere cristiani non è un tratto distintivo nella cabina elettorale, ovvero non c'è più una particolarità cristiana per la politica.

Devo correggere parzialmente questa idea: essa è valida e vera dalla parte dell'elettorato attivo.

Se pensiamo all'elettorato passivo, mi è venuto in mente che entrambi gli ultimi Parlamenti avevano stabilito dei primati quanto a età, presenza femminile, ricambio. Questo in seguito agli exploit del M5S e (per il 2013) alla pattuglia di "civici" montiani.
Ebbene: quanti cattolici sono entrati in Parlamento? Quanti giovani politici visibilmente cattolici ci sono tra queste matricole?

A me non ne viene in mente nessuno.

Se i cattolici votano come la popolazione generale, sembra che si candidino ancora meno.
Una disaffezione, un rifiuto che interpella le scelte e l'atteggiamento della Chiesa negli ultimi decenni (senza dimenticare le responsabilità storiche dei politici cattolici, che però ormai datano decenni addietro).

Serve un partito cattolico, dirà qualcuno. Però non si può non notare che alcuni ci hanno provato, tra varie sigle popolari, democristiane, centriste, dai vari spezzoni dell'UDC alle peregrinzioni di Rotondi, da Lupi a Mauro, da Lorenzin a Demos.
Nelle urne, questi progetti sono sempre risultati marginali. E qui si torna al sostanziale disinteresse dell'elettorato cattolico per un voto che sia "cattolico".

Ma se non ha funzionato il partito (la "trappola del contenitore", la chiama Roberto Rossini sull'ultima Voce del popolo), non ha funzionato neppure l'essere "lievito" nelle parti, come si è detto più volte nella diaspora.

Il partito più giovane, quello nuovo, non è fecondato per nulla del pensiero cristiano.
Un po' per "colpa sua", in effetti in origine aveva modi e istanze molto poco compatibili con questo, ma è poi così vero? L'attenzione alla povertà e all'ambiente non sono così distanti, tant'è vero che Caritas e Alleanza contro la povertà (di cui lo stesso Rossini è portavoce) si sono espresse a favore del cosiddetto reddito di cittadinanza.

Ma un po' anche per "colpa" dei cristiani, che ormai gravitano così lontano dall'agire politico (leggi: dalle candidature, ma anche da tutte le strade nei corpi intermedi che alla fine possono sboccare in una candidatura) che finiscono per essere completamente assenti da quel tipo di ambienti, perciò quando si creano movimenti e - prosaicamente - si scrivono le liste non ce n'è nessuno nei paraggi.
La rappresentanza è affidata quindi a "portabandierina" (nel senso: gente che serve a piantare una bandierina) come Pillon.

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