giovedì 16 luglio 2020

Parlando di quel che sarà tra scuola e Covid

La scuola sta preparando l'anno nuovo.
Ci sono due ordini di polemiche: uno per la parte didattica (lezioni, spazi, didattica a distanza) e uno per la parte organizzativa (orari, ingressi). Entrambi sono evidentemente demandati ai singoli istituti, con linee guida che più lasche non si può.
My two cents.
Le linee guida non possono che essere lasche, perché le situazioni pratiche delle millemila scuole italiane sono diversissime. Però mi aspetterei delle indicazioni comuni sulla didattica a distanza: almeno tot ore alla settimana, di cui un X % in diretta e un Y % anch in registrato, qualche linea guida sulle valutazioni, magari webcam in tutte le aule per chi sta a casa. Inoltre il ministero potrebbe mettere a disposizione una qualche convenzione con una piattaforma (non obbligatoria) e fare formazione su quella.
Invece mi pare che non si stia facendo nulla del genere.
Per la parte organizzativa non vedo possibilità di agire centralmente, quella riguarda soprattutto le strutture disponibili (se hai più spazi puoi fare più classi e mantenere un certo orario, se no devi fare i turni). E' chiaro che questo crea problemi alle famiglie.
Ma bisogna anche ricordare che la scuola è un'istituzione 1) il cui i bambini ricevono un'istruzione, e 2) che incidentalmente, visto che la didattica è in presenza, tiene i bambini per un tot di tempo.
Le istituzioni che 1) tengono i bambini e 2) già che ci sono, quando sono lì, gli insegnano qualcosa esistono, e sono i collegi. Che infatti costano anche un bel po' di più.
Cominciamo a pretendere dal ministro Azzolina che sistemi la parte dell'istruzione.
Come gestire i figli è compito in primis dei genitori, in collaborazioe con le altre istituzioni. In questo periodo sento lamentele sul fatto che "come faremo", eccetera. Vero, giusto e giustificato. Però mi vengono due osservazioni.
La prima è che, stante l'ordine di priorità della scuola, mi pare che si dovrebbe adottare un approccio alla Kennedy: "Non chiederti quello che lo Stato può fare per te, chiediti quello che tu puoi fare per lo Stato". Io capisco che quando ti casca la chiusura tra capo e collo, come a febbraio/marzo, sei in ambasce. Ma per ottobre/novembre c'è qualche mese di preavviso. Quanti dei genitori che si lamentano si stanno organizzando? Richieste di part-time, di telelavoro, contatti con baby-sitter? Qui si vede la responsabilità individuale. Una persona che conosco, piuttosto rudemente, dice "i figli, se li fai, poi te li gestisci, non li parcheggi in continuazione di qua e di là". Spesso si sente la retorica dei figli, per loro ci si dice disposti a fare di tutto, e ci credo. Però "fare di tutto" non è solo l'ordinario: in situazione straordinaria, possono essere richieste rinunce straordinarie. Mi pare che il lavoro non rientri nell'orizzonte delle cose disponibili ai sacrifici.
Una volta che si sia espletato un tentativo in questo senso, da parte dei genitori, può essere che si sia ancora in necessità: ci sono lavori non flessibili, altri necessari per tirare fine mese.
Allora deve subentrare l'aiuto pubblico, ma i destinatari delle richieste dovrebbero essere non Azzolina, ma il ministero della Famiglia e il MISE: bonus baby-sitter* facilmente spendibili, blocco dei licenziamenti per chi ha figli, ferie contate al 50% nei periodi di chiusura scolastica.

* di babysitter magari ce ne sono poche. In collaborazione con il ministero dell'Istruzione si potrebbe pensare a linee guida per favorire le lezioni in presenza sempre la mattina, e il pomeriggio riconoscere crediti formativi agli studenti di Psicopedagogico o Scienze della formazione che tengano i bambini, trovando un modo facile di pagarli con voucher.

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