martedì 7 aprile 2020

Virus e responsabilità politiche

Con il passare dell'ondata di picco dei contagi, man mano si aprono polemiche sulla gestione dell'emergenza. Bene così, s'intende: sarà il caso, a bocce ferme, di fare il punto su cosa non ha funzionato. Perché mi pare chiaro che, soprattutto in Lombardia, qualcosa non ha funzionato.
Metto giù qualche pensiero sparso.
  • Codogno è stata sfiga. Poteva capitare dovunque, è capitato lì. Poi si scoprirà che il paziente 1 non era il primo, ma il venticinquesimo, ma i primi 24 l'avevano passata come un'influenza. Se si fosse aggravato davvero il paziente 1 avremmo preso il virus prima e magari la zona rossa sarebbe servita. A Vò Euganeo probabilmente è andata così.
  • Bergamo (Alzano, Nembro) è un mix di responsabilità politiche (regionali e locali fino all'8 marzo, nazionali per qualche giorno in più), confindustriali e sanitarie.
    Leggo che ci sono polemiche sul fatto che non sia stata fatta zona rossa lì. Secondo me c'è una differenza tra prima dell'8 e dopo il 15: non è così pacifico che prima del decreto del 22 marzo le regioni potessero agire da sole.
    La scansione temporale a mio parere è andata così: prima dell'8 la gestione era saldamente centrale (vedi Roma che bacchetta il Veneto per tamponi a tappeto e impugna la decisione di Ceriscoli di chiudere autonomamente le scuole in Marche). Tra l'8 e il 15 scoppia il bubbone grosso. Da lì tutti capiscono la situazione e il governo diventa molto più malleabile a azioni locali, da qui Bonaccini che chiude Medicina (il 16) e Fontana che forza la mano e chiude le attività non essenziali il 21. Il decreto del 22 finalmente concede esplicitamente alle regioni di applicare misure aggiuntive rispetto a quelle governative (cosa che farebbe pensare che prima non potevano). Ma per Bergamo i buoi erano ampiamente scappati.
  • Confindustria invece persevera diabolicamente.
  • In tutta la regione ci sono stati grossi errori sanitari. Nessuna prevenzione (nonostante i contatti economici strettissimi con la Cina) e poi la decisione di non fare ospedali COVID ma solo piani o reparti è stata scellerata (e a quanto pare si persevera al Civile. Mah). Poi l'incapacità di aumentare il numero di tamponi processabili, le difficoltà nelle forniture, la gestione delle case di riposo...
    C'è da dire che era il primo caso del mondo occidentale, senza rete, ma scelte tragicamente sbagliate restano tragicamente sbagliate anche se sono difficili.
  • Non so se c'entri il fatto di come è strutturata la sanità lombarda tra pubblico e privato, non ne so abbastanza. Quello che vedo qui a Brescia è che ospedali di entrambi i tipi hanno lavorato e sopportato un'onda di piena, anche l'aneddotica personale (conoscenti infermieri sia nel pubblico che nel privato) conferma che non ci sono state differenze. Comunque andrà analizzato tutto bene.
  • C'entra sicuramente l'assoluta inadeguatezza di Fontana, un paracadutato drammaticamente inadeguato. Contavano (contavamo) sul fatto che la Lombardia si governa da sola e puoi metterci anche un pupazzo di pezza. Vero finché non si esce dall'ordinario. E anche gli altri (Gallera) non hanno fatto bella figura. Le continue polemiche, la storia dell'ospedale alla Fiera che è stato aperto ieri con 24 posti, a buoi ampiamente scappati, le figuracce (dalla mascherina di Fontana alla folla all'inaugurazione). Male male.
  • Questo c'entra - credo - con il fatto che la Lega non riesce a esprimere una classe dirigente. Crisi di crescita per un partito cresciuto troppo velocemente. Tra l'altro Salvini ha epurato la classe dirigente precedente, i maroniani, quindi c'è anche una base di scelta ulteriormente ridotta. Essere capaci solo di polemizzare è quel che ci si può aspettare da un partito che basa le sue campagne sulla contrapposizione - e così facendo sfilaccia il tessuto sociale.
  • Non che Conte mi sia piaciuto molto, eh, ha inseguito gli eventi e i continui decreti modificati nel giro di 48 ore hanno dato l'idea di caos. Fino al 15 marzo gli preferivo perfino i lombardi, poi qui da noi si è sbracato.

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