mercoledì 24 marzo 2021

La democrazia monitorante

Avvenire propone un'intervista al politologo John Keane sul tema della "democrazia monitorante".

Trovo piuttosto interessante il tema, anche se alla fine mi ritrovo a non essere molto d'accordo.

Condivido l'analisi sul populismo, che comunque non mi pare particolarmente nuova:

Di norma i cittadini si servono di tradizioni consolidate e di consuetudini sociali per semplificare e tenere a bada le complessità della vita. Oggi come oggi, però,  i populisti […] fanno qualcosa di diverso: sfruttano la complessità per far levitare l’inquietudine sociale. I populisti promuovono un atteggiamento di durezza e mal sopportano i processi istituzionali di dare e avere. I loro obiettivi non hanno nulla di verificabile. Mirano a distruggere i meccanismi di controllo, bilanciamento e responsabilità pubblica, in una specie di colpo di Stato al rallentatore

Condivido il richiamo alla umiltà, e più in generale il fatto che

le democrazie abbiano bisogno di cittadini democraticamente virtuosi e che, prima ancora, poggino sulle fondamenta delle virtù

E' un po' il dilemma di Bockenforde: qualsiasi architettura comunitaria "liberale" si basa su presupposti che la precorrono, che non possono essere garantiti proceduralmente.
Per me questo è il vero nodo delle democrazie liberali. La chiave non può che essere educativa.

Condivido il fatto che la democrazia sia essenzialmente impedire che si eserciti un potere esente da controllo.
Proprio per questo mi inquieta il suo discorso sugli Stati che hanno gestito "bene" la pandemia, incentivando il tracciamento digitale, l'incrocio dei dati telefonici, la vigilanza di vicinato.
Questo non mi pare controllo del cittadino sulla democrazia, mi pare il contrario, controllo dello Stato sul cittadino e delazione.

Mi incuriosisce la citazione dell'Uruguay, di cui non so nulla a livello di risposta alla pandemia. Noto che gli altri esempi che porta sono i soliti posti geograficamente isolati (alcuni dei quali, come la Corea del Sud o Taiwan, con caratteri a parere mio illiberali). Un po' come la zona bianca nella nostra Sardegna.

Mi pare fumosa la parte della democrazia monitorante, cioè non mi è chiara.
Ha qualcosa a che fare con la democrazia partecipativa e la sussidiarietà, mi pare.
Da sempre la democrazia si interroga su come non limitarsi all'espressione del voto, ben vengano altre riflessioni, questa mi pare un po' poco concreta. Magari nel libro argomenta di più.

Se l'esempio è l'Antartide, mi pare chiaro che è una situazione così eccezionale da non poter essere paradigmatica di nulla. E' come chi cita l'antica Atene per dire "come funzionava bene la democrazia diretta": numeri piccoli, contesto completamente diverso, attori (cittadini) che corrispondono a un'elite ristretta.

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